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Attenti, sta tornando la finanza senza regole
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Qualche mese di navigazione sotto costa per attendere che il mare si calmasse. Poi, ecco riaffiorare la stessa spregiudicatezza e l'amore per il rischio - degli altri: è quanto sembra emergere dal comportamento dei principali operatori internazionali dei mercati finanziari.

Mentre alcuni si impegnano a combattere una crisi che, originata nell’ambito della finanza si è propagata all’economia reale con velocità ed effetti paragonabili ad un'alluvione devastante, altri si tuffano di nuovo in acque alte e pericolose. Le risposte sono state comuni, con modulazioni diverse: l’impiego di una quantità enorme di denaro pubblico e la necessità di nuove regole che migliorino i comportamenti degli operatori finanziari.

Si tratta, nel caso della rivisitazione delle regole, di strumenti utili e necessari. Ma che, per l’appunto, tali rimangono: strumenti. La mancanza di volontà di incidere sulle reali cause della crisi porta con sé il forte, sempre più forte rischio che da strumenti vengano trasformati in fini. Che ci si limiti ad una mano di vernice – nemmeno particolarmente coprente – da dare ad alcune regole e che tutto ricominci da capo anzi, continui precisamente dal punto in cui era rimasto.

Il percorso di riformulazione delle regole sembra procedere anche se i risultati concreti sono inversamente proporzionali all’esposizione mediatica dei “grandi” della terra sul tema. In questo percorso c'è senz'altro la fatica della mediazione propria di ciascuna decisione politica ma ridefinire confini e regole dei mercati finanziari non può essere confinato nel recinto delle decisioni tecniche. E’ fondamentale che esse siano conseguenza di un orientamento politico, ispirato a valori condivisi dalla collettività.

E' legittimo, di fronte ad alcune evidenze, avere dubbi e perplessità. E’ di questi giorni l’allarme lanciato dal Fondo Monetario Internazionale in merito al rischio latente derivante dalle consistenti insolvenze che interesserebbero il settore delle carte di credito e del credito al consumo. Un fenomeno di dimensioni più contenute rispetto alla bolla del settore immobiliare e dei derivati, ma pur sempre dalle ricadute pesanti.

E, sempre in questi giorni, ha guadagnato spazio con maggiore veemenza la notizia che, dopo qualche mese di contingentamento, si sono rianimate le pratiche di compensi extra-large a favore dei manager bancari, in particolare di oltre oceano.

In entrambi i casi si tratta di pratiche alla cui base stanno comportamenti fino a qualche settimana fa messi all’indice in quanto ritenuti elementi determinanti per la deflagrazione della crisi: la ricerca di massimizzazione dei profitti legati ad obiettivi di brevissimo periodo, l’ingorda rincorsa a risultati esclusivamente personali, il distacco della finanza dall’economia reale, la mancanza di rispetto verso i cittadini quali soggetti economici.

Di fronte a migliaia, a milioni di persone che in ogni parte del pianeta hanno perso e perderanno l’unica fonte di sostentamento, cioè il lavoro, sono in pochi e con voce sommessa a pronunciare parole che sembrano essere diventate dei tabù: redistribuzione del reddito, giustizia sociale, solidarietà.

Lasciare andare l’economia a briglie sciolte ha permesso di subire le devastazioni i cui effetti sono ancora in fase di inventario. Per qualche tempo la crisi è sembrata poter essere un momento catartico, che facesse pulizia dei comportamenti spregiudicati per lasciare spazio ad un’economia dal volto umano.

Non ci si accontenti oggi di una spruzzata di virtuosismo incapace di produrre cambiamento. Si metta da parte il fariseismo delle dichiarazioni altisonanti a favore delle parole del Papa contenute nell’ultima enciclica. Vorremmo vedere farsi avanti la forza e il coraggio di promuovere idee forti di sviluppo capaci di disegnare i prossimi cinquant’anni di storia, che mettano al centro il rispetto, la dignità, l’emancipazione delle persone e alle quali far seguire scelte concrete. Vorremmo vedere la determinazione di dare governo e orientamento all’economia. Per evitare nuove crisi. E vivere tutti un po' meglio.

Mario Crosta

Direttore Generale
Banca popolare Etica

Fonte >
  Il Riformista


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