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Gli strumenti della divina misericordia
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Un lettore scrive a Blondet:

«Sono un suo giovane lettore (25 anni, di Zurigo) e ho appena finito di leggereGli Adelphi della dissoluzione’, apprezzandolo molto. Mi permetta una domanda, ingenua e sincera: lei ha indicato tutta una serie di cose alle quali stare attento, ma per un ricercatore della verità’, secondo lei, qual è lalternativa a tutto ciò che è in qualche modo legato alla filosofia perenne? Il cristianesimo, ok, ma in quali forme? Dove cercarlo? Anticipatamente la ringrazio per il tempo che mi dedicherà e la saluto cordialmente,

Raphael D.
».



Non sono certo di aver compreso la domanda del lettore, ma se capisco, è opportuno vigilare affinchè le letture del giovane sulla filosofia perenne non creino un atteggiamento d’orgoglio, o di fai da te ascetico, che sarebbero gravissimi ostacoli alla sua salvezza. Non c’è poi molto tempo rimasto, temo, per «ricercatori della verità» in quegli ambiti.

Santa Faustina Kowalska
  Santa Faustina Kowalska
Oggi, la condizione dell’uomo – e delle strutture di peccato che s’è creato come prigioni spirituali – è tale che la sola cosa che si può fare è appellarsi alla Misericordia del Padre e di Gesù. Il che non è affatto un «in mancanza di meglio», al contrario: proprio agli uomini dei tempi ultimi viene data la grazia della piena luce della Misericordia, la corda cui aggrapparsi per la resurrezione. Non a caso questo è il tempo di apparizioni della Vergine e del Cristo comparso a Santa Faustina Kowalska.

Non sono cose che dico da me. Un libricino di padre Andrea D’Ascanio, il cappuccino dell’Armata Bianca, mi ha fatto molto pensare. Vi ho trovato stralci dell’enciclica Dives in Misericordia, di Giovanni Paolo II (che non avevo letto) che smentiscono nel modo più netto l’idea di un certo ottimismo e trionfalismo di quel Pontefice.

Ben chiara è invece la coscienza che «nel nostro mondo aumenta il senso di minaccia» di «una parziale autodistruzione dellumanità», dei «molti pericoli che sono il prodotto di una civiltà materialistica la quale, nonostante dichiarazioniumanistiche’ – accetta il primato delle cose sulla persona», delle «terribili tensioni che si sono accumulate sul mondo e che si intrecciano in mezzo agli uomini», della «minaccia che ancor più distrugge ciò che è essenzialmente umano, ciò che è intimamente collegato con la dignità della persona», cioè, suppongo, la nostra vocazione all’«altro» mondo, a non esere chiusi nell’aldiquà.

Nell’enciclica non si tace della «offesa-ripulsa di Dio da parte delluomo contemporaneo», quel Dio che «luomo contemporaneo ha allontanato da sè, proclamando... che gli è superfluo». Vi si riconosce che viviamo in una «difficile, critica fase della Chiesa e del mondo», in cui «tutto ciò che è umano (...) è minacciato di un pericolo immenso».

Non siamo lontani dalla nozione che l’induismo, e se si vuole Evola e Guénon, chiamano il Kali Yuga. È un’umanità perduta quella che brancola oggi piena d’ansia e di paura, e che – secondo rigorosa giustizia – merita la propria cancellazione apocalittica.

Invece, ecco: tanto più (continuo a citare) è forte «la resistenza della storia umana, per quanto marcata leterogeneità della civiltà contemporanea, per quanto grande la negazione di Dio nel mondo umano», dice il Santo Padre, «tanto più bisogna che la Chiesa pronunci questa parola (misericordia)», la trasformi «in un grido che implori la misericordia non solo in nome proprio, ma anche nel nome di tutti gli uomini contemporanei», e ciò «senza distinzione alcuna», nemmeno «fra amici e nemici».

Questo è un «diritto-dovere della Chiesa», dice il Papa, anche se sembra che la religione sia scomparsa e sconfitta.

«Anche se ci fossero milioni di tali smarrimenti, anche se nel mondo liniquità prevalesse sullonestà, anche se lumanità meritasse per i suoi peccati un nuovo diluvio’».... «imploriamo la misericordia divina per la generazione contemporanea!». «Facciamo ricorso a Dio mediante Cristo, memori delle parole del Magnificat di Maria, che proclamano la misericordia di generazione in generazione’!».

Perchè la misericordia divina è senza limiti, non c’è peccato così grosso che non possa perdonare. Giuda non si è condannato per aver venduto Gesù, ma per non avergli chiesto il perdono, che sicuramente avrebbe ricevuto – come lo ricevette Pietro, che rinnegò Gesù, ma che si strinse a Lui pentito. Giuda credette che il suo peccato fosse più grande della misericordia divina: tragica superbia.

Come scrive il Papa, la misericordia è «più potente della morte, più potente del peccato e di ogni male»; anche in questa epoca può «sollevare luomo dalle sue abissali cadute» e «liberarlo dalle più grandi minacce».

Traspare qui la meditazione e la devozione sulle rivelazioni avute dalla polacca suor Faustina Kovalska, a cui Gesù stesso disse: «Le fiamme della misericordia mi bruciano, desidero riversarle nelle anime degli uomini. Che dolore mi danno quando non vogliono accettarle! Dì allumanità sofferente che si stringa al mio cuore misericordioso... Che tutta lumanità conosca la mia misericordia. Questo è un segno per gli ultimi tempi, dopo i quali arriverà il giorno della giustizia».

Il lettore chiede: Cristianesimo, ma in quali forme? Dove cercarlo?

Spero si sia compresa la risposta: Qui, qui dov’è e com’è. Nella semplice devozione popolare, sempre viva. Nella Chiesa dispensatrice dei sacramenti, dalla confessione all’Eucarestia, che sono tutti mezzi di misericordia, senza dimenticare, poniamo, il matrimonio (che io personalmente ho calpestato fino a ieri, essendo divorziato ed avendo commesso adulterio: come Giuda, sono colpevole di abissali cadute, ma come il ladrone, mi appello alla misericordia...).

E se la Chiesa sembra per molti versi degna di critiche, ricordo al lettore un concetto che ho trovato in un libricino di devozione donatomi da certe buone suore: «La Chiesa è la comunità dei peccatori perdonati».

Ciò ci renderà più tolleranti, più inclini alla pazienza, sapendo che le mancanze saranno rettificate quando Dio «farà nuove tutte le cose». Perchè farà tutto Lui, purchè sappiamo vedere nelle prove che ci manderà l’occasione della nostra personale resurrezione: nella malattia la medicina per l’aldiquà, nell’ingiusta prigionia il ritiro spirituale salutare, nella privazione il digiuno di cui abbiamo bisogno.

Sarebbe un amaro risveglio, quel giorno – giorno della Gloria, ossia del Piano di Dio realizzato e pienamente trionfante – scoprire che Raphael, io, noi, avevamo «cercato la verità» senza vedere che essa era qui, accessibile, e aperta, nei mezzi di salvezza sacramentali a disposizione di noi tutti.

«Chi non vuole passare attraverso la porta della misericordia», ha detto Gesù a Santa Faustina, «deve passare attraverso la porta della mia giustizia».

Risvegliamoci.



 
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