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Obama indica il nemico interno. O quasi
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Il 21 novembre scorso, da poco rieletto, Barak H. Obama ha emanato un memorandum «da distribuire immediatamente» destinato «ai capi dei dipartimenti esecutivi e delle agenzie» (i ministeri, la CIA, eccetera), poco decifrabile ed agghiacciante. La laconicità e la ambiguità del linguaggio usato ne rende perfino difficile la traduzione. Il titolo allude a «minacce interne» alla nazione, contro le quali si danno «direttive e standard minimi» (sic) alle agenzie esecutive che devono contrastare tali minacce. Eccolo:

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«National Insider Threat Policy and Minimum Standards for Executive Branch Insider Threat Programs»

Laconicamente, le minacce elencate sono gravissime: Atti di violenza contro il governo e la nazione» oltre allo spionaggio e alla «diffusione non autorizzata di informazioni segrete». Come autori o sospetti di tali azioni, si indicano «dipendenti pubblici» (employees) dei ministeri e agenzie esecutive: insomma dei nemici interni. La dirigenza delle stesse agenzie e le branche esecutive è invitata a «deter, detect and mitigate» ossia a «dissuadere, scoprire e mitigare» (sic) tali atti compiuti dagli employees. Verso gli impiegati e funzionari, si invita a un controllo più severo ed organizzato, secondo un programma evidentemente già elaborato e noto ai dirigenti, chiamato Minimum Standards.

 

È un appello alla mobilitazione ai vertici governativi, contro minacce interne che non sono esplicitate, eppure inequivocabili: «atti di violenza verso il governo» possono arrivare a comprendere l’attentato al presidente (una ricorrenza americana), l’assassinio mirato, fino al colpo di Stato – e la Casa Bianca ritiene che vengano dall’interno del potere esecutivo stesso (il termine insider ricorre con insistenza). Quanto agli atti di «violenza contro la nazione», la mente corre all’11 settembre; a mega-attentati magari false flag, per ferire gravemente la popolazione e l’opinione pubblica, la coscienza collettiva, e trascinare il Paese in guerre non volute...

Nello stesso tempo, è come se il memorandum di Obama avesse uno strano ritegno ad identificare meglio questo «nemico interno»; lo si ritiene capace di atti di gravità inaudita, ma poi si parla non già di stroncare, ma di «dissuadere» (deter) e, incredibile, mitigare (mitigate) le azioni di questo pericolo numero uno per la res publica; quasi il nemico interno fosse già troppo potente ed integrato nel potere, per poterlo epurare.

Ancor più impressionante, come fa notare il sito Dedefensa, è che questo grido d’allarme e forse chiamata di soccorso presidenziale, postato sul sito ufficiale della Casa Bianca, non ha suscitato alcuna reazione, anzi alcuna presa d’atto, dai grandi media.

CNN e Fox, New York Times e Washington Post, non si sono «lanciati sulla notizia» con la golosità con cui si dedicano ai più frivoli gossip politici del Campidoglio. Il sistema di comunicazione coessenziale al Sistema americano, e trasmettitore della sua ideologia, «valori» e informazione selezionata, quando la notizia è troppo destabilizzante per la coscienza di sé del Sistema americano stesso come apice storico della democrazia e della virtù, non cerca nemmeno di manipolare la notizia, renderla innocua a forza di interpretazioni e commenta; semplicemente, tace. Ammutolisce. Come ha fatto, in fondo, l’11 settembre 2001, quando ha rifiutato di vedere i numerosi indizi che contraddicevano la versione ufficiale, e la conclusione che la verità rivelava: che il governo USA poteva decretare la morte di 29.00 suoi cittadini.

O in questo caso la grande stampa guarda da un’altra parte mentre l’indicibile minaccia, di cui è a conoscenza, si sta – o stava – per concretare? Fox News è solita deridere Obama per questo tipo di uscite: «Ecco, Obama è diventato dittatore: reclama pieni poteri» poteva essere un commento adeguato della TV neocon di Murdoch. Invece silenzio. E che dire del Partito Repubblicano, di solito sempre pronto a saltare addosso e a criticare il presidente nero? Invece, silenzio anche lì. Totale.

Che cosa sta succedendo? È apparentemente qualcosa che ha a che fare con l’eccidio di Bengasi, dove l’ambasciatore Stevens e le sue guardie del corpo sono state trucidate, l’11 settembre 2012; e con la conseguente dimissione per pretesti sessuali del generale Petraeus. Si ricorderà che, il 21 settembre, Obama ha sollevato dal comando – con la motivazione di «inappropriate leadership judgement» – l’ammiraglio Charles Gaouette, che comandava la squadra navale della portaerei Stennis, nel Golfo Persico, e che l’11, il giorno dell’eccidio di Bengasi, pare fosse a Guam, dunque 8 mila chilometri dalla Libia, impegnata in una esercitazione navale, Valiant Shield.

Generale Carter Ham
  Generale Carter Ham
Un altro che è stato sollevato dall’incarico sui due piedi è il generale Carter Ham, che quel giorno era vicino a Bengasi (alcuni siti lo dicono erroneamente capo dell’AFRICOM, uno dei nove comandi unificati della potenza militare USA, che interviene in Africa) e – secondo le voci riportate da siti anti-Obama – aveva già pronto un gruppo di commandos per salvare l’ambasciatore e i suoi uomini; avrebbe ricevuto l’ordine dalla Casa Bianca di non muoversi (stand down), lui avrebbe lo stesso cercato di inviare il suo commmando, e sarebbe stato esautorato all’istante dal suo secondo in comando, su ordine del ministro della Difesa, Leon Panetta.

Somiglia molto alla trama di certi film americani, e il generale Ham fa la figura dell’eroico soldato coraggioso, irruente, pronto a scattare per salvare i suoi concittadini in pericolo, ed Obama come un «comandante in capo» incapace e vile. Che può essere anche la realtà, ma è certamente il giudizio spregiativo su Obama che è ripetutamente espresso, con atti più che con parole, dai neocon orfani di Bush jr. e Cheney, e da certi ambienti militari guerrafondai e vicini ad Israele. A quanto pare, la potente corporazione dei gallonati ribolle di insubordinazione e di rabbia verso il nero. La rielezione del presidente per altri quattro anni ha portato la rabbia di questi gruppi alle stelle; tanto più che non dovendo Obama preoccuparsi di un’altra rielezione, ha le mani più libere rispetto alla nota lobby (Where are Gen Carter Ham and Adm Charles Gaouette? Sign the petition to have them testify to Congress).

Ammiraglio Charles Gaouette
  Ammiraglio Charles Gaouette
Il sito sopra indicato riporta la versione, «da fonti dei più alti livelli del Pentagono», secondo cui l’ammiraglio Gaouette sarebbe stato sollevato perché pianificava un golpe contro Obama, se questi fosse stato rieletto, e che «decine di ufficiali superiori sono di fronte al licenziamento, centinaia sono sotto inchiesta, e tutti con legami con elementi estremisti del Partito Repubblicano e Israeli Lobby» (PressTV.com claims Admiral Gaouette under suspicion for planning overthrow of Obama if re-elected!!!).

Una teoria del complotto che Huffington Post, semi-alternativo e pro-Obama, si affretta a smontare (A Benghazi conspiracy theory debunked).

Conviene rivolgersi a Gordon Duff: ex ufficiale dei Marines, assai critico dei neocon, che tiene il sito Veterans Today. Anche Gordon ha ottime fonti nell’ambiente militare e dell’intelligence. Ed ecco cosa gli dice un analista:

«È in corso, allinterno del settore militare USA, nella branca esecutiva dello Stato e fra intrallazzatori estremisti (extremist power brokers) una trama attiva per 'alterare' la forma di governo dellAmerica tramite 'decapitazione'» (AIPAC, decapitators inside US government: Intelligence analyst).

Decapitazione.

«Dietro i cospiratori ci sono cartelli della droga che hanno penetrato il governo, ex-lobbisti che erano entrati nel governo durante lAmministrazione Bush».

Intrallazzatori estremisti ed ex lobbisti che durante l’Amministrazione Bush erano parte del governo ci ricorda precisamente i neocon che erano al Pentagono come «consiglieri speciali» (tipo Richard Perle) o addirittura vice-ministri l’11 Settembre: Paul Wolfowitz, Douglas Feith, Dov Zahkeim – tutti e tre con speciali rapporti con il complesso militare-industriale e ottime relazioni di consonanza ideologica con gli alti gradi militari più insofferenti di Obama: del resto esiste un think-tank ebraico apposito per avvicinare e legare i gallonati americani alla causa d’Israele, e si chiama Jewish Institute of National Security Affairs. Secondo Duff, «l’attacco di Bengasi è stato organizzato e finanziato da questo gruppo».

Intervistato dall’iraniana PressTV, Gordon Duff ha dato altri particolari. Ha evocato le «due o tre testate nucleari che sono state rubate» negli anni passati e di cui il pubblico è tenuto all’oscuro perché non cada nel panico. Queste armi «possono ben essere dispiegate in città americane da elementi estremisti con probabili legami con una agenzia di spionaggio straniera». Esattamente questo scenario era già stato preconizzato nel 2006 – guarda fino a che punto arriva la creatività di Hollywood – in una serie TV intitolata «Jericho», come la biblica città distrutta dalle trombe del popolo eletto (Jericho - TV series).

Nell’agosto 2007, un bombardiere strategico B-52, con sei missili da crociera armati di testate atomiche, decollò dalla base aerea di Minot in North Dakota verso una destinazione sconosciuta, e fece scalo nella lontana base di Barksdale, Louisiana. Qualche ufficiale della base si accorse che i missili non erano stati disarmati come dovevano, ed allertò il Pentagono: fortunatamente allora Rumsfeld era già stato sostituito da Robert Gates, che sventò il peggio. Si sospettò di un colpo di coda del vicepresidente Cheney, che aveva scavalcato la catena di comando dando l’ordine del misterioso volo, un tentato false flag contro una città americana. Si è anche vociferato che una o due testate non sono state più trovate. Altre tre testate, delle dieci fabbricate dal Sudafrica dell’apartheid con l’assistenza di Israele, sarebbero scomparse. Cadute in mani private, erano state acquistate nel 1990 dal governo britannico della Tatcher, e la compravendita era stata gestita dal dottor David Kelly, il celebre esperto di segreti militari (poi misteriosamente «suicidato») e da un giovane assistente tory, David Cameron, l’oggi Primo Ministro…

Non ci resta che aspettare gli eventi.

Qui di seguito, il testo integrale del memorandum

The White House Office of the Press Secretary For Immediate Release
November 21, 2012

Presidential Memorandum — National Insider Threat Policy and Minimum Standards for Executive Branch Insider Threat Programs

Memorandum for the heads of executive departments and agencies

Subject: National Insider Threat Policy and Minimum Standards for Executive Branch Insider Threat Programs

This Presidential Memorandum transmits the National Insider Threat Policy and Minimum Standards for Executive Branch Insider Threat Programs (Minimum Standards) to provide direction and guidance to promote the development of effective insider threat programs within departments and agencies to deter, detect, and mitigate actions by employees who may represent a threat to national security. These threats encompass potential espionage, violent acts against the Government or the Nation, and unauthorized disclosure of classified information, including the vast amounts of classified data available on interconnected United States Government computer networks and systems.

The Minimum Standards provide departments and agencies with the minimum elements necessary to establish effective insider threat programs. These elements include the capability to gather, integrate, and centrally analyze and respond to key threat-related information; monitor employee use of classified networks; provide the workforce with insider threat awareness training; and protect the civil liberties and privacy of all personnel

The resulting insider threat capabilities will strengthen the protection of classified information across the executive branch and reinforce our defenses against both adversaries and insiders who misuse their access and endanger our national security.

Barack Obama


È d’obbligo rievocare qui la tesi molto diversa di Thierry Meyssan: Obama, forte della rielezione, sta cambiando politica estera (verso la Siria soprattutto) e sta facendo un repulisti delle forze e personalità che tale cambiamento hanno impedito nel primo mandato. Può essere così; Meyssan fornisce dati a conforto molto significativi (1). La sola cosa che non convince, e che tale interpretazione presuppone un coraggio e una energia che Obama non ha finora manifestato.

Un commento: sarebbe ingenuo credere che Obama possa sventare i pericoli che gravano sulla sua testa, e sulla sua vita, denunciando apertamente, e rivelando i particolari, del complotto in atto o appena sventato. Ciò vorrebbe dire fare appello all’opinione pubblica americana: e oltre la metà di tale opinione pubblica non solo non crederebbe alla sua denuncia, ma si schiererebbe contro di lui accusandolo di voler spaccare il Paese (il patriottismo americano ama credersi «bipartisan»). Oggi è impossibile dire la verità all’America, sulla vera natura della sua «democrazia» e sul contenuto reale delle sue presunte virtù. Nessuno può mostrarle allo specchio qual è la sua vera immagine: come un cane idrofobo, morderebbe la faccia di chi osasse tanto. Sarebbe la guerra civile, e il bilancio della forza bruta sta dall’altra parte. Milioni di americani dipendono per vivere, direttamente o indirettamente, dal più gigantesco e costoso sistema militare-industriale della storia, e dalle forze armate più potenti e pletoriche apparse sulla terra; milioni sono «militarizzati» nella mente, si sentono e si sanno in guerra (e due guerre in corso da dieci anni senza alcuna ragionevole prospettiva hanno usurato la forza, ma inasprito il militarismo); mettiamoci la lobby ebraica profondamente intrecciata a questi interessi; si aggiungano i 70 milioni di «cristiani rinati» che sono stati indottrinati a farsi strumento degli interessi di Israele, perché quello che fa accelera la venuta del Messia e dunque della «rapture» al Cielo... interessi bruti, ipocrisie, trame ed irrazionalismi «religiosi», per una popolazione sono un miscuglio esplosivo strapotente. Guai a chi accende la miccia.

Per questo il memorandum di Obama è costretto ad una cautela estrema e ridicola. Peggio, è obbligato a costruire una rete di sorveglianza e di spionaggio del sistema «contro se stesso» e i suoi membri, che fa dei vertici del potere un inferno orwelliano, dominato dal sospetto e dal controllo occulto. È impressionante la perdita di libertà che ormai inceppa il vertice stesso del potere assoluto huius mundi, l’impotenza del presunto onnipotente dell’aldiquà; non è nemmeno libero di dire la verità evidente. In qualche modo, è l’esito paradigmatico del porsi al servizio di Satana e del suo piano di omicidio totale, nell’illusione che esso – il Padre della Menzogna – vi darà in cambio il potere.

Non del tutto fuori tema, ecco una pagina del britannico Independent datata 6 dicembre 1991. È un articolo a lode e gloria di Osama Bin Laden, «il combattente anti-sovietico» che «reclutò i mujaheddin» ed adesso «mette questa sua armata alle opere di pace».



Allora, Bin Laden era un eroe per il sistema americano. Il progetto di riconvertire i mujaheddin non riuscì, o non del tutto (è sempre spinoso reintegrare un corpo bellico irregolare), e l’America sta eliminando da dieci anni – con la scusa dell’11 Settembre – gli effetti collaterali negativi di questo fallimento epocale. Si noterà che la firma è quella di Robert Fisk: un grande giornalista che con l’esperienza ha imparato a dire la verità, anche la più urticante per il sistema. Ma il sistema, ed Obama come suo apparente culmine, non hanno questa libertà.




1) Ecco il testo integrale:

Obama II: la Purga e il Patto
Thierry Meyssan

Disponendo d’una legittimità rafforzata dalla sua rielezione, il presidente Barack Obama si prepara a lanciare una nuova politica estera: nel trarre le conclusioni dalla relativa debolezza economica degli Stati Uniti, rinuncia a governare da solo il mondo. Le sue forze continuano la loro partenza dall’Europa e il loro ritiro parziale dal Medio Oriente, per essere posizionate intorno alla Cina. In questa prospettiva, vuole allo stesso tempo allentare l’alleanza russo-cinese in corso di formazione e condividere il fardello del Medio Oriente con la Russia.

Pertanto, è pronto ad attuare l'accordo sulla Siria, concluso il 30 giugno a Ginevra (dispiegamento di una forza di pace dell’ONU, composta in prevalenza da truppe dell’OTSC, mantenimento al potere di Bashar al-Assad se viene plebiscitato dal suo popolo). Questa nuova politica estera si scontra con forti resistenze a Washington.

A luglio, le fughe di notizie pilotate sulla stampa avevano fatto fallire l'accordo di Ginevra e avevano costretto Kofi Annan a dimettersi. Il sabotaggio sembra essere stato ordito da un gruppo di alti ufficiali superiori che non accettano la fine del loro sogno di impero globale.

In nessun momento la questione è stata evocata durante la campagna elettorale presidenziale, poiché i due candidati principali si mettevano d’accordo per collocarsi sullo stesso tornante politico mentre si opponevano soltanto sul modo di presentarlo.

Dunque Obama ha atteso la notte della sua vittoria per dare il segnale di una purga preparata con discrezione da mesi. Le dimissioni del generale David Petraeus dalle sue funzioni di Direttore della CIA sono state ampiamente pubblicizzate, ma non si trattava che dell'antipasto. Le teste di molti altri ufficiali superiori andranno a rotolare nella polvere.

La purga colpisce innanzitutto il Comandante Supremo della NATO e il comandante dell’EuCom (Ammiraglio James G. Stravidis), che termina il suo giro, e il suo previsto successore (Gen. John R. Allen). Si prosegue con l'ex comandante di AfriCom (il generale William E. Ward) e con colui che gli è succeduto da un anno in qua (il generale Carter Ham). Essa dovrebbe ugualmente liquidare il dominus dello Scudo antimissile (il generale Patrick J. O'Reilly) e altri ancora di minore importanza.

Ogni volta, gli alti ufficiali sono accusati sia di scandali sessuali sia di appropriazione indebita. La stampa USA si è saziata di sordidi dettagli sul triangolo amoroso che coinvolge Petraeus, Allen e la biografa del primo, Paula Broadwell, passando sotto silenzio che costei è Tenente Colonnello dei servizi segreti militari. Con ogni probabilità, è stata infiltrata nella cerchia dei due generali per farli cadere.

L'epurazione a Washington è stata preceduta, a luglio, dall'eliminazione dei responsabili esteri che si opponevano alla nuova politica ed erano stati coinvolti nella Battaglia di Damasco. Tutto è accaduto come se Obama avesse deciso di non intervenire. Si pensi, ad esempio, alla morte prematura del generale Omar Suleiman (Egitto) giunto a svolgere degli esami in un ospedale statunitense, o all'attentato contro il principe Bandar bin Sultan (Arabia Saudita), sette giorni più tardi.

Sta a Barack Obama comporre il suo nuovo governo trovando uomini e donne capaci di accettare la nuova politica. Egli fa conto soprattutto sull'ex candidato democratico alla presidenza e attuale presidente della Commissione Esteri del Senato, John Kerry. Già ora Mosca ha fatto sapere che la sua nomina sarebbe ben accolta. Soprattutto, Kerry è noto per essere «un ammiratore del presidente Bashar al-Assad» (The Washington Post) che ha spesso incontrato negli anni precedenti.

I coniugi Kerry e i coniugi Assad, durante un pranzo privato, in un ristorante damasceno, nel 2009.

Resta da sapere se i democratici possono accettare di perdere un seggio al Senato, e se Kerry prenderà il segretariato di Stato o quello della Difesa.

Nel caso in cui prendesse il Dipartimento di Stato, la Difesa toccherebbe a Michèle Flournoy o ad Ashton Carter, che continuerebbero le attuali restrizioni di bilancio.

Nel caso in cui Kerry prendesse la Difesa, il Dipartimento di Stato spetterebbe a Susan Rice, il che non mancherebbe di porre alcuni problemi: si era mostrata assai scortese dopo i recenti veti russo e cinese, e non sembra avere il sangue freddo per questa carica. Inoltre, i repubblicani tentano di ostacolarla.

John Brennan, noto per i suoi metodi particolarmente sporchi e brutali, potrebbe diventare il prossimo direttore della CIA. Sarebbe incaricato di voltare la pagina degli anni di Bush, liquidando i jihadisti che hanno lavorato per l'Agenzia e smantellando l'Arabia Saudita che non sarebbe più di alcuna utilità. Se la cosa non riesce, la missione sarebbe affidata a Michael Vickers, ovvero a Michael Morell, l'uomo nell'ombra che stava al fianco di George W. Bush durante un certo 11 settembre mentre gli dettava il suo comportamento.

Il sionista e nondimeno realista Antony Blinken potrebbe diventare consigliere per la sicurezza nazionale. Si potrebbe risvegliare il piano che aveva elaborato, nel 1999 a Shepherdstown per Bill Clinton: fare la pace in Medio Oriente facendo assegnamento su... gli Assad.

Prima ancora della nomina del nuovo gabinetto, il cambiamento di politica si è già concretizzato con la ripresa dei negoziati segreti con Teheran. In effetti, la nuova situazione richiede di abbandonare la politica di isolamento dell'Iran e, infine, di riconoscere la Repubblica islamica come una potenza regionale. Prima conseguenza: i lavori di costruzione del gasdotto che collegherà South Pars - il più grande giacimento di gas del mondo - a Damasco e infine al Mediterraneo e all'Europa, sono ripresi, con un investimento di 10 miliardi di dollari che non potrà essere redditizio se non con una pace duratura nella regione.

La nuova politica estera di Obama II cambierà il Medio Oriente nel 2013 nella direzione opposta rispetto a quella annunciata dai media occidentali e del Golfo.



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