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Ancora su il “piccolo resto” di Israele
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Il piano di Dio è fallito?

Il popolo d’Israele fu scelto e preparato da Dio - tramite la Rivelazione - alla Venuta del Messia, ma quando venne il Messia non fu accettato dalla maggior parte di quel popolo, anzi da questo fu condannato alla crocifissione dietro l’istigazione dei sacerdoti e degli scribi.

Si tratta, forse, di un fallimento del piano di Dio, che vide respinta la sua pazienza e la preparazione bimillenaria alla venuta del Messia da parte del popolo che si era gratuitamente scelto? No! I piani di Dio non possono fallire, anche se a noi possono sembrar apparentemente non riusciti.

S. Paolo, Epistola ai Romani, cap. XI

Questo problema lo abbiamo già affrontato nello scorso articolo sul capitolo XI dell’Epistola ai Romani di San Paolo, in cui l’Apostolo delle Genti dimostra che Dio non ha fallito, poiché pure se la maggior parte del popolo d’Israele ha apostatato in massa, tuttavia un “piccolo resto” di questo popolo ha accettato il Messia ed ha creduto al Vangelo assieme alla maggior parte dei popoli pagani, che sono accorsi alacremente a Gesù con fede.

Gesù vero Dio e vero uomo, spiega San Paolo nell’Epistola ai Romani (capp. I-XI), è l’oggetto del Vangelo o della dottrina della Nuova Alleanza, la quale è la realizzazione di quanto promesso nel Vecchio Testamento. Nel Nuovo Patto per salvarsi basta accettare il Vangelo con fede e adempierlo con le buone opere. In breve il Vangelo o la Nuova Alleanza realizza la Vecchia e dimostra la fedeltà di Dio alle sue promesse formulate in quella, nonostante le violazioni di essa da parte della massa di Israele (ossia del contraente umano) con l’eccezione del “piccolo resto” rimasto fedele a Dio.

Il piano salvifico divino è razziale?

Tutti gli uomini (anche gli Israeliti) sono nati nel peccato originale. Quindi tutti (Israele compreso) hanno bisogno di salvezza. Perciò il disegno salvifico di Dio non può realizzarsi razzialmente, ossia solo nei Gentili (il mito della razza ariana) o solo nei Giudei (il mito della razza ebraica) in quanto biologicamente tali, ma si attua per la cooperazione umana al dono di Dio, offerto gratuitamente all’intera umanità (macchiata dal peccato originale in tutte le razze che la compongono), tra la quale il Signore ha scelto un piccolo popolo (Israele) per mantenere la fede nel Dio unico e vero e far conoscere il Messia a tutti gli uomini (i Gentili).

I Pagani sono immersi nel politeismo, nell’idolatria e nei disordini morali che ne derivano. I Giudei a motivo dei benefici straordinari ricevuti dal Signore, ai quali non sempre e non nella loro maggior parte hanno corrisposto, sono ancora più colpevoli dei Gentili e perciò sono anch’essi (nella misura della loro infedeltà) lontani dalla via della salvezza.

I Gentili son giudicati da Dio secondo la legge naturale iscritta nel loro animo; i Giudei secondo la Legge divina rivelata a Mosè, la quale è un privilegio che però rende Israele più responsabile dei Gentili di fronte a Dio e dunque anch’essi sono lontani dalla via della salvezza. Per questi motivi il possedere la Legge divina rivelata a Mosè è un privilegio il quale, anziché evitare ai Giudei ogni giudizio, rende più grande la loro responsabilità e, quindi, la pena. Perciò più che possedere la Legge è importante metterla in pratica ed è per questo che il Gentile, il quale osserva i dettami della legge naturale, condanna il Giudeo violatore. La salvezza è offerta a tutti gli uomini da Dio mediante l’adesione integrale a Cristo. Gesù realizza il Patto di Dio con gli uomini e compie le promesse contenute nell’Alleanza con Abramo: l’adesione a Cristo con la fede e le buone opere è l’unica condizione perché ogni uomo, a qualsiasi razza appartenga, faccia suoi i benefici reali della Redenzione e partecipi al dono gratuito elargito da Dio. “Quindi ogni pretesa giudaica di fare della salvezza un monopolio di razza, si condanna da sé” (F. Spadafora, Dizionario biblico, Roma, Studium, III ed., 1963, p. 526).

S. Paolo accusa Israele, ma salva il “piccolo resto”

Israele, dopo l’Avvento di Cristo, si trova messo in stato d’accusa proprio da un suo zelante rabbi (Saulo di Tarso), che però si è convertito a Cristo ed ha mostrato 1°) come, dopo il deicidio, una maledizione gravi sulla maggior parte d’Israele, tranne “una piccola reliquia” che ha aderito a Cristo; 2°) come i suoi diritti di popolo eletto siano decaduti e 3°) come la sua missione di annunziare al mondo intero il Messia sia stata persa e sia passata ai Gentili.

Secondo i Giudei talmudisti o post-biblici San Paolo sarebbe un blasfemo, un infedele perché Israele sarebbe ancor oggi e per sempre il popolo che Dio ha scelto e non “il popolo una volta eletto”, non potendo essere mai respinto neppure da Dio poiché discende razzialmente da Abramo.

Tuttavia non bisogna neanche eccedere e annichilare completamente il ruolo del “resto” d’Israele nei provvidenziali piani di salvezza di Dio. Infatti San Paolo dimostra che nonostante la massa o la maggior parte del popolo d’Israele abbia abbandonato Dio, un “piccolo resto” gli è rimasto  fedele. Dio ha mantenuto fede alle sue promesse riguardo agli Israeliti fedeli, mentre ha rigettato coloro che gli son stati infedeli. “Dio abbandona solo se prima è abbandonato da noi” (S. Agostino). Ora Israele nella sua maggior parte ha abbandonato Dio, ma in un “piccolo resto” gli è rimasto fedele. Quindi Dio non ha abbandonato la “reliquia” fedele d’Israele, l’ha ammessa nella Chiesa di Cristo della Nuova ed Eterna Alleanza ed aspetta pazientemente la conversione di Israele in massa verso la fine del mondo.

La discendenza spirituale di Abramo

S. Paolo mostra come i suoi compatrioti si siano ingannati nel valutare le promesse fatte loro da Dio. Infatti esse vennero rivolte ad Abramo e ai suoi discendenti, ma non solo e necessariamente a coloro che avevano nelle loro vene il sangue del patriarca. Invece anche a coloro che, pur non essendo Giudei di stirpe, avevano la fede di Abramo nel Messia venturo, discendendo spiritualmente da Abramo. “Abramo desiderò vedere il giorno del Messia, lo vide e ne tripudiò” (Giov., VIII, 56). I Giudei nella maggior parte non lo vollero vedere né riconoscere, anzi lo condannarono a morte e vennero riprovati da Dio.

La vocazione dei Pagani

Ecco allora che Dio si sceglie un altro popolo (i Pagani) cui rivelare il Messia ed essi diventano il nuovo popolo di Dio. Anche il “piccolo resto” o la “piccola parte” di Israele che ha accettato Gesù fa parte di questo nuovo popolo scelto da Dio, ossia la Chiesa di Cristo della Nuova ed Eterna Alleanza stabilita nel Sangue versato sulla croce dal Verbo Incarnato.

Dio avrebbe potuto abbandonare totalmente Israele, mentre scegliendone solo una piccola parte che gli era rimasta fedele, gli ha risparmiato la triste sorte di Sodoma e Gomorra (S. Garofalo, La nozione profetica del “Resto d’Israele”, Roma, Lateranum, nn. 1-4, 1962, p. 5).

L’errore che ha sviato gli Israeliti è stato la presunzione di poter acquistare la grazia e la santità non per dono gratuito di Dio  al quale si deve corrispondere, ma per appartenenza razziale al popolo d’Israele, con le loro opere esteriori o rispettando esteriormente il cerimoniale delle leggi ebraiche.

Dopo la morte di Cristo l’umanità (Pagani e Giudei fedeli) è in pace con Dio ad opera dell’unico Redentore del genere umano. Infatti se Dio ci ha amati mentre eravamo lontani da Lui, mandandoci il suo Figlio, siamo certi che ora che ci siamo riconciliati  con Lui, ci darà ogni bene e la salvezza eterna mediante il nostro Mediatore Gesù Cristo.

La Nuova Alleanza completa la Vecchia

La Nuova Alleanza è il compimento della Vecchia, ma, se i Giudei, ossia l’Israele scelto una volta dal Signore, che è la parte contraente umana del Patto Antico con Dio, rimane fuori del Nuovo Patto - nella sua maggior parte, in massa o come popolo - allora significa forse che la Redenzione salvifica non si realizza pienamente? No! Sostanzialmente il piano divino non è stato modificato né reso vano, infatti l’Israele chiamato da Dio non è quello secondo la carne (ossia tutta la discendenza razziale di Abramo), ma quello chiamato gratuitamente secondo lo spirito o secondo la fede di Abramo, che entra nell’Alleanza col Signore solo se l’uomo corrisponde alla chiamata e non per presunti privilegi di razza. La chiamata al Cristianesimo riguarda sia i Pagani sia i Giudei per libera scelta divina senza che il fattore razziale determini minimamente la scelta di Dio, la quale si fonda unicamente sulla salvezza eterna ed esige dall’uomo una risposta di fede accompagnata dalle buone opere. Dunque si trovano fuori della Nuova Alleanza i Giudei come popolo (nella loro maggior parte o in massa) e quei pochi Gentili, che non accettano la fede in Cristo, rifiutando la predicazione degli Apostoli. “I Giudei si trovano fuori per loro propria colpa. Essi hanno misconosciuto la natura del piano divino, fondando la loro pretesa alleanza sul fattore razziale. Essi si illudevano che bastasse essere Giudei di sangue per aver pieno diritto alla salvezza” (F. Spadafora, Dizionario biblico, cit., p. 528).

Dio ha rigettato il suo popolo, ma come nell’Antico Testamento ai tempi del profeta Elia (I Re, XIX, 10-18), tra l’apostasia generale del popolo, Dio si riservò un “residuo”, una “reliquia” di 7 mila fedeli, ignota persino al profeta; così nel Nuovo Testamento, fra la nazione deicida indurita e accecata, Dio ha scelto una minoranza, un “piccolo resto”, il quale consegue il fine mancato dalla maggior parte: l’unione soprannaturale con Dio, mediante la grazia santificante e l’entrata nel regno del Signore.

L’appartenenza al nuovo popolo di Dio è conferita per grazia gratuita e non per appartenenza razziale o in considerazione delle osservanze esteriori e legali. Quindi la maggior parte di Israele infedele moltiplica inutilmente le osservanze rabbiniche e talmudiche di ordine naturale, che non possono produrre la grazia, la quale è di ordine sostanzialmente soprannaturale.

L’allontanamento della maggior parte di Israele ha favorito l’avvicinamento o la conversione dei Gentili a Dio e tutto ciò è uno stimolo salutare per Israele spinto all’emulazione dei Pagani convertiti a Cristo. Infatti al termine, vicino alla fine del mondo, Israele in massa entrerà anch’essa nel regno di Dio.

Gli Ebrei presumono ancor oggi che solo a loro è stato promesso il Messia e il regno di Dio. “Israele ha sentito profondamente di essere un popolo prescelto da Dio, ma questo indistruttibile sentimento ha raggiunto troppo spesso gli estremi limiti dell’accecamento e del parossismo” (S. Garofalo, cit., p. 207).

L’intervento dei Profeti

I Profeti sono intervenuti spesso, illuminati da Dio, per ristabilire l’equilibrio. Quando Israele eccedeva, supervalutando la propria elezione, ma dimenticando gli impegni che essa imponeva; i Profeti hanno denunziato le indegnità del popolo eletto, ricordando la gratuità della scelta di esso e la doverosa corrispondenza con le buone opere soprannaturalmente meritorie al dono di Dio. Invece quando, in determinate circostanze sfavorevoli, il popolo vedeva la fine prossima e irreparabile, i Profeti hanno ricordato l’elezione divina e la conseguenza che nessuno avrebbe potuto distruggere tutto e per sempre il popolo di Dio, nonostante le sue indegnità nella sua maggior parte.

La “decimazione” del popolo una volta eletto

Ecco spiegata la “decimazione” del popolo (cfr. S. Garofalo, p. 207), che ha apostatato nella sua maggior parte ed è rimasto fedele a Dio solo in un “piccolo resto”. Tutto è conseguenza dell’infedeltà a Dio, del deicidio e della persecuzione degli Apostoli, che sono stati costretti a lasciare la Terra santa per evangelizzare i Pagani poiché respinti dalla massa di Israele.

Purtroppo il “popolo una volta eletto” si è indurito e non solo ha fatto crocifiggere Gesù, ma ha resistito alla predicazione degli Apostoli, facendoli mettere a morte ed ha opposto alla tenerezza con cui Dio lo chiamava a pentimento un accecamento ostinato, diabolico. “Dio castigherà la sacrilega audacia decimando largamente il popolo” (S. Garofalo, p. 208), di cui solo “una piccola reliquia” resterà fedele a Dio.

“Il peccato di Israele è così clamoroso ed universale che Dio dovrebbe distruggere tutto il popolo infedele senza lasciarne neppure un resto, ma il Signore è fermamente deciso a non annientare Israele” (ibidem, p. 209).

Dio è onnipotente: il suo piano non può fallire

Così non si può attribuire il fallimento di Israele all’impotenza di Dio. No! Dio è onnipotente. Un “piccolo resto” di Israele ha perseverato e assieme ai Pagani ha dato luogo al popolo della Nuova ed Eterna Alleanza. Dio non ha fallito.

Dopo aver sfrondato l’olivo fruttifero resterà un ceppo (i Patriarchi) dal quale nasceranno nuovi germogli: gli Israeliti fedeli e al quale saranno innestati i Pagani convertiti.

“Dio non può permettere che il suo popolo faccia la fine di Sodoma e Gomorra, perciò ne risparmierà un piccolo resto. […]. Il piccolo resto è il risultato di un’accuratissima selezione alla quale Dio perviene purificando ad oltranza il suo popolo per eliminare gli elementi indegni. […]. Il piccolo resto è essenzialmente un seme santo, un’accolta di Giusti perché dal flagello divino scampano solo i buoni e i veri Israeliti, secondo lo spirito o la fede di Abramo. Invece gli Israeliti malvagi, indegni della loro vocazione saranno eliminati, separati ed esclusi dal piccolo resto” (ibidem, p. 211).

L’apostasia attuale dei Pagani convertiti una volta a Cristo

Nell’attuale grande apostasia delle nazioni una volta convertite a Cristo dal Paganesimo ci troviamo a vivere una situazione analoga a quella in cui scriveva San Paolo ai Romani. La maggior parte dei Cristiani ha apostatato ed ha aderito ai princìpi della modernità: il culto dell’uomo. Tuttavia non si può negare che “un piccolo resto” sia rimasto fedele a Dio e al suo Cristo. Un piccolo resto umile, nascosto, perseguitato, reputato come “spazzatura” (1 Cor., IV, 13) agli occhi del gran mondo.

Conclusione

È probabile che tra poco Dio castighi coloro che lo hanno pubblicamente abbandonato per adorare il “Vitello d’oro” (Exod., XXXII, 4). Allora cerchiamo di far parte del “piccolo resto”, restando uniti al Signore tramite la fede e le opere buone. Che la Madonna mediatrice e dispensatrice di ogni grazia ci aiuti a perseverare nell’Alleanza cui Dio ci ha chiamati quando il suo Figlio Incarnato morì sulla croce e ci lavò col suo preziosissimo Sangue.

d. Curzio Nitoglia



 
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