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Avvertimenti «false flag»
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Un funzionario della CIA (anonimo) ha confidato all’agenzia tedesca DDP che, secondo «intermediari di Washington in Pakistan» (non meglio specificati) vi sarebbero «musulmani tedeschi che stanno progettando il ritorno da campi d’addestramento in Pakistan poche settimane prima delle elezioni tedesche in settembre, onde colpire bersagli d’alto livello in Germania» (1).

Anonimo ma benissimo informato sulle segrete trame di Al Qaeda, l’uomo della CIA ritiene altamente probabile che l’attentato sarà condotto da terroristi suicidi «che possono muoversi nella società senza essere notati». L’attacco che Al Qaeda vuole compiere in Germania sarà «sul tipo dell’attentato in Spagna» nel 2004: con riferimento alla strage della metropolitana di Madrid. Il guaio, ha specificato l’anonimo, è che «diversamente che in Spagna, in Germania un numero considerevole di terroristi musulmani vivono sotto copertura, e alcuni sono tedeschi convertiti all’Islam».

Così, se qualche testimone del futuro attentato dirà di aver visto attentatori biondi, vestiti all’occidentale come è accaduto a Bombay, ora sapete perchè. Ci sono dei tedeschi convertiti all’Islam, che sono terroristi.

Secondo un’altra informazione di questo stesso peso, il NPD, principale partito neo-nazista tedesco «sta formando un’alleanza con islamici radicali» per creare il terrore in vista delle elezioni. Ciò è altamente significativo: il NPD è, anzitutto, infiltratissimo dai servizi segreti tedeschi, e una quantità di suoi militanti sono in realtà agenti, è un movimento anti-immigrati ma si allea coi terroristi islamici; per mandare a monte le elezioni, benchè votazione dopo votazione stia conquistando voti. E’ una buona occasione per mettere fuori legge questo partito, onde non possa concorrere al voto.

Magari è anche per sventare l’attentato che la Merkel ha apertamente e aspramente criticato il Papa per aver ammesso un vescovo non solo tradizionalista, il che è già grave, ma anche «negazionista», il che è sacrilego. Si sa infatti che il governo tedesco ha profondamente irritato gli ebrei: durante le fastose celebrazioni del Giorno della Memoria, i rabbini germanici hanno clamorosamente rifiutato di parteciparvi, perchè secondo loro non era stato concesso quel posto d’onore eccelso cui hanno diritto come sacerdoti della unica religione rimasta; pare che i politici partecipanti (in massa) non li abbiano salutati come si deve.

Questi sgarbi agli ebrei irritano profondamente Bin Laden, che deve aver già mobilitato Al Qaeda perchè punisca il popolo tedesco con un attentato assolutamente, vistosamente islamico.

Dopo che Angela Merkel è stata decorata dal B’nai B’rith, c’è però da pensare che la Germania sia sufficientemente protetta: pace fatta tra Al-Mossad Al Qaeda e la Cancelliera? Staremo a vedere Dall’11 settembre, la Germania ha assunto 10 mila nuovi poliziotti. Ma non è abbastanza, secondo il capo del principale sindacato di polizia (GdP) che si chiama Konrad Freiberg: «Non siamo in grado di eseguire la sorveglianza 24 ore su 24 delle cosiddette minacce, un gruppo di 60-100 individui». Diecimila nuovi agenti non riescono a tenere sotto controllo tutto il terrorismo islamico, che in Germania ammonta alla cifra presuntiva di 60-100 individui: satanassi di qaedisti.

Il fatto è, lamenta il sindacalista Freiberg, che «il pericolo terrorismo è qui, ma non è ubiquitario; finchè non accade qualcosa, manca la coscienza del problema». Sembra quasi che al poliziotto spiaccia che il fenomeno non sia «ubiquitario», e si dolga che «non accade niente» su quel fronte. Se accadesse qualcosa, sicuramente si aprirebbero nuovi posti in Polizia. Perchè, si lagna Freiberg, «qui tutti parlano di salvare banche e imprese, mentre abbiamo bisogno di uno scudo protettivo contro il terrorismo».

Speriamo dunque, per tutti quei disoccupati da crisi finanziaria, che secondo il sindacalista potrebbero trovare un posto, dopo l’attentato islamico, nella «protezione».

Non c’è niente da ridere, perchè l’attentato islamico prossimo venturo viene segnalato anche altrove. Per la precisione, da «fonti d’intelligence in USA e Canada», che hanno raggiunto la conclusione che segue, confidandola alla rete ABC: «Hezbollah, sostenuto dall’Iran, è pronto a montare un attentato contro obbiettivi ebraici da qualche parte in Medio Oriente» (2).

Hezbollah, spiega ABC, vuole vendicare l’assassinio del loro comandante militare, Imad Mugniyah, ucciso da un’autobomba a Damasco in febbraio. Ucciso da chi, ABC si astiene discretamente dal dirlo: non si vorrebbe che il pubblico si facesse l’idea che anche il Mossad è specialista in attentati. Gli attentati sono, per definizione, islamici.

Fatto è che, secondo le suddette «fonti d’intelligence», Hezbollah ha attivato «sospette cellule dormienti in Canada», e «importanti membri operativi sono stati visto uscire dalle loro basi in Libano verso il Canada, Europa e Africa».

Ma le fonti non avevano detto che i terroristi Hezbollah vogliono colpire «interessi ebraici da qualche parte in Medio Oriente»? Ora spuntano fuori il Canada, l’Europa e l’Africa. Anzi, le sopra lodate fonti hanno notato che «sospetti operativi di Hezbollah hanno condotto di recente sopralluoghi attorno all’ambasciata israeliana a Ottawa, nonchè a varie sinagoghe di Toronto». E il Canada non è precisamente il Medio Oriente.

Anzi, di più: le «fonti» che hanno fatto le loro confidenze ad ABC aggiungono che «anche l’America Latina è cosiderata un possibile bersaglio dagli agenti che sorvegliano i progetti di  Hezbollah». A quanto pare, il posto non è ancora deciso, si vedrà sul momento cosa è meglio. Il solo fatto certo è che «vogliono ammazzare più gente possibile, e vogliono che sia clamoroso, un big splash», asserisce Robert Baer, ex agente CIA (finalmente uno che appare col suo nome) che avrebbe parlato con i capi Hezbollah a Beirut il mese scorso.

Ovviamente Hezbollah lo farà, dimostrando così la sua bestiale irrazionalità (che ha astutamente tenuto nascosta quando ha fermato gli israeliani nella guerra del Libano del 2006) offrendo sul piatto ad Israele la scusa  che le occorre per tornare a devastare il Libano e - se l’attentato sarà abbastanza sanguinoso, un vero «big splash» - ad eclissare le fresche immagini delle atrocità israeliane commesse a Gaza.

Dopo tanta ferocia e sterminio giudaico, c’è urgente bisogno di un attentato a firma islamica che riporti l’Occidente ai suoi veri valori, e al senso di colpa verso la Vittima Perenne, che lotta per la sua stessa esistenza.

Tutto questo sembra preludere a qualche attentato false flag? Non si vorrebbe essere malfidenti. Ma purtroppo il giornalista (ebreo) Aaron Klein ha spiegato come mai Hamas, proprio mentre offre ad Israele una tregua di un anno purchè faccia passare dai suoi posti di blocco quei soccorsi urgenti per la popolazione devastata a Gaza, nello stesso tempo continua a tiracchiare dei razzi kassam su Sion.

L’ennesima prova della bestiale irrazionalità di Hamas? Non proprio. Aaron Klein rivela qualcosa che i nostri media non hanno scritto: che a tirare almeno 5 razzi e quattro colpi di mortaio, il giorno 2 febbraio, sono state le «brigate Martiri di Al-Aqsa», il gruppo militare di Fatah; i quali hanno addirittura emanate un comunicato-stampa per rivendicare i tiri (3).

Insomma: Hamas tende la mano e offre una tregua, e Fatah - il gruppo rivale, presieduto da Abu Mazen che Washington definisce «un partner del processo di pace», ed è sotto il pieno controllo israeliano, tira i razzi. Per mandare a monte la tregua, sgradita agli israeliani.

Aaron Klein ha controllato la notizia, chiamando al telefono dirigenti della Jihad Islamica «sia a Gaza sia in Cisgiordania»: i capi di questo gruppo alleato ad Hamas sono caduti dalle nuvole (non sapevano dei lanci) ed hanno promesso una rapida inchiesta. Dopo poche ore, sia Hamas sia la Jihad Islamica «hanno appurato che i razzi erano stati effettivamente sparati da Fatah», ed hanno anche spiegato che, quando Hamas nel 2007 vinse la breve guerra che Fatah aveva lanciato a Gaza (per prendere il potere dopo aver perso le elezioni) un centinaio di militanti delle Brigate Martiri di Al-Aqsa erano passati nelle file della Jihad Islamica; e che erano proprio questi a sparare i razzi. Al tempo, Hamas aveva intimato a Jihad di reprimere questi personaggi, suscitando anche tensioni fra i due gruppi alleati. Oggi, i capi di Hamas hanno detto a Klein che saranno trattati con la necessaria durezza.

Insomma, sono vecchie storie già viste in Palestina. Storie di infiltrazioni, manipolazioni di estremisti e attentati «a firma falsa», antiche specialità della rinomata ditta Al-Mossad.

Lo scopo di questi false flag è evidente: avere la scusa per impedire e ritardare l’arrivo di soccorsi urgentissimi alla popolazione che ha devastato, e mantenere una presa di ferro su ogni aiuto che entri a Gaza. Israele ha imposto ai diplomatici occidentali mobilitati per i soccorsi (lo ha riportato la Reuters il 19 gennaio) che l’ONU e tutte le altre agenzie e NGO umanitarie presentino alle autorità sioniste la lista delle merci e dei beni, delle apparecchiature e persino del personale che intendono far entrare a Gaza. E che chiedano l’approvazione preliminare per ogni progetto di ricostruzione.

Nè tondini di ferro nè cemento hanno l’autorizzazione giudaica: si possono costruire armi e bunker, è la loro scusa. A dare le autorizzazioni (o piuttosto a negarle) è il ministro degli Affari Sociali, Isaac Herzog, già sospettato per crimini contro l’umanità. Oltre centomila senza-tetto di Gaza, che hanno avuto le case distrutte (totalmente 4 mila edifici, inabitabili per danni altri 16 mila) continuano a sopravvivere nelle scuole dell’UNRWA (anch’esse bombardate e bisognose di riparazioni) finchè - questo è lo scopo ultimo - Hamas non scompare e lascia Gaza al «governo» di Fatah, di Abu Mazen (4).

Naturalmente i servi dell’Unione Europea si sono subito adeguati al piano: d’accordo nel continare ad affamare i derelitti. La kommissaria Ferrero-Waldner (Affari Esteri) ha proclamato ai media che la UE non darà il suo contributo alla ricostruzione «a meno che Gaza non produca (sic) un partner di pace praticabile; nessun soccorso sarà reso disponibile a un governo guidato da Hamas» il che, come sussurrano i diplomatici europidi, alla Reuters, è la sicurezza che la tragedia di Gaza durerà ancora a lungo. «Siamo realistici; se è l’Autorità Palestinese (Fatah) che vogliamo rendere responsabile, il suo governo e le sue istituzioni devono anzitutto esistere sul terreno. E non ci sono».

I ministri occidentali alla Frattini, e le nostre organizzazioni di soccorso governative, si piegano alla ridicola commedia di concordare gli aiuti a Gaza con l’Autorità Palestinese, che non può rispondere anche se volesse (lo stesso Abu Mazen non ottiene facilmente i permessi di viaggiare all’estero; Israele non gli ha dato l’autorizzazione a partecipare al vertice arabo di Doha - questo sarebbe il partner praticabile).

Va segnalata una eccezione onorevole in Europa: la Norvegia, senza aspettare che a Gaza governi il «partner praticabile» voluto dalla ebrea Ferrero-Waldner, ha donato 20 milioni di kroner ad organizzazioni capaci di raggiungere direttamente i civili, anzitutto la Croce Rossa Internazionale; allo stesso scopo, il Kuweit ha donato 34 milioni di dollari direttamente all’UNRWA; per fortuna di Sion, i guerriglieri di Fatah infiltrati - sparano i razzetti, dando la scusa per non allentare il cerchio di ferro giudaico sulle sue vittime. Sicchè anche la CRI e l’UNRWA devono presentare le liste e chiedere i permessi per aiutare.

A ben pensare, magari finirà che Al Qaeda farà il suo annunciatissimo attentato in Norvegia. O Hezbollah, magari. Vai a vedere cosa pensano questi terroristi islamici. Sono così irrazionali.




1)
«CIA warns terrorists targeting German vote», DDD, 2 febbraio 2009.
2) Richard Esposito e Brian ross, «Hezbollah poised to strike?», ABC, 19 gennaio 2009.
3) Aaron Klein, «U.S. partner, not Hamas, firing rockets into Israel», WND, 2 febbraio 2009.
4) Nicola Nasser, «Gaza new siege mechanism», GlobalResearch, 2 febbraio 2009.


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