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Oppressi dalla dittatura. Diffusa
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Bisogna riconoscere che hanno ragione Di Pietro, Scalfaro, Santoro, Travaglio e le procure:  dobbiamo svegliarci, dobbiamo insorgere e lottare contro la dittatura avanzante. Ogni giorno, è vero, il suo stivale ci schiaccia e ci opprime un poco di più. Oltretutto, una metà degli italiani è d’accordo: ed esprime continuamente, ossessivamente (e liberamente) la sua rabbia contro il dittatore che vede avanzare in Silvio Berlusconi.

Purtroppo, questa chiamata alle armi, questa disposizione ad insorgere, sta facendo perdere di vista l’essenziale: e l’essenziale è che la dittatura non è un rischio da sventare, ma una realtà già concreta e presente. Già applica sopra ciascuno di noi i suoi esproprii, i suoi soprusi e il suo terrorismo collettivo. Cacciare Berlusconi, strappargli «le sue televisioni», ridurlo a chiedere l’elemosina davanti alle chiese, non basterebbe a liberarcene. Il nemico è onnipresente e multiforme.

Come sempre laboratorio politico d’avanguardia, l’Italia ha creato – ed accetta e applaude – la dittatura di nuovo tipo, che richiederebbe una diagnosi un po’ più sofisticata di quella neanderthaliana di Di Pietro, che evoca «il fascismo».

Ben altro totalitarismo ci sta sul collo: la dittatura sotto cui languiamo non ha un tallone, ma ne ha miriadi. La novità totalitaria è la dittatura diffusa, corpuscolare. E perciò più asfissiante; non c’è spazio pubblico, e nemmeno intimo e privato, che sfugga al suo potere multiforme.

Denunciare la Casta, le angherie da omissione o le persecuzioni attive delle burocrazie pubbliche inadempienti nei suoi numerosissimi livelli, non basta più a descrivere il fenomeno. Non basta più segnalare che uno o tutti gli ordini del potere pubblico – esecutivo, legislativo, giudizario – travalicano i loro poteri legittimi; qui, ormai, qualunque gruppuscolo e libera associazione fa altrettanto.

Non sono solo «le procure», o «Bankitalia», o il terribile «TAR del Lazio», ad arrogarsi compiti che spettano al governo, espropriandolo, occupandole le prerogative e le responsabilità, annullandone i poteri. E’ vero, è un segno della dittatura nuova il fatto che Mario Draghi, invece di occuparsi della sorveglianza delle banche (che non può fare, essendo le banche private azioniste di Bankitalia) inviti a tagliare le pensioni (altrui, non le sue e dei suoi fastosi funzionari), venga applaudito anzichè invitato a tacere dai «liberi media».

Ma fosse solo Bankitalia, potremmo persino sopportarlo. Il fatto è che a governare – o a legiferare – di fatto, più che possono, sono la Conferenza Episcopale, il Consiglio Superiore della Magistratura, Radio Radicale, i sindacati, le soprintendenze, i consorzi montani, qualunque organo immaginabile. Ciascuna di queste istituzioni o associazioni esercita la sua parte di dittatura diffusa: ossia non si limita ad esercitare i suoi compiti, ma esercita – o prova ad esercitare, o almeno a impedire e condizionare – quelli di altri organi.

Che dico? Qui, basta essere un gruppo qualunque, anche momentaneo, per arraffare una fetta di potere indebito. Non  è necessario essere «governatore di Bankitalia» con un milione e passa di euro di stipendio; basta essere, poniamo, «insegnante», «bidello», e persino «precario», purchè organizzato, per poter esercitare poteri indebiti e pretenderne di illegittimi.

Credete che stia esagerando? Facciamo l’esempio del corpo sociale potentissimo chiamato «comici televisivi»: allora potrai pronunciare, in prima serata, pesantissimi doppi sensi sessuali da avanspettacolo che ti farebbero espellere da un’osteria di paese, e così potrai esercitare liberamente – solo al contrario – i compiti educativi e pedagogici di cui hai espropriato maestri e genitori, i quali ripetono invano ai bambini che «certe cose non si dicono». Se sei un «comico televisivo», potrai inoltre pronunciare calunnie e diffamazioni che, da isolato cittadino, ti porterebbero dritto a una condanna penale per direttissima. Provate a protestare per queste innominabili volgarità: tutti i corpi sociali si leveranno contro di voi, in nome della «libertà d’opinione», o peggio di «espressione», ossia il diritto alla volgarità.

Come sempre in ogni dittatura, sono «le masse» a difendere gli abusi di potere del dittatore, ad invocarli. Avviene lo stesso al Dittatore Diffuso, corpuscolare e collettivo. La sua forza, è la debolezza del popolo su cui domina. Debolezza mentale, in questo caso.

Il corpo noto come «omosessuali» può pretendere una legge contro la «omofobia», ossia la punizione di un’opinione: qui, la libertà di pensiero non si applica più. Gli «zingari» come corpo organizzato possono darsi il diritto di non pagare il biglietto del tram, e se commettono un omicidio, godono di un trattameno di favore  che è negato ad altre categorie: il papà musulmano che ha ucciso la figlia perchè svergognava la famiglia ha preso 30 anni senza alcuno sconto, lo zingaro stupratore omicida – categoria protetta – gli arresti domiciliari. La magistratura mostra così il suo potere d’arbitrio: la legge, nelle sue mani, non è uguale per tutti.

E che dire della casta chiamata «RAI»? Di fronte alla richiesta popolare di abolire il canone per i suoi ignobili spettacoli, ha escogitato ed imposto – grazie alle caste politiche collegate e complici –  un trucco nominalista: ora il canone si chiama «tassa di possesso», e lo continuiamo a pagare. E’ un inghippo disonesto da bassa dittatura libica. Oltretutto, il canone rinominato «tassa di possesso» svincola la RAI da ogni obbligo di prestazione decente: ciucciatevi la cacca che vi diamo, la tassa è sul televisore, non sul servizio. Perchè non subiamo una tassa di possesso sulla lavatrice e il frigorifero? Perchè i «fabbricanti di elettrodomestici» non sono per il momento una casta organizzata, con agganci in Parlamento.

Ma gli esempi sono infiniti. Dalle Regioni Autonome ai centro sociali occupanti case  dell’Autonomia, è tutto un esercitare poteri indebiti, fare esproprii o soperchierie. Le centrali del latte sono state privatizzate, e così non devono più assicurare il latte, nè sottoporsi a controlli pubblici, ma solo «fare profitto»: come tutte le municipalizzate di servizio, sono diventate autonome, ossia possono assumere i raccomandati senza concorso.

La dittatura corpuscolare, infatti, consiste essenzialmente nell’esercizio illimitato dell’autonomia.  Quella autonomia, che, come ha scritto Hans Magnus Enzensberger, nel contesto attuale significa: «Una società umana, per noi, non esiste».

E’ proprio così. Nella dittatura diffusa, ogni gruppo con un minimo di potere mostra con le sue azioni di non riconoscere il diritto all’esistenza di una società umana circostante e più vasta. Gli «autonomi» dei centro sociali occupano le case altrui. Per gli uffici fiscali, i contribuenti sono per principio evasori da perseguire. Il Comune di Genova – come mi ha informato un lettore – fa di peggio: c’è un privato che possiede ad Albaro (quartiere di lusso) un capannone di mille metri quadri; un supermercato gliel’ha chiesto in affitto; il Comune ha posto il veto dicendo che in quella zona,  quello spazio può essere dato solo a concessionari d’auto o ad altre «attività attinenti alla mobilità» (sic). Naturalmente, nessun concessionario d’auto vuole quello spazio, sicchè il proprietario si vede negare il legittimo profitto. Il Comune agisce così in base alla sua «autonomia»: ha deciso questo arbitrio nel suo regolamento urbanistico.

Che ve ne pare? E’ esattamente quel che avveniva in Unione Sovietica nel governo totalitario dell’economia pianificata: nel libero mercato, lo Stato dovrebbe far galoppare il cavallo (gli spiriti animali del capitalismo) governandolo con le redini; nel sistema sovietico, lo Stato prescriveva al cavallo come doveva muovere ogni singolo muscolo, di quanto sollevare lo zoccolo destro e quando abbassare il sinistro. Questa minuzia prescrittiva è il motivo del crollo dell’URSS: il cavallo non riusciva a galoppare, anzi non si muoveva più.

Non viene applicata più nemmeno in Cina, nè (da quando è morto Pol Pot) in Cambogia: viene applicata ancora a Cuba, e a Genova. Dove peraltro, a dettare quello strano codicillo contro i supermercati ad Albaro pare siano state le COOP, ovviamente rosse.

Autonomia, ecco il nome della dittatura diffusa.

Potere locale sarebbe «democrazia vicina al cittadino»? L’esito è l’esatto contrario: perdita di autonomia del cittadino, oppressione vicina alla sua vena jugulare più di ogni potere di Stato, che almeno è lontano e condizionato. Di fatto (ha ragione il Salame) il capo del governo centrale ha meno potere di tutti; anche a prescindere dall’occhiuto controllo dei corpi magistratuali, del capo dello Stato, Bankitalia, media, comici,  Regioni, Provincie e Comuni «autonomi» con la loro fetta di potere, eccetera, il governante si chiama non a caso, nella costituzione, «presidente del consiglio dei ministri»: non può nemmeno cambiare un ministro. Cosa forse, in questo caso, provvidenziale.

Anticipo l’obiezione prevedibile: che proprio a causa della incredibile molteplicità di autonomie istituzionali e di fatto, non si può parlare in Italia di dittatura. Proprio perchè i «precari della scuola» possono strappare alla Gelmini una sanatoria, e gli omosessuali una legge al Parlamento; proprio perchè i «comici TV» fanno quel che vogliono e sbertucciano il «premier»; proprio perchè ogni gruppo di potere si scontra continuamente e limita il potere degli altri, il totalitarismo sarebbe escluso radicalmente. Si sarebbe creata spontaneamente, in modo del tutto selvaggio, una sorta di quel sistema di «pesi e contrappesi» che costituisce – secondo i teorici settecenteschi – l’essenziale dello Stato di diritto e della libertà sotto la legge.

Rispondo: questa è una contraffazione patologica dei sistema di pesi e contrappesi. Il fatto che la magistratura risponda con soprusi legali ai soprusi (vacui e verbali) del Salame, non costituisce uno Stato di diritto, ma un sistema di arbitrii, occasionalmente contrapposti: se al posto di Berlusconi ci fossero Prodi o Visco, la magistratura non si opporrebbe ai loro abusi.

Sì, le miriadi di entità che hanno o si sono arrogate una porzione di potere (indebita o no) limitano tutte le altre: ma ciò, solo «di fatto». In punta di diritto, ognuna delle istituzioni o dei gruppi della dittatura diffusa si comporta come «se una società umana non esistesse»: ciascuno di essi non riconosce il diritto all’esistenza degli altri, la ritiene illegittima ed abusiva, dunque eliminabile.

Gli omosessuali si sono visti momentaneamente bocciare la loro legge sull’omofobia; uno scacco occasionale; è chiaro che aspirano a un potere totalitario omosessuale, dove ad essere messa fuori legge sia l’eterosessualità, la famiglia, la Chiesa, qualunque altra istituzione che «limiti l’autonomia» della finocchieria organizzata.

Gli «insegnanti» vogliono – anche se non possono – la dittatura totale del corpo insegnante e la sua completa insindacabilità, inamovibilità e impunibilità; i pubblici dipendenti, vorrebbero il diritto a non dare nessun servizio pubblico e ad occuparsi solo dei loro stipendi, magari aumentandoseli a loro piacimento; la magistratura del resto già lo fa, come i parlamentari.

Il TAR del Lazio disfa ogni legge che gli pare, se gli pare; ogni legge varata dal corpo legislativo nazionale. E basta ascoltare i discorsi  mensili (prolusioni) del capo della Conferenza Episcopale o di Mario Draghi per capire che vorrebbero governare ogni aspetto della vita sociale, civile, economica, se solo potessero. E chi sente Pannella alla sua radio pagata da noi, o legge Scalfari su Republica, vede che non c’è aspetto della vita che si sottragga alla loro volontà di potere. Pannella, se solo avesse un seguito superiore al tre per cento, sarebbe un dittatore come Pol Pot: instaurerebbe la dittatura della trasgressione permanente e obbligatoria. Renderebbe obbligatoria l’eutanasia e la droga, impiccherebbe preti e suore. Scalfari decreterebbe la chiusura del Giornale, di Libero; e  persino del Corriere della Sera, a suo giudizio non abbastanza militante.

Questo è totalitarismo. Che sia anche impotente, non è di nessuna consolazione: la Dittatura Diffusa è appunto, per essenza, totalitarismo impotente (oltrechè incompetente e inadempiente): una volta pienamente instaurato, il suo esito è la paralisi della società intera a forza di veti contrapposti, di arbitrii e di soprusi. E di impossibilità per chiunque di fare qualcosa di bene.

Volete la controprova?

L’atomizzazione sociale. Le dittature centralizzate, i totalitarismi di ieri (che non torneranno più) puntavano ad atomizzare i cittadini, ad isolarli, a farli vivere nel sospetto reciproco e così a renderli deboli e senza difesa di fronte agli arresti notturni, alle incarcerazioni arbitrarie e alle torture nei lager.

Ebbene: la stessa cosa avviene anche a voi, a me e a te, qui ed oggi, nella Dittatura Corpuscolare.

Naturalmente, qui il lager è part-time. Esso ti rinchiude e ti violenta solo in certi momenti: e precisamente quando esci dal tuo gruppo totalitario e «autonomo», e diventi un semplice cittadino.  Un cittadino che non è un «omosessuale», un «comico TV» o un «precario», di colpo, si trova privo di diritti. Nudo e indifeso. In balia di un arbitrio plurimo e microscopico ma torturante, e senza alcuna difesa legale.

Volete farne  un’esperienza semplicissima? Scendete all’aeroporto di Fiumicino ed aspettate il  bagaglio. In quel momento, anche se siete Sabina Guzzanti o Checco Zalone, oppure Grillini capo della cosca «omosessuale», siete in balia dei facchini di Fiumicino. Nel suo piccolo, è un Potere Senza Volto da far sembrare Orwell uno scolaretto. State lì davanti al nastro trasportatore immobile, e li sentite, i Senza Volto, che cazzeggiano e ridono dietro una cortina elastica: non li vedete, non sapete se stanno aprendo la vostra valigia per rubacchiare come fanno di solito. Non avete alcuna autorità superiore a cui appellarvi; nessuna autorità a questo mondo nè nell’altro può obbligarli a fare il loro lavoro bene, alla svelta e onestamente. Sono «autonomi», e appartengono a un sindacato «autonomo». Non potete far altro che aspettare: i loro comodi. Passa un’ora, ne passano due. Voi avete sonno, avete fame, avete sete e nella sala di ritiro-bagagli non c’è un bar nè un distributore di caffè o di acqua minerale: evidentemente perchè l’entità chiamata «aeroporto di Fiumicino» vuol  dimostrare la sua autonomia che, come ci ha ricordato Enzensberger, significa: «Una società umana, per noi, non esiste». Se poi quando la valigia arriva la trovate aperta e ripulita dei preziosi, che volete fare? Andate alla Polizia, a patto che l’ufficietto non sia già sbarrato; allargano le braccia, vi fanno firmare un modulo: forse servirà per l’assicurazione, forse no. Volete fare causa? A chi, per favore? All’entià chiamata «Aeroporti dell’Urbe»? Alla «Cooperativa  Portabagagli Ladri»? Vorreste rivolgervi al TAR del Lazio che è capace di cancellare intere leggi e interi programmi di governo?

Ma il TAR del Lazio vi ascolta se siete uno «statale», un «pubblico dipendente inadempiente», un «precario». Invece siete solo un cittadino. Eppure l’intera democrazia è stata concepita per proteggere i vostri diritti in quanto cittadino, non in quanto appartenente a gruppi, cosche e lobby; ma vi accorgete che tutte le leggi concepite per voi, non  funzionano? Surretttiziamente, lo Stato di diritto e del pluralismo si è trasformato in dittatura corpuscolare, e voi – come cittadini senza aggettivi nè appartenenze collusive – ne siete i soggetti e i reclusi.

Naturalmente, uscite con la vostra valigia, e dimenticate tutto: prendete una minerale al distributore automatico, e già vi sentite liberi, perchè dopotutto siete «comico TV», o «Grillini», o «giornalista»; appartenete ad un gruppo organizzato che – come tale – s’è arraffato una parte di potere indebito, come se il resto della società non esistesse. Vi sentite liberi. Ma avete passato due ore in un Gulag, quello dei facchini di Fiumicino. Domani, davanti a uno sportello, sarete in un’altro gulag, alla mercè di un torturatore incompetente che vi impone regole assurde per il secondo bagno in casa vostra, o vi espropria dell’auto perchè non avete pagato una multa, o per qualunque altro motivo.  Ma il motivo, qualunque sia il pretesto, è che in quel momento siete solo un cittadino, dunque  oggetto delle angherie e dei soprusi, magari minimi, così minimi che non potete scomodare la magistratura (che costa). Minimi ma corpuscolari, continui, incessanti e asfissianti.

State, stiamo, sotto un regime abitato da cento, mille, diecimila piccoli Pol Pot, che non riescono ad internarvi nei loro diecimila lager se non per qualche ora. Il guaio è che non ce ne accorgiamo,  perchè per altro verso ciascuno di noi fa parte di una casta, magari piccola e micragnosa, ed esercita una parte di «autonomia»; e chi non ne fa parte, aspira ad entrare in una qualunque casta, o briga per entrarvi. E’ per questo che nessuno si coalizzerà mai per combattere la Dittatura Corpuscolare: perchè, part time, siamo noi. O speriamo di diventarlo.

Restano fuori solo i debolissimi: i bambini che sentono Checco Zalone in prima serata mentre fa le sue rime con «… iga»  e con «azzo», fra gli applausi («Da grande voglio fare il Checco»); i pensionati poveri e vecchi, a cui Draghi, col suo milione di euro di stipendio, raccomanda di ridurre la pensione; i disoccupati non organizzati, a cui nè il parlamento nè i sindacati hanno tempo di provvedere, perchè prima devono occuparsi degli «omosessuali» minacciati da «omofobia», ossia da un giudizio di biasimo che qualcuno può dare della loro vita... insomma resta fuori, oppressa, tutta la polvere di un’umanità atomizzata, manipolata dalla pubblicità e dalla TV, serva del pensiero unico, ottusa dalla stupidità prescrittiva e dell’abitudine a vedersi derubata.

Non posso concludere senza dare un esempio estremo di quanto a fondo questa dittatura corpuscolare occupi la nostra vita, anche più intima. Non me lo invento, riproduco solo la mail di un lettore che mi racconta un suo caso familiare:

«Egregio Direttore, le scrivo perché ho bisogno di sfogarmi, di sentire una voce, per così dire, esterna, alla mia famiglia su di una faccenda molto penosa. Mio cognato (fratello di mia moglie) e la sua consorte, si stanno separando. In mezzo ci sono due bambini (la grande, 11 anni, il piccolo 8 anni). Da una settimana lui è stato ‘costretto’ ad andarsene di casa (dorme dai genitori) dalla moglie. Cercherò di essere il più obiettivo possibile: mio cognato è un bravo ragazzo, lavoratore, sempre pronto a dare una mano, ma di contro è: infantile (gli amici, il Genoa, le ‘cavolate’ sono importanti), lievemente egoista, a volte sembra vivere al di fuori della realtà. Sua moglie, è la quintessenza dell’idiozia odierna: sempre iper truccata, cambia scarpe ogni dieci minuti (è stata capace, per un paio di gomma, di spendere o 300 o 600 euro), vestiti firmati, parla solo di VIP, di viaggi (Maldive, Santo Domingo, settimane bianche, non sa sciare ma, fa chic), di diete, legge Donna Moderna e guarda il Grande Fratello. Non la abbiamo mai vista fare gesti di tenerezza nei confronti dei suoi figli (abitano sopra di noi in una casa bi-familiare) che sono sempre abbandonati in giro, o da noi, o dai miei suoceri. Un pomeriggio tornando dall’orto le ho offerto una cassetta di frutta e verdura: mi ha risposto che lei la verdura la compra al supermercato! Egoista e cattiva, ha fatto fare a mio cognato una vita d’inferno, lo insultava: sei un fallito, sei ridicolo, sei patetico… una volta mio cognato ha avuto un grave incidente sul lavoro, lei è stata l’ultima ad andarlo a trovare e, per giunta, era pure incavolata perché avrebbero ritardato la partenza per le ferie. Da quando poi portano il più piccolo a calcio, la situazione è degenerata, in quanto detto ambiente pullula di separati, scambisti e idioti vari. Mio cognato si è confidato con una di queste e, ci è uscito (senza consumare), il bubbone è scoppiato e la situazione è questa. Faccio notare che, mia cognata, l’ho beccata da sola in auto con uno, due volte, potrebbe non voler dire niente ma è un fatto. La ringrazio, se vuole può anche farne argomento di discussione con uno dei suoi articoli. Io,  mia moglie, i miei suoceri e la sorella di mia moglie non viviamo più. Piero e famiglia».

Che dire? Ecco la dittatura corpuscolare livello più microscopico, molecolare, chimicamente puro. Quante ne conosciamo di donne e uomini così? Milioni: sono fatti dallo stampino della Dittatura Corpuscolare. Sono la «nornalità», sono il nuovo gregge cooettivizzato dentro, che nemmeno Orwell è riuscito a immaginare.

Ovviamente conosciamo anche uomini che ammazzano l’ex-moglie, o la fidanzata che vuole lasciarli, è lo stesso fenomeno. Nel caso riportato dal lettore, la piccola Pol Pot è lei: esercita il suo abuso nella cerchia minima della famiglia, ma questo sopruso è, nel suo genere, totale. Quale istanza superiore potrebbe disciplinarla, richiamarla ai suoi doveri di madre?

Una volta pesava almeno il giudizio sociale. Oggi non più: è stato sostituito dalla TV, che il suo giudizio e i suoi esempi li dà col Grande Fratello, i VIP e la pubblicità del «lusso» da quattro soldi; e dai vicini, separati, scambisti e consumatori di adulteri in auto; e dai banditori della «trasgressione» che pontificano sui media.

Questa donna vive la sua condizione non come schiavitù ma, ovviamente, come «autonomia»: faccio quello che mi pare.

«Una società umana, per noi non esiste»: in questo caso sono solo due bambini, uno di 11 e uno di 8 anni, nel piccolo lager nucleare.




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