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Alitalia: lasciatela morire
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E’ un caso evidente e rivoltante di accanimento terapeutico: un fatto immorale e inumano, come spesso ricorda anche il Papa. Quando un’azienda è morta, è morta. Il tentativo del Salame di «salvare» Alitalia con potenti iniezioni di denaro nostro, provoca una sola reazione: una formicolante eccitazione dei vermi che mangiano il cadavere putrefatto. I vermi si riuniscono, fischiano, urlano, litigano, formicolano. minacciano i viaggiatori, bloccano il traffico; vogliono di più, sempre di più.

La crisi epocale della finanza li ha ringalluzziti, i vermi. Si sono detti: visto che si nazionalizzano le banche, allora strepitiamo, e magari nazionalizzano Alitalia. Dicono che sia questa la loro speranza occulta: morta Alitalia, i contribuenti si prendano a carico i vermi, coi loro stipendi i loro diritti alle assenze.

Avevano «diritto» a 45 mila giornate lavorative di permessi sindacali (su 12.600 dipendenti); vogliono mantenerle, e alla controproposta aziendale, di 3.500 giornate di permessi sindacali, è tutto un agitarsi verminoso: no! Piuttosto crepi l’azienda! Fallisca!

Intanto il cosiddetto prestito-ponte, 300 milioni di euro dei soldi nostri (all’Alitalia ne abbiamo già dato 10 miliardi in anni di agonia da fancazzismo), è giudicato illegittimo da Bruxelles. Da qui una multa miliardaria all’Italia.

Siccome all’ufficio competente di Bruxelles c’è un lecchino del Salame, trova subito l’inghippo: la multa non la pagherà CAI, ma la «bad company». La «bad company» è quella creata apposta per tenersi tutti i debiti del catorcio, mentre CAI si è presa i pochi valori attivi.

La «bad company», siamo noi. Noi contribuenti. A noi tocca pagare il «prestito» da 300 milioni che non sarà mai restituito, e pure la multa miliardaria. Che dovrebbe pagare Berlusconi, visto che del pasticcio illegale è lui il colpevoile: e i soldi, lui, li ha.

Quest’ultima operazione è come il trapianto di fegato da un sano a un morto, defunto per cirrosi epatica in etilismo acuto. E’ un trapianto di midollo da chi lavora e fatica a chi pretende l’eterno diritto a far nulla. Un’operazione contraria ai principi di umanità, prima ancora che dell’economia.

E qui - per l’ostinazione del Salame, che non vuol perdere la faccia - si tenta ancora (sempre a nostre spese) il bocca a bocca, la respirazione artificiale, l’iniezione intracardiaca di cardiotonico; non basta, e allora fanno la tracheotomia e l’intubazione, provano la tenda ad ossigeno, il massaggio cardiaco, l’alimentazione endovena; si arriva fino ad implorare i vermi: siate responsabili, mettetevi alla cloche, servite il caffè ai passeggeri, trattiamo…

Quali passeggeri? Nessuno sale più su un aereo Alitalia, ormai; i vermi hanno allontanato tutti. L’azienda è morta, e ogni intervento riconferma lo stato cadaverico; vuol morire, essere lasciata nella pace del sepolcro; i vermi reclamano la loro preda, la vogliono spolpare.

E’ una scena insostenibile: per il portafoglio del contribuente, ed anche per il cuore. Alitalia fa vergogna; non possiamo mandare in giro negli scali un cumulo di vermi litigiosi, di larve di mosca frementi di rabbia, ancorchè coperte di collane d’oro e di divise firmate.

E’ pericoloso. Nel mondo civile, vigono regole sanitarie: è vietato introdurre piante e insetti in quasi tutti i Paesi, figurarsi  le larve necrofore.

Allora lasciatela morire, Alitalia. Altro che Eluana; staccate la spina, finalmente, come essa stessa desidera nel suo personale. Non sopportiamo più la scena.

Non sentite il fetore di cadavere colliquato? Non vedete che i soldi che iniettate finiscono in liquami? Non vedete che la sola cosa viva, ormai, sono i vermi che lo traforano, che escono da tutti i meati, che pullulano vermicolosi e tracimano a Fiumicino spargendo liquami purulenti, putrescina, cadaverina ed altri prodotti di decomposizione letali?

Basta, per favore. Seppellite quella carcassa. Anzi crematela, perchè già sta diffondendo la sua peste.



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