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Versailles, Norimberga e Streicher
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Tra le varie anomalie di Norimberga figura quella che i testimoni della difesa degli accusati venivano “custoditi” democraticamente in carcere, per la difesa della loro incolumità fisica e della loro “privacy”, per proteggere la quale non potevano essere messi a confronto con gli imputati e neppure pubblicamente interrogati (D. Irving, Norimberga ultima battaglia, Roma, Settimo Sigillo, 2002, capitolo 13).

 

Nell’affrontare l’accusa dei gerarchi tedeschi l’Inghilterra (Churchill) sosteneva la necessità di esecuzioni sommarie dei capi del III Reich, militari compresi anche se non politicizzati, onde evitare la rivelazione di imbarazzanti contatti inglesi con la Germania ante-sconfitta. Stalin (URSS) chiedeva un processo apparentemente e formalmente regolare, ma in realtà staliniano. Roosvelt e poi Truman (USA), sottoposti alle pressioni (“lobbing”) della comunità ebraica americana e del ministro del Tesoro, Henry Morgenthau, di origine israelitica, che addirittura aveva previsto la castrazione di tutti gli uomini tedeschi (1), preferirono seguire la strada di un processo più o meno regolare, che però avrebbe dovuto chiudersi con l’impiccagione di tutti gli imputati, tranne 1 o 2 perché sembrasse veramente democratico.

 

Tra le altre anomalie di Norimberga una delle più lampanti fu quella per cui i giudici sovietici riuscirono a far negare dal tribunale norimberghese l’esistenza del patto Molotov-Ribbentrop, che nel 1939 aveva deciso la mutua non aggressione tra Germania e URSS e la spartizione della Polonia in seguito ad una guerra di aggressione, verso di essa, guerra che a Norimberga de jure fu considerata un crimine punibile con la morte, ma de facto solo per i vinti tedeschi e non per i vincitori sovietici, i quali - secondo la giustizia di Norimberga - non avevano invaso la Polonia (D. Irving, Norimberga ultima battaglia, Roma, Settimo Sigillo, 2002, capitoli 10, 13 e 17). Inoltre l’accusa volle ignorare il fatto stabilito con certezza della responsabilità sovietica del massacro degli ufficiali polacchi a Katyn, per il quale furono incolpati falsamente e coscientemente i tedeschi e mandati alla forca, gettando un’altra luce o meglio un’ombra sinistra sulla validità e correttezza giuridica di tale processo scientemente falsificato (D. Irving, citato, capitoli 12-13). Si volle altresì ignorare l’uccisione di oltre 1 milione di prigionieri tedeschi caduti nelle mani dell’America e della Francia (D. Irving, citato, capitolo 8 e 12).

Quanto al “caso Streicher”, il suo avvocato di cognome Marx, «nominato contro la sua volontà difensore dello Streicher, subì ripetuti attacchi dalla stampa, il suo ufficio fu devastato e lui stesso ebbe motivo di temere larresto e la carcerazione. Per misura di autodifesa tentò in ogni modo, nei limiti del possibile, di dissociarsi dal suo assistito» (D. Irving, citato, pagina 252). Ed ancora: «Il generale Mitchell dice che Streicher si lava il viso e i denti nella tazza del cesso (…) Streicher era obbligato ad agire così da chi voleva piegare la sua resistenza» (D. Irving, citato, pagina 265).

Il caso Streicher è uno dei più singolari e meno conosciuti. Infatti egli non si era macchiato di nessun crimine né di alcuna azione bellica durante la seconda guerra mondiale, ma venne condannato all’impiccagione per “incitamento allodio razziale”, ossia per un delitto di opinione ed è per questo che me ne occupo nel presente articolo, senza volerne fare l’apologia né parteggiare per le opinioni espresse nel suo settimanale “Der Stürmer”. Altro particolare tragicomico è che i corpi degli impiccati a Norimberga furono bruciati proprio nel “crematorium” di Dachau a causa anche del quale erano stati condannati a morte per crimini contro l’umanità e le loro ceneri sparse in aria o in un fiume, affinché se ne perdesse ogni traccia (D. Irving, citato, pagina 417). Infine i filmati, che ancor oggi terrorizzano e/o commuovono gli spettatori e li riempiono di sdegno ed esecrazione, sulle atrocità commesse dai tedeschi, erano, nella maggior parte dei casi, film di propaganda nazista dopo i bombardamenti degli Alleati sulle città germaniche (D. Irving, citato, capitolo 6, 10 e 13). Vi furono anche delle torture subite dagli imputati per estorcere loro delle confessioni false, come nel caso Rudolf Höss, ex comandante di Aushwitz (D. Irving, citato, capitoli 2, 12 e 18), in base alle quali si stabilì che solo ad Auschwitz-Birkenau erano stati gasati o cremati 4 milioni e mezzo di israeliti, mentre negli anni Novanta sotto la glanost di Gorbaciov la Polonia aprì agli storici i registri di Auschwitz e si appurò che erano entrati nel lager solo 3 milioni di persone e non solo israelitiche, onde si sarebbe dovuto sottrarre alla somma di 6 milioni almeno 1 milione e mezzo, dato che la matematica non è un’opinione.

Tuttavia la matematica post-norimberghese fa che 6 milioni meno 1 milione e mezzo non faccia 4 milioni e mezzo, ma ancora sei milioni e, se lo si contesta, si è colpevoli degli stessi crimini giudicati nel tribunale di Norimberga nel 1946, che, se non è più “scorretto” delle Leggi razziali di Norimberga del 1935, non lo è neanche meno. Certamente anche i tedeschi, come tutti gli uomini feriti dal peccato originale, hanno il “vulnus” della “malvagità” nel loro animo (2), onde anch’essi hanno commesso le atrocità che la guerra, e specialmente quella moderna a partire dal ‘15-18, comporta. Che vi siano stati bombardamenti tedeschi su città straniere è un fatto, ma le saponette fatte con il grasso dei cadaveri degli internati nei campi di concentramento, i para-lume fatti di pelle umana, il piano sistematico di sterminio totale del popolo ebraico tramite camere a gas “ziklon B” non sono storicamente e scientificamente provate. Anzi, ad esempio, le casette dei campi di concentramento tedeschi (lo si vede negli stessi filmati addotti dai vincitori come prova contro i vinti e nelle varie fiction holliwoodiane) erano fatte di legno, avevano un pavimento di legno e dei letti a castello di legno; mentre le prigioni dei campi degli Alleati (vedi Afragola e Coltano in Italia) erano costituite da tendoni, senza pavimento, senza letti né materassi ed era proibito, per motivi igienici, ai prigionieri di guerra dormire anche su un pezzo di cartone, che li riparasse dall’umidità della nuda terra. Certamente verso la fine della guerra, con lo scarseggiare del cibo, delle medicine, con la sconfitta in costante progresso, i tedeschi hanno intensificato le ore di lavoro degli internati, il rigore dei castighi, non hanno risparmiato chi non ce la faceva, ma sarebbe stato contro i loro stessi interessi (non parlo di umanità o carità che in un regime tendenzialmente pagano non erano di moda) uccidere chi poteva lavorare gratis e 18 ore al giorno.

La storia può e deve essere “rivisitata”, anche quella della shoah e di Norimberga. Ciò è già avvenuto (“ab esse ad posse valet illatio”) per il generale Alfred Jodl, impiccato come criminale, e non fucilato come soldato, a Norimberga nel 1946 e riabilitato nel 1953 dopo solo sette anni, da ogni addebito criminoso, e “contra factum non valet argumentum”. Ora, se è avvenuto per Jodl, perché non rivedere ogni caso (ad esempio quello di Streicher) e la intera questione dei “crimini contro l’umanità” o “olocausto” del popolo ebraico? Se risulteranno prove certe a carico, nessuno potrà negarle, ma sino a quando lo si impedisce a colpi di carcere stile Norimberga, il dubbio rimane. Tuttavia si può rinchiudere il corpo dell’uomo, ma non la sua mente, anzi più si cerca di coartarla e più essa cerca “la Verità che ci fa liberi”. E’ connaturale all’essenza umana ed è per questo che “il mito del XXI secolo” cadrà, come quello del XX di Alfred Rosenberg.

 

Inizio e fine della prima guerra mondiale

Le cause remote del conflitto vanno ricercate nel «desiderio di vendetta della Francia nei confronti della Germania per lumiliazione subita nel 1870 (il cosiddetto ‘revanscismo’) a cui si aggiunse lesagerato spirito nazionalistico del Kaiser Guglielmo II. Questi, rompendo il patto dicontroassicurazionecon la Russia, finì per spingerla ad allearsi con la Francia, che pose così fine al suo isolamento politico in Europa. Fra le cause materiali occorre ricordare gli interessi economici, che dividevano le grandi potenze. Ciascuna di esse cercava infatti di accaparrarsi, a spese delle altre, la possibilità di commerciare in maniera esclusiva con Paesi dellAfrica e dellAsia. (…) Il maggior motivo di crisi nellEuropa dei primi del Novecento era costituito dalla crescita della potenza tedesca. Dopo la sua vittoria del 1870 nella guerra contro la Francia (…), lImpero germanico era giunto ad avere una popolazione di 66 milioni di abitanti» (3).

Quando nel 1870 la Prussia sconfisse la Francia, nacque il II Reich tedesco. Infatti, con la sconfitta della Francia di Napoleone III, il Cancelliere Otto von Bismark ultimò la riunificazione della Germania in una confederazione di Stati sotto la guida dell’Imperatore o Kaiser Guglielmo I di Germania del casato degli Hohenzollern. Bismark fu il Cancelliere del nuovo Impero germanico per venti anni, portando la Germania in prima posizione nella politica internazionale europea. Egli volle tenere isolata la Francia, temendone il revanscismo, e fece stringere un rapporto ai tre Imperatori di Germania, Austria, Russia ed anche col Re d’Italia, stipulò dei trattati commerciali con l’Inghilterra e un patto segreto di non aggressione o “controassicurazione” con la Russia zarista. Nel 1888 alla morte di Gugliemo I gli succedette il nipote Gugliemo II, che regnò sino al 1918, estromettendo il Bismark nel 1890 e governando lui stesso in prima persona. Egli per l’eccessivo nazionalismo di cui era imbevuto (“pan-germanismo”), ruppe i rapporti con la Russia e l’Inghilterra, scardinando la Triplice Alleanza intessuta dal Bismark. La Francia ruppe l’isolamento e si alleò con la Russia e poi con la Gran Bretagna formando così la Triplice Intesa, in lizza con la Triplice Alleanza in cui restavano Germania, Austria, Turchia o Impero Ottomano e Italia, che poi nel 1915 cambierà posizione. La Germania - che iniziava ad avvicinarsi all’Impero ottomano - era vista con preoccupazione per la sua economia in fase di grande sviluppo. Frattanto l’Impero asburgico o austro-ungarico soffriva la protesta degli slavi che chiedevano una maggior autonomia, come era stata concessa agli ungheresi, nell’ottica di un Impero federale sotto gli Asburgo. Quando, in seguito alla concessione del suffragio universale, gli slavi (polacchi, boemi, slovacchi, sloveni e croati) ottennero la maggioranza in parlamento, i sudditi di lingua tedesca non furono d’accordo, poiché venivano a perdere la loro supremazia all’interno dell’Impero asburgico.

La Germania in continua ascesa cominciò a puntare al predominio economico sull’Europa e sul mondo intero e iniziò a dotarsi di una grande flotta in grado di concorrere con quella inglese. Il Regno Unito, che proprio grazie alla flotta aveva scalzato il predominio della cattolicissima Spagna nel Seicento, si sentì minacciato e abbandonò il suo tradizionale “isolamento” (essendo un’isola) dall’Europa. Tutto ciò portò alla prima guerra mondiale. L’Imperatore tedesco Guglielmo II pensava di sconfiggere la Francia con una guerra lampo (“blizkrieg”) passando dal Belgio, che era neutrale; in un secondo tempo avrebbe aggredito la Russia e così sarebbe arrivato alla fine della guerra. Invece le cose andarono diversamente. L’invasione del neutrale Belgio (4) rese la Germania impopolare ed inoltre i tedeschi non riuscirono ad arrivare a Parigi, che grazie all’aiuto dell’Inghilterra poté resistere. A sua volta l’Austria-Ungheria fu sconfitta dalla Russia tra l’Ucraina e la Polonia. Infine l’Inghilterra organizzò la rivolta degli arabi contro l’Impero ottomano, facendo loro magnifiche promesse di indipendenza, qualora fossero riusciti a disgregare l’Impero turco, ma dopo la guerra gli arabi si accorsero che le promesse erano state un bluff e che Francia ed Inghilterra si erano spartite i resti dell’Impero ottomano, essendosi arrogate, non si sa in base a quali diritti, un “mandato” ossia un “protettorato” sui territori già turchi, senza sostanziali concessioni ai Paesi arabi. Anzi nel 1917 lord Balfour (ministro degli Esteri britannico) aveva promesso addirittura un “focolare nazionale ebraico” in Palestina a discapito degli arabi e specialmente dei palestinesi, che, lungi dall’ottenere l’indipendenza promessa, ancor oggi dal 1948 pagano le conseguenze della fiducia accordata all’Inghilterra. Gli USA inizialmente fecero sentire soltanto la loro voce a favore della Gran Bretagna e contro la Germania per la guerra marina che si era scatenata tra le due potenze. Nel 1917 avvenne la svolta decisiva, ma non totalmente risolutiva, per le sorti della guerra.

1) La rivoluzione bolscevica, capitanata da ebrei russi, ribaltò gli Zar e fece uscire la Russia dalla guerra, grazie alla firma di pace separata tra bolscevichi e Germania.

2) L’entrata degli USA in guerra a fianco dell’Inghilterra fu incisiva data la potenza economica americana. «Linizio del 1918 vedeva ancora i due schieramenti in una situazione di sostanziale equilibrio sul piano militare (…). Gli anglo-francesi cominciavano a metà luglio a giovarsi del massiccio apporto degli Stati Uniti (…). Fra l8 e l11 agosto, nella grande battaglia di Amiens, i tedeschi subirono la prima grave sconfitta sul fronte occidentale (…). I generali tedeschi capirono (forse esagerando e chiedendo una troppo rapida conclusione dell’armistizio, nda) di aver perso la guerra (…) il compito ingrato di aprire le trattative toccò ad un nuovo governo di coalizione democratica, con la partecipazione dei socialdemocratici (…). Intanto la situazione precipitava. Ai primi di novembre i marinai di Kiel, dovera concentrato il grosso della flotta tedesca, si ammutinarono e diedero vita, assieme agli operai della città, a consigli rivoluzionari ispirati allesempio russo. Il moto si propagò a Berlino e in Baviera e ad esso parteciparono anche i socialdemocratici, pur se presenti nel governo del Reich. Un socialdemocratico, Friedrich Ebert, fu proclamato il 9 novembre capo del governo, mentre il Kaiser era costretto a fuggire in Olanda. L11 novembre i delegati del governo provvisorio tedesco firmavano larmistizio nel villaggio francese di Rethondes, accettando le durissime condizioni imposte dai vincitori (…). La Germania perdeva la guerra per fame e per stanchezza, per esaurimento delle forze morali e materiali (…). Il 28 giugno 1919 fu firmato il trattato di pace (…). Dal punto di vista territoriale prevedeva (…) il passaggio alla ricostituita Polonia di alcune regioni orientali abitate solo in parte da tedeschi: lalta Slesia, la Posnania, più una striscia della Pomerania (il cosiddetto corridoio polacco’) che interrompeva la continuità territoriale tra Prussia occidentale ed orientale per consentire alla Polonia di affacciarsi sul Baltico e di accedere al porto di Danzica. Questa città, abitata in prevalenza da tedeschi, veniva anchessa tolta alla Germania» (5).

 

Nel novembre del 1918 finì la guerra con la resa incondizionata della Germania e la disgregazione dell’Impero asburgico. Guglielmo II di Germania abdicò e l’Impero tedesco si trasformò in repubblica, la tristemente famosa repubblica di Weimar, dal nome della città ove nacque. La maggior parte del popolo tedesco era convinta, però, che la sconfitta fosse dovuta più che a una reale inferiorità bellica germanica ad un tradimento o indebolimento morale ordito o prodotto dai membri del governo civile, che annoverava, tra gli altri, numerosi rappresentanti israeliti. Nacque il desiderio di mandare a casa i “traditori di novembre”, che avevano negoziato l’armistizio, firmato il Trattato di Versailles con la resa totale e senza condizioni. Il crollo della Russia ad opera dei bolscevichi, in maggioranza ebrei, e la nascita degli spartachisti tedeschi, comunisti ed ebrei in massima parte, convinsero i tedeschi nazionalisti ed ancor più Hitler che come l’ebraismo super-capitalista (USA) aveva piegato la Germania nel 1918 e quello comunista (URSS) aveva distrutto la Russia nel 1917, così avrebbe fatto definitivamente con la Germania di Weimar se non lo si fosse affrontato. Nel 1919 a Parigi si svolse la conferenza di pace, ove i vinti non furono invitati per trattare e dovettero accettare la sconfitta con tutte le conseguenze come un diktat o imposizione. Se le condizioni della Conferenza di Parigi furono dure per gli sconfitti, esse divennero durissime nel Trattato di Versailles per la Germania, che dovette cedere Alsazia e Lorena alla Francia e altri piccoli territori al Belgio e alla Polonia, neonata dallo smembramento dell’Impero austro-ungarico come la Cecoslovacchia, consegnare tutta la flotta militare, che per evitare l’umiliazione si auto-affondò, ridurre il proprio esercito a centomila unità, sopportare una fortissima svalutazione della moneta e pagare una pesantissima indennità ai vincitori, che per di più (con Francia e Belgio) la mantennero parzialmente occupata (bacino carbonifero della Ruhr) sino al 1930. Inoltre, cosa mai vista prima, la Germania fu obbligata a firmare un documento in cui si dichiarava unica responsabile della guerra. Frattanto in Germania vi fu un tentativo di rivoluzione comunista sul tipo sovietico, che fu debellato a malapena dal governo socialdemocratico. Se l’Impero austriaco fu smembrato e ridotto geograficamente ai minimi termini (l’attuale Austria con 7 milioni di abitanti, come la nostra Sicilia), non così la Germania alla quale fu però imposta la forma di governo repubblicana e venne chiesta l’estradizione dell’Imperatore Guglielmo II quale “criminale di guerra”. Questi, però, trovò asilo in Olanda, non esistendo ancora il Nuovo Ordine Mondiale né il mandato di cattura europeo. Questo stato di cose portò la Germania al Nazionalsocialismo, che si opponeva al diktat di Versaglia, voleva ridare al popolo tedesco ciò che gli era stato tolto in maniera così eccessiva e spietata, si contrapponeva al bolscevismo sovietico e al giudaismo super-capitalista (USA) e collettivista (URSS), che era visto come una delle cause della sconfitta sia per l’entrata in guerra degli USA sia «per non aver aiutato con le proprie grandi possibilità finanziare la Germania nel momento decisivo della guerra» (6) ed infine «accusato dallaltro lato di aver organizzato la Rivoluzione bolscevica (alcuni capi del comunismo russo, tra cui Trotskij, erano di origine ebraica)» (7). In Germania i disoccupati tra il 1919 e 1929 salirono a 6 milioni (cifra fatidica - quasi cabalistica - per il popolo tedesco nel 1° e 2° dopo-guerra), vale a dire che il 50% delle famiglie tedesche (ossia mezza Germania) erano disoccupate e alla fame.

 

Il processo di Norimberga e il caso Julius Streicher (8)

 

Julius Streicher rappresenta un caso di condanna (a morte) per reato di opinione, che dal 1946 pesa come una spada di Dàmocle sull’Europa.

 

Streicher nacque a Fleinhausen il 12 febbraio 1885 e morì a Norimberga il 16 ottobre 1946. Fu un politico tedesco, uno dei primi leader del Partito Nazionalsocialista, editore del settimanale antisemita Der Stürmer (All’assalto) e di altre pubblicazioni - alcune per bambini - e Gauleiter ossia governatore locale (mai politico a livello nazionale) di Franconia dal 1925 al 1939. Dopo la guerra Streicher figurò tra gli imputati al processo di Norimberga, accusato di essere uno dei principali istigatori dell’odio razziale nei confronti della popolazione ebraica che aveva condotto alla shoah (“olocausto” o meglio “catastrofe”), e non di crimini di guerra, non avendo ricoperto alcuna carica politica durante essa. Ruggero Taradel scrive:

«Il 12 luglio 1946 lavvocato difensore [di Streicher, nda] tenne la sua arringa conclusiva. Marx cercò di minimizzare limpatto delle campagne del Der Stürmer sullopinione pubblica tedesca, sottolineò che a partire dal 1939 Streicher era relegato ai margini della vita politica e di partito (…). Inoltre aveva costretto [il giudice, nda] Griffith-Jones ad ammettere in aula che il materiale dellomicidio rituale non era affatto inventato e che Streicher si era limitato ad ordinare e proporre ai lettori testi ed immagini già esistenti» (9), specialmente lo “Entdecktes Judentum” (“Il Giudaismo svelato”) di Johannes Andreas Eisenmerger del 1711, il “Der Talmudjude” di August Rohling del 1871, il “Christianus in Talmude Judaeorum” di G.B Pranaitis (1892).

Nonostante ciò, Streicher fu condannato a morte per crimini contro l’umanità o meglio per crimine di opinione, dacché non aveva preso parte a nessuna decisione bellica o di polizia, ma aveva solo scritto sulla questione ebraica, anche se in maniera virulenta. E’ interessante leggere quanto conclude lo storico israelita Taradel, che rigetta assolutamente la spiegazione psicologica e patologica freudiana della teoria antigiudaica, antisemitica e specialmente dell’omicidio rituale come una sorta di “complesso di Edipo”, cioè il figlio (cristianesimo) che vuol uccidere il padre (giudaismo), servendosi di un mito (omicidio rituale). Egli infatti asserisce che aver voluto capire e quasi “giustificare” tali teorie come deviazioni psicologiche è sbagliato: «Il danno più grave arrecato dalla Psichohistory a questo campi di studi è proprio quello di assolvere dalle proprie responsabilità (…) uomini e istituzioni» (10), onde la fine di Streicher non solo sarebbe stata giusta e meritata, ma andrebbe estesa a tutti coloro che si occupano di tali questioni, come è successo due anni or sono ad Ariel Toaff, che, per aver scritto “Pasque di sangue”, Bologna, Il Mulino, 2007, è stato accusato di antisemitismo, licenziato dall’Università Bar-Ilan di Gerusalemme in cui insegnava e dalla sinagoga nella quale esercitava la funzione di rabbino ed infine ha ricevuto minacce di morte se non avesse rivisto e corretto il libro, cosa che è avvenuta l’anno successivo, con la seconda edizione e potrebbe succedere alla Chiesa, che ha beatificato ben 5 bambini martirizzati dai giudei con un rituale omicida, in odio alla fede cattolica.

 

I primi anni

Streicher nacque a Fleinhausen, nei pressi di Augusta nella Baviera meridionale. Egli fu il nono figlio della famiglia: il padre era un insegnante ed un fervente cattolico; l’adorata madre, anch’essa profondamente credente, venne definita successivamente da Streicher «la fortezza della mia infanzia». All’età di tredici anni iniziò un corso, della durata di cinque anni, per divenire maestro elementare. Completato il corso, nel gennaio 1904 iniziò la sua carriera di insegnante. Dopo un primo periodo trascorso in seno alla Chiesa cattolica, Streicher si allontanò dalla fede e divenne, con gli anni, anticlericale e agnostico. Nel 1909 si trasferì a Norimberga, dove visse il resto della vita.

 

Nel 1912 Streicher entrò a far parte del Partito Democratico. Si distinse come oratore in occasione di diversi incontri del Partito e la sua fama, seppur circoscritta all’ambiente di Norimberga, iniziò ad aumentare. Stando a quando riferì lo stesso Streicher durante il processo di Norimberga, fu in questa fase che egli, per la prima volta, si rese conto della “differenza” degli ebrei rispetto alla restante popolazione tedesca.

 

Nel 1913 Streicher si sposò con Kunigunde Roth: il primo figlio Lothar nacque nel 1915 e successivamente divenne articolista su Der Stürmer; il secondo figlio, Elmar, nacque nel 1918.

 

Streicher nella prima guerra mondiale

Allo scoppio del primo conflitto mondiale Streicher si arruolò nell’arma di fanteria dell’esercito tedesco. Combatté inizialmente sul fronte francese, dove si distinse come combattente, tanto da meritare, primo della sua compagnia, la Croce di Ferro di Seconda Classe. Nel 1917 venne promosso ufficiale e combatté sul fronte rumeno e quello italiano. Tornato nel 1918 in Francia venne nuovamente decorato con la Croce di Ferro di Prima Classe, una delle massime onorificenze al valore tedesche. Terminato il conflitto nel novembre 1918, Streicher rientrò in Germania e riprese il lavoro di maestro elementare.

 

La conversione allantisemitismo e lingresso nello NSDAP

Deluso, come molti altri veterani tedeschi, dalla sconfitta subita dalla Germania, Streicher iniziò a ragionare sui motivi che avevano condotto il suo popolo alla disfatta. In questo periodo i tedeschi, desiderosi di capire o anche di trovare una giustificazione alla sconfitta che tutelasse il loro onore militare iniziarono a “pensare” a quella che è passata alla storia come la teoria della pugnalata alle spalle. Secondo tale lettura, la Germania sarebbe stata sconfitta non sul campo di battaglia, bensì dai corrotti politicanti della Repubblica di Weimar, dai comunisti e dall’«internazionale ebraica».

 

Streicher nel 1919 lesse per la prima volta i “Protocolli dei Savi di Sion”, un documento della fine del XIX secolo, che ipotizzava un piano per la conquista del mondo da parte degli ebrei. Nello stesso periodo lesse inoltre l’“Handbuch der Judenfrage” (“Manuale della questione ebraica”) dello scrittore antisemita Theodor Fritsch. Questi due scritti, uniti alla ricerca della causa della sconfitta subìta, influenzarono profondamente Streicher, che iniziò a vedere nell’ebraismo la fonte di molti problemi della Germania, terminando così il processo di “conversione” all’antisemitismo iniziato già prima della guerra. Alla fine del 1919 Streicher pronunciò il primo discorso antisemita in pubblico.

 

David Irving spiega più approfonditamente che Streicher «a partire dagli anni Venti si era dedicato allo studio dellAntico Testamento e del Talmud ed era arrivato alla conclusione che sino a quando gli ebrei si fossero considerati ancora il popolo eletto ci sarebbero stati problemi tra loro e le nazioni ospitanti [cose che scriveva già da tempo anche La Civiltà Cattolica, nda]. Così aveva raggiunto la conclusione che lebraismo voleva stabilire un propria supremazia sui Gentili imbevendoli del dogma multi-culturale e multi-razziale [cose perfettamente avveratisi e oggi visibili a tutti, nda]. Per reazione aveva iniziato una campagna contro lebraismo, per neutralizzarlo» (11), non per sterminarlo fisicamente.

 

Nel 1919 Streicher collaborò alla fondazione del Partito Socialista Tedesco (Deutschsozialistische Partei, “DSP”), fortemente antisemita, del quale divenne rapidamente il maggiore esponente. Nel 1921 Streicher iniziò la pubblicazione della rivista del partito, Deutscher Volkswille (Partito dei lavoratori) attraverso la quale si impegnò in violenti attacchi contro gli ebrei.

 

Nel 1922 il “DSP” e la maggior parte dei suoi membri - Streicher incluso - confluirono nel “Partito Nazionalsocialista” (“NSDAP”), che da poco aveva trovato in Adolf Hitler il proprio leader carismatico. L’anno successivo ebbe inizio la pubblicazione di Der Stürmer.

 

La carriera politica

Streicher partecipò attivamente al fallito tentativo di colpo di Stato organizzato da Hitler e dal Partito Nazista il 9 novembre 1923 e passato alla storia con il nome di Putsch della Birreria, dal nome di una birreria di Monaco, la Bürgerbräukeller, nella quale Hitler pronunciò il discorso che diede avvio al tentativo.

 

In qualità di direttore della propaganda Streicher ebbe il compito, come oratore, di infiammare le masse di Monaco. In seguito marciò alla testa del corteo dei rivoltosi che muovevano verso la Feldherrnhalle (un complesso monumentale in ricordo dei Caduti), dove la polizia bavarese aprì il fuoco provocando almeno 16 morti e dozzine di feriti, stroncando sul nascere il colpo di Stato. Fuggito insieme agli altri rivoltosi, Streicher venne arrestato nei giorni successivi e condannato ad un mese di prigione da scontare presso la prigione di Landsberg, dove venne rinchiuso anche Hitler condannato ad una pena di 14 mesi. Le autorità bavaresi sospesero inoltre la pubblicazione di Der Stürmer, che riprese però la pubblicazione nel marzo del 1924, e lo licenziarono. Infatti, ufficialmente Streicher era ancora maestro elementare.

 

Il coinvolgimento di Streicher nel fallito putsch rimase sempre nel ricordo di Hitler che negli anni successivi supportò attivamente il suo vecchio camerata, anche quando gli altri gerarchi nazisti, infastiditi dalla veemenza di Der Stürmer e dal comportamento pratico di Streicher (12), avrebbero voluto estrometterlo dal potere. L’affetto di Hitler nei confronti del fedele camerata fu tale che egli ricordò Streicher nel “Mein Kampf”, scritto in occasione del periodo trascorso in carcere a Landsberg.

 

Uscito dal carcere, forte dell’amicizia di Hitler, Streicher riprese le proprie attività editoriali. Nel periodo tra il 1924 ed il 1933, egli subì numerosi processi per gli articoli pubblicati su Der Stürmer, scontando circa 8 mesi in carcere. Nonostante i problemi legali con le autorità il 6 aprile 1924 venne eletto membro del parlamento bavarese.

 

Gauleiterdi Franconia

Nel 1925 Streicher venne nominato Gauleiter di Franconia (con capoluogo Norimberga, nella quale si teneva l’annuale Congresso del Partito Nazionalsocialista), un ruolo che mantenne anche dopo la conquista del potere da parte del Partito Nazionalsocialista avvenuta nel 1933. La posizione di Gauleiter gli permise di incrementare rapidamente la propria fortuna attraverso la pubblicazione di giornali antisemiti - sempre più letti - e il sequestro dei beni precedentemente appartenuti agli ebrei. Nello stesso anno egli venne promosso al grado onorario di Obergruppenführer (Capo delle squadre di assalto) delle SA.

 

Il 1° aprile 1933 Streicher, in qualità di presidente della commissione centrale, fu in prima linea nell’organizzazione del boicottaggio a danno delle attività commerciali di proprietà ebraica, organizzato dai nazisti, primo atto di una lunga serie di misure discriminatorie operate dal regime per escludere e successivamente espellere la popolazione ebrea. Pochi giorni prima del boicottaggio Streicher scrisse per “motivare” la popolazione:

 

«Lebraismo ha voluto questa battaglia. Lavrà fin quando non si renderà conto che la Germania dei battaglioni marroni (delle SA) non è una nazione di codardia e resa. Lebraismo dovrà combattere fino a quando non otterremo la vittoria. Nazionalsocialisti! Sconfiggete il nemico del mondo. Anche se il mondo è pieno di diavoli, alla fine avremo successo» (tratto dagli atti dell’accusa al processo di Norimberga, “Nazi Conspiracy & Aggression”, Volume II, Capitolo XVI, pagine 691-692).

 

Nonostante le speranze riposte nell’azione, il boicottaggio si rivelò fallimentare e venne rapidamente sospeso a causa delle numerose proteste dei comuni cittadini.

 

Attraverso i suoi articoli Streicher supportò entusiasticamente l’approvazione delle leggi biologicamente razziali di Norimberga del 1935 vedendo in esse il compimento di «quindici anni di lavoro di spiegazione» compiuto attraverso le proprie riviste. In qualità di Gauleiter, Streicher mise in guardia i tedeschi contro gli ebrei e i comunisti, responsabili della sconfitta tedesca.

 

Accuse e fine della carriera politica

«Per varie ragioni Streicher era caduto in disgrazia. Nel 1939 gli era stato vietato di tenere discorsi pubblici e nel 1940 era stato allontanato da tutti gli incarichi pubblici (…). Streicher era probabilmente innocente, ma era stato tradito dal direttore della sua casa editrice, Fink, come ha scritto il figlio di Streicher, secondo cui Fink condivideva le posizioni del peggior nemico di Streicher, Benno Martin, alto ufficiale SS (…). Egli si era ritirato nella sua proprietà Pleikershof nella sua Franconia, (…) e aveva trascorso gli ultimi anni senza alcun contatto con lambiente nazista» (13).

 

Nonostante l’amicizia di Hitler, nel febbraio 1940 Streicher venne destituito dalla carica di Gauleiter dopo le indagini di una commissione voluta da Hermann Göring per problemi nell’amministrazione della Franconia, una delle accuse principali era l’appropriazione indebita di beni appartenuti agli ebrei. Dopo la guerra Streicher affermò che le vere cause erano da ricercarsi nelle affermazioni che egli aveva fatto relative al presunto concepimento in laboratorio della figlia di Göring, accusato di non essere capace di concepirla naturalmente, essendo stato colpito da una pallottola all’inguine nel fallito golpe del 1923. La commissione, che operò nella massima segretezza per evitare scandali ed incrinare la fiducia popolare nel Partito, trovò Streicher colpevole e lo rimosse dalla carica di Gauleiter.

 

I gerarchi ostili a Streicher (tra i quali figuravano anche Hess, Goebbels ed Himmler) colsero la favorevole occasione per destituire completamente la sua autorità agli occhi di Hitler ed allontanarlo definitivamente dai più influenti circoli nazisti, proponendo anche il divieto di pubblicazione per Der Stürmer. La rivista veniva infatti considerata da Goebbels troppo violenta e quindi controproducente alla propaganda estera e da Himmler troppo “pericolosa” per la riservatezza del programma di espulsione sistematica degli ebrei tedeschi, che si stava allora pianificando.

 

Anche in questo caso non mancò l’appoggio di Hitler, che pur confermandone a malincuore l’allontanamento dalla carica di Gauleiter, impedì ulteriori attacchi, limitandosi ad una serie di blande misure che ordinarono a Streicher di ritirarsi nella sua casa di campagna nei pressi di Norimberga, dalla quale non avrebbe più potuto avere contatti con alte cariche del governo o pronunciare discorsi a nome del Partito. Hitler negò l’assenso a sospendere la pubblicazione di Der Stürmer che egli considerava un’importante veicolo di propaganda.

 

Editore ed antisemita

a) Il settimanale “Der Stürmer”

Il 20 aprile 1923 Streicher pubblicò il primo numero di Der Stürmer, il settimanale illustrato che raggiunse negli anni la tiratura di quasi 500.000 copie. Der Stürmer utilizzò un vivo stile “scandalistico” basato anche su volgari caricature, che mettevano in guardia la popolazione tedesca dal pericolo della «perversione giudaica» e rappresentò un importante veicolo propagandistico per le politiche antisemite del Partito nazionalsocialista.

 

b) Il quotidiano “Frankische Tageszeitung”

Nel 1933 Streicher, ormai influente e ricco leader nazista, iniziò la pubblicazione del quotidiano Fränkische Tageszeitung e di numerose altre riviste locali distribuite nella zona di Norimberga.

 

c) Iniziative editoriali per bambini

A partire dal 1936 la casa editrice Stürmer-Verlag, di proprietà di Streicher, intraprese la pubblicazione di libri per bambini. Illustrati e scritti con l’alfabeto allora in uso nelle scuole elementari tedesche, riportavano filastrocche inneggianti la supremazia della razza ariana e i pericoli insiti nella «contaminazione» del popolo tedesco con l’«eterno giudeo». Tali libri ebbero un’ampia diffusione nelle scuole tedesche, raggiungendo tirature superiori alle 100.000 copie. Tra i più importanti titoli «pedagogici» pubblicati da Streicher:

 

“Trau keinem Fuchs auf grüner Heid und keinem Jüd auf seinem Eid” («Non fidarti della volpe nel campo, non fidarti del giuramento di un ebreo») del 1936. “Der Giftpilz” («Il fungo velenoso») del 1936. “Der Poodle Pug Dachshund Pinscher” del 1940. La Stürmer-Verlag pubblicò inoltre nel 1937 un libro ad uso degli insegnanti, “Die Judenfrage im Unterricht” («La questione ebraica nell’educazione») che asseriva, rifacendosi alle idee di Streicher:

 

«La questione razziale ed ebraica sono i problemi centrali della visione del mondo nazionalsocialista. Risolvere questo problema assicurerà la sopravvivenza del nazionalsocialismo e di conseguenza la sopravvivenza del nostro popolo per sempre. Lenorme importanza della questione ebraica è oggi riconosciuta da quasi ogni membro della comunità germanica. Questa consapevolezza è costata al nostro popolo un lungo periodo di miseria. Per risparmiare alle generazione future questa miseria, vogliamo che gli insegnanti tedeschi inculchino profondamente la consapevolezza dellebreo nei cuori della nostra gioventù partendo dallinfanzia. Nessuno tra la nostra gente deve o può crescere senza apprendere la vera depravazione ed il pericolo dellebreo».

 

Le campagne relative allomicidio rituale

Tra le più virulente campagne lanciate da Streicher fu quella che accusava gli ebrei di compiere omicidi rituali a danno di bambini cristiani iniziata nel 1934 con diversi articoli apparsi su Der Stürmer e proseguita negli anni successivi. La campagna suscitò lo sdegno del mondo tanto da far intervenire l’arcivescovo di Canterbury, che protestò presso le autorità tedesche le quali reagirono accusandolo di essere al soldo dell’«internazionale ebraica».

 

Come in molte altre campagne propagandistiche Streicher e i suoi collaboratori utilizzarono una base storica, che accusava gli ebrei di sacrificare bambini cristiani durante la celebrazione del Pesach, la Pasqua ebraica. Der Stürmer sostenne che l’ipotizzata usanza fosse ancora celebrata.

 

Streicher e la seconda guerra mondiale

 

Nel corso della guerra Streicher si ritirò nella sua villa di Norimberga rimanendo esclusivamente editore ed articolista di Der Stürmer e delle altre pubblicazioni della Stürmer-Verlag. Nonostante non ricoprisse più cariche pubbliche, proseguirono gli attacchi circa il suo comportamento privato e violente proteste per le riviste che pubblicava. A dispetto di questo, Hitler difese sempre le azioni del suo vecchio e fedele camerata. Nel 1943 la prima moglie morì ed egli si risposò con la segretaria Adele Tappe. Con l’avvicinarsi del termine del conflitto Streicher, ancora fedele all’ideale nazista non intendendo arrendersi, si ritirò verso le Alpi, dove la propaganda nazista aveva illuso fosse detto che era stato preparato un «ridotto alpino», dal quale effettuare l’ultima resistenza.

 

Il 22 maggio 1945 Streicher, riconosciuto, venne arrestato dalle forze armate statunitensi.

 

Durante il processo di Norimberga

Julius Streicher al processo di Norimberga fu accusato di aver istigato, attraverso le colonne di Der Stürmer e delle altre sue pubblicazioni, l’odio razziale. Per tutta la durata del processo continuò a considerare i suoi accusatori di «razza ebraica» e a vantarsi di essere in grado di riconoscerli con una sola occhiata. David Irving scrive che Streicher subì un trattamento ben crudele a partire dal 22 maggio 1945, quando fu arrestato in Tirolo dal maggiore americano Henry Blitt:

«Fu subito ammanettato e chiuso nel carcere di Salisburgo e rimase in manette per 5 giorni. Con i polsi ancora legati e indossando solo una camicia ed un paio di pantaloni, il 23 maggio Streicher fu trasferito a Freising, in Baviera, dove fu gettato in una cella senza finestre e senza neppure una sedia o una branda. Due o tre volte al giorno’, annotò in seguito nel suo diario, ‘mi costringevano a stare in piedi contro un muro e con le mani legate sopra la testa e un poliziotto militare negro mi frustava per un minuto o due, con uno scudiscio di cuoio, sui testicoli’. (…) Un ufficiale bianco ed altri suoi sottoposti gli ordinavano di aprire la bocca per poterci sputare dentro. Se teneva chiusa la bocca gliela aprivano con un bastone. Lo costringevano a bere urina. (…) Lo costrinsero a leccare i piedi di un soldato negro» (14). Però «Quando Streicher tentò di protestare, dal banco delle testimonianze, per le percosse che aveva ricevuto, il giudice Jackson ottenne che quelle parole fossero cancellate dal verbale delludienza» (15).

 

Nei dibattimenti pubblici e nelle conversazioni private con lo psicologo americano George M. Gilbert e con lo psichiatra Leon Goldensohn si distinse per il continuo riferimento alla «diversità» e «perversione» del popolo ebraico, pur cercando di difendersi dalle accuse con l’asserire di essere stato solo uno «scrittore» e quindi non perseguibile per l’attuazione pratica delle proprie idee. Il suo comportamento lo portò ad essere emarginato anche dagli altri co-imputati al processo.

 

Julius Streicher venne riconosciuto colpevole di crimini contro l’umanità e condannato alla pena di morte per impiccagione. Il 16 ottobre 1946 venne impiccato nel carcere di Norimberga; le sue ultime parole furono:

 

«Heil Hitler! Questa è la mia celebrazione del Purim 1946. Io vado a Dio. I bolscevichi un giorno vi impiccheranno tutti».

 

La festa ebraica del Purim, citata nelle ultime parole, ricorda la sconfitta del nobile persiano Haman e l’impiccagione dei suoi dieci figli ricordata nel Rotolo di Ester. Haman e i suoi figli erano nemici e persecutori del popolo ebraico; probabilmente Streicher fece un parallelo ironico tra sè e gli altri nove imputati nazisti condannati a morte (l’undicesimo, Göring, si era suicidato la notte precedente) ed i figli di Haman accusati ingiustamente dal «perverso giudeo». Streicher impiegò 12 minuti a morire, dacché il cappio era stato fatto in maniera volutamente troppo grossa, di modo da non spezzare la seconda vertebra cervicale e provocare la morte subitanea per impiccagione. Onde morì per strangolamento o asfissia, come è successo anche a Saddam Hussein.

 

Conclusione

Il male avanza perché nessuno lo ferma” (don Bosco)

Un fatto che dovrebbe farci riflettere è che a Norimberga l’Europa e la Cristianità (non solo il nazismo o i tedeschi (16) furono processati per una colpa che non può essere perdonata e dimenticata e per un passato che non deve passare, onde ne portiamo le conseguenze ancora oggi. Soprattutto la shoah è servita come “piede di porco” per scardinare la civiltà europea: la metafisica greca, il diritto e l’etica romana, la patristica, la scolastica e il giure canonico medievale, la filosofia politica della seconda scolastica e la “critica filosofica” della modernità da parte della terza scolastica, l’intelletto e la volontà dei singoli individui europei (vedi Scuola di Francoforte e Strutturalismo francese) ed in ultimo l’ambiente cattolico, giudaizzato, con la scusa della shoah, a partire dagli incontri tra Jules Isaac, il cardinale Bea e Giovanni XXIII. Questi incontri e “dialoghi” hanno partorito “Nostra aetate” che è un vero e proprio “aborto teologico” in rottura totale con la Traditio Ecclesiae, così che non contiene neppure una sola citazione della Sacra Scrittura, dei Padri e del Magistero, semplicemente perché non ve ne sono nel senso giudaizzante seguito da Nostra aetate, mentre sono numerosissime le citazioni di sano antigiudaismo teologico che si potrebbero addurre (17). Onde è necessario, se vogliamo riacquistare la nostra identità europea, l’essenza della persona umana, che è animale razionale e libero, e la vera natura del cristianesimo, il quale è diametralmente opposto al giudaismo, al liberismo e al collettivismo, combattere “il mito del XXI secolo”, ossia l’olocaustismo idolatrato. Impugnarlo sia storicamente che logicamente e “a-teologicamente”, dacché la teologia è “fides quaerens intellectum”, ossia, “credo ut intelligam et intelligo ut credam”, e i rapporti tra fede e ragione sono stretti e vitali per entrambe e non possono essere scissi senza danno per la stessa fede. Senza questa “kulturkampf” prima storico-logica e poi teologica, la sola Messa tridentina non basterà a risollevare l’umanità dall’abisso di menzogna intellettiva e depravazione morale nella quale è caduta a partire da Norimberga sino alle leggi contemporanee, che ne perpetuano lo spirito come passato che non deve passare, terrorizzando tutti con il grido “antisemita!” ossia “dagli all’untore!”. Specialmente noi cattolici romani dovremmo ricordarci che “la grazia presuppone la natura, non la distrugge, ma la perfeziona” (San Tommaso d’Aquino). Perciò, se vogliamo “restaurare omnia in Christo” (San Pio X), dobbiamo ripartire dalla storia o memoria del passato, che è “magistra vitae” anche per i preti, per i vescovi e per il Papa; dall’“interiore homine”, che è stato abbrutito; dalla famiglia, dalla patria e dal continente europeo, che sono stati quasi annichiliti da coloro che avevano dovuto lasciare l’Europa negli anni Trenta (Freud, Adorno, Marcuse, Popper) e vi son tornati da vincitori per uccidere le anime, dopo che i boia di Norimberga, Dresda, Hiroshima e Nagasaki avevano ucciso i corpi con “crimini di pace”. Bisogna tornare al reale se non si vuol continuare a vivere nell’ideale o nell’immaginario, in cui la post-modernità ci ha rinchiusi come tossico-dipendenti, dobbiamo disintossicarci da questo complesso di colpa che vorrebbe tenerci abitualmente in uno stato di inferiorità nei confronti dei peggiori nemici di Dio, di Cristo, della Chiesa e dell’uomo, odiato in quanto è stato creato “ad immagine e somiglianza di Dio”. Sarebbe errato non voler vedere che le radici dell’attuale crisi di Fede affondano a Norimberga e dintorni. Vi sono due errori da evitare:

a) uno per eccesso: esaltazione del neo-paganesimo pan-germanista,

b) l’altro per difetto: vedere nell’Europa degli anni Venti-Quaranta il “Male Assoluto”, contrapposto al “Bene Assoluto” che sarebbe rappresentato dalla democrazia giudaico-massonica americanista. La verità si colloca in medio et culmen tra questi due errori, dacché “ogni eccesso è un difetto e ogni difetto è un eccesso”. Oggi, molti neo/teo-farisei si richiamano alle “radici giudaico-calviniste”, che, venute dagli USA, potrebbero salvare l’Europa dall’invasione dell’ateismo comunista o dell’integralismo islamista. Ma, se comunismo e islamismo non fanno parte delle nostre radici, queste non sono neppure giudaiche e neppure calviniste, ma metafisiche e cattolico-romane. Perciò, bisogna ritornare ad esse e non lasciarci ingannare dalla “terza via” dei neo/teo-conservatori, i quali adorano l’oro giudaicamente e calvinisticamente e disprezzano il sacrificio, lo spirito di povertà, il nascondimento e la via regia della Santa Croce, che “rimane immota mentre il mondo cambia” (“stat sancta Crux, dum volvitur orbis”). Monsignor Henry Delassus diceva che “il disprezzo del povero è il marchio di riconoscimento della massoneria”. Ora il calvinismo americanista, di origine giudaico massonica, è uno dei pilastri della filosofia dei neo/teo-conservatori, i quali non vogliono la presenza della morale e dello Stato nell’economia (o morale familiare, ossia come fare per mandare avanti una famiglia senza fallire né fare del denaro il fine e non il mezzo), che essi confondono con l’affaristica, crematistica o pecuniativa (o l’arte di far ricchezze viste quale fine) e osteggiano chi vorrebbe un certo intervento dello Stato (fatto salvo - si intende - il “principio di sussidiarietà”, ossia ove la famiglia arriva lo Stato non deve intromettersi, ma dove la famiglia non riesce a giungere lo Stato deve dare un suo contributo) o lo Stato-sociale, con la pensione per gli anziani, gli incapaci, i disoccupati senza loro colpa e la “cassa malattie” o “cassa mutua” per i degenti poveri, che non possono pagare le cure mediche. Sembra inverosimile, ma ieri l’altro, nel Paese del “Bene Assoluto” un bimbo undicenne di famiglia povera, nipote di una religiosa la quale si trova in Italia, che ne è stata informata telefonicamente (ho assistito al fatto io personalmente, altrimenti avrei stentato a crederci), investito da una automobile, non ha avuto il diritto di essere accompagnato all’ospedale dall’autoambulanza, poiché la sua famiglia non aveva il denaro sufficiente per pagare il trasporto. Eppure i campioni delle “radici” giudaico-calviniste europee si oppongono a chi in Usa vorrebbe un minimo di Stato-sociale, e lo fanno perché l’uomo - per il liberismo - non è un “animale sociale” (Aristotele) ma un “individuo assoluto” (da Locke a Hegel), che deve essere lasciato a se stesso così che “chi è buono riesce e chi è cattivo fallisce”, onde “agli zoppi e ai poveri, calci agli stinchi”, come dicono i liberisti, poiché la ricchezza è un segno di predestinazione e di distinzione elitaria, mentre a volte (non sempre, ma spesso) è segno di corruzione e disonestà. Inoltre i campioni italiani delle “radici” sedicenti “cristiane” dovrebbero aver studiato il Catechismo di San Pio X, il quale insegna che defraudare della giusta paga l’operaio, non soccorrere e approfittarsi dell’orfano, della vedova e dell’incapace è un “peccato che grida vendetta a Dio”, cioè siccome costoro sono poveri ed indifesi, sarà Dio stesso a vendicarli contro chi li ha sfruttati e ne ha abusato.

Come si vede la dottrina cattolica compendiata da San Pio X nel Catechismo è l’esatto opposto per diametrum delle “radici” calvinistico-liberiste. Per cui vi sono radici buone che vanno curate e incrementate, mentre le male radici vanno sradicate e bruciate, come insegna il Vangelo di Cristo a proposito del fico secco.

 

Per gentile autorizzazione di don Curzio Nitoglia a EFFEDIEFFE.com

www.doncurzionitoglia.com

 


 


1
) D. Irving, “Il piano Morgenthau. 1944-1945, un genocidio mancato”, Roma, Settimo Sigillo, 2004.

2) Recentissimamente è scoppiato lo scandalo dei parenti dei detenuti di Guantanamo, che erano torturati e stuprati da agenti della democraticissima FBI e/o CIA statunitense. Non penso che essi siano i soli a commettere certi abusi, ogni popolo in guerra “calda o fredda” che sia ha commesso simili malvagità, dacché “pravum est cor hominis et imperscrutabile”, dice la Sacra Scrittura. Il fatto singolare è che si attribuisca in maniera manichea tutto il male solo ad una parte e tutto il bene solo ad un’altra. La guerra scatenata dagli USA nel 2003 contro Sadam Hussein a causa delle armi di distruzioni di massa, che poi si è dovuto ammettere anche da parte dell’ingiusto aggressore non esistevano, è stata una guerra ingiusta e di aggressione, per la quale a Norimberga si era condannati a morte, ma non mi risulta che l’Amministrazione Bush jr. sia stata processata. Probabilmente si scatenerà un’altra guerra contro l’Iran per armi atomiche inesistenti in atto, ma nessuno sarà processato, almeno su questa terra, poiché alla fine della nostra vita ognuno dovrà rendere conto a Dio delle sue azioni, anche le più nascoste e segrete.

3) R. De Mattei-E. Nistri- M. Viglione, “Alle radici del domani”, Milano, Agedi, 2005, 3° volume, pagine 270-271. Confronta H. Delassus, “Les pourqoi de la Guerre Mondiale”, Lilla, Desclée de Brouwer, 3 volumi, 1919-1922. Molto interessante il III volume, pagine 246-420, in cui l’autore spiega il ruolo che la giudeo-massoneria ha giocato nella prima grande guerra. J. Joll, “Le origini della prima guerra mondiale”, Bari, Laterza, 1985.

4) «Contro la Germania venne diffusa fra laltro la notizia - rivelatasi poi del tutto falsa - che nel Belgio occupato i Tedeschitagliavano le mani ai bambini’…» (R. De Mattei…, citata, pagina 281). “Nihil sub sole novi”. Le stesse situazioni della prima guerra mondiale le ritroveremo sostanzialmente nella seconda. Si noti pure come le incongruenze lasciate dal primo dopoguerra e specialmente la eccessiva penalizzazione dell’intero popolo germanico portarono alla seconda.

5) A. Giardina- G. Sabbatucci-V. Vidotto, “Uomini e Storia”, Bari, Laterza, 1990, 2a edizione, 3° volume, pagine 344-346 e 348.“

Confronta Patrick J. Buchanan, “Hitler volle la guerra?”, in www.effedieffe.com, 6 settembre 2009.

Alberto Bertotto, “L’occupazione di Danzica: il prologo della seconda guerra mondiale”, in www.effedieffe.com, 11 settembre 2009.

6) De Mattei…, citata, pagina 312.

7) Idem, citata, pagina 347.

Confronta anche A. Solgenitsin, “Due secoli assieme. Ebrei e Russi prima della rivoluzione e durante il periodo sovietico”, Napoli, Controcorrente, 2 volumi, 2007.

8) Karl-Heinz Höffkes di Hessen ha messo a disposizione di David Irving i diari e tutte le altre carte di Julius Streicher, che l’autore cita abbondantemente nel suo libro sul processo di Norimberga assieme ai colloqui avuti con la moglie dello Streicher.

9) R. Taradel, “L’accusa del sangue. Storia politica di un mito antisemita”, Roma, Editori Riuniti, 2002, pagina 302.

10) Idem, citata, pagina 307.

11) D. Irving, citata, pagina 123 e commenti di Adele Streicher moglie di Julius, raccolti da Irving.

12) Streicher viene ancor oggi comunemente accusato di essere stato un “pornografo” dopo che tale appunto gli era stato mosso dallo psicanalista americano Gilbert, che si occupava dell’igiene mentale degli imputati di Norimberga. Irving commenta: «Oramai Streicher aveva una pessima fama, e non doveva essere difficile impiccarlo» (opera citata, pagina 210), ma la vedova Streicher ha commentato così l’accusa: «Non esiste alcun fondamento per quelle affermazioni. Streicher era normale sino alla noia. Dalle sue labbra non uscì mai neppure una parola spinta», citato in D. Irving, ibidem, pagina 210, nota 27.

Anche Hitler viene descritto ora come un pazzo, ora come un imbianchino fallito, ora come il diavolo incarnato. Se fosse stato un pazzo-fallito non sarebbe riuscito a fare tutto quello che ha fatto di bene (ricostruzione della Germania dopo la prima guerra mondiale e la crisi economico-finanziaria del 1929), dacché il pazzo-fallito è incapace di intendere e volere. Se fosse stato il diavolo incarnato, avrebbe vinto poiché il diavolo è un angelo decaduto, che mantiene la natura angelica o di puro spirito, la quale è - naturalmente parlando - più potente di quella umana. Onde o Hitler è stato “meno diavolo” degli Alleati, il che è probabile, oppure ha vinto la guerra e noi non ce ne siamo accorti (come i nostri genitori non si erano accorti della shoah), il che non molto è credibile. Per quanto riguarda la figura umana di Hitler si legga Rochus Misch, “L’ultimo. Il memoriale inedito della guardia del corpo di Hitler (1940-1945)”, Roma, Castelvecchi, 2005. Da quanto racconta il testimone oculare della vita del Führer dal 1940 sino alla sua morte, Hitler appare come una persona del tutto  normale, né deficiente, isterica e neppure diabolica. Certamente non fu un santo, ma neppure il “Male assoluto”, anzi a sentire la difesa di Boffo fatta dalla CEI si potrebbe dire che era un “gentelman” in rapporto ai “campioni” odierni.

Confronta D. Irving, “La guerra di Hitler”, Roma, Settimo Sigillo, 2001.

La Germania ha sempre cercato l’alleanza con l’Inghilterra in funzione antisovietica, ma essa è stata sempre rifiutata, prima e anche dopo lo scoppio della seconda guerra. Il patto Molotov-Ribbentrop non è, come vorrebbero farci credere i neo/teo-farisei-conservatori, il segno di un’affinità ideologica del nazionalsocialismo col bolscevismo, la quale è del tutto priva di ogni fondamento nella realtà. Essa era dettata da un’esigenza tattica di non aprire contemporaneamente due fronti ad oriente ed occidente, i quali avrebbero schiacciato la Germania. Tuttavia essa vi fu spinta sia dalla volontà di non cooperazione anglo-americana e sia dall’URSS, che forte della copertura degli USA, si apprestava all’imminente attacco contro la Germania. Onde il III Reich dovette attaccare la Russia bolscevica per primo, sperando di non essere sopraffatto, cogliendola di sorpresa. Inoltre l’URSS fu finanziata e sostenuta dall’economia bellica americana, altrimenti non sarebbe riuscita a tener testa all’avanzata teutonica. Onde lo svolgimento della seconda guerra mondiale sembra essere veramente la prova del nove dell’aggressione del giudaismo super-capitalista occidentale (USA) e di quello collettivista orientale (URSS) contro le ultime vestigia della Vecchia Europa, le quali avevano ricevuto un colpo molto grave ma non ancora mortale con la prima grande guerra, che fu ripetuto in maniera analoga e definitiva nel 1939-45. Il grande ammiraglio Doenitz scrisse verso la fine del conflitto: “Preferirei mangiare tutto il fango della terra, piuttosto che veder i miei figli educati in un mondo dominato dallo spirito giudaico-bolscevico”. Tale dominio, oggi quasi-assoluto, purtroppo si è avverato, anche grazie all’andamento della seconda guerra, nella quale gran parte ha giocato l’ebraismo americanista e sovietico. Il ruolo guida nella seconda guerra e nel processo di secolarizzazione della società civile ed annichilazione dell’individuo umano del dopo guerra è stato condotto dagli USA, che hanno volutamente spazzato via i regimi autoritari europei, con tutti i lori limiti e difetti, per mantenere in vita un moribondo che era la Unione sovietica staliniana, la cui dottrina è stata definita dal Magistero come “intrinsecamente perversa” (Pio XI, Divini Redemptoris missio, 1937).

13) D. Irving, citata, pagine 124-125.

14) D. Irving, citata, pagina 88, che riporta il manoscritto di J. Streicher in data 16 giugno 1945, appartenente ora all’archivio di Irving.

15) D. Irving, citata, pagina 255. Tuttavia le parole di Streicher si trovano nei nastri registrati durante il processo, che sono ora in possesso anche di Irving.

16) Confronta M. Picone Chiodo, “… E malediranno l’ora in cui partorirono. L’odissea tedesca tra il 1944 e il 1949”, Milano, Mursia, 1987.

17) Confronta “Le Bolle dei Papi sul problema ebraico”, in questo sito.

 

 

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