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Vedrete, Mastrapasqua resterà sulle poltrone
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Se a qualcuno avanzano delle teste di maiale, avrei una lista di dove recapitarle. No, non ad Antonio Mastropasqua, per un motivo evidente: la testa di maiale ce l’ha già, sul collo. Quella che gli spetterebbe, va’ spedita alla ex-ministra Fornero.

Richard Wagner
  Mastropasqua - Fornero
S’è fatta intervistare da La Stampa: «Io cercai di sostituire Mastrapasqua, troppe resistente». L’unica coraggiosa, la sola onesta. Peccato che subito la Gabanelli l’abbia sbugiardata. «Nella puntata di Report del 21 ottobre 2012 – ha ricordato in un comunicato – già risultava come l’Ospedale Israelitico compensasse i debiti degli enti previdenziali con i crediti della Regione» – compensazione che tutte le imprese sognerebbero di fare, ma che non è loro consentita. È consentita invece ad una clinica di lusso per ebrei, se ha l’accortezza di dare il posto di direttore generale al presidente dell’Inps, cioè a quello che dovrebbe fare gli interessi del creditore pubblico. «Gli atti li firmava Antonio Mastrapasqua, come Direttore dell’ospedale»: e il gioco era fatto.

Gabanelli, spietata: «Della questione avevamo chiesto conto sia ai vertici dell’Ospedale Israelitico, che all'allora Ministro del lavoro, Elsa Fornero, che però non vedeva ragioni specifiche per chiedere a Mastrapasqua di fare solo il Presidente dell’Inps, e tantomeno ragioni di conflitto di interesse».

Testa di maiale alla professoressa Fornero.

Ma non basta. Avrei bisogno di mandare teste di maiale, una ciascuno, a tutti i membri della Commissione parlamentare che nel 2008 hanno elevato Mastrapasqua alla ghiottissima carica di presidente dell’Inps: di tutti i partiti, all’unanimità. Sono gli stessi che, all’unanimità, hanno accettato che il Testa di Porco , presidente dell’Inps, fosse anche Presidente di Equitalia e di Idea Fimit. Cos’è Idea Fimit? È una società che gestisce l’immenso patrimonio di immobili di enti previdenziali, fra cui Enpals ed Inpdap, e che l’'Inps detiene circa il 30% . Ora si comincia a capire perché gli immobili di proprietà pubblica sono gestiti così «male», da produrre perdite invece che, come dovrebbero, profitti: «male» per i contribuenti, ma benissimo per gli amici di Mastropasqua, ossia tutti i politici, all’unanimità, nessuno escluso.

Raffaele Bonanni
  Raffaele Bonanni
Anche Raffaele Bonanni merita la sua testa di maiale. Il capo del sindacato CISL si propone come «commissario» dell’Inps commissariata, per divenirne poi presidente al posto di Mastrapasqua. Candidatura sostenuta da Cigli-Cisl-Uil: ossia dalla cosca di sindacalisti aum-aum che ha fatto dell’Inps – ormai da quasi mezzo secolo – il suo dominio, feudo e pascolo: praticamente non c’è assunzione, nell’immane numero di dipendenti dell’ente previdenziale, che non sia «in quota» Cisl, o Cgil, o Uil. Per essere ancora più chiari: i sindacati sono la causa del disastro Inps, e dello scandalo continuato che rappresenta; nulla hanno eccepito sui conflitti d’interesse di Mastropasqua; l’hanno voluto, coccolato ed accarezzato. Ed ora si propongono come medici e risanatori.

Capisco che Bonanni si sia stufato di strappare aumenti salariali ai milioni di statali fancazzisti e ritiene sia venuto anche per lui il momento di entrare nel paradiso dei ricconi di stato, come l’ex collega Moretti Cgil alle Ferrovie: è il normale «cursus honorum» dei capi sindacali, da parassiti in permesso sindacale permanente a grandi-parassiti d’oro, e intascare lo stipendione relativo, più benefit visibili e invisibili. Insomma, mettere a quella poltrona Bonanni, significa continuare la rovina dell’ente previdenziale divoratore, che ha incamerato tutti gli altri enti di previdenza – mettendo i più dissestati a carico dei pensionati dei ben amministrati – al solo scopo di fare un buco così grande, da diventare – come si dice – too big to fail.

Subito, comprate una testa di maiale e mandategliela!

Dato il gran numero di bisognosi, gradirei qualche indicazione su macellerie industriali e fabbriche d’insaccati che possano fornire il numero adeguato di teste di porco da regalo. Me ne occorre una con urgenza per Rosario Crocetta, il governatore innovativo della Sicilia. Leggo infatti tale titolo sui giornali: «Crocetta: la Sicilia è in ginocchio! Trentamila dipendenti a rischio».

Naturalmente, il primo impulso è: Sicilia in ginocchio? Bene, ci resti. È ora che chieda perdono agli altri italiani... Ma poi leggo meglio i particolari. Crocetta non ha soldi perché ha presentato un bilancio regionale così fetente, marcio e disonesto, che il commissario dello Stato gliel’ha impugnato. È questa la ragione per cui Crocetta chiagne: perché vuole i soldi, quel mezzo miliardo bloccato, e sbloccabile se presenta conti più credibili. Li vuole dal Governo Centrale.

Molto istruttivo quel che dice, lacrimando: «Nel giro di qualche settimana chiuderanno i teatri pubblici a Palermo, Catania, Messina e gli enti Parco. Chiuderanno anche la stamperia Braille, le scuole per ciechi e sordi, i ricoveri per i minori, i centri per i disabili...».

Rosario Crocetta
  Rosario Crocetta
Capito? Appena gli si pone il problema di tagliare, il governatore siciliano mica pensa a limare i 14 mila euro mensili dei parlamentari della Regione, che godono di trattamenti equiparati – per legge regionale – al Senato italiano. Mica vuole snellire il personale della presidenza alle sue dirette dipendenze, 1385 strapagati privilegiato, che sono 48 di più del personale che ha il premier britannico per governare il Regno Unito. Non è che chiede un «contributo di solidarietà» ai suoi 18 mila dipendenti ufficiali regionali, ciascuno dei quali costa 42 mila euro l’anno in media (il 40 per cento in più dei dipendenti dei ministeri statali), e venti volte più – per ogni abitante – del dipendente della Regione Lombardia, che sono cinque volte meno numerosi benché la Regione abbia popolazione doppia della Sicilia. Crocetta non giunge alla conclusione di dover ridurre il numero dei dirigenti regionali, uno ogni 6 impiegati (in Lombardia, sono uno ogni 14, e certo non si ammazzano di lavoro...).

Non annuncia con il cuore a pezzi, Crocetta, che dovrà sforbiciare i 28 mila forestali, 10 volte più numerosi di quelli lombardi, ciascuno dei quali si becca 1200 euro mensili netti e lavora solo per sei mesi l’anno – gli altri sei mesi i forestali siculi sono messi a carico dell’Inps. Non pensa, Lombardo, a tagliare i 72 milioni in «consulenze», i milioni in viaggi all’estero dei gaudenti assessori e consiglieri, la riduzione di alcune delle 33 società partecipate, tutte in perdita, e tutte che non fanno quello per cui sono nate (1). Non gli passa nemmeno per la testa, a Crocetta, che se la Regione Lombardia spende per il personale 170 milioni l’anno e la Sicilia 760, ossia 4 volte di più, è da lì che deve cominciare i dolorosi tagli.

No. Se si deve tagliare, lui pensa subito: allora io chiudo «la stamperia Braille, le scuole per ciechi e sordi, i ricoveri per i minori, i centri per i disabili...».

È tipico. I 1500 operai della Electrolux, pur di salvare il loro lavoro, hanno accettato un taglio dei loro salari del 20%, e stanno lottando perché la direzione gli propone invece la metà della paga di prima, da 1400 a 700 euro al mese. Del resto, cosa volete, c’è la recessione, infuria l’austerità, grazie al mercato immobiliare paralizzato (da Monti e dalle banche) non si vendono più elettrodomestici, e le fabbriche Electrolux in Polonia pagano quattro volte meno gli operai, il 30% in meno l’elettricità, e non hanno le tasse e il malgoverno italiano sul collo... Ma i signori della Regione Sicilia no: a loro, che la crisi ci sia o non ci sia, non gli importa. Vogliono i loro stipendi, i loro posti da fancazzisti coperti d’oro – piuttosto, lorsignori, chiuderanno «la stamperia Braille, le scuole per ciechi e sordi, i ricoveri per i minori, i centri per i disabili».

Subito una testa di maiale a Crocetta. Anzi, visto l’individuo, un quarto posteriore.

Ma no, sto sognando. Non solo non riceveranno teste di maiale costoro, ma continueranno come sempre a beccare stipendi indebiti e privilegi scandalosi, inamovibili. Persino assolti: come Scajola, avete visto. Per la casa in vista del Colosseo. Puro come un giglio. La casa l’ha pagata 600 mila euro, col mutuo. Vero che la casa costa 1,7 milioni e il resto – 1,1 milioni – ce l’ha messi attraverso prestanome Diego Anemone, il palazzinaro che lucrò tanto con la cricca immobiliare per G-8 e Grandi Eventi... Tutto vero. Ma frattanto, il reato di Anemone è prescritto, e per Scajola, accettare la casa «non costituisce reato», ha sancito il giudice. O più precisamente: l’accusa, i procuratori romani, «non sono riusciti a dimostrare il reato». La cosa non ci stupisce: l’incompetenza e l’incapacità di fare un lavoro serio delle procure italiane è stranota. Lavorano tanto male, che preferiscono – appena possono – mettere la gente a carcere preventivo e fare il processo sui giornali amici, perché poi, a consuntivo, le loro accuse raccogliticce in fretta per fare i titoli sui giornali, non reggono e vengono rovesciate, o incenerite, dai giudicanti.

Tanto, anche il loro stipendio non diminuisce con la crisi, anzi aumenta automaticamente. Mica sono della Electrolux. Sono della Casta.

Claudio Scajola
  Claudio Scajola
Il punto è che Scajola è tornato un giglio. Il suo avvocato esulta: «L’assoluzione nel merito evidenzia una innocenza che noi abbiamo affermato sempre come evidente. È evidente che il nostro assistito sia stato distrutto, questa storia lo ha cancellato dalla vita politica. Questa sentenza contribuisce ad una riabilitazione agli occhi di tutti». Tornerà alla vita politica? Ma certo, Scajola si candida alle Europee.

È indeciso solo su una cosa: quale partito scegliere: «Alfano o Berlusconi? Dipende da chi mi offre un posto in prima fila». Uomo di alti ideali, come sempre.

Sicché, cari lettori, riavremo anche Scajola. Non c’è dubbio, ha un suo elettorato a Imperia, è un raccoglitore di voti che fa gola a qualunque partito.

Vedrete, anche Mastrapasqua resterà dov’è. Lasciate che si plachi il clamore sulla sua vicenda, e i politici faranno finta di dimenticarsi di lui e dei suoi conflitti d’interesse. Uno come lui, in tutti quei posti, fa troppo comodo. Diamoci appuntamento fra sei mesi, e mi direte se non ho ragione.

Allora, cari, le teste di maiale le dobbiamo spedire a noi stessi. Alla metà di noi che applaude i procuratori incapaci, si fa raccomandare dai sindacalisti a posti che non ha meritato, che vuole un’Italia così profondamente corrotta perché forse solo così «l’onorevole mi trova il posto». La testa di maiale, se la meritano quelli della Electrolux che si tagliano da sé le paghe, e che non prendono a calci i Bonanno – i quali in tutta la loro vita hanno abbandonato gli operai privati, a fatto dare aumenti ai dipendenti pubblici. Se la meritano le masse italiote che si indebitano con le slot machines, i lombardi che «a loro insaputa» finanziano la malavita al ritmo di 6 miliardi l’anno perché il crimine è il loro fornitore di cocaina, che rende tanto allegre le serate; se la meritano le tifoserie che sono capaci di fare violenza in piazza per la squadra del cuore, ma non per le ingiustizie scandalose della nostra classe politica. Se la meritano, la testa di maiale, quelli della mia generazione che «lottarono per il 6 politico» nelle scuole e nelle università: ecco, quelli che si sono laureati col 6 politico, ora sono al potere, sono magistrati incapaci, grand commis strapagati e incompetenti, sindacalisti aum-aum – e vi comandano come sanno, come hanno imparato a fare: alla furbesca.

Siete voi, italiani. Voi avete accettato, anzi applaudito, che i pubblici dipendenti aderissero a sindacati – cosa che andrebbe invece vietata per legge: chi ha il privilegio di posto pubblico, è già illicenziabile, e il suo stipendio deve essere commisurato con la crescita (o il calo) del Pil, non strappato con scioperi a danno della popolazione. Anzi, una seria «riforma» dell’impiego pubblico dovrebbe comportare l’obbligo, per i pubblici dipendenti, di presentarsi al lavoro in divisa . Almeno li si riconoscerebbe quando si affollano nei bar per la pausa cappuccino, o lasciano il Ministero per lo shopping.

Eh sì, cari: lasciate che la Europa vi ripeta che dovete «fare le riforme», ma non pensate a quelle riforme essenziali, perché ciascuno di voi – ammettetelo – teme di perderci dall’instaurazione di istituzioni oneste, di leggi davvero uguali per tutte, di concorsi veri e di formazione obbligatoria permanente per i dirigenti pubblici. Le università difficili, non vi sono mai piaciute: prendetevene la conseguenza. I concuorsi severi, nemmeno: ecco i risultati, i Befera e i Mastrapasqua che sono riusciti a cacciare i veri competenti, i veri meritevoli. Questi sono dovuti emigrare all’estero a migliaia; i posti che dovevano essere loro, li occupano quei ceffi che hanno vinto «o concuorso».

E avete mai pensato come mai; che so, la Corte Costituzionale tedesca sta a Karlsruhe (un lindo cimitero, più che un villaggio), anziché a Berlino? Ma perché i più alti magistrati non abbiano nemmeno l’occasione di incontrarsi coi politico eletti e i governanti, col potere esecutivo e col legislativo: nemmeno per caso al ristorante. Avete mai pensato che mostruoso, viscido inciucio continuo è la Corte Costituzionale a Roma, dove i supremi magistrati si confricano, si telefonano, si parlottano nelle feste e terrazze coi politicanti?

Dovevate ribellarvi, dovevate esigere che le istituzioni fossero maestose e rispettabili, separate e decenti anche nell’apparire. Non vi sono mai sembrate importanti, le istituzioni. E invece, come disse Churchill, attenzione a come «noi (come popolo) plasmiamo le nostre istituzioni, perché poi le istituzioni plasmano noi». È così.

Per questo, italiani, avete la corruzione in tutti gli interstizi pubblici, inamovibile, irriformabile. Avete rettori-truffatori al vertice delle università, governatori-criminali alle Regioni, procuratori tipo Ingroia o Caselli o Di Pietro, burattini sinistri e ridicoli in Parlamento, albagiosi cretini nella «classe dirigente», conflitti d’interesse mai risolti – perché anche a voi faceva comodo non risolverli, o almeno così avete sempre creduto.

Beccatevi la testa di maiale, compatrioti. Anzi peggio: beccatevi Scajola, beccatevi Crocetta (l’avete votato...), beccatevi Mastrapasqua. Saranno sempre lì, sul vostro collo. Vi dò appuntamento fra sei mesi.





1) Su queste società della Regione Sicilia, si è scritto quanto segue: «In quattro anni si contano perdite per 100 milioni, con 22 società su 34 in deficit, oltre agli 1,1 miliardi spesi per mantenere i carrozzoni tra il 2009 e il 2012. Quasi tutti soldi andati per pagare il personale: le società siciliane hanno la più alta incidenza di costi per stipendi sul totale rispetto alle altre spa regionali d'Italia. (...) Un altro centro di spese «insopportabili» per il governatore, è l’ufficio di Bruxelles. «Anche in quel caso – dice il Codacons – tutto il personale esterno in servizio, dopo le elezioni, sembrava dismesso. Il bilancio appena pubblicato, però, conferma in pieno le previsioni di spesa». Il Codacons prende in considerazione anche gli stipendi di presidente e assessori. «Il presidente percepisce, orientativamente, al lordo, il triplo rispetto a un normale deputato regionale». Per il Codacons «un altro dato che, tecnologie alla mano, fa impressione è quello legato alle spese di stampa e distribuzione della Gazzetta ufficiale: 420 mila euro l’anno. Mentre gli stessi documenti, su internet, sono ormai da anni disponibili in maniera immediata, gratuitamente. Infine il personale: i componenti degli uffici di staff degli assessorati sono attualmente 180. Nel 212 gli uffici di staff sono costati oltre 713 mila euro. Il costo previsto, nel 2013 è di circa 520 mila euro: un risparmio mensile di 65 mila euro. Il solo trattamento accessorio dei dirigenti regionali costa 5 milioni e mezzo l’anno. Gli stipendi dei dirigenti sforano i 300 milioni l’anno. Le retribuzioni raggiungono 104 milioni 176 mila euro. Gli oneri sociali arrivano a 196 milioni. Il costo complessivo del personale regionale sfiora il miliardo: 867 milioni, 601 mila euro, salvo errori e/o omissioni». E loro vogliono chiudere, per risparmiare, le scuole di Braille per i ciechi... (Regione Sicilia, Codacons: tutti gli sprechi del governo Rosario Crocetta)




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