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L'enigma Angelo Roncalli (seconda parte)
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Papa Giovanni XXIII

Un Nunzio filomassonico

Si è visto che il professore modernista Angelo Roncalli, da quanto scrisse Andreotti, aveva molto imparato da don Ernesto [Buonaiuti, che fu scomunicato], che ebbe l'unico torto di non aver saputo aspettare l'evolversi dei tempi [«A ogni morte di Papa», Rizzoli, 1982].
Roncalli imparò allora ad aspettare la sua ora lavorando per la propria carriera.
Ciò perché doveva superare la tappa di professore di storia a lui interdetta in quanto sospetto di modernismo.
Era risaputo e Benedetto Croce lo conferma che i «modernisti, simpatizzando con i positivisti, con i pragmatisti e con gli empiristi di ogni risma, addurranno che essi non credono al valore del pensiero e della logica, cadranno di necessità nell'agnosticismo e nello scetticismo. Dottrine, queste, conciliabili con un vago sentimentalismo religioso, ma che ripugna affatto ad ogni religione positiva».
Che i modernisti simpatizzino anche coi massoni e coi comunisti, condividendo con essi idee umanitariste, è un fatto ricorrente nella vita politica del passato come del presente; essi osteggiano solo la tradizione.
Dovevano, quindi, rovesciare il «Syllabus» di Papa Pio IX attraverso un concilio pastorale come il Vaticano II; rivoluzione religiosa nata dalle utopie prodotte dalla teoria dell'evoluzione dell'umana coscienza che, una volta matura (vedi il cristiano adulto di Karl Rahner), si svincolerebbe dalle autorità gerarchiche legate alla tradizione biblica.
Così il mondo moderno passerebbe finalmente dal principio di trascendenza a quello
dell' immanenza, professando la religione antropocentrica in prospettiva di un umanitarismo globale; ideale che affratella massoni, socialisti, liberali e democristiani modernisti del Vaticano II.
Questa mentalità, condannata dal magistero cattolico, dominava la mente di molti infiltrati nella Chiesa per aggiornare la fede e le autorità cattoliche al progresso del mondo moderno.
Era il pensiero di Roncalli, la cui religiosità seguiva un profetismo evocante i segni dei tempi, non riferiti alla spiritualità cristiana, ma alla chimera di un nuovo ordine.
Tale piano, modernista e massonico, si doveva realizzare operando la mutazione della Chiesa dal suo interno, attraverso una nuova classe clericale con nuovi poteri gerarchici, fino ad arrivare a un nuovo Papato.
Questo nuovo potere gerarchico avrebbe allora operato per aggiornare la tradizione ai bisogni dei tempi col potere delle chiavi, cioè in nome di Dio stesso, e perciò contando dell'appoggio di un mondo cattolico pronto a giustificare ogni idea e gesto dei Papi finalmente «buoni».

Il canonico Roca descrive il programma massonico

Il piano in causa era segreto, ma è stato descritto esplicitamente da un suo araldo, il canonico Roca che, nel centenario della Rivoluzione Francese, col suo scritto «Glorieux centenarie», ha dato fiato alle trombe annunciatrici dell'ammirabile nuovo mondo religioso che sorgeva.
Dal libro «Le infiltrazioni massoniche nella Chiesa» del P. E. Barbier, edito nel 1910 e favorito da molte approvazioni episcopali, abbiamo il brano: «La Massoneria ha concepito il proposito infernale di corrompere insensibilmente i membri della Chiesa, anche del clero e della gerarchia, inoculando in essi, sotto forme seduttrici e di apparenza inoffensiva, i falsi principi con i quali pianificava di sovvertire il mondo cristiano».
Nei documenti dell'Alta Vendita poi, si legge: «Per ottenere un Papa nella misura richiesta, si tratta, per primo, di preparargli una generazione all'altezza del regno che ci prefiggiamo...; si lasci da parte la vecchiaia e anche l'età matura; andate alla gioventù...: è questa che va convocata senza che sospetti di essere sotto la bandiera delle Società Segrete... Non abbiate nemmeno una parola d' empietà o d'impurità ... Una volta assodata la vostra reputazione nei collegi, nelle università e nei seminari... questa reputazione aprirà l'accesso alle nostre dottrine nel clero giovane come nei conventi... E' necessario perciò diffondere i germi dei nostri dogmi».
Naturalmente tale piano non teneva conto che la mutazione di quanto procede da Dio è impossibile. Perciò il risultato reale di tale processo non sarà mai cambiare, ma devastare il cristianesimo che, come hanno sempre insegnato i Papi, non potrà mai essere né liberale, né socialista, né associato a un altro ordine che quello suo, cristiano.
Voler battezzare con immensa simpatia l'umanesimo laico, il culto dell'uomo che si fa Dio, come detto da Paolo VI alla chiusura del Vaticano II (7 dicembre 1965), non è solo empietà, ma un'impossibilità alla luce della fede e pure del buon senso.
Tra la religiosità umanitarista e la religione cristiana non vi è alcun accordo, ma i modernisti vantano la bontà della riconciliazione totale, idea che comporta, in extremis, quella tra bene e male! Ecco il profetismo ecumenista per servire i bisogni del nuovo ordine mondiale che pervase tanti chierici modernisti fautori del Vaticano II.
Qui si inquadra l'oscuro enigma del modernista Roncalli, professore, nunzio, patriarca...

L' apparato modernista interno alla Chiesa in Italia

Chierico di Bergamo, con ampie aperture mentali, Roncalli fu inviato nel 1901 dal suo vescovo progressista, Camillo Guindani, per studiare e far carriera a Roma.
Nel 1904 in una conferenza di Marc Sangnier (il fondatore del Sillon che, con l'occhio fisso ad una chimera, preparava il socialismo e fu poi condannato da san Pio X), consolidò le sue visioni moderniste.
Roncalli nel 1950 a Parigi confesserà alla vedova del Sangnier che quel ricordo è il più vivo della sua formazione sacerdotale.
Le amicizie moderniste si estendevano in tutta Europa e Roncalli è presto entrato in contatto coi pezzi grossi di tale processo, come il cardinale belga Mercier, i cardinali Ferrari di Milano e Maffi di Pisa (il Mercier italiano), oltre a Radini Tedeschi di Bergamo.
Tutti operatori di quella svolta epocale di cui la Chiesa aveva bisogno per adeguarsi ai tempi.
Allora Roncalli insegnava storia nel seminario locale, seguendo l'«Histoire» del Duchesne e collaborando con le iniziative progressiste.
Ma alla sua nomina per la cattedra di storia scolastica nel seminario romano fu posto il veto nel 1912 perché di dubbia ortodossia (Lorenzo Bedeschi, in Paese Sera, 13 dicembre 1972).
Chiusa la porta romana, il vescovo modernizzante di Bergamo, Radini Tedeschi, riaprì la sua porta per farlo segretario e insegnante nel locale seminario.
Dopo la guerra e sotto un nuovo vescovo, Luigi Marelli, la carriera romana di Roncalli ricominciò nel novembre 1919 con una prima udienza col Papa Benedetto XV, e un anno dopo il cardinale olandese von Rossum, Prefetto della Propaganda Fide invitò Roncalli a presiedere il Consiglio centrale di quella Congregazione per riorganizzare le opere missionarie nelle diocesi italiane. Roncalli parte per Roma e il 12 febbraio 1921.
Viene ricevuto dal Papa che lo nominerà poi monsignore.
La promozione di un professore sospettato di modernismo poteva solo avvenire nel giro delle influenze di Radini Tedeschi, uomo di Rampolla (loggia P1?), presso i suoi successori Della Chiesa e Gasparri.
Infatti, durante il Pontificato di Della Chiesa, Benedetto XV, gli ecclesiastici apprezzati da san Pio X furono emarginati mentre per altri si aprirono le porte vaticane.
E' il caso del giovane Giovanni Battista Montini che stabilì a Roma dal 1924 una lunga amicizia con Roncalli.
Morto Benedetto XV, fu eletto Papa Achille Ratti, Pio XI, che confermò come Segretario di Stato il rampolliano Gasparri, e proseguì la linea diplomatica del predecessore molto vicina alla sua.
Pio XI, riguardo ai rapporti internazionali, fu il Papa dei Concordati, ma riguardo alla rampante tendenza interreligiosa, ne fu strenuo oppositore.
In vista della deviazione pancristiana promossa da don Lambert Beauduin OSB, ha scritto la sua enciclica «Mortalium animos».
Per Roncalli il piano ecumenista in questione, base del piano massonico, era quello buono.
Non sorprende, quindi, che a lui si attribuisca l'iniziazione rosacrociana e massonica (Pier Carpi, «Le profezie di Papa Giovanni», Mediterranee, 1976, Roma).
Sapeva il Santo Ufficio che Roncalli aveva una visione massonica?
I documenti che potevano registrare le sue deviazioni e spergiuri sono spariti dall'archivio vaticano (confronta Nichita Roncalli, pagina 4l).
Anche il dossier di Montini, parimenti sospetto, è stato ritirato dallo stesso Giovanni XXIII, per farne regalo all'interessato.
Ad ogni modo, in Vaticano si sapeva abbastanza sui rapporti negativi riguardo alla dottrina di Roncalli, ragion per cui solo con una forte raccomandazione egli avrebbe potuto accedere alla carriera diplomatica.

L' operato ecumenista di Roncalli in Bulgaria

Sulla relazione di Roncalli con le deviazioni ecumeniste del pancristianesimo, vediamo un'occasione in cui esse si palesarono in contrasto con le direttive dottrinali della Chiesa e del Papa.
Quando Roncalli nel 1925 fu nominato arcivescovo di Areopoli con l'incarico di Visitatore Apostolico in Bulgaria, il suo caro amico don Lambert Beauduin, in vista di ciò disse che la missione di Roncalli in Bulgaria poteva assumere un risultato [ecumenistico] molto positivo, opinione condivisa da Montini.
L' importante Enciclica «Mortalium animos» del 1928 fu scritta proprio in vista delle deviazioni ecumenistiche di don Beauduin, l' uomo di fiducia del cardinale Mercier, che in seguito si è visto costretto a dare le dimissioni da priore del monastero di Amay.
Ma mentre Pio XI accusava gli errori del metodo Beauduin, Roncalli lo applicava.
Per spiegare i particolari della vicenda ci sarebbe da dilungarsi troppo.
In Bulgaria ed in Turchia, lo strano nunzio operò proprio al contrario di quanto allora era insegnato nell' Enciclica «Quas primas», sulla regalità sociale di Gesù Cristo: la peste che infetta la società, la peste del nostro tempo, è il laicismo.
Ma Roncalli era per il «principio basilare» della laicità dello stato: la Chiesa si guarderà bene dall'intaccare o discutere questa laicità .
«Io cerco in ogni cosa di sviluppare più ciò che unisce, che ciò che ci divide».
E' curioso che mentre difende il laicismo della nuova Turchia Roncalli si impegna ad aiutare i sionisti di passaggio per la Palestina che volevano far rinascere una nazione ebraica.
Il Vaticano, già dal tempo di san Pio X, si era dimostrato contrario a quest' impresa che avrebbe creato un conflitto insanabile con gli arabi e innescato, per ragioni evidentemente religiose, una graduale ma inarrestabile esclusione dei cristiani dalla Terra Santa.
Tale era la preoccupazione di Roma, altra la visione e probabilmente l' interesse verso nuove amicizie di Roncalli.
Quindi, siamo davanti a questioni di fede e di diritto divino, disprezzate da un nunzio per ragioni ecumenistiche.
In quest'ottica arrivò perfino a far cancellare in Turchia il «Filioque», che in aperta polemica con gli ortodossi, era scritto a grandi lettere sull' ingresso della delegazione apostolica (Spinelli, Biblioteca Sanctorum, voce: Giovanni XXIII, Prima Appendice, Città Nuova, Roma, 1987).
In Turchia Roncalli aveva fatto la sua pubblica professione di fede nella fraternità universale dicendo nella cattedrale di Istanbul: «Noi siamo tutti fratelli senza distinzione di religione, di legge, di tradizioni e di classe». (P. Tanzella, Papa Giovanni, edizioni Dehoniane, 1973, pagina 140).
Nella Pentecoste del 1944 disse in un' omelia: «I cattolici, in particolare, amano distinguersi dagli altri: fratelli ortodossi, protestanti, ebrei, mussulmani, non credenti e credenti di altre religioni... Devo dirvi che nella luce del Vangelo e del principio cattolico questa è una logica falsa. Gesù  è venuto ad abbattere tali barriere; egli è morto per proclamare la fraternità universale».
Si tratta della fraternità massonica, al disopra delle religioni; fraternità dell' ONU, della «Nostra aetate» del Vaticano II, dei suoi successori e del nuovo ordine mondiale.
Questo programma fraterno imponeva il concetto: cercare in ogni cosa più ciò che unisce, che ciò che divide.
Quindi, bisognava lasciar da parte i dogmi cattolici, la necessità di conversione, l' autorità del Vicario di Cristo, insomma Gesù Cristo stesso.
Roncalli sistematicamente rifiutò aiuto a quanti volevano avvicinarsi alla Chiesa di Roma: lo ha sempre fatto con tutti i giovani ortodossi.
Ciò implica anche il rifiuto del Papato.
Che idea aveva Roncalli sulla missione e il potere del Papa?

Roncalli inviato a Parigi

Ecco un altro rebus della sua carriera.
Come mai un nunzio di seconda scelta dimenticato in Turchia fu scelto personalmente da Pio XII per una mansione assai difficile in una delle prime sedi della diplomazia vaticana?
Non certo per il lavoro svolto, che già dal tempo di Pio XI aveva suscitato molti dubbi
Sull' ortodossia di quel tipo dall' apparenza tanto pacioccona quanto furbesca.
Un giorno forse si saprà.
Il fatto è che l' invio di Roncalli fu la risposta di Pio XII al generale De Gaulle che, prima ancora dell' entrata degli alleati a Parigi (25 agosto 1944), il 30 giugno 1944, aveva chiesto un' udienza a Pio XII.
Si trattava di ottenere dal Papa la rimozione di nunzio, prelati e sacerdoti che in Francia avevano accettato il governo collaborazionista di Vichy del maresciallo Pétain.
Papa Pacelli non cedette alla pretesa del generale, né  riconobbe subito il nuovo governo.
Ma la questione andava affrontata con quella prudenza vaticana consistente nel temporeggiare il più possibile.
Ecco il ruolo adatto, nel bene e nel male, per Roncalli, che come personaggio di basso profilo avrebbe pure ridimensionato le pretese del generale.
Ma ricordiamoci che accanto a Pio XII c' era il suo amico Montini, che deve aver suggerito il suo nome.
La versione più plausibile di questa scelta, che non esclude né il ridimensionamento delle pretese del generale, né il suggerimento di Montini, o del caso, la si ipotizza nelle righe che seguono.
All'epoca, tutti erano a conoscenza che monsignor Roncalli era privo d'ogni importanza carrieristica, tra quelli che veramente contavano; di lui nessuna considerazione per puro caso lo avevano designato delegato apostolico ai quarantamila cattolici della piccola Bulgaria.
Presso la sezione per gli affari con gli Stati della segreteria di Stato, il suo operato era ritenuto pressappoco una frana e lui veniva tenuto a bada.
Spesso faceva trovare Roma davanti a fatti compiuti, che rasentavano il pressappochismo nelle severe procedure dei rapporti diplomatici con l'autorità dello Stato bulgaro prima e in seguito di quello turco.
Più volte gli rammentavano che come delegato apostolico, in Bulgaria prima e poi in Turchia, non era un accreditato presso il governo a pieno titolo, ma solo un rappresentante pontificio presso i vescovi e le chiese cattoliche locali; invece, spesso di sua iniziativa, monsignor Roncalli coinvolgeva la Santa Sede in situazioni che la segreteria di Stato riteneva nient'affatto condivisibili. In quel tempo, ad esempio, era impensabile che il rappresentante del Papa prendesse dimestichezza con i capi delle chiese ortodosse al di fuori dello stretto protocollo, per evitare facili strumentalizzazioni e fraintendimenti.
In segreteria di Stato stavano aspettando l'occasione propizia per ritirarlo dall'incarico diplomatico, anticipandogli il non meritato riposo pensionistico, possibilmente spedendolo in quel di Sotto il Monte.

Sennonché, a Parigi, Charles De Gaulle in quegli anni era ai ferri corti con il nunzio apostolico monsignor Valerio Valeri sul fatto dei trenta vescovi francesi che - affermava il generale - avrebbero collaborato col governo Pétain e che per questo lui voleva far dimettere.
Come ovvio il Vaticano si guardò bene di aderire a tale insano proposito, e istruiva il nunzio a opporglisi decisamente.
I rapporti con la Santa Sede erano ai limiti di rottura.
Al punto che De Gaulle aveva chiesto e ottenuto l'allontanamento di monsignor Valeri al quale, richiamato a Roma, il Papa anticipò la porpora cardinalizia.
II Vaticano non aveva gradito il comportamento di De Gaulle, e per ripicca tardava la difficile designazione del nuovo nunzio.
La schizzinosità del presidente francese faceva di tale designazione un vero rompicapo.
In Segreteria si chiedevano: quale rappresentante pontificio gli sarebbe potuto andare a genio?
In che modo venirne a capo?
Sulla piazza all'epoca non se ne trovava uno adatto.
Per De Gaulle il lungo ritardo nella provvisione era un'amara ritorsione diplomatica che non riusciva a trangugiare.
Un giorno il presidente francese riceve le credenziali dell' ambasciatore di Turchia e, dopo il protocollo ufficiale in colloquio privato, il discorso scivola sulle difficoltà diplomatiche che un capo di Stato incontra, quando sullo stesso territorio con gli stessi cittadini subentrano interessi di poteri spettanti a due diverse potenze, come ad esempio la Santa Sede.
Manco a dirlo, era pane per i loro denti.
Il governo turco, proprio per combattere codesta norma diplomatica contraria al Corano, si fa nemico di mezzo mondo, compresa la potenza del Vaticano.
A De Gaulle gli si rizzano le orecchie e chiede: «Allora come vi regolate?».
E il diplomatico turco: «Il mio governo si regola volta per volta secondo i personaggi che rappresentano la Santa Sede che, sia pure come delegazione e non nunziatura, riveste tuttavia l'importanza di una delle più influenti potenze internazionali. Ad esempio, questo Delegato Apostolico che ora abbiamo tra i migliori finora avuti, monsignor Giuseppe Roncalli, buono, umano, disponibile, furbacchione come tutti i preti».
De Gaulle se lo appunta.
Si fa raccontare qualche altro aneddoto, come quello dei trecento bambini da Roncalli dichiarati battezzati per porli in salvo, e pone termine all'udienza.
Due ore dopo, parte un cifrato da Parigi in Vaticano con l'indicazione di gradimento del governo francese per il Delegato Apostolico di Turchia nel caso che il Vaticano lo nominasse nunzio a Parigi.
L'imbecco del gradimento per ottenerne la designazione.

Monsignor Domenico Tardini, della Sezione dei rapporti con gli Stati esteri, che di quel delegato, pasticcione e ciarliero, aveva la personale impressione del tutto negativa, rimane strabiliato di fronte alla proposta di Parigi.
Visti i rapporti tesi con la Francia, monsignor Roncalli non sarebbe potuto essere all'altezza della delicata e complessa situazione del momento, dove i diplomatici più abili avevano fatto cilecca. Ancora un'altra stranezza da aggiungere alla lista proveniente dall'Eliseo.
Si decide di tirare le cose per le lunghe, ritardando la risposta.
Si era ai primi di dicembre del 1952, non mancava molto a Natale; De Gaulle doveva ricevere gli auguri del Corpo diplomatico, porti secondo l'accordo di Vienna prima dal nunzio apostolico (decano, non ancora designato!).
In mancanza, sarebbe subentrato il vicedecano che - guarda caso - era l'ambasciatore russo, comunista di zecca, a De Gaulle, di una presunta destra.
All'epoca le forme erano essenziali.
Lo smacco era noto a quel Corpo diplomatico.
De Gaulle segnala la cosa al Vaticano, perché si regolassero.
Non c'era tempo da perdere.
Tardini, pressato, fa un cifrato a monsignor Roncalli a Istanbul, pregandolo d'affrettarsi a venire a Roma per poi raggiungere la nunziatura apostolica di Parigi, quale nunzio in Francia.
Roncalli, al quale giungevano insistenti voci di un suo richiamo dalla diplomazia, pensa subito a uno scherzo di cattivo gusto da parte di qualche burlone; monsignor Tardini questa volta dovette essere più esplicito, affrettandosi a dirgli che la cosa era più che seria e che urgeva trasferirsi ancor prima di Natale.
Doveva affrettarsi!
E si trasferì subito.
Papa Pacelli gli raccomandò di stare attento a quello che avrebbe dovuto dire nel discorso augurale a principio dell'anno; anzi gli suggeriva di farlo rivedere in segreteria di Stato, prima di leggerlo.
Monsignor Roncalli promise di fare del suo meglio, ma non ebbe tempo di coordinare le idee per buttar giù una bozza.
Una volta a Parigi, tra i primi impegni di Roncalli vi fu quello di rendere visita al vicedecano, l'ambasciatore russo (!), che lo tenne a cena.
Tra una portata e l'altra, tra un bicchiere e l'altro, tra il brusco e il losco, i rapporti divennero subito amichevoli e fraterni.
Monsignor Roncalli prende la palla al balzo e a bruciapelo chiede all'amico russo: «Lei, signor ambasciatore, cosa avrebbe detto per gli auguri, se io non fossi venuto in tempo?».
Gioco fatto!

L'ambasciatore vicedecano passò il ciclostilato nelle mani del neodecano Roncalli; questi lo spuntò, lo reintegrò, e con l'enfasi del neofita lo declamò al cospetto di De Gaulle e di tutti gli ambasciatori del Corpo diplomatico francese, che rimasero meravigliati per i punti più salienti da lui toccati con fine sensibilità di provetto diplomatico.
Solo quello russo rideva sotto i baffi.
Le congratulazioni andavano anche al presidente De Gaulle, che così si salvava dagli avversari d'oltretevere.
Soddisfatto di tanto, i trenta vescovi non furono defenestrati.
I rapporti divennero concilianti con la Francia gollista.
Il nunzio Roncalli faceva da raccordo in ogni circostanza delicata tra Santa Sede, Francia e tutti gli altri Paesi d'oltrecortina, i cui problemi politici si dipanavano con l'intervento del bonaccione nunzio sempre sorridente, stimato oltrecortina.
Roncalli in questa nuova veste trovò in Parigi il centro per sviluppare il suo giro di nuove cospicue amicizie, che possono ben riflettere le sue scelte.
Il nuovo nunzio, da rinomato ghiottone, sapeva come allietarle con la buona tavola.
Sembra uno scherzo ma la brillante soluzione del nunzio Roncalli per quei gravi problemi  consistette nel contattare il miglior cuoco di Parigi.
In questo modo Roncalli si fece allora tanti amici noti, come Leon Blum, l' ebreo socialista che, operando l' unione a sinistra del Fronte Popolare, era giunto al potere nel 1936.
Ma vediamo quelli speciali.
Edouard Herriot, presidente del Partito Radical-Socialista, divenuto presidente del Consiglio nel 1924 e 1932.
Famoso anticlericale, del suo governo scrive Leon de Poncins (Christianisme et F.M.): l'immissione della Massoneria nelle cose del Parlamento ed il suo dominio sulla maggioranza... si  era affermata più forte che mai durante il ministero Herriot del 1924.
Il suo governo [salutato pubblicamente dai massoni], decretò una serie di leggi socializzanti, prefigurazione delle leggi del Fronte popolare di Leon Blum, leggi elaborate in precedenza nelle logge massoniche («Forces Secretes», pagine 63-64).
L' altro, Vincent Auriol, ateo e socialista, ministro delle Finanze nel governo del Fronte popolare e primo Presidente della 4a. Repubblica (1947-54).
Costui più tardi volle servirsi di un vecchio privilegio del governo francese per imporre la Berretta cardinalizia al Nunzio in Francia, Roncalli, allora eletto cardinale e perciò papabile.
Un altro amico fu il diplomatico svizzero Carl Burckhardt, massone, professore di storia, specializzato in Voltaire e Goethe, commissario della Società delle Nazioni e presidente del Comitato internazionale della Croce Rossa.
Quando Roncalli fu eletto Papa nel 1958 lui scrisse all' amico Max Richer una lettera che descriveva la vita che l'amico Roncalli conduceva a Parigi: «Girava come un giovane funzionario d'ambasciata, lo si incontrava dappertutto... Cambierà molte cose; dopo di lui la Chiesa non sarà più la stessa».
Ma l'amico più intimo, fu il Barone Yves Marsaudon, nipote di monsignor Le Cam, collaboratore di Rampolla, nominato nel 1946 Ministro dell' Ordine di Malta a Parigi, poi dal 1926, fratello massone della Gran Loggia di Francia, e infine dal 1932 Maestro Venerabile 33° grado della Loggia della Republique.
Quando egli, avendo problemi di coscienza per queste appartenenze segrete, si consigliò con Roncalli, si sentì dire di restare pure in Massoneria!

Il conciliatorismo modernista era la tendenza politica contraria alle direttive della Chiesa, per cui anche le questioni politiche hanno un aspetto dottrinale, come era il caso del «Non expedit» di Pio IX e dell' anticomunismo dei Papi recenti.
Ma quel che importava a Roncalli (che mirava a ciò che univa) e anche all'arcivescovo di Parigi Suhard, era aggiornare la Chiesa, conciliandola col progresso (dello scientismo) e con la modernità (del democratismo) (80° proposizione condannata dal «Sillabo» di Pio IX).
In questo senso Roncalli ha appoggiato in pieno l' iniziativa dei preti operai.
Essi andavano a lavorare nelle fabbriche per essere in contatto con i lavoratori e, se possibile, avvicinarli a qualche parola evangelica.
Ma il fatto è che invece di convertire quelli alla religione, si convertivano loro al comunismo.
Con tali risultati Roma reagì ed impose un intervento di Suhard, che nel febbraio 1949 fa una dichiarazione in proposito, giudicata carente dal Vaticano.
Roncalli, invece, interviene a favore di quell' iniziativa rovinosa per la fede, e fa pubblicare su L'Osservatore Romano, con l' aiuto di Montini, un elogio di tale missione in atto a Parigi e del suo patrono Suhard.
Quando Pio XII, il 30 giugno 1949 decreta la scomunica dei comunisti atei e di quanti in qualche modo favoriscono il comunismo, Roncalli parte da Parigi in un lungo giro in provincia, svelando come intende evitare il problema.
Assenza che ripete in occasione della pubblicazione dell' Enciclica «Humani Generis» (12 agosto 1950), che condanna la «nuova teologia».
Col Vaticano II si capirà perché le dottrine e i suoi autori, che i Papi cattolici condannano, sono da promuovere per Roncalli e successori.
Per fare qualche nome: Danielou, De Lubac, von Balthasar, Chenu, Congar, ecc.
E' vero che il monito contro il loro ispiratore, Teilhard de Chardin, ormai morto, è rimasto in corso sotto Giovanni XXIII, ma solo per non scandalizzare troppo, perché in sostanza, il massone Teilhard fu il vero mentore della rivoluzione del Vaticano II.
Ricordiamoci, però, che si trattava di una rivoluzione venuta da lontano e che non raccoglie solo le idee e direttive di personaggi conosciuti.
In essa tutto è ordito nel segreto.
Aleggia perfino il nome di Rudolf Steiner e della sua antroposofia.
Perciò la scelta di Roncalli richiede ancora una seria investigazione.

Un comunicato sull'elezione a Papa di Roncalli?

Il francese Jean-Gaston Bardet, che poi si saprà essere un noto massone, autore di libri della tendenza dell' esoterismo cristiano, scrive nell' agosto 1954 a Roncalli, e poi lo visita a Venezia per ripetergli che sarà Papa: non solo predice che lui diventerà Papa, ma indovina anche il nome che sceglierà da eletto e che il suo pontificato sarà contrassegnato da interventi dottrinali e riformatori.
Poiché tutto ciò si è avverato e ci sono altri indizi che Roncalli sapeva che sarebbe stato eletto, si può dedurre: i poteri occulti avevano già individuato in lui, che perciò andava avvertito in tempo, il candidato per il prossimo Conclave; che la scelta della persona e del nome era centrata sul suo curriculum, conforme ai loro bisogni, e non alla sua decisione.
Un altro episodio strano è stato ricordato nel programma Enigma di RAI3 del 2003.
Si tratta di un rapporto del 1954 dell' ambasciatore Francesco Giorgio Mameli al ministro Piccione della Repubblica Italiana, indicando Roncalli come il candidato a Papa da favorire.
Roncalli doveva essere il Giovanni Battista, il precursore di Montini, patto interamente accettabile e pure voluto da lui, come era la convocazione del concilio voluto dalle logge.
Si può dunque capire che l' operato ecumenista di Roncalli nel prossimo Oriente gli aveva aperto tutte le porte: come nunzio a Parigi e poi come papabile delle logge: il Papa buono secondo le loro idee.
Dopo aver favorito monsignor Feltin, presidente della Pax Christi (pacifismo cristiano), per la successione del cardinale Suhard a Parigi, Roncalli nel 1953 ritorna in Italia e in vista del suo brillante operato in Francia, che delineava il profilo della sua decisa fede modernista, viene nominato patriarca di Venezia.

Roncalli a Venezia

Papa Pacelli, seguendo la dignità spettante al nunzio a Parigi, lo fece patriarca di Venezia e cardinale (1956), dove avrebbe completato una carriera prestigiosa che lui mai si sarebbe potuto sognare.
Tornato definitivamente in Italia dopo tanti anni all' estero, Roncalli certo non ignorava i grandi problemi della politica italiana e mondiale, sia per la sua posizione di nunzio, sia per i suoi continui ritorni a casa, in Italia.
Professando una conciliazione ad oltranza, Roncalli ha sempre resistito in modo velato all' azione di Pio XII per contenere il comunismo e la dilagante rivoluzione socialista e libertaria.
Adesso poteva dimostrare questa sua linea a Venezia con la scusa della buona ospitalità cristiana. Per esempio, quando l' arcivescovo Feltin di Parigi ha visitato Venezia, lui ha voluto che la banda suonasse la Marsigliese, come se essa non fosse pur sempre un simbolo rivoluzionario.
Ma il caso più emblematico fu quello del 1957, col benvenuto al XXX° Congresso del Partito Socialista Italiano di Pietro Nenni, che aveva nella sua bandiera la falce ed il martello.
Già prima Roncalli aveva difeso i suoi preti richiamati da Roma per aver proposto sui periodici locali l' apertura dei cattolici ad una collaborazione con i socialisti.
Costretto dal cardinale Pizzardo a definire la sua posizione, critica nella pastorale del 12 agosto 1956 l'apertura a sinistra ad ogni costo, ma non firma il richiamo episcopale ai preti (Dorigo).
Se costui scriveva quanto lui stesso pensava, come poteva firmare quella condanna?
La tattica modernista si ripete, gli stessi inganni del 1914, di fronte al cardinale Lai, si sono ripetuti fino a questo del 1956 davanti al cardinale Pizzardo.
Quando Pio XII trasferisce Montini a Milano, Roncalli esprime la sua perplessità al segretario Capovilla: «Adesso dove troveranno uno che sappia redigere un documento come sapeva fare lui?».
Roncalli anticipa a Venezia un principio del Vaticano II: cercare in ogni cosa di sviluppare più ciò che unisce, che ciò che divide.
Un'' idea condivisibile in alcuni campi, ma non in quello religioso, dove riflette un larvato indifferentismo.
La Chiesa deve chiedere scusa per i suoi «peccati» commessi in ogni tempo e direzione.
In tal modo la nuova classe clericale non ha fatto altro che screditare la Chiesa del passato e in extremis, Gesù Cristo stesso, a favore della «bontà e comprensione» di quella chiesa del presente e dei suoi «umilissimi» e «buonissimi» pastori.
Quanto all' onore dovuto alla Madre di Dio, esso va pesato e deve rivestirsi di molta prudenza!
Roncalli si rifiuta di firmare la petizione per l' istituzione della nuova festa della regalità di Maria, che precede di sei mesi l' enciclica di Pio XII «Ad Coeli Reginam», per la festa e la consacrazione del 31 maggio.
Il suo ecumenismo va in ogni direzione, meno in quella mariana, perché in fondo tutti sono cristiani, anonimi, anche senza volerlo.
In questo senso Roncalli invitava alla sua tavola veneziana tutti, protestanti, ebrei, musulmani, senza distinzioni, il che scandalizzava molti perché era la messa in opera di un indifferentismo senza confini.
Se mirava a conversioni, questa non poteva che essere al suo credo ecumenista!

La Massoneria mirava ad un «Papa buono»

Furono massoni il primate della chiesa anglicana Fischer e il patriarca Atenagora della chiesa ortodossa, con i quali Roncalli iniziò un' apertura di dialogo ecumenico in un clima di fraterna comprensione (il Gran Maestro Giuliano Di Bernardo lo rivela nel suo libro «Filosofia della Massoneria», Marsilio Editore pagina146).
Avendo il patriarca ortodosso Atenagora di Costantinopoli, e alcuni altri, paragonato Giovanni XXIII a Giovanni Battista, si può pensare che questo sia dovuto allo stesso personaggio che in diverse occasioni ha parlato di nuove vie, ecc.
Tre giorni prima dell' indizione del Vaticano II Roncalli confida ad Andreotti: «Molte delle anticipazioni di allora [del modernismo] erano poi divenute feconde realtà».
Il Concilio le avrebbe costituzionalizzate (pagina104).
La novità del nome scelto da Giovanni XXIII stupì molti, ma la sua logica segreta era nota agli addetti ai lavori: quel Pontificato doveva preparare la via a Montini e annunciare la novità
Dell' aggiornamento della tradizione e particolarmente degli ultimi Pontificati, da Pio IX a Pio XII. Ci avrebbe pensato poi Montini, divenuto Paolo VI, ad imporre ai cattolici l'inversione religiosa subdolamente perseguita.
Roncalli massone?
Non c' è  dubbio che Roncalli dava molta importanza ai simboli.
Forse attraverso di essi si potrebbe capire meglio cosa era nell' animo di questo chierico che fa togliere dalla facciata della delegazione apostolica lo stemma con la parola «Filioque», un simbolo della fede cattolica, ma che ha nella sua croce pastorale l' occhio nel triangolo, usato dalla Massoneria.
Queste cose non sono una prova della sua affiliazione alla setta, ma dimostrano le sue scelte iconografiche delle sue associazioni mentali.
Ora, come si è visto, per il pensiero massonico, ogni fede e ideologia può essere accettata se depurata da un' idea assoluta, per costruire la fratellanza universale.
Questo era pure il pensiero manifestato da Roncalli in Turchia nella Pentecoste del 1944.
Perciò il giornalista Pier Carpi non deve aver inventato niente sulla sua iniziazione rosacrociana e iscrizione massonica («Le profezie di Papa Giovanni», Mediterranee, 1976, Roma): furono non solo le sue parole ed atti ad esprimere concetti massonici, ma pure le sue amicizie e frequentazioni. Certo, non ci sono prove pubblicate dai servizi segreti francesi, ma risulta da un ufficiale addetto alla protezione del nunzio, che ogni giovedì Roncalli si recasse a una loggia.
Ho ripetuto questa informazione al cardinale Oddi, che era stato suo aiutante a Parigi.
Non l' ha contestata, ma la storia non si scrive con ammissioni silenziose e mosse della testa.
Poi, anche a saperlo, cosa cambierebbe di fronte alla demolizione provocata?

Incontri massonici

Diversi Gran Maestri massoni della Francia e Italia hanno confermato pubblicamente le aperture del futuro Giovanni XXIII.
Nel 1989 la rivista dei Francs-massons «Humanisme», numero 186, racconta l'incontro del nunzio Roncalli con Alexandre Chevalier, che ha avanzato proposte riguardo al diritto canonico e altro.
All' intesa segreta tra il futuro Giovanni XXIII e chi è diventato poi il gran maestro nel 1965, invitato all'incoronazione di Giovanni XXIII a Roma, fa eco l' ipotesi che la loggia L'Etoile polaire (l'Atelier), «era all'origine del Vaticano II». (1)
Quale può essere la risposta alla domanda su Roncalli massone?
Si è visto che ci sono indizi che lo confermano durante la sua carriera, ma essi non conducono a prove definitive.
Resta, però, che quanto non appare provato durante la sua carriera clericale, può risultare evidente dai frutti del suo operato pontificale.
Essi vanno approfonditi.
Nel nuovo clima postconciliare tutte le religioni sono più o meno buone e la conversione non è più necessaria per gli ebrei, che rimangono saldi nella Vecchia Alleanza.
Anzi, la loro visione del futuro sarebbe analoga a quella cristiana nel catechismo derivato dal Vaticano II: l'attesa della venuta (o del ritorno) del Messia !!! (Catechismo della Chiesa Cattolica, numero 840).
La materia dell' adesione di Giovanni XXIII alla fede modernistica o massonica [un massone è fuori dalla Chiesa, non potrebbe esserne il suo capo, nemmeno se votato dall' unanimità dei cardinali, che comunque si possono ingannare (vedi Bolla «Cum ex apostolatus», Papa Paolo IV, 1559)] è molto delicata.
Potrebbe, tale immane sciagura, essere figurata simbolicamente nella visione del Terzo Segreto di Fatima, della città mezza in rovina, che dopo l' eccidio del suo capo va in completa distruzione?
Potrebbe essere il segreto, storicamente censurato proprio da Giovanni XXIII, che dava molta importanza ai simboli?
In questo caso, però, davanti ad un segno del cielo, sembra aver mancato perfino all' evocazione della sua sfinge: deciframi o ti annullerò.

Daniele Arai


Note
1)
Jacques Ploncard d'Assac, «Présent», Parigi, 20 luglio 1989.


 
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