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La tentazione del diaballismo
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Dopo i recenti articoli sulla truffa meneghina (qui, qui e qui), con il mondo cattolico messo nel sacco da un gruppetto teatrale e dall’idra dell’alleanza catto-cielloide (e gli battono pure le mani!), la cosa era per noi divenuta assolutamente inevitabile.

Puntuale come un treno giapponese, ecco che anche questa volta ci ha colpiti l’ineludibile messa in stato di accusa per «diaballismo» conclamato.

«È il diavolo che divide. Lo dice il nome stesso: diavolo deriva da dià-ballo che in greco significa “divido”».

Non si contano più i rimbalzi dell’imputazione. Sicuramente superiori al numero dei possessori sia di codici e pandette, sia di Rocci e Montanari.

Miriadi. I giustizieri sono «legione».

«Perché i cattolici non riescono a non dividersi, non riescono a fare le battaglie uniti, ciascuno col proprio stile, i propri mezzi, la propria sensibilità?».

Se Flaubert tornasse a scrivere un Dizionario del luoghi comuni in casa “cattolica”, alla voce «diaballismo» e «unità» dedicherebbe pagine intere. Formula pregnante e invincibile.

Ebbene sì, la colpa più grave per un cattolico è provocare divisione. Anathema sit.

È così per la casalinga di Voghera come per il maître à penser, tutti confortati dal recente Angelus del Vescovo di Roma per cui «è una cosa brutta che i cristiani siano divisi».

È vero, è una cosa brutta. Tanto brutta.

Innanzi alla cattedra di Santa Marta, questa volta capitoliamo. Ci avete convinti. Nostra culpa.

Eccoci dunque pronti a chiedere al nostro cuore:

Perché dividersi da Enzo Bianchi e da monsignor Ricca?

Perché separarsi da frate Indovino e da Vito Mancuso?

Perché distaccarsi da Leonardo Boff e da Lucetta Scaraffia?

Perché allontanarsi dal cardinal Ravasi e da don Ciotti?

Perché scindersi da monsignor Jozef Tiso e da suor Cristina?

Perché divorziarsi dal cardinale Kasper e da don Seppia?

Perché scostarsi da don Farinella e da suor Germana?

Perchè prendere le distanze da Karl Rahner e da Pablo D’ors?

Perché disgiungersi da Galantino e da Hans Küng?

Perché dividersi da Andrea Riccardi e da don Gallo?

Perché staccarsi da Lorenzo Baldisseri e da monsignor Mogavero?

Perché dissentire dal cardinale Karl Marx?

E si potrebbe a lungo continuare.

Perché?

In effetti, in cuor nostro, percepiamo tutto il peso della colpa diaballista che grava su di una chiesa chiusa e autoreferenziale fatta di cristiani ideologici. Ci siamo infatti già improvvidamente privati di Martin Lutero, del reverendo Jim Jones, di Giuseppe Smith, di Calvino, di David Bawden (meglio conosciuto come Pope Michael, sedicente pontefice sedevacantista che regna da un sottoscala del Kansas), della neovescovessa anglica Libbie Lane, del cristianissimo terrorista ugandese della Lord Resistance Army Joseph Kony, di Ernesto Bonaiuti e di molti altri “diversamente cattolici”, che tanto potrebbero ancora dare ad una chiesa autenticamente plurale, luogo di dialogo e di stupenda unità.

Ma siamo ancora in tempo per recuperarli e per resistere alle tentazioni ulteriori del diaballismo infernale.

In fondo, parafrasando un vecchio detto: «chi siamo noi per dividere?»

Solo dei poveri diavoli.

Roberto Dal Bosco e Elisabetta Frezza




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