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Erdogan: un altro barbaro sognante?
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L’uomo che ci aveva stupito quando aveva definito Israele «la minaccia principale alla pace nella regione», e da allora è stato fermo nel denunciare il sionismo estremista in tutte le sedi internazionali. L’uomo che aveva condotto la Turchia a coraggiosa indipendenza verso gli USA, di cui i governi laicisti-militari (e dunmeh) sono stati da sempre satelliti. L’uomo che ha aperto alla pacificazione con l’Armenia, ed ha persino restituito gli immobili e le chiese delle minoranze cristiane in Turchia, sequestrati dal governo massonico di Ataturk. L’uomo che aveva aperto all’Iran e all’Iraq. L’uomo, insomma, che stava facendo della Turchia il Paese-modello (e guida) per un islamismo non retrivo e di successo economico e politico, è cambiato.

Adesso arma i ribelli contro il regime di Assad e dà loro rifugio alla frontiera, e minaccia pure di ricorrere alla NATO, insomma di farsi promotore dell’intervento militare occidentale, contro la Siria (1).

Oggi il premier iracheno Nouri al Maliki definisce il governo turco di Erdogan «ostile»... «E poi cè lIran», annota compiaciuto Il Foglio del Ferrara, il neocon giudeo-romanesco de ‘noantri – «Sembra passata unepoca da quando Erdogan, Ahmadinejad e Lula si facevano fotografare assieme dopo la firma, nel maggio del 2010, della Dichiarazione di Teheran sullo scambio di combustibile nucleare iraniano. Lappoggio di Erdogan ai ribelli siriani e la decisione di accettare linstallazione del radar NATO in Anatolia hanno complicato le relazioni con Khamenei, che mal sopporta il nuovo avvicinamento turco allOccidente».

Già. Che cosa sta facendo Erdogan? Perchè è tanto cambiato? Me l’hanno ripetutamente chiesti i lettori. Ma me lo chiedevo anch’io, senza trovare risposta. Ora scopro che se l’è chiesto anche M. K. Bhadrakumar, grande firma e saggio ed autorevolissimo commentatore di Asia Times, che ha tante più fonti di noi poveretti: il signor Bhadrakumar, infatti, prima di essere columnist, è stato ambasciatore dell’India in varie capitali fra cui – appunto – Ankara. Conosce dunque bene situazioni e personalità.

Bhadrakumar è tornato in Turchia per qualche giorno, ed ha chiesto in giro ai vecchi amici del suo livello: dopo tanti successi politici, sociali e culturali, che insetto ha punto Erdogan e il suo governo? Perchè ha preso questa strada «orribilmente sbagliata» in politica estera? Ecco ciò che ha scoperto:

«La cosa curiosa è che la politica estera di Erdogan manca di consenso nazionale, e tuttavia questo politico, che è un ardente democratico, va avanti senza curarsene. Gli intellettuali che ho incontrato sono sbigottiti del fatto che la Turchia stia reclamando la sua eredità ottomana, e si invischi senza necessità nell’intrico del Medio Oriente musulmano».

M. K. Bhadrakumar
  M. K. Bhadrakumar
Continua Bhadrakumar: «Ieri c’è stato un acceso dibattito nel parlamento turco sull’atteggiamento di Erdogan contro la Siria. A quanto mi hanno detto, non solo i kemalisti ma anche gli ultra-nazionalisti e persino il partito curdo della zona orientale della Turchia hanno criticato le interferenze in Siria, a rischio di provocare un brutto contraccolpo. Ma il ministro degli Esteri Ahmet Davitoglu è saltato su con una infocata difesa di quella politica. Ha detto qualcosa come: “La Turchia possiede, guida e serve il nuovo Medio Oriente”».

Ho sentito questo genere di bravate verbali altre volte, ricorda Bhadrakumar, quando ero ambasciatore, nei ricevimenti diplomatici ad Ankara durante la tragica guerra di Bosnia.

«La Turchia si lusingava di diventare “il padrone, la guida e il servitore” dei nuovi Balcani. Ed invece, che cosa è successo? I Balcani e l’Est Europa non sono una dependance turca proprio per niente. E nemmeno più una dependance dell’America. Vogliono essere la dependance della Cina. Durante la recente visita in Polonia del premier Wen Jabao, non sei o dieci, ma 16 capi di governo dei Balcani e del Centro Europa hanno fatto il viaggio fino a Varsavia per omaggiare il governante cinese. E sono i “nuovi Europei” che si presumevano vassalli dell’America».

Dopo averci dato questa clamorosa notizia (inosservata dai nostri media), l’ex ambasciatore si chiede perchè «la Turchia stia seguendo gli Stati Uniti – impantanandosi in sabbie mobili dove anche gli angeli hanno paura di posare il piede, perdendo la direzione... Le cose andavano così bene, e poi Erdogan ha perso la trebisonda».

Come esempio, Bhadrakumar porta la inutile polemica sul foulared islamico in cui il governo si è impantanato all’interno – un pantano molto simile, dopotutto, in cui s’è cacciata la Francia: «Erdogan ha portato in Parlamento sua moglie con il foulard (scandalosa prima volta dai tempi di Ataturk), e il suo partito ha proposto per legge che alle donne sia permesso di coprirsi con il fazzolettone “in tutti i posti pubblici”, con l’argomento che “lo Stato non deve imporre più il laicismo”. Ma il partito stesso ha fatto una distinzione: mentre le deputate possono indossare il velo islamico, per le magistrate, le poliziotte, le insegnanti deve restare il divieto. Le insegnanti non lo indosseranno, ma le scolare potranno indossarlo. Sono stupefatto da questo spaccare il capello, come molte delle mia amiche turche alla moda... Perchè la Turchia deve perdere tempo ed energie in questioni arcaiche?».

Faruk Logoglu
  Faruk Logoglu
Il maggior partito d’opposizione, il CHP (Partito Repubblicano del Popolo) ha tenuto ad Istanbul una conferenza di due giorni sulle «primavere arabe». Lì il vicepresidente del partito Faruk Logoglu (che guidava il ministero degli Esteri quando Bhadrakumar era l’ambasciatore indiano ad Ankara) ha approfittato della nuova libertà d’espressione («Fatto ironico, la deve ad Erdogan») per lanciare un’aspra critica alle politiche medio-orientali del governo. Logoglu ha denunciato apertamente «il sostegno occulto che la Turchia dà ai combattenti siriani che si battono contro il regime di Damasco».

Lugoglu ha bollato le ambizioni del governo, neo-ottomanismo e tutto il resto, «pericolose fantasie». «Non parlerei, se fosse una fantasia innocua. Ma questa è una fantasia pericolosa», ha detto l’ex ministro degli Esteri: «Da parte del ministro degli Esteri turco (Davutoglu) annunciare che “noi guideremo il cambiamento nel Medio Oriente” quando non sa guidare la politica estera del suo Paese, è mancare di rispetto alle nazioni arabe. ... La Turchia ha preso posizione pregiudizialmente contraria a Damasco fin dal primo giorno... Facilitare l’opposizione armata che vuole abbattere il regime di un Paese estero è contrario al diritto internazionale». (Turkey’s Mideast role ‘a dangerous fantasy’)

Anche molti turchi si domandano dunque: cosa sta facendo Erdogan? Dove vuole arrivare? E la risposta è che Erdogan vive ormai in Fantasyland, nel mondo di fantasia che si è creato. (Turkey in a Middle Eastern fantasyland)

C’è molto di personale e di ripicca nell’ostilità di Erdogan ad Assad: Damasco non ha accettato subito le proposte di mediazione di Ankara, dunque ha mostrato di non riconoscere seduta stante il presunto ruolo-guida che a cui Erdogan credeva che tutti aderissero nell’area – specie dopo le acclamazioni che ha ricevuto dalle folle della «primavera egiziana» nella sua visita al Cairo – e pratica la sua ostilità con la stessa costanza e ostinazione che ha usato contro Israele dopo l’aggressione giudaica alla nave turca Mavi Marmara e le mancate scuse di Netanyahu: ottimo atteggiamento in quel caso, ma nel caso della Siria ha rovesciato relazioni buone fra i due Stati che esistevano da decenni.

Insomma c’è qualcosa di caratteriale, una mancanza di saggezza e di misura, un’eccessivamente alta immagine di sè, che sta guidando il personaggio fuori strada.

È un fenomeno che non dovrebbe stupire noi italiani. Quando personaggi di poca preparazione e non eccelso livello intellettuale e morale arrivano al potere, la macchina dello Stato mette a loro disposizione un’incredibile meccanica potenza, una serie inverosimile di facilità e privilegi connessi al governare: un gesto, ed è pronto l’aereo di Stato per farsi portare dovuunque; un ordine, e le segreterie ti mettono in contatto con la Casa Bianca o la Merkel; una parola, e i tuoi ordini sono eseguiti; i prefetti ti ossequiano ed obbediscono, le scorte ti proteggono, i camerieri di Stato ti circondano di lussi. Ogni contrarietà o contrattempo ti è evitato da meccanismi e servizi che servono appunto a questo.

Insomma, se sei un essere basso e senza nobiltà, o senza esperienza e incapace di autocritica, ti monti la testa. Ti abitui a dare ordini immediatamente eseguiti, e finisci per credere che il mondo intero non aspetti che di obbedirti, applaudirti, renderti omaggio. Pensi che le tue ideuzze siano grandiose idee, e ti irriti alla minima opposizione. Ti circondi di adulatori e yes men, nani e ballerine. Eccetera, eccetera.

Li abbiamo visti da noi, Berlusconi e Bossi, fors’anche Tremonti ed altri, scendere per questa china: fino all’idiozia, allo scandalo, alla rovina politica e al disonore. Vediamo anche il capo dei «tecnici», il Monti, irritarsi alle critiche più ragionevoli ed esprimere continuamente una ridicola auto-soddisfazione di sè.

Spero, però tremando, che Vladimir Putin non cada in questa trappola dell’ego. Il fatto è che il sistema che si usa chiamare grosso modo «democratico», unito alla secolarizzazione compiuta (per cui nessuno si fa più l’esame di coscienza, quotidiano esame di umiltà sotto lo sguardo di Dio) riempie le alte posizioni di potere di omuncoli di basso conio, che subito si illudono che la potenza che la macchina pubblica presta loro, sia la loro potenza personale, emanante dalla loro «superiore» egoità.

Erdogan, triste scoperta, è forse uno di questi uomini. Forse si doveva intuire fin dal 1998, quando i generali donmeh lo gettarono in galera per aver declamato pubblicamente i versi del poeta Ziva Gokalp. I versi dicono: «Le moschee sono le nostre caserme, le cupole i nostri elmetti, i minareti le nostre baionette ed i fedeli i nostri soldati...». Un sogno tonitruante ma inetto, non diverso da quelle uscite di Bossi: la Padania tutta ai suoi piedi, la «secessiun» a portata di mano, i bergamaschi pronti a scendere su Roma Ladrona coi «fucili e i proiettili che costano poco». Insomma, Fantasyland.

Quale nuova aristocrazia, quali monaci-soldati ci salveranno da questi ridicoli e rovinosi «barbari sognanti»?





1) «Abbiamo potenti forze armate», ha minacciato Erdogan, aggiungendo che «prenderà le misure opportune, quale Paese NATO», insomma ha minacciato di far valere la clausola dell’Alleanza che impone ai Paesi membri di intervenire a difesa di un alleato aggredito. Con ciò, il turco si è accodato al governo francese – reduce dalla liberazione della Libia – che contro Damasco ha minacciato di invocare il capitolo VII della Carta dell’ONU (interventi umanitari et similia). Ciò ha spinto persino Qadri Jamil, il siriano capo della delegazione del Fronte Popolare di Cambiamento e Liberazione (ossia l’opposizione interna ad Assad) che queste uscite «mirano a dare allopposizione armata la speranza illusoria di un intervento straniero. Certi Paesi, che si arrogano il diritto di instaurare un nuovo ordine mondiale, incitano lopposizione a rigettare il dialogo col potere, per continuare leffusione di sangue nel Paese». Anche il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, ha denunciato che sono «le provocazioni dei gruppi armati dopposizione» (e non la ferocia del regime, come ripetono i nostri media sussidiati) a impedire il cessate il fuoco chiesto da Annan (inviato speciale dell’ONU) la cui mediazione è stata accettata da Assad e da Mosca. «Puntano a silurare il piano Annan e a suscitare lindignazione della comunità internazionale, tentando così di provocare una ingerenza straniera».



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