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Boko Haram, mostro utile. Lo dicono i servizi francesi
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I sospetti erano stati avanzati da più parti: che il sanguinario gruppo jihadista negro sia una «costruzione» degli USA, un po’ come Al Qaeda, che la rende tanto odiosa e orribile per giustificare un intervento nella Nigeria ricca di petrolio, e prima potenza economica dell’Africa; esattamente come l’atrocità presunta di Al Qaeda l’11 Settembre ha giustificato l’invasione di Afghanistan e del ricco e potente Iraq di Saddam. Ma naturalmente, a dirlo erano i soliti complottisti da web, dunque non-persone per il sistema mediatico.

Adesso lo dice Alain Chouet, che è l’ex direttore dei renseignement de sécurité alla DGSE (i servizi francesi), un ente di spionaggio che sull’Africa ha l’occhio esercitato. «Boko Haram, monstre utile», ha scritto Chouet in un intervento su sul periodico Mondafrique (certo con il consenso dei superiori, anche se forse non con quello di Hollande).

Sul capo di Boko Haram, Aboubakar Shekau, Chouet dice: «Un folle? un drogato irrazionale?, un ex capobanda di periferia? Così l’hanno descritto i media. Ma io l’ho sentito nei video fare le sue rivendicazioni in un rispettabile arabo classico, cosa non comune in Africa sotto il 10mo parallelo».

Il gruppo esiste dal 2002, e oggi sta «cominciando a somigliare ad un esercito con migliaia di uomini», e un folle drogato incolto non può gestire un tale esercito per tanto tempo. Anche montare imprese che abbiano una visibilità internazionale, come il rapimento delle 250 studentesse, ha un costo economico. Servono capitali per pagare i ragazzi, e «brigantaggio e sequestri di persona, mica bastano. Ocorre ricevere fondi regolari».

E qui, Chouet evoca «quel viavai, tra Ryad (la capitale saudita) e Kano (covo di Boko Haram) di valige piene di dollari onde sostenere nel tempo l’azione del Robin Hood del Califfato di Sokoto».

Il Califfato di Sokoto era un fanatico sultanato jihadista, che viveva delle tratta di schiavi, e controllò fino al diciannovesimo secolo il Nord Nigeria, il Nord Camerun, il sud del Niger e del Ciad...

«Si sono viste valige identiche, con portatori differenti, viaggiare un po’ dappertutto (Sudan, Afghanistan, Libia, Siria, Mali, Tunisia) nei luoghi dove l’Arabia Saudita e il Katar lo giudicano utile ai loro interessi», dice Chouet.

Ma l’Arabia Saudita non è stata richiamata all’ordine da Washington, che ha pure imposto la sostituzione del principe Bandar bin Sultan, il gestore delle sovversioni arabe? E il Katar non è stato ridotto a miti consigli con le «spontanee» dimissioni del califfo locale, gran finanziatore di guerriglieri anti-siriani in Siria? «Sì, ma ci sono una quantità di ricchi donatori privati» in questi due paesi, «specie nel settore petrolifero», pronti a fornire fondi a Boko Haram. La privatizzazione del terrorismo, come delle forze armate sostituite da contractors: è il capitalismo che trionfa ogni giorno di più.

Per i ricchi donatori privati sauditi e del Katar, la Nigeria «pone un problema: sesto esportatore mondiale di petrolio», la cui produzione, esportazione e rendita è in mano «ai cristiani del Sud» – dunque un potere non musulmano, che rischia ad ogni momento di rompere il cartello dei prezzi dell’Opec. Di qui «la volontà dei Paesi Opec di mantenere una pressione permanente sul potere nigeriano, fare pressioni sul presidente Jonathan Goodluck». Inoltre nell’area c’è un gioco d’influenze dei sauditi contro l’Iraq: questo «dal 1978 tenta di impiantare lo sciismo in questa parte dell’Africa sunnita, ma non tanto sicura di essere sunnita».

Fino ad oggi, Boko Haram «non si è mostrato assolutamente interessato al jihad internazionale: è un movimento locale che esiste da tempo, ed è animato da un malcontento annoso e ben noto di cui Kano (la seconda città della Nigeria, nel Nord musulmano) è il centro fermentatore: «Le ricchezze sono al Sud, al Nord non va niente».

La Nigeria, spiega la spia-capo, «è un Paese dove l’intera rendita petrolifera è confiscata dalle élites, siamo musulmane o siano cristiane . Per una ventina d’anni il sistema ha tenuto perché i quadri dell’amministrazione statale e dell’esercito erano essenzialmente musulmani del Nord (il 45% della popolazione è islamica), che distribuivano un po’ di rendita, il bastante per calmare la rabbia della gente, ogni giorno confrontata con le vergognose ineguaglianze e la corruzione del potere. Ma dal 2000 la situazione s’è invertita, i sudisti hanno preso sempre più il controllo del settore pubblico e dell’armata; le genti del nord si sono sentite abbandonate. Il fondo islamico ha consentito di strumentalizzare questa collera... ma fino a ieri, Bojko Haram era un movimento di rivolta locale, mosso da rivendicazioni economiche locali, e mai interessato al jihadismo globale» di stampo saudita.

Fino ad oggi. Fino a quando sono arrivate le valige piene di dollari.

Ma il rapimento delle studentesse che ha suscitato una così ben coltivata indignazione nel mondo (cominciare dalla moglie di Obama) è un passo falso dei finanziatori arabi, una macchia nera indesiderata sull’Islam, oppure qualcosa di orchestrato per giustificare l’intervento «umanitario» occidentale, come Ryad e il Katar hanno cercato di fare in Siria, accusando Assad di usare i gas, che invece sono stati i loro guerriglieri jihadisti a tirare?

Qui le ipotesi si sprecano. C’è anche chi sostiene che lo stesse presidente nigeriano, Jonathan Goodluck, cristiano, abbia provocato (o costruito) il rapimento di Boko Haram, per diffamare la maggioranza islamica, e consolidare il suo potere, e quello delle petrolifere anglo-americane: ha infatti chiamato esperti israeliani a soccorso.



Altri notano l’intensificazione di attività segrete
da parte del comando generale americano per l’Africa (AFRICOM), fra cui una misteriosa «Operation New Normal» condotta da specialisti militari molto selezionati.

Non siamo certo in grado di sceverare questi misteri; il prossimo futuro ci dirà se la Nigeria diventerà il bersaglio del prossimo intervento umanitario. Una cosa è certa: i servizi francesi hanno preso le distanze da Hollande e dal suo ridicolo tentativo di «coordinare una risposta regionale» contro Boko Haram, convocando a Parigi i capi e capetti degli stati africani circonvicini. Qui possiamo dirlo con certezza, perché è Alain Chouet ad affermarlo in un’intervista a Marianne: a che serve l’iniziativa di Hollande?



«A mostrare che si è attivi. Ma a parte l’armata del Ciad, gli eserciti locali non valgono niente, non hanno alcun valore operativo, e non si vede quale sarebbe il tornaconto del presidente del Ciad (il musulmano) Idriss Deby. Se le cose vanno male, questi ci diranno che è colpa nostra, che li abbiamo mal consigliati...».

Ed ancora: «Hollande dice che ha le prove del legame tra Boko Haram ed Al Qaeda al Meghreb Islamico (la famosa AQMI); mi piacerebbe che le desse, queste prove, pèerché sembrano evanesceni»...

Come dire: le «prove» non le ha avute certo dai servizi francesi.



 


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