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Toccherà votare i grillini. E Grillo è ormai superfluo.
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La canea delle cosiddette «istituzioni» contro i parlamentari del 5 Stelle, che cosa cela? Bisogna riconoscerlo: i grillini hanno cercato di salvarci – noi tutti cittadini e contribuenti – dal più scandaloso saccheggio mai perpetrato, intollerabile anche per un popolo abituato a farsi derubare a man bassa dai parassiti pubblici.

Anzitutto, leggetevi con attenzione questo articolo, anche se alquanto tecnico. Non l’ho scritto io, ma Gianni Candotto su Qelsi. Lo riporto com’è perché vorrei averlo scritto io, e non avrei potuto farlo meglio. Fin dal titolo.

Operazione Bankitalia: tre motivi (seri) per non essere d’accordo

«Per comprendere se l’operazione del governo, approvata con l’intervento decisivo del presidente della Camera Laura Boldrini, sia profittevole per il Paese o un regalo alle banche private, è necessario analizzare come si sia decisa la nuova valutazione del capitale della Banca, i dividendi che erogherà ai quotisti rispetto a prima e fare una valutazione generale sulla governance.
Uno degli obiettivi di questa riforma è bloccare definitivamente la legge Berlusconi (Tremonti, ndr) 262 del 2005 che imponeva al Tesoro di rientrare in possesso delle quote della Banca d’Italia in mano agli istituti di credito privati entro tre anni dalla sua entrata in vigore. La legge è stata disattesa principalmente per volontà del duo Prodi-Padoa Schioppa e delle forti contrarietà degli istituti di credito privati, oltre che dei timori di condizionamento della stessa Bankitalia. La legge del 2005 sarebbe andata a sanare il conflitto di interessi di una Banca a proprietà privata e a diritto pubblico (Bankitalia non può fallire), venuto a crearsi con la privatizzazione degli istituti di credito negli anni ’90. Fino ad allora il conflitto non sussisteva, in quanto la legge del 1936 dava la proprietà della Banca d’Italia agli istituti di credito ma quest’ultimi erano pubblici. Con questa legge si è scelto il percorso opposto: lasciare in mano ai privati pressoché il 100% di Bankitalia, percorso mai scelto in nessun Paese del mondo, mantenendo inalterato il conflitto di interessi.

Prima anomalia: la valutazione delle quote in mano ai privati di 7,5 miliardi.
Stimare il valore della Banca d’Italia è complesso data la natura pubblico/privata dell’istituto, in quanto le quote non possono essere valutate come azioni poiché non lo sono, non si può utilizzare il valore del patrimonio netto, né sarebbe stato quello del valore attuale dei dividendi futuri. Dal punto di vista patrimoniale sarebbe impensabile assegnare pro quota il valore degli attivi dell’istituto di emissione. A bilancio ci sono riserve per 22,5 miliardi e un fondo rischi generali di 13,2 miliardi, accantonamenti specifici e per il personale di 8,1 miliardi e riserve di oro per 86,1 miliardi di euro. Non è però su questo che dovrebbe essere calcolato il valore, in quanto frutto di accantonamenti precedenti derivati dall’esercizio delle funzioni pubblicistiche dell’ente. La strada che la commissione di esperti ha deciso di scegliere per stimare il valore è quello dei dividendi futuri (dividend discount model) e, con una valutazione arbitraria a ritroso, valutato in 420 milioni di euro il dividendo, si è calcolato il valore complessivo di 7,5 miliardi di euro. Se si fosse preso il valore dei dividendi assegnati nel 2012, ovvero 70 milioni, il valore sarebbe stato un settimo.

Ma quale sarebbe stata una stima realistica del valore delle quote? Se si fosse adottato un semplice metodo di conversione del valore monetario dal 1936 ad oggi in base a quanto versato ottanta anni fa (156.000 euro) il valore complessivo si sarebbe aggirato attorno a 1,3 miliardi di euro. I critici dicono che così non si riconosce il rischio d’impresa, e sarebbe stato più corretto fare una valutazione in base ai dividendi effettivamente versati, calcolati i quali si giungerebbe alla cifra di 1,7 miliardi di euro (quindi ancora lontanissimi dalla valutazione di 7,5 miliardi). A queste due posizioni si aggiunge una terza, più coerente forse, anche se più radicale. Per prima cosa il rischio d’impresa non sussiste in quanto per lo statuto di Bankitalia la stessa non può fallire, in secondo luogo il capitale versato nel 1936 era stato versato dallo Stato e non da enti privati, in quanto all’epoca le banche erano a totale capitale pubblico. Per questa quarta posizione le quote degli azionisti privati dovevano essere considerate pari a zero. In definitiva la supervalutazione del valore delle quote di Bankitalia sarebbe un vero e proprio regalo in primis a Banca Intesa e Unicredit, che potranno rivendere facendo plusvalenza. Questa plusvalenza servirà anche allo Stato per far cassa immediata prendendo i soldi della tassazione del 12% e quindi poter godere di un gettito di 900 milioni- un miliardo di euro per l’anno 2014. Tuttavia il trasferimento di fondi non è assolutamente a vantaggio dello Stato, in quanto il valore è stimato in base ai dividendi che verranno versati, quindi per avere il gettito valutato da Letta e Saccomanni la Banca d’Italia dovrà versare i dividendi in una quota stimata come vicina al 6%, ovvero 420 milioni di euro all’anno. In buona sostanza per avere un miliardo di euro subito verranno versati ai privati 420 milioni all’anno. E questo è sicuramente un buon affare per le banche private, ma sicuramente un pessimo affare per lo Stato italiano.

I dividendi: la seconda anomalia
«Sebbene teoricamente la Banca d’Italia potesse precedentemente distribuire dividendi molto maggiori di quanto mai distribuiti, la Bundesbank ad esempio ha versato allo Stato 12 volte i dividendi di Bankitalia (la Bundesbank è al 100% statale), non si è mai pensato di attribuire alle banche private i proventi dei diritti di signoraggio, in quanto come è logico, le banche private nulla avevano a che vedere con le funzioni pubblicistiche della Banca centrale (ovvero i proventi dello stampare moneta). Pertanto l’ultimo dividendo, del 2012, era pari a 70 milioni di euro. Ora, tenuto conto che con la nuova riforma il valore del capitale della Banca d’Italia è determinato dai dividendi che verserà la Banca ai privati (ovverosia se la Banca verserà zero euro alle banche private il valore di Bankitalia non sarà 7,5 miliardi di euro ma zero euro nel libero mercato) per raggiungere la quota stabilita dal governo e dalla Banca stessa di 7,5 miliardi, dovrà versare 420-450 milioni di dividendi alle banche private avvicinandosi al 6% massimo stabilito dal decreto del governo. Quindi verserà circa 7 volte quanto versava adesso. Va da sé che un rendimento del 6%, in una sorta di obbligazione perpetua è un rendimento folle, assurdo. Per prima cosa in quanto rende molto di più dei BTP e in seconda istanza in quanto non esiste rischio, proprio perché la Banca mantiene il suo statuto pubblicistico che le impedisce di fallire. Ovvero un rendimento fino al 6% per un investimento privo di rischio. E’ evidente a chiunque che si tratta di un vero e proprio regalo. Se al contrario riconoscesse un rendimento attorno all’1%, simile a quanto versato oggi, il valore di palazzo Koch si assesterebbe intorno agli 1,7 miliardi di euro e quindi ben lontano dalla cifra prevista. Una posizione più radicale sostiene che alla banche private non dovrebbe essere riconosciuto alcun rendimento in quanto sia la rendita patrimoniale è frutto dell’accumulo negli anni dei proventi da signoraggio, sia i proventi da signoraggio vero e proprio non possono essere dati in alcun modo alle banche private in quanto queste ultime nulla c’entrano con le funzioni pubblicistiche di una banca centrale. Ma come si diceva sopra, la forte impressione, avvalorata anche da certe dichiarazioni del governo che parla di operazione necessaria per far fronte alle mancate entrate da IMU, è che si punti a far cassa nell’immediato pregiudicando i conti del futuro.

La terza anomalia: la governance
«Con questa riforma l’Italia si pone come assoluta novità, in negativo, del panorama mondiale. Infatti la Banca d’Italia sarà l’unica banca centrale del mondo a capitale quasi esclusivamente privato e dove le quote di partecipazione e i valori della stessa saranno determinati nel libero mercato. L’Italia rinuncia anche alla possibilità di vietare la vendita di quote da parte di un privato ad un altro privato se lo ritenesse contrario all’interesse nazionale. Un fatto inaudito che comporta alcuni ragionamenti anche sull’oro della Banca. Vero è che l’oro rimane statutariamente discinto dalle sorti dell’azionariato, ma è anche vero che esistono forme di pressione indiretta . Azioni indirette come la nomina dei vertici della Banca che potranno influire sulla politica della stessa distinguendosi dall’interesse nazionale. Su questo punto particolarmente interessante è l’intervento del Presidente della quinta sezione del Consiglio di Stato Luciano Barra Caracciolo».

Ebbene: i grillini hanno gridato, strepitato, spintonato gli altri parlamentari, gridato loro che sono venduti e (se donne) pompinare? Si deve ammetterlo: è il minimo che potevano fare. Hanno insultato la Boldrini e in lei «tutte le donne»? Hanno fatto bene, benissimo. Questa tizia si è fatta votare in liste di una cosiddetta «Sinistra Ecologia e Libertà» (l’ultimo sedicente partito rosso) per poi dare alle grandi banche private questo regalo – e peggio, per privatizzare completamente Bankitalia mantenendone la natura pubblica (ossia intoccabile): e sarebbero queste le «istituzioni» da difendere? Sono istituzioni marce, tutte dal Quirinale al governo alle Camere elette su liste dei cacicchi, senza tralasciare i grand commis (Befera, Mastrapasqua) e i milioni di parassiti che occupano gli uffici pubblici: e come tipico, l’ultimo atto di «istituzioni» del genere è il saccheggio totale del popolo. È ovvio che si difendano con le calunnie, la propaganda diffamatoria e persino con la forza pubblica, che hanno a disposizione.

L’esproprio di massa è dietro l’angolo. Del resto, «ce lo chiede l’Europa»...

Aggiungo l’altro saccheggio. Sta avvenendo sotto i vostri occhi, e – se siete lavoratori del privato, nelle vostre tasche. Avete letto i titoli dei giornali?

Inps, conti in rosso per 14 miliardi

E ciò, nonostante per effetto della legge Fornero, il numero delle nuove pensioni liquidate nel 2012-2013 è stato dimezzato, da 1,14 a 649 mila pensioni nuove. Come mai l’Inps a cui pagate i contributi, e che vi dà meno pensioni di prima, non è in attivo? Effettivamente, era in attivo di ben 41 miliardi (soldi vostri) fino al 2011; poi Mario Monti – con il Decreto Salva-Italia (e ammazza gli italiani) – ha inglobato nell’Inps l’Inpdad. È l’ente di previdenza degli statali. Siccome le amministrazioni pubbliche non hanno mai pagato realmente e completamente i contributi, e la gestione è perlomeno allegra, l’Inpdap è in una colossale bancarotta. «Le gestioni dei lavoratori pubblici con 8,8 miliardi di rosso nel 2013 e 11,48 previsti per il 2014 (il patrimonio è a meno 26,2 miliardi a fine 2013 e a -37,7 nel 2014)», ci istruiscono i giornali di regime.

Tuttavia, l’Inpdap non cesserà di pagare le pensioni ai suoi protetti privilegiati. Perché? Perché Monti, ha messo le pensioni degli statali a carico di voi lavoratori privati. I parassiti sono diventati doppi-parassiti.

È per loro che voi giovani che pagate i contributi, anche se precari al minimo, non vedrete mai un soldo in vecchiaia. Anzi: secondo un sindacalista della Cgil, di questo passo «entro un anno e mezzo il patrimonio Inps sarà dimezzato», insomma anche i pensionati attuali rischiano di vedersi dimezzare le pensioni in essere, perché gli statali sono entrati a sedersi a tavola.

Ringraziate i partiti che non hanno impedito, anzi favorito, questa ulteriore rapina. Ringraziate soprattutto i sindacati che dovevano difendervi, tanto più che l’Inps era e resta un loro feudo; i sindacati hanno scelto di difendere gli statali e di tradire voi. È questa la pura e cruda verità.

Almeno lo (ex) Inpdap diventato Inps cessasse di pagare ai suoi protetti i grassi e costosi privilegi. Invece continua. Esso dà agli statali, e solo a loro, «piccoli prestiti; prestiti pluriennali (5-10 anni); mutui ipotecari edilizi; vacanze studio in Italia e all'estero per i figli degli iscritti; case albergo per anziani; convitti per giovani; master e borse di studio.» Provate voi a chiedere un piccolo prestito all’Inps, voi che contribuite nel privato; o provate a chiedere un mutuo per la casa. O «vacanze di studio in Italia e all’estero» per i vostri figli. Vi diranno: che cosa credete? Che l’Inps sia Babbo Natale? Ebbene: è Babbo Natale, ma per gli statali. A spese vostre. (Istituto nazionale di previdenza e assistenza per i dipendenti dell'amministrazione pubblica)

Ebbene: spiace dirlo, ma i grillini hanno ragione. Stanno combattendo la battaglia sacrosanta, forse l’ultima. Sbavature ed eccessi che commettono sono nulla di fronte agli eccessi di queste caste di farabutti, ormai senz’altro programma che rubarci l’ultimo spicciolo per durare ancora qualche mese. E gli strilli scandalizzati e corali dei media (che noi contribuenti paghiamo), dei partiti (tutti) e del venerabile Colle, otterranno un solo risultato: alla fine ci costringeranno a votare Movimento 5 Stelle.

Si sono guadagnati il mio voto, almeno alle Europee.

È l’ultima speranza. E mi spiace dirlo, perché sapete il disprezzo che nutro per Grillo (il Belinone) e Casaleggio (l’utopirla). Però devo ammettere che i parlamentari grillini sono migliori dei loro capi che pretendono di guidarli dal web. Sono anche molto cresciuti. Al punto che – io credo – possono rendersi autonomi dai due sopraccitati uto-belinoni.

Grillo infatti è superfluo, e l’ha dimostrato con l’ultima uscita. Quando sul sito ha invitato i suoi fanatici a dire «cosa farebbero alla Boldrini» se l’avessero in auto – eccitando la peggior pancia della Rete – ha fatto una cosa peggio che inutile: una cosa dannosa al Movimento 5 Stelle e ai suoi deputati senatori. Questi, con la loro opposizione e protesta al bavaglio che gli aveva messo la Boldrini, avevano ottenuto una vittoria almeno morale; l’opinione pubblica ha capito ed è con loro. Lo stupido, gratuito teppismo di Grillo Beppe ha dato il pretesto alle «istituzioni» luride e ai media (pagati) di criminalizzare il Movimento, di dargli dei fascisti, dei nazisti, degli incivili e barbari, di stupratori, di femminicidi…

Insomma Grillo ha fatto di tutto, con il suo intervento del tutto inutile, per trasformare la grande vittoria morale in una sconfitta. E perché? Perché i due citrulli devono riempire ed aggiornare il sito in qualche modo, non hanno idee per farlo, e buttano lì quel che capita o che gli dice la pancia, piena di odii e di rabbie impotenti. Tocca dare ragione a Gasparri: «Grillo non è un cattivo politico, è una cattiva persona».

Il suo intervento dannoso configura il caso classico di cui parlava Talleyrand: «È peggio di un crimine, è una scemenza». E le scemenze in politica sono peggio dei crimini . Grillo non imparerà mai, Casaleggio men che meno. È ora di farne a meno, deputati del 5 Stelle. Richiamateli all’ordine. Rendetevi autonomi. Lasciateli strepitare e delirare dal web.

Quando il gioco si fa duro ed entrano i leoni, anche nel circo il Direttore grida: «Fuori i pagliacci!».




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