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Usa: il Pentagono frena i politici
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Dopo aver sentito il candidato repubblicano alla presidenza, il demenziale Mitt Romney, definire la Russia «il nostro nemico geopolitico primario» («America’s number-one geopolitical foe») (1), agli alti gradi delle forze armate Usa devono essersi rizzati i capelli, debitamente a spazzola: un altro nemico? Come non bastasse la lobby ebraica che esige, pretende, urla l’intervento americano contro l’Iran, trascinando con sé il Congresso intero; per non parlare delle pressioni che vorrebbero dall’esercito Usa un intervento in Siria. E tutto questo, dopo dieci anni di occupazioni militari e guerre ininterrotte contro tanti nemici, e tanto inafferrabili e indefinibili come «la galassia di Al Qaeda», da non esserci vittoria concepibile se non usura di uomini e materiali?

In gran fretta, dal Pentagono è uscito un documento, perché lo leggano i più alti livelli politici, in cui si dà conto come nell’ultimo decennio di guerre «La leadership strategica è ripetutamente fallita» (Strategic leadership repeatedly failed) nell’assegnare ai militari compiti adeguati alla realtà. La fretta era tanta, che il rapporto, dal titolo «Decade of War», non è ancora ultimato, e già i generali hanno fatto avere la bozza al sito ufficioso «Inside the Pentagon», perché fosse letto subito da chi di dovere. Un rispettoso atto di accusa ai governanti e al loro bellicismo gratuito e incompetente, che ha usurato le forze armate più possenti della storia.

Vi si leggono frasi come: «Nelle operazioni in Iraq, Afghanistan e altrove, l’incapacità di riconoscere, darsi conto e chiaramente definire l’ambiente delle operazioni ha portato ad un dis-adattamento tra le forze, le capacità, le missioni e i fini». Diversamente dalle guerre del passato prossimo, «il successo nelle operazioni del passato decennio dipendeva dal ‘capacity building’ (addestramento e formazione delle istituzioni locali, ndr) e dall’ottenere la sostenibilità nel tempo dei vantaggi ottenuti in combattimento». Probabilmente, è una delicata allusione ad un fenomeno sempre più frequente: individui delle «truppe regolari» collaborazioniste afghane, durante l’addestramento, ammazzano a colpi di mitra i loro addestratori americani ed europei della NATO. Sei morti per questa rivolta «amica» solo in due giorni a metà settembre. Gli addestramenti sono bloccati...

Ciò, continua il rapporto, «ha messo a dura prova le forze armate e lo stato Usa, spesso impreparati da questi compiti, specialmente nella proporzioni richieste in Iraq e Afghanistan». La cattiva pianificazione delle «missioni di mantenimento della pace» (sic) dovuta ai fallimenti della dirigenza strategica ha accentuato il fatto che le forze armate Usa sono «sotto-equipaggiate e inadatte» a questo tipo di compiti. (Decade of War: ‘Military attempting to rein in Washington’)

I comandi militari americani stanno cercando di mettere le redini all’interventismo della Casa Bianca e del suo inquilino attuale e del prossimo? La tv Russia Today l’ha chiesto a Lawrence Freeman, analista dell’Executive Intelligence Magazine (del gruppo LaRouche).

Lawrence Freeman
  Lawrence Freeman
«Gli Stati Uniti invadono Paesi per attuare un regime change, come hanno fatto in Iraq e Afghanistan», è la risposta: «a questo punto le forze armate vengono inchiodate in una posizione tremenda, perché non sono addestrate per questo. Sono soggette a missioni di combattimento ripetute, tanto ripetute da aver prodotto il più alto tasso di suicidi della storia tra la gente in divisa (2). Il fatto è che il presidente degli Stati Uniti, prima Bush ed oggi Obama, non hanno dato un chiaro obbiettivo alle forze armate, e non hanno dichiarato lo sviluppo di questi Paesi come chiara missione politica americana. I generali sanno che la loro istituzione è criticata, mentre la causa è che Iraq e Afghanistan sono state missioni che non avevano un mandato; sono stati dispiegamenti militari, hanno distrutto una parte delle forze perché non è stato indicato un obbiettivo da compiere là. Per cui i generali stanno difendendosi e controbattono».

Per Freeman, «Oggi, la dirigenza militare è la principale istituzione che sta respingendo la spinta della NATO e del presidente Obama a impegnarsi in un intervento in Siria». Tanto più si oppone ad un’aggressione all’Iran.

«Il generale Dempsey, capo degli Stati Maggiori riuniti, è stato chiaro sull’Iran». I gallonati hanno imparato a loro spese che «una volta che dai inizio a questo tipo di interventi, specialmente in questi Paesi, vai molto oltre al punto di una semplice missione bellica. Sfiori il pericolo di guerra atomica. Perché il presidente Putin e i cinesi hanno messo ben in chiaro che non daranno il loro voto ad una risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu per questo intervento. I militari stanno dicendo; no, no, no! Non inchiodateci in un’altra di queste situazioni, noi non vogliamo».

E Freeman conclude: «Penso che le forze armate in questo momento siano la forza più sana e riflessiva, certo più del presidente, nel difendere l’interesse degli Stati Uniti».

La conferma più recente e urticante di questa critica dei generali ai loro capi politici è venuta il 14 settembre dall’attacco di Camp Bastion presso Kandahar – quello dove è attualmente il principe Harry , il nipote della regina, col suo elicottero d’assalto – da parte dei talebani. Con audacissima sorpresa, alle dieci di sera, una quindicina di guerriglieri con uniformi americane hanno aperto una breccia nel reticolato che protegge la base americana; non hanno affatto cercato di catturare il principe Harry, ma «con un attacco ottimamente coordinato», hanno distrutto sei aerei Harrier (la versione americana degli Harrier britannici a decollo verticale) che erano in fila presso la pista. Degli attaccanti, 14 sono stati uccisi ed uno catturato. Ma – incredibile a dirsi – col loro sacrificio hanno eliminato l’8% della dotazione di questi jets, essenziali in Afghanistan, a disposizione del Corpo dei Marines. La peggiore perdita dai tempi del Vietnam. (Insurgents Posed as U.S. Troops to Strike at Afghan Air Base)

Gli Harrier a decollo verticale, che i Marines hanno in numero di 120 di cui 20 però servono all’addestramento, sono aerei vecchi (concepiti nel 1960, ed ormai fuori produzione). Ma proprio perché superati, le loro caratteristiche li rendono necessari sul terreno afghano. Praticamente sono i soli apparecchi, insieme agli A-10A (i cannoni volanti del’USAF) adatti ad effettuare missioni di appoggio ravvicinato (close air support) alle truppe a terra, insomma come artiglieria volante capace di intervenire «a vista» a sostenere un gruppo che, a terra, è sotto attacco. Siccome la «leadership fallimentare» ha sistematicamente privilegiato la produzione di aerei da combattimento sofisticatissimi e con altissime tecnologie (che rendono di più al complesso militare-industriale e costano di più al contribuente), la USAF è oggi in trattativa per l’acquisto di un aereo ad elica... brasiliano, il Tuccano, ferocemente osteggiata dai politici del Congresso, pagati dalle Case americane.



Gli Harrier dovrebbero essere sostituiti da F-35, campa cavallo (3). Frattanto, sul terreno, le forze armate americane tirano avanti chiedendo l’intervento di aerei strapotenti e troppo veloci, incapaci di identificazione visuale, e «droni» che tali capacità dovrebbero avere. Ma per non sbagliare, i droni sono mandati a bombardare «terroristi» con l’istruzione che «tutti i maschi in età militare nella zona di bombardamento sono combattenti». (Obama's kill list - All males near drone strike sites are terrorists)

L’istruzione è del presidente Obama, la leadership suprema, premio Nobel per la Pace.





1) Vladimir Putin ha risposto immediatamente al demente, espellendo l’agenzia USAID dalla Russia. Alti lamenti dei media nostrani: «Putin contro le ONG». La USAID è una organizzazione-non governativa? No, è un’agenzia del governo Usa, con scopi dichiarati «umanitari», nata per «supportare la politica estera degli Stati Uniti, alle dirette dipendenze del Dipartimento di Stato. Se l’America ci considera nemici, ha valutato Putin, la sua agenzia è nemica. Infatti, ha ampiamente agitato la sovversione interna.
2) I dati del Pentagono danno conto di 154 suicidi nei primi 155 giorni del 2012, fra i soldati in servizio attivo. Praticamente un suicidio al giorno. Dato più agghiacciante se lo si paragona al numero dei soldati caduti negli scontri con gli insorti: 139. L’esercito americano si sta auto-distruggendo. Per contro un colonnello di nome Matthew Dooley è stato rilevato dai suoi compiti come addestratore nel Joint Forces Staff College di Norfolk perchè insegnava che Mecca e Medina devono essere distrutte, l’Islam ridotto alla condizione legale di setta proibita, e che il presidente Obama è un musulmano. Ora il colonnello Dooley ha querelato il suo (ex) capo degli stati maggiori riuniti, il generale Dempsey (quello che s’è rifiutato di essere «complice» con Israele di un attacco all’Iran), per «aver minato l’ultimo bastione della difesa americana contro il Jihad e la Shariah».
3) A proposito di questo costosissimo aereo del futuro, il Pentagono ha espresso la sua «irritazione» alla casa costruttrice Lockheed Martin, per i problemi irrisolti presentati dall’elmetto ad altissima tecnologia dell’F-35 «che è integrato ai sistemi d’arma dell’aereo». (Incoming JSF Chief Targets Bad Relationship With Lockheed, Partners)


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