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Appello per rompere l’euro
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Il divertente e tragico grafico qui sotto misura il tasso di «dispersione» dei Paesi che fanno parte di unioni monetarie: ossia di quanto siano divergenti l’uno dall’altro, il che fornisce il grado di assurdità di una forzata unione monetaria.

Vi sono elencate unioni monetarie esistite in passato(Unione scandinava, ad esempio) ed anche alcune totalmente arbitrarie: notare la penultima colonna, che fornisce il grado di dispersione di una fantomatica unione monetaria che unisse «tutti i 13 Paesi che cominciano con la M», dal Messico al Madagascar. Ebbene: anche questa risulterebbe composta di Paesi meno divergenti di quelli da cui è composta la zona Euro.

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(CLICCARE PER INGRANDIRE)
La tabella è stata elaborata da Michael Cembalest, un analista di JP Morgan. Benchè umoristica nei risultati, la ricerca dà una seria indicazione ai «mercati» che speculano sulla possibilità che l’eurozona si spacchi. La possibilità è alta, abbastanza da continuare a puntare contro l’euro.

Per valutare la «dispersione» (o divergenza) dei Paesi dell’Euro, Cembalest ha valutato un centinaio di fattori tratti dal Global Competitiveness Index, del World Economic Forum: dal PIL pro-capite alla indipendenza della magistratura, fino ai chilometri-passeggero delle linee aeree. Le massime divergenze, in Europa, si notano nel rapporto fra salari e produttività, nella efficienza del sistema legale nelle cause d’affari, nella qualità della ricerca scientifica, nel livello di spreco e corruzione pubblica (indovinate quale nazione ha questi primati). «E i risultati sono simili anche se si esclude la Grecia; la divergenza tra i Paesi europei va oltre la Grecia», commenta l’analista.

Ecco perchè il mantenimento della moneta unica che continua a perseguire ostinatamente l’eurocrazia (di cui Mario Monti e Mario Draghi sono augusti esponenti) non è solo un bagno di sangue per i popoli, ma un tentativo condannato comunque: l’euro si spaccherà, lo si voglia o no. Inutili sofferenze di massa, solo perchè gli eurocrati non vogliono ammettere di aver avuto torto (e non perdere il posto e gli emolumenti). (Making eurozonians, or not)

Ciò dà un altro argomento al gruppo di economisti francesi e tedeschi – sì, anche tedeschi – che si sono riuniti a Dusseldorf il 27 aprile scorso per chiedere pubblicamente ai governi di procedere a uno smantellamento concordato dell’euro.

Tredici anni dopo, scrivono gli esperti, è evidente che l’euro non ha tenuto nessuna delle sue promesse:

- «Invece della prosperità, un rallentamento della crescita in tutti i Paesi dell’eurozona».

- «Invece del rigore pubblico, dieci anni di irresponsabili aumenti della spesa pubblica e dell’indebitamento».

- Anzichè una migliore integrazione economica, «squilibri tra i Paesi che si aggravano ogni giorno. I Paesi del Sud, anche la Francia, vedono la loro competitività degradarsicontinuamente da dieci anni».

- Al posto di un avvicinamento dei popoli, «un’animosità crescente fra creditori e debitori».

- Anzichè un progresso della democrazia, «decisioni imposte dall’alto a popoli che le rifiutano».

Dopo questa diagnosi, gli economisti continuano: i successivi piani per «salvare l’euro» si riducono, in fondo, ad imporre una sola cosiddetta soluzione: «La deflazione dei prezzi (e dei salari) nei Paesi deficitari. Una tale operazione non è riuscita mai nella storia. Non è riuscita nella Germania del 1930 (austerità del cancelliere Brunswik, ndr) nè in Francia nel 1934».

«A forza di perseguire un obbiettivo che non sarà comunque raggiunto, l’Europa è trascinata in una spirale recessiva che allarma il pianeta intero». A cui si aggiunge «il rischio d’inflazione, in quanto la Banca Centrale Europea, violando i suoi stessi statuti, per prolungare la vita dell’euro non vede altra soluzione che una massiccia creazione monetaria, a beneficio delle banche».

A quelli che dicono: la soluzione è in «più Europa», non meno, ossia a un’Europa federale come gli Stati Uniti, gli esperti rispondono: «È illusorio sperare in una Europa dei trasferimenti», dove cioè la Germania e i suoi satelliti dovrebbero trasferire durevolmente centinaia di miliardi di euro ai Paesi in difficoltà. Ciò «configurerebbe una collettivizzazione dei deficit pubblici: soluzione rigettata dai popoli che si vorrebbe obbligare a contribuire (i tedeschi, poco contenti di pagare i costi del Quirinale italiano, quattro volte superiori a quelli della monarchia britannica, ndr) e senza dare alcuna speranza di risanamento dei Paesi in cattive condizioni». E intanto «l’Unione Europea resta il fantoccio delle oligarchie finanziarie che mirano alla distruzione delle basi stesse della nostra esistenza»: è «vergognoso vedere tali oligarchie sottomettere il potere politico ai loro interessi».

Bisogna mettere fine a «questo accanimento terapeutico», altrimenti «l’esperienza della moneta unica finirà nel caos»... «esplosione della disoccupazione, disordini sociali, distruzione dello Stato di diritto, salita degli estremismi... i Paesi d’Europa diverranno ingovernabili».

I firmatari propongono dunque una gestione ordinata della rottura monetaria: molte ne sono già avvenute in passato, «dimostrando non solo che la rottura ordinata è possibile, ma che s’è rivelata benefica in pochi mesi».

Detto ciò, gli esperti precisano le fasi della «rottura ordinata» della moneta unica: in succo, consiste nel tornare alle monete nazionali unite da un sistema monetario europeo con una unità di conto europea, entro cui e monete possano fluttuare (ossia svalutarsi o rivalutarsi) entro un margine determinato. Abbiamo già avuto questo sistema, si chiamava SME, il «Serpente» Monetario Europeo.

I nomi dei firmatari dell’appello: Bruno Bandulet, Rolf Hasse, Wilhelm Nölling, Karl Albrecht Schachtschneider, Wolf Schäfer, Dieter Spethmann, Joachim Starbatty, Alain Cotta, Jean-Pierre Gérard, Roland Hureaux, Gérard Lafay, Philippe Murer, Michel Robatel, Jean-Jacques Rosa.

Ne ha dato notizia l’ Economist, ma naturalmente non il Corriere, Repubblica, 24 Ore, eccetera. (Currency disunion)

Ora si spera che Hollande abbia il coraggio di afferrare questa bandiera; sarebbe seguito dall’intero Club Med tranne, forse, l’Italia del governo Goldman Sachs Monti. Ma è autorizzata la speranza?

RPanicos Demetriades
  Panicos Demetriades
Vediamo: è stato messo a capo della Banca Centrale di Cipro (zona euro) un nuovo governatore, Panicos Demetriades, a cui vanno i nostri auguri sinceri: è stato uno dei pochi economisti ufficiali (è laureato a Cambridge) che mesi fa ebbe il coraggio di dire: dall’euro deve uscire la Germania, non la Grecia. Per avere la poltrona di governatore, Demetriadis ha dovuto abiurare questa verità evidente. Altrimenti i banchieri tedeschi (ma non solo loro) non l’avrebbero accettato nel loro consesso, dove si è cooptati per omogeneità ideologica. Comunque, un tipo simile con idee simili, in un posto simile, è uno spiraglio di luce. (Cyprus' Central Bank new governor appointed)

Buon Panicòs a tutti.



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