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Siria: un altro calvario dei palestinesi. Per mano salafita
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I salafiti che combattono contro il regime di Assad preso il controllo dei campi profughi palestinesi – in 7 su 13 – ne hanno fatto dei santuari e depositi d’armi intoccabili, in quanto usano la popolazione lì rifugiata come scudi umani contro l’esercito regolare siriano. E spadroneggiano e impongono con la minaccia e la paura il loro ideale coranico.

A denunciare questo nuovo, inenarrabile calvario dei profughi palestinesi è Franklin Lamb, un arabista ed analista americano abitante a Beirut, che ha condotto l’inchiesta e raccolto testimonianze di residenti ed ex residenti dei campi, membri ed esponenti del Fronte di Liberazione della Palestina e del fronte Popolare di Liberazione della Palestina (due gruppi politici), ed anche con personale di ONG che opera – operava – nei medesimi campi.

«All’inizio gli intrusi arrivano in piccolo numero», ha raccontato una matura profuga, la cui famiglia era originaria di Safed (Palestina occupata) da cui è stata cacciata dagli ebrei: «Si notano per l’accento straniero e gli abiti tradizionali, molti hanno barbe lunghe. Si mostrano gentili ed amichevoli. Poi ne sono arrivati altri, alcuni con moglie e figli. Hanno cominciato ad usare la moschea locale, spesso ben accolti dagli sceicchi, ammirati per la loro pietà. Poi alcuni di loro hanno cominciato a fare la morale alle giovani palestinesi, per il loro modo di vestire non islamico. Sono diventati aggressivi: non fumate, non partecipate a riunioni pubbliche, portate il hijab...».

«Poi sono comparsi dei mitragliatori», dice la sorella della matura profuga, «ed hanno preso ad addestrarsi con le armi o in una scuola o in uno spazio per i giochi dei ragazzi. Erano serissimi, sembravano in una sorta di trance. Non è possibile parlare o ragionare con loro. Volevano diventare dei martiri! Certuni addirittura credevano che la Siria fosse la Palestina e che si trovavano i per liberare Al Quds (Gerusalemme)!».

Ben presto i nuovi arrivati hanno imposto il loro dominio sulla popolazione dei campi: questa si deve «sottomettere al puro Islam» come lo intendono loro, e non solo. Quando la lotta coperto l’armata siriana s’è intensificata, i nuovi padroni hanno ordinato ai profughi maschi di unirsi a loro e «liberare» i campi. La situazione è tale, che molti giovani hanno dovuto fuggire dai campi – due volte profughi, alcuni si sono rifugiati in campi libanesi perché minacciati e per sfuggire all’arruolamento forzato.

«I campi palestinesi sono divenuti teatro di guerra», ha ammesso il commissario generale dell’UNRWA, l’italiano Filippo Grandi. Secondo i responsabili siriani e palestinesi della stessa UNRWA, il numero dei salafiti combattenti infiltrati nei campi-profughi, che essi usano come basi strategiche, si valuta a circa 7 mila, controllando per l’appunto 7 campi sui 13 esistenti.

Bisogna ricordare che il regime di Assad ha accolto generosamente i fuggiaschi palestinesi di lunga data – almeno 230 mila persone – in 10 campi «ufficiali» sotto mandato ONU, ed altri tre in qualche modo spontanei. Otto campi risalgono alla Nabka, all’espulsione israeliana di massa del 1948 ed anni seguenti, quando il terrore giudaico costrinse alla fuga improvvisa migliaia di famiglie. Altri due, Deraa e Qabr Essit, invece sono stati allestiti durante la «naksa» (ritirata), ossia nel 1967 quando gli israeliani attaccarono ed occuparono la Cisgiordania e le alture del Golan appartenenti alla Siria.

Franklin Lamb dà il seguente elenco dei campi di palestinesi in Siria, con la data di allestimento e il numero di ricoverati:

1950, Dera’a, 5,916 rifugiati
1967, Dera’a (Emergency), 5,536 profughi
1950, Hama, 7,597 rifugiati
1949, Homs, 13,825 profughi
1948, Jaramana, 5,007
1950, Khan Dunoun, 8,603
1949, Khan Eshieh, 15,731
1948, Neirab, 17,994
1967, Qabr Essit, 16,016
1948, Sbeineh, 19,624
1955-6, Latakia camp, 6,534 registered refugees
1957, Yarmouk Camp, 112,550 registered refugees
1962, Ein Al-Tal, 4,329 registered refugees.

Scrive Lamb: alla data dell’8 agosto, sette di questi campi – due nel Nord e cinque nell’area di Damasco e nel Sud della Siria – sono sotto il tallone dei combattenti salafiti stranieri. Cellule jihadiste che hanno preso possesso dei campi già all’inizio delle ostilità, e dove praticano il reclutamento forzato, usano i civili non combattenti come scudi umani, e s’impadroniscono delle attrezzature e strutture della UNRWA. Costoro approfittano dello statuto di «zona di sicurezza dei campi per rifugiati» – che li rende inviolabili alle truppe del Paese ospite, la Siria – per farne basi militari da cui operano per rovesciare il governo siriano.

Con l’aggravarsi del conflitto, il governo siriano non è più in grado di assicurare la protezione esterna dei campi-profughi né di fornire quel minimo di servizi sociali che prima dava o lasciava dare all’UNRWA. Ciò ha facilitato l’infiltrazione dei salafiti: all’inizio, «creano dei centri per risolvere i problemi di persone o famiglie: un po’ di denaro liquido, visita medica, distribuzione di pane, impegno a garantire la sicurezza dei campi, certi servizi oggi assenti». Ma quando «cominciano a comparire i kalashnikov», gentilezza e fraternità scompaiono, e la crescita degli stranieri si moltiplica in modo rapidissimo. I palestinesi che sono pro-governativi o neutrali non possono far nulla, ogni tentativo di resistenza viene stroncato. L’inverno scorso Ahmed Jibril, il capo del FPLP-CG palestinese che domina il campo di Yarmouk, ha cercato di sloggiare con la forza i ribelli salafiti dal campo; lui e i suoi sono stati sconfitti, anche per inestricabili dissidi interni (tre comandanti del FPLP si sono dimessi per disaccordi col capo, altri hanno raggiunto i ribelli con il loro armamento); ne è seguita una guerriglia che ha condotto alla distruzione di Yarmouk, un denso abitato di casoni in cemento, e un conflitto di cecchini che dura tutt’ora. Risultato, della popolazione originaria è restata a Yarmouk meno del 20%, che rischia la vita cercando di sfuggire ai tiratori dai tetti. L’organizzazione salafita Al Nusra è rimasta padrona. Secondo le ultime notizie, i salafiti stanno trincerandosi nel campo, scavando tunnel sotterranei per immagazzinarvi armamento (fornito dall’Occidente) e spostarsi non visti, ed costruendo trincee fortificate. Il loro numero non fa che aumentare.

Dicono alla gente che si preparano a contrastare una operazione dell’esercito siriano contro il campo. Ma l’esercito siriano ha altre battaglie più urgenti da combattere. Senza contare che, se invadesse Yarmouk, dovrebbe vedersela con l’accusa dell’UNRWA su piano internazionale: gli accordi vigenti (del Cairo) vietano alle forze del Paese che ospita un campo gestito dall’UNRWA di entrarvi. E coi tempi che corrono, l’Occidente che arma i salafiti è prontissimo ad accusare il regime di ogni genere di violazione e atrocità. Non hanno nemmeno bisogno di aspettare i risultati delle ispezioni Onu: che Damasco abbia gettato i gas è «innegabile», ripetono Kerry, Cameron, Fabius, i giudei.

A suo onore, la Bonino ha invitato ogni Paese che «dice di avere prove certe» sull’uso di armi chimiche da parte di Assad di mettere a disposizione tali prove in «luoghi deputati all’esame e alla condivisione, con il consiglio di sicurezza dell’Onu»; così ha detto la Bonino, riferendosi alle «dichiarazioni perentorie» pronunciate da «Gran Bretagna, Francia, alcuni negli Stati Uniti e Israele». La condivisione serve ad evitare che «ognuno tiri dalla sua parte, perché ognuno una sua parte ce l’ha».

Già. S’intravvede addirittura una collaborazione-collusione in funzione anti-palestinese tra salafiti occupanti dei campi profughi e Israele: un’ulteriore dispersione dei palestinesi profughi le giova, in quanto indebolisce le pretese palestinesi al «ritorno» nei territori occupati.

Si è arrivati al punto – paradossale – che un leader dei ribelli anti-Assad ha pubblicamente invitato Israele a «abbandonare la sua neutralità nominale» (sic) e ad appoggiare «il pianificato attacco Usa alla Siria», se lo Stato ebraico «vuol mantenere buone relazioni» col governo post-bellico, che sarà dei ribelli. È un peccato che il leader abbia parlato sotto condizione di anonimato, alla catena ebraica YnetNews: è comunque bello che egli auspichi un governo super-takfirista ed islamista in buone relazioni con Israele. Certi veri musulmani intransigenti non cessano mai di stupire. È vero che Osama bin Laden e la sua Al Qaeda non hanno mai torto un capello ad un solo israeliano, ma ucciso migliaia di musulmani non abbastanza musulmani per loro, con preferenza per sciiti ed alawuiti, dedicando ad essi i migliori sforzi del loro jihad. (Syrian rebels' senior official says Israel must urge intervention)

Il vantaggio di proseguire il genocidio per mano «islamica» non è certo sfuggito alle centrali ebraiche. Per esempio: qualche giorno fa, l’aviazione sionista col pretesto di reagire al lancio di quattro razzi che partivano dal Sud Libano (come al solito anonimi ed innocui) bombardando una base militare del FLPL, ossia – guarda caso – di quella forza palestinese di Ahmed Jibril, che ha osato resistere ai salafiti nel campo di Yarmouk. Da un pezzo del resto l’esercito israeliano dà una mano ai ribelli, bombardando qui, sconfinando là...

I combattenti di Ahmed Jibril resistono ancora in una parte del campo di Yarmouk, e da questa zona liberata hanno fatto avere a Lamb, il venerdì 23 agosto scorso, un comunicato che dice: i ribelli stranieri salafiti «hanno cominciato a far circolare la voce che l’esercito nazionale siriano si prepara a lanciare dei razzi con testate a gas tossico nel campo... sia chiaro che sono questi stessi elementi che progettano attacchi chimici per incolparne il governo, come hanno fatto ad Irbin».

Ad Irbin sono avvenuti i misteriosi attacchi chimici su cui dovrebbe indagare la delegazione di tecnici Onu oggi in Siria: delegazione del tutto superflua, visto che Usa, Francia, Gran Bretagna e Israele sanno già di certo. Da Yormouk i civili scappano non visti (prima delle luci dell’alba) anche per non restare gassati. Come ha detto Chuck Hagel capo de l Pentagono, gli ispettori devono sbrigarsi a determinare sulle vittime del presunto Sarin nel quartiere di Ghouta, perché «può darsi che ci sia un altro attacco al gas». Chi glielo avrà detto?

Pensate che sogno per Netanyahu e i suoi rabbini razzisti: lo sterminio per gas di qualche migliaio di palestinesi che pretendono il ritorno, e poterne incolpare Assad. È proprio vero che i «veri musulmani» salafiti in armi sono i nostri migliori alleati…

Non dev’essere un caso se i francesi (per così dire) Hollande, Fabius, Bernard H.Lévy e Bernard Kouchner sono tra i più accesi e pronti nello spingere all’intervento armato «umanitario». E danno anche una mano alla disinformazione abietta che mira a rendere inevitabile l’intervento punitivo e a debellare quell’Assad che i ribelli pagati ed armati da noi e dai sauditi, non sono riusciti ad eliminare.

In questo, va’ sottolineata l’ambigua parte recitata da Medecins sans Frontières fondata dall’ebreo-umanitario Kouchner così favorevole ai bombardamenti umanitari – nello pseudo-confermare le accuse dei ribelli contro il regime di Assad. Di punto in bianco, l’organizzazione di Kouchner ha comunicato che sì, ebbene sì, «355 pazienti mostranti sintomi neurotossici sono morti in tre degli ospedali assistiti da Medecins sans Frontiéres... circa 3600 persone sono state trattate dal 21 agosto».

La benemerita organizzazione si prende cura di notare diligentemente che «l’afflusso massiccio di pazienti in un lasso di tempo brevissimo, la loro provenienza e la contaminazione dei soccorritori [ecco un particolare che i «ribelli», nei loro primi video, avevano dimenticato, suscitando qualche dubbio sulla loro veracità...i dottori di Kouchner vi pongono rimedio] suggeriscono l’esposizione massiccia ad un agente neutorossico ». E giù a spiegare i sintomi da Sarin (con una precisione che i ribelli avevano colpevolmente trascurato nei loro primi video: «convulsions, salive excessive, pupilles dilatées, vision trouble et détresse respiratoire») e la notizia che s’è dovuta usare atropina, farmaco tipico contro i sintomi delle intossicazioni neurotossiche, tant’è vero che si è dato fondo alle scorte.

Sembra una conferma autorevole. A patto di tacere – come hanno fatto i nostri media – che l’eroica ONG francese non ha alcuna presenza nella zona di Ghouta, dove secondo i ribelli è avvenuta la gassazione dei 1500 civili. I francesi «assistono» (ossia senza presenza diretta) sei ospedali di fortuna dei mercenari e salafiti nel Nord della Siria, tutti in zone occupate dai guerriglieri di Al Nusra, Al Qaeda o come si chiamano. Di quale evento sta parlando, dunque? La stessa MSF ammette di aver avuto le informazioni «dal personale paramedico che lavora in queste strutture», ossia da ribelli, che «hanno fornito informazioni dettagliate ai medici di Medecins Sans Frontières». Dopodiché Bart Janssen, responsabile di MSF nella zona, mette le mani avanti: «MSF non può confermare scientificamente la causa di questi sintomi né chi è responsabile degli attacchi». Ma allora perché ne parla? E già che ci siamo: come mai MSF, l’organizzazione di Kouchner, non collabora né con la Croce Rossa Internazionale né con la Mezzaluna Rossa siriana per aiutare la popolazione generale, ma assiste solo i ribelli? (MSF: une ONG directement impliquée aux côtés des groupes terroristes en Syrie)

Il ministro deli Esteri Fabius è volato ad incontrare l’israeliano Shimon Peres, che ha impartito gli ordini da trasmettere agli occidentali: «È tempo per la comunità internazionale di sbarazzare tutte le armi chimiche in Siria. Le armi chimiche non possono restare là, siano nelle mani di Assad o di qualcun altro». Così confermando che questa è la vera ragione per cui si è escogitata la falsa accusa al regime siriano, e ci si prepara davvero ad una aggressione.



Ma almeno non facessero la morale, proprio loro, quelli di Piombo Fuso, della devastazione in Libano, della strage immotivata sulla Mavi Marmara e del genocidio silenzioso di Gaza. Peres: «Non posso credere che il crimine di guerra più inconcepibile, l’uso di armi chimiche per ammazzare donne e bambini, sia stato commesso». Netanyahu: «Una tragedia, un crimine terribile. I nostri pensieri vanno alle donne, ai neonati e ai bambini così crudelmente colpiti dalle armi di distruzione di massa». Che cuore sensibile ha Netanyahu. È un umanitario, quasi come Kouchner. (Rencontre entre Peres et Fabius à propos de la situation en Syrie)

Noi europei dobbiamo crederci. E siamo trascinati, se sarà deciso, nell’intervento militare richiesto. Sarebbe ora di fare un bilancio di questa acquiescenza.

Dal 2001, dall’11 settembre, la politica europea si adegua a credere alle versioni ufficiali, alle boccette di presunto antrace agitate all’Onu, un decennio di bellicismo feroce americano in Iraq e Afghanistan, con milioni di vittime su cui taciamo. Taciamo sempre, fingendo di credere che gli Usa siano ancora «la democrazia e la libertà»: e facciamo finta di non vedere quale mostro è diventato, sotto la sua guida, il cosiddetto Occidente di cui facciamo parte. A forza di tacere, subiamo le cose peggiori, ogni giorno atti più mostruosi: il mostro ci spia coi suoi NSA e Prism, e noi zitti. Provoca crisi finanziarie nei cui gorghi ci getta, esportandole, e noi ci adeguiamo. Affama i palestinesi, e li costringe a nuove fughe, e noi non diciamo mai basta. Invade la Libia, e zitti. Siamo trascinati nei suoi conflitti in cui usuriamo nostri cittadini, materiale e forza. Destabilizzano zone sempre più vaste del mondo, devastano popoli interi; provocano l’espulsione, la persecuzione e il terrorismo contro i cristiani spargono dolore e infelicità, fame e attentati... e noi ripetiamo con loro che «espandono la democrazia».

Forse nella vaga speranza che quel mostro un giorno si placherà, sazio rallenterà la sua corsa alla distruzione. È la speranza dei vili. Dobbiamo sopportare le lacrimucce di Peres e Netanyahu per «le donne e i bambini», loro che li inceneriscono al fosforo. Dobbiamo sentire Kerry accusare il regime siriano di «oscenità morale», fingendo di non sapere che lui, come tutti gli alti papaveri americani, sa benissimo chi ha fatto morire 3 mila e passa dei suoi concittadini l’11 settembre 2001, per avere un pretesto alla guerra «lunga»: e se ci sono osceni morali, sono a Washington. Sono loro i continui autori di orrendi crimini contro il loro popolo, e noi dobbiamo seguirli nella loro ultima avventura, credere al loro ultimo false-flag.

Paura, viltà, disonore. La sola cosa che può fermare il mostro è un atto di dignità e di rifiuto di farsi complici dei suoi delitti, stragi e menzogne. Ma chi ne è capace, oggi?

«Un rappresentante speciale del presidente Putin ha portato un messaggio al presidente Assad assicurandolo del suo pieno sostegno.

«La Russia non permetterà che un solo missile o una sola bomba si abbattano sul territorio siriano. La Russia è e resta al fianco dello Stato siriano».

Un messaggio è stato inviato anche alla Casa Bianca: «Mosca valuta con grave disappunto la decisione di Washington di rimandare l’incontro [Ginevra 2, che si doveva tenere all’Aia, sull’inizio di negoziati fra le parti in causa in Siria, ndr] letteralmente alla vigilia della data concordata». L’incontro doveva tenersi mercoledì. Firmato Sergei Lavrov, ministro degli esteri.

Pacta sunt servanda.


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