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Tagliano le pensioni. D’oro? Quelle di zinco.
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Non vi sfugga la tattica del regime che ci opprime, detto «larghe intese». Tutto comincia con una campagna di propaganda: propaganda tipicamente staliniana, volta a suscitare odio verso un «nemico del popolo» singolo e identificato, per poi sbattere nel Gulag qualche milione di persone qualunque.

Prima fase: «Pensioni d’oro, c’è uno che prende 91 mila euro al mese». Apre la campagna il Correre (la nostra Pravda), che l’8 agosto rivela: «Sono centomila i “super-pensionati” che costano al sistema ben 13 miliardi di euro all’anno». Il governo che tutti ci ama si appresta a tagliarle. E chi non è d’accordo? Siamo tutti indignati dal fatto che si prendano pensioni da 91 mila mensili. Applausi al governo che fa giustizia.

Passano pochi giorni, e ci dicono che tagliare le pensioni d’oro è difficile. Già un tentativo di prelevare un «contributo» del 5% sulle pensioni sopra i 90 mila euro l’anno è stato bocciato dalla Corte Costituzionale, che veglia sulla legalità di tutti noi e sugli stipendioni suoi. Le Caste si difendono.

Frattanto, l’insonne Politburo scopre che tagliare le pensioni d’oro non serve a niente. «Le risorse che si possono ricavare per redistribuirle sono “molto limitate”», spiega il ministro del Lavoro compagno Giannini ai giornalisti. «Per interventi che possano effettivamente avere un impatto bisogna scendere dalle pensioni d’oro a quelle d’argento».

Le pensioni d’argento sono quelle da 5 mila euro lordi mensili. Che fanno 2500 netti: buone, ma lontanissime da quella di 90 mila euro additata all’inizio. Rapido calcolo, e il compagno ministro Giannini si corregge ancora: «Bisogna scendere dalle pensioni d’oro a quelle d’argento e forse oltre».

Ecco, è lì che volevano arrivare. Annuncia il compagno viceministro Dell’Aringa: si colpiranno «le pensioni tre volta la minima». Ossia le pensioni superiori a 1500 euro mensili.

Come definirle: pensioni d’ottone? Oltretutto, sono le pensioni che già Mario Monti (col Salva Italia) ha escluso da ogni rivalutazione automatica per l’inflazione: e che quindi hanno già perduto, nei due anni da allora, 1135 euro di potere d’acquisto. Il viceministro Tovarisc Dell’Aringa promette di rendere «strutturale» (ossia permanente) questo blocco. «Con un’inflazione intorno a 2-3% l’anno in dieci anni queste pensioni si ridurrebbero di un quarto», si rallegra.

Se prendete 1500 euro mensili, fra dieci anni sarete a 1200. La vostra pensione d’ottone diventa di zinco, di stagno, di piombo. Osate lamentarvi? Luridi privilegiati, che prendete «tre volte la minima»! Il triplo! Vergognatevi! Volete negare la vostra solidarietà ai più poveri?

Perché il Politburo sta studiando (dixit il compagno sottosegretario) «un meccanismo di carattere perequativo per togliere a chi ha di più e dare a chi ha di meno»: e chi osa dirsi contro?

Il nostro Politburo è Robin Hood, e voi state a criticarlo... Si tratterà, spiega il tovarisc, «di studiare un contributo di solidarietà che non venga bocciato dalla Corte Costituzionale». È un progetto escogitato da Giuliano Amato, titolare di pensione da 31 mila euro mensili. Dunque è in grado, meglio di tutti noi, di capire che una pensione da 1500 mensili è ingiustamente alta e lussuosa. Siamo in buone mani. Ci farà sputare il contributo di solidarietà.

A cosa serviranno i miliardi che racimoleranno i nostri benefattori assetati di giustizia? A ridurre l’immane debito pubblico? Questo è escluso. C’è chi sospetta che stiano racimolando i quattrini per il «reddito di cittadinanza» – ossia per accontentare gli idioti del M5S, nella speranza di convincerli a sostenere il governo di sinistra col solo PD, se il partito del Banana spacca le «grandi intese». Si stanno procurando i mezzi per fare il ribaltone? Il sospetto è di Mario Giordano del Giornale ; ma è un ovvio nemico del popolo, e noi ne prendiamo le distanze. Si sappia.

Magari è vero però. Forse avremo il «reddito di cittadinanza». In pratica, la componente di sinistra del regime «Larghintese» che non vuol togliere l’Imu sulla prima casa «perché non ci sono i soldi» (4 miliardi), è pronta a trovare dai 36 ai 72 miliardi, quanti ne costerebbe il reddito di cittadinanza secondo che fosse di 500 o 1000 euro mensili? Ebbene, io temo di sì. Perché esso è coerente con l’ideologia loro di sempre, quella mai rinnegata.

Pensateci. Evochiamo la definizione secondo un sito grillista: «Il salario di cittadinanza consiste nel garantire un reddito incondizionato e universale per tutti i cittadini che disporrebbero di una rendita di ammontare limitato, 500 o 1000 euro mensili, frutto della condivisione di un dividendo sociale...».

Reddito di cittadinanza, l’utopia finale.

Pensateci. L’abolizione dell’Imu prima-casa favorisce i privati, quindi è male. Il reddito di cittadinanza rende tutti salariati statali. Quindi è bene. È l’utopia comunista perfetta. Con questi vantaggi ulteriori per lorsignori:

Tutti salariati pubblici, tutti dipendenti da loro. Tutti interessati a mantenere lo status quo. Quello che dà i 31 mila euro mensili ad Amato, e i 450 mila ai giudici costituzionali.

Guardatevi attorno, e vedete quanti vogliono il reddito di cittadinanza. Una marea di giovani precari. Di giovani senza scolarità, quindi inoccupabili. Giovani destinati alla disoccupazione permanente e strutturale della società ultra-tecnologica. Giovani che già adesso campano di lavoretti e con le mancette di mammà. Giovani potenzialmente rivoltosi. Col salario di cittadinanza, li trasformano in sostenitori del Sistema. Paurosi di un rinnovamento, perché farebbe perdere loro il sussidio.

E mica solo loro. Pensate ai milioni di meridionali: con 500 o 1000 euro mensili sicuri, dati dallo Stato, chi di loro lavorerebbe più? Chi si sforzerebbe di ingegnarsi, di studiare o imparare un mestiere? Sarebbero tutti lì allegri, fra la loro spazzatura, a godersi il dolce far niente, e a sostenere il governo che gli dà lo stipendio pubblico – senza nemmeno la fatica di fare «o’ concuorso». Tutti a votare Letta, Bersani, chiunque purché la pacchia continui.

Sono un corpo elettorale enorme. Se mettiamo le casalinghe o donne inattive (quasi la metà delle donne italiane), studenti e «né studenti né lavoratori», disoccupati senza speranza, totalizziamo gli 8 milioni. Se li aggiungiamo ai pensionati apprendiamo che arrivano a 37,5 milioni. E ricordiamo che su 60 milioni di abitanti, solo 22,5 milioni hanno una qualche forma di lavoro. Quelli che non lavorano sono già maggioranza nel Paese. Tutta gente che dipende dal buon volere di lorsignori, ed aspira a un reddito pubblico o che ce l’ha già.

Il collettivismo è già qui. La collettivizzazione del fancazzismo. Ovvia che il Sistema cerchi in ogni modo di compiacerli. Per salvare i loro 500 euro gratuiti, questi voteranno in eterno per le Caste, ossia per mantenerli al potere.

E il M5S è omogeneo al Sistema. Lo dimostra proprio proponendo, monocorde e mon-ideista, il salario di cittadinanza «universale e incondizionato». Che so, potrebbe proporre i «mini-job» alla tedesca: 480 euro, esentasse e esenti da contributi, ma solo a chi un lavoretto accetta di farlo. Quel sistema riconosce la dignità del lavoro, quella che si sta perdendo nella coscienza collettiva italiota. No, quelli vogliono il perfezionamento dello statalismo, la chiusura totale del «pubblico» con l’espansione totale del parassitismo sussidiato.

Tutti mantenuti dal welfare, ecco come ci vuole Grillo. Loro stessi calcolano i beneficiari in 25-27 milioni. Una clientela enorme, tre volte i votanti per il Pdl. Una pacchia per il clientelismo di Stato.

Il costo? Nella previsione di 500 euro mensili e in quella di 1000 euro mensili rispettivamente oltre il 20% e oltre il 40% del Pil che verrebbero distribuite in maniera egualitaria fra i cittadini. Secondo loro è «la condivisione di un dividendo sociale, dovuto alla restituzione dei fattori sociali internalizzati nella produttività delle imprese». Come dovrebbero sapere, il dividendo non esiste più, da dividere c’è solo il rosso, il buco del debito. La maggior parte delle imprese non hanno più alcun dividendo, lavorano per pagare le tasse, a margini limatissimi. Diciamoci la verità: i lavoratori sono, per la statistica, 22,5 milioni. Ma tolti i dipendenti pubblici parassitari, e quelli che nel settore privato sono parassiti e fancazzisti, rubano lo stipendio o fanno attività «creative» che non servono a nessuno, a meritare quel che prendono, esportando o comunque facendo attività produttive, saranno – quanti? C’è chi dice 7 milioni.

Noi, più ottimisti, diciamo: una decina di milioni. Ma la conclusione non cambia: sono «la colonna portante della nazione: su 1 che sgobba produttivamente, ce ne sono 6 che non lavorano e che sostanzialmente sono mantenuti dal lavoro di questo pirla (o eroe, a seconda dei punti di vista)».

Li riconoscete quelli che remano? Sono la minoranza tartassata. E non solo tartassata: la più odiata dai parassiti, dalle Caste e dalle sinistre. Ma anche dai grillini, ecologisti e giustizialisti. Per i primi, sono «evasori fiscali», quelli che «portano i soldi all’estero» . Per i secondi, sono per giunta «inquinatori» – le fabbriche produttive emettono fumi ed altre emissioni dannose, come per esempio merci da esportare – consumano «le risorse naturali», si ostinano ad opporsi alla «decrescita felice» tutta biciclette e pale eoliche sognata da Casaleggio (dopo la guerra mondiale futura ed auspicata).

Fatto sta che l’alleanza fra grillini e sinistre di potere è già nei fatti. Sono coalizzati contro quell’uno che lavora e mantiene i 6. Lo vogliono punire, stroncare, obbligarlo a sputare «il dividendo sociale», a «restituire i fattori sociali internalizzati nella produttività delle sue imprese». Il maledetto privato gode della splendida organizzazione sociale italiota: le 250 mila leggi, i giudici che sappiamo, la malavita che impunita chiede il pizzo, le burocrazie che ostacolano, i politici strapagati, i grand commis inadempienti che prendono più del Presidente Usa... ebbene, che paghi per questi benefici. Sono questi che aumentano la sua produttività: che li restituisca alla «società».

Nel mondo reale, il salario di cittadinanza sarebbe ovviamente rovinoso. Basta immaginare il crollo delle entrate fiscali, per l’ampliamento della popolazione che diventa, da contribuente, a carico dell’erario pubblico (1). Se tutti prendono, chi paga? Tanto più che con l’euro, non è possibile stampare moneta... Chiunque può capirlo. Chiunque, tranne Grillo e i grillini. È appunto la controprova che sono come i comunisti d’antan: se l’utopia e l’ideologia si scontrano con la realtà, tanto peggio per la realtà.



Grillo è il nostro Mursi. E lo dimostra in tutti i modi. Per esempio: s’è scagliato contro il Meeting di Rimini di Comunione e Liberazione, definendolo «un’ingerenza ecclesiale nella politica». Prima di tutto, proprio come i Fratelli Musulmani, ha della realtà idee antiquate e sempliciste. È da quel dì che CL ha smesso di contare qualcosa in politica. Andreotti non c’è più, Formigoni non è più governatore della Lombardia, Berlusconi è in uscita (dal cesso della storia). Quanto a definirlo uno strumento di «ingerenza ecclesiale», è ridicolo: nelle gerarchie ecclesiastiche CL ha sempre avuto più nemici che amici, ed anche quando era potente era visto dai vescovi, per lo più, come una specie di corpo estraneo poco controllabile (non era né cattocomunista né democristiana). Lo sfogo di Beppe Grillo non fa che accodarsi ai rigurgiti di odio anticattolico, che oggi è un luogo comune e non richiede alcun coraggio: la «cattofobia» è un vizio di massa, incoraggiato e condiviso dagli ambienti che fanno leggi contro «l’omofobia». Ed anche in questo somiglia a Mursi: «dagli al cristiano!».

Puro stile Muslim Brothers nella invocazione anti-CL questa chiusa: «Rimini è una città martire. I suoi abitanti ci lanciano un grido di dolore. Liberiamola e liberiamo l’Italia». Naturalmente non gli viene nemmeno in mente che esiste qualcosa come la libertà d’opinione la libertà di associazione e di raduno, la libertà di movimento, e che i ciellini – piacciano o no – esercitano queste libertà. Se governassero Grillo e i suoi grillini, manderebbero la Polizia Morale a liberare la città-martire? È indicativo che il M5S sia molto suscettibile alle minacce (presunte) contro la propria libertà, e nello stesso tempo voglia sopprimerla libertà altrui, le idee altrui, le formazioni e i gruppi altrui: proprio come i Fratelli Musulmani. «Liberiamo l’Italia!», gridano. Ma l’Italia da loro liberata avrebbe la libertà di iscriversi al blog di Beppe Grillo ed esercitare lì la democrazia diretta on-line: sulla cui gestione nessuno ha diritto di chiedere lumi. Vi ricordate quando «votarono» per Rodotà? Stavano per darci un giustizialista fanatico al Quirinale; ed era la seconda scelta (la prima fu la Gabanelli) di un 50 mila iscritti. E questa sarebbe la democrazia.

E non osate criticare, perché quelli sono intolleranti. Del resto, tutti i grillini in parlamento sono stati selezionati in questo modo. Sono stati scelti da qualche centinaio di nullità fra un corpo votante di qualche migliaio di nullità; che si credono l’avanguardia dell’umanità superiore, perché fanno la raccolta differenziata e non evadono le tasse.

È questa la genia più pericolosa, perché – se la si lascia fare – instaura la dittatura più atroce: quella delle nullità (2). Sono quelli che si fanno delatori volontari: il mio vicino non fa la raccolta differenziata. Quelli che formano i comitati di quartiere per reprimere i comportamenti – a scelta – anti-socialisti, immorali, anticonformisti, evasori fiscali (a scelta, secondo che il regime che servono si dica socialista, islamista, protestante, o delle burocrazie inadempienti...). Sono quelli che continuamente ti spiano per vedere se fai qualcosa che loro giudicano «anormale», e denunciarti all’autorità poliziesca. E siccome sono nullità, quasi tutto quello che fanno le persone un po’ intelligenti, competenti e colte sembra loro «anormale»: degno cioè di denuncia e di repressione in quanto incomprensibile (a loro). Che uno possa essere di CL, già sembra loro sospetto. Essere cristiano, è una libertà che non capiscono, quindi va eliminata, condannata come «ingerenza ecclesiale».

Guardate che questa gente – i Crimi, per dire – non scherza. Lasciate loro il potere, e finiranno per creare la società dove tutti devono mettersi la divisa e tutti devono mangiare alla mensa comune, perché «non ci siano differenze» di reddito, di fortuna e nemmeno di gusto; perché tutti devono essere «come tutti», ossia «normali», come «ognuno di noi»: insomma, la società descritta da Orwell in 1984. Per loro, è questa la società perfetta: niente più evasori, chi non fa la raccolta differenziata al gulag, e tutti col reddito di cittadinanza uguale per tutti, pagato dallo Stato, pardon dal Grande fratello.

Salta all’occhio la loro convergenza con i programmi livellatori delle pensioni, progettato dai Giuliano Amato. Attenzione, il rischio è grosso.




1) Ovviamente anche la riduzione delle pensioni progettata dal governo porterà ad una caduta del gettito fiscale. Ci hanno pensato lorsignori? Temo di sì, e che abbiano già in mente la soluzione: ti tagliano la pensione a 1200 euro, ma te la tassano come quando era a 1500. Questi sono un vulcano di simili idee.
2) È quella che un blogger troppo geniale bolla come «la dittatura del Dio Tutti», e la analizza così: «L’oppressione nasce in poche fasi. Si definisce e si personifica un “tutti” e un “tutte”, che rappresenta la forma “normale” per uomini e donne. Si decide che “chiunque” è il giudice autorizzato a sentenziare a nome di “tutti” e “tutte”. Si decide che bello equivale a “simile a tutti” mentre “cattivo” equivale a “diverso da tutti". “Chiunque altro” è l'opposto di tutti, ed è prova di adesione a tutti l’esibizione di odio verso chiunque altro”. Nasce così la «dittatura mostruosa dove ogni essere umano è sbirro e giudice di ogni altro, e la si chiama “libertà”. Ad opprimervi non è un governo. Ad opprimervi non è una religione. Ad opprimervi non è una cultura, una polizia, un servizio segreto. Questi sono solo effetti collaterali. Ad opprimervi sono “tutti”, e vi opprimono perché e quanto e quando voi siete “qualcun altro” ». (Kein Pfusch).


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