>> Login Sostenitori :              | 
header-1

RSS 2.0
menu-1
TUTTI |0-9 |A |B |C |D |E |F |G |H |I |J |K |L |M |N |O |P |Q |R |S |T |U |V |W |X |Y |Z

Archivio Articoli FREE

Buenos Aires: l’ultimo servizio del procuratore Nisman. Al Mossad
Stampa
  Text size
«Il giornalista che ha per primo dato notizia dello sparo che ha portato alla morte il procuratore federale Alberto Nisman ha lasciato l’Argentina, dicendo di temere per la sua sicurezza. Damian Patcher, del Buenos Ayres Herald in inglese, la lasciato il Paese sabato... Haaretz ha riportato che Patcher è diretto in Israele, dove pensa di rifugiarsi. Patcher è ebreo ed ha la cittadinanza israeliana». Così il Times of Israel.

Quanti ebrei tutti in questa brutta storia, e tutti scatenati a rovinare Cristina Kirchner, la presidenta. Ebreo il procuratore Alberto Nisman, suicidatosi (o suicidato) in casa sua dopo aver pubblicamente denunciato la presidenta di «aver coperto con un patto segreto i mandanti della strage del 18 luglio 1994 alla mutua ebraica di Buenos Aires (85 morti, 300 feriti)» — una strage che puzzò subito lontano un miglio di false flag, con gli agenti del Mossad venuti apposta ad affollarsi sulla scena del crimine per «portare» prove, testimoni subornati, imputati poi assolti per non aver commesso il fatto (1).

Alberto Nisman
  Alberto Nisman
Da vent’anni Nisman indagava sul crimine: procuratore ebreo per un possibile false flag ebraico, e fatto inaudito nella storia giudiziaria argentina, non aveva che quel dossier di cui occuparsi. Da vent’anni solo quello: con un grosso stipendio e una segreteria di 40 persone. La sua tesi è – era – quella del Mossad: è stato l’Iran a comandare il mega-attentato, libanesi di Hezbollah ad eseguirlo, e il Governo argentino (allora capeggiato da Carlos Menem, di origine siriana) a coprirlo con depistaggi e falsità.

I media ebraici (fra noi, Il Foglio si distingue) puntano insinuare che Cristina Kirchner aveva interesse all’omicidio del procuratore: «Il 19 gennaio Nisman è atteso in Parlamento, a presentare le prove alla base della sua denuncia. Attenzione: è una denuncia, non un’accusa – sottolinea Il Foglio stesso (interessante: niente prove) – Non ha bisogno di avere prove ai fini di una condanna, ma di elementi sufficienti ad aprire un’inchiesta. Dice comunque a giornalisti e collaboratori che ha in mano «prove inoppugnabili, talmente evidenti da mandarli tutti in galera». Il 18 sera viene trovato cadavere nel bagno del suo appartamento con un foro di proiettile alla tempia destra e una calibro 22, non sua, lì accanto» (2).

Nisma era proprietario di due pistole, una calibro 38 e una 22; ma si fa prestare quella con cui si uccide, da un tecnico informatico che collabora con lui, tale Lagomarsino. Con questa si uccide, o piuttosto viene ucciso, perché al guanto di paraffina «non risulta traccia di polvere da sparo sulle mani di Nisman».

Nisman il super-procuratore, il segugio implacabile e brillante, coraggioso e lucidissimo? Vorrebbero presentarcelo così. La storia delle sue indagini su quell’unico dossier dice tutt’altra cosa.

Nel 2002, Nisman vola a New York per interrogare i due fratelli di Hussein Berro, il presunto kamikaze libanese che avrebbe portato il presunto (e inesistente) furgone carico di esplosivo davanti alla sede dell’AMIA. Berro era ovviamente morto e volatilizzato nell’esplosione. Come era arrivato, il sagace superprocuratore, a questo Berro? Facile: il nome gliel’aveva passato il Mossad nel 1996. Il guaio è che i due fratelli Berro, smontano la teoria: il loro fratello, handicappato e che non sapeva guidare, era in Libano dove è stato ucciso dalle forze israeliane, che ne hanno confiscato il corpo un anno dopo. L’eroico Nisman torna a Buenos Aires; e rilascia dichiarazioni menzognere sulle testimonianze dei due fratelli Berro. I due fratelli Berro vengono a saperlo e rispondono sulla stampa argentina, screditando il procuratore e le sue indagini. «Màs duda sobre el chofer suicida», titola La Naciòn, «no era un dado muy seguro». Già, il dato non era molto sicuro.

Nel 2005, su richiesta di Nisman, l’Interpol arresta l’incaricato d’affari iraniano a Londra Hade Soleimanpour; la giustizia britannica, dopo aver esaminato il dossier delle «prove» fornite, rifiuta di instradare l’iraniano in Argentina, anzi ne ordina il rilascio. Il dossier delle prove (false) è stato messo insieme da Jaime Stiusso, un capo dei servizi segreti argentini, intimo di Nisman e ritenuto un agente della Cia, intoccabile per decenni; la Kirchner è riuscita finalmente a licenziarlo. L’Argentina ha dovuto pagare le spese processuali e i danni a Soleimanpour. Nisman è ridicolizzato presso l’opinione pubblica del suo Paese.

Imperterrito, nel 2006 accusa pubblicamente sui media l’ayatollah Khamenei in persona della strage dell’AMIA, annunciando prove che non ha mai fornito. Nel 2007, obbliga Interpol, a rimettere nella lista nera dei sospetti terroristi diversi diplomatici iraniani che ne erano già stati cancellati dopo il fiasco dell’accusa a Soleimanpour. Nel 2009, accusa direttamente l’ex presidente Menem di aver ostacolato la sua (di Nisman) ricerca della verità perché l’attentato contro l’AMIA sarebbe stato perpetrato con la collaborazione di un argentino di origini siriane come Menem, tale Canore Edul: in seguito, totalmente prosciolto dalla magistratura.

Sarebbe la tragicomica storia di un procuratore fallito, di un dilettante mitomane travagliato da delirio psichiatrico alla Netanyahu («È tutta colpa di Teheran»), di un sayan esibizionista che per eccesso di zelo sionista non sa dare corpo alle imbeccate dell’Ambasciata d’Israele (che lo amava molto); ma non è stato affatto isolato. Anzi ha avuto altissimi complici.

Il giudice federale Juan José Galeano, per esempio: che arresta un trafficante di auto rubate, Carlos Telleldin, accusandolo di aver fornito il furgone-bomba (inesistente: è provato che l’esplosione avvenne all’interno dell’edificio AMIA), nonché venti agenti della polizia provinciale (Bonaerense), supposti complici della strage perché neonazisti mossi da antisemitismo. Sembrò la svolta delle indagini, la ben nota «pista nera» (molto frequentata anche dai nostri procuratori italiani..); ma poi la tv Argentina mostrò un video dove si vedeva Galeano – il giudice – offrire a Telleldin – l’imputato – 400 mila dollari se accettava di accusare tre ufficiali della Bonaerense.

Galeano è stato destituito. Quanto al Telleldin, mentre era in prigione aveva già avuto una più ricca offerta – un milione di dollari – dall’agente dei servizi argentini (SIDE), capitano Hector Pedro Vergez, se ammetteva di aver venduto il furgone-bomba a cinque cittadini libanesi che – guarda caso – erano proprio allora ricercati dalla Cia (sono stati arrestati in Paraguay nel 2004). Telleldin rifiutò, ed è probabilmente per questo che, prima di essere prosciolto per non aver commesso il fatto, s’è sorbito 10 anni di galera: quattro per il mestiere di ricettatore d’auto, 6 per «dimenticanza» della valorosa magistratura (sembra un po’ la nostra, decisamente). Telleldin, in galera, ha studiato legge; è divenuto avvocato di successo; è sfuggito a diversi tentativi d’assassinio. Chissà chi sarà interessato a chiudergli la bocca.

Tra i rinnovati tentativi ebraici di incastrare la Kirchner ed «aiutare» Nisman va segnalata la clamorosa rivelazione – marzo 2011 – del giornalista giudeo Pepe Eliaschev sul periodico Perfil: esiste un patto segreto fra Cristina Kirchner e Ahmadinejad, allora capo del Governo iraniano, per insabbiare l’attentato terrorista dell’AMIA. Un’accusa che un giudice ebreo molto noto, il cancelliere Héctor Timerman – forse perché Eliaschev lo coinvolgeva nella accusa – ha definito «notizia falsa», nata «dall’opportunismo di uno pseudo-giornalista che non esita a dire qualunque cosa possa offendere me».

Fatto sta che persino parte della comunità ebraica argentina dà più appoggio alla tesi «è colpa di Teheran», e pretende di conoscere la verità. Il 19 luglio del 2014, un’associazione delle vittime AMIA, «Memoria Activa», reclama la destituzione di Nisman.

Il fatto clamoroso è che giorni prima, il 6 luglio, il giornalista giudeo Gabriel Levinas, su La Nacion, («Vent’anni di ignoranza voluta») rivela che un agente dei servizi infiltrato nell’AMIA al tempo della strage, e che per vent’anni ha taciuto, s’è lasciato da lui intervistare e gli ha detto: sì, io ho fornito ai miei superiori informazioni e dettagli che sono serviti loro per imbrogliare le piste e montare i depistaggi. Levinas vuol dimostrare la pista nera interna: gli organi di polizia sono antisemiti. Due giorni dopo, fa il nome dell’agente infiltrato all’AMIA: infiltrato, è il caso di dire, perché il Governo di allora voleva sapere quale manovre stava facendo la lobby ebraica per la realizzazione del Plan Andinia — il progetto di smembrare da Argentina e Cile la loro parte di Patagonia, e costituire uno Stato indipendente e molto petrolifero, a cui lavorano Israele ed USA (piano che passa da decenni come delirio complottista, ed è molto credibile). L’agente è ovviamente ebreo, Yossi Perez. Viene immediatamente arrestato e messo sotto chiave, nella speranza che possa testimoniare, sempre che non lo uccidano prima.

Il 14 luglio, a Radio Mitre, dibattito fra il sopracitato Gabriel Levinas e Jorge Lanata. Lanata è stato il primo giornalista ad aver dimostrato che non esisteva alcun furgone-bomba, e sul false flag ha scritto un libro. Levinas ammette: niente nell’attentato permette di accusare l’Iran.

Ma c’è ancora di peggio per Nisman. Da Israele Meir Margalit, un israeliano nato in Argentina, attivista pacifista (è il fondatore del Comitato israeliano contro la demolizione delle case palestinesi), scrive su Haaretz una colonna dal titolo Argentina’s Jews are serving the far right’s silent revolution, ossia: gli ebrei argentini stanno servendo la rivoluzione silenziosa dell’estrema destra».

Naturalmente intende l’estrema destra neocon, dominante in USA e dovunque nelle lobbies estere: sono questi che stanno manovrando con tutti i mezzi per far cadere Cristina Kirchner, sia perché questa sta resistendo ai poteri forti di Wall Street, sia perché suo marito, il defunto presidente Nestor Kirchner, ebreo, «li ha sottoposti a giudizio per crimini contro l’umanità». È noto che il fu Kitchner aveva rotto clamorosamente con Israele per le atrocità contro i palestinesi e denunciato le pressioni ebraiche che riceveva, e che ha rigettato.

Dunque vedete anche voi: Nisman aveva visto smantellare il suo ventennale teorema che non era mai riuscito e completare; sgretolato mese per mese, e a ritmo accelerato negli ultimi mesi; e a disfarglielo contribuivano sempre più forti ed esplicite voci ebraiche; aveva perso il suo manovratore Stiusso, licenziato dai servizi. Era vicino il momento in cui il monomaniaco Nisman poteva temere di fare la stessa fine del «giudice» Galeano, il corruttore e falsificatore di testimoni: espulso e sotto processo.

In una parola: Alberto Nisman era ormai diventato del tutto inutile per Israele, e un peso per il Mossad. Non c’era che un solo, ultimo modo per utilizzarlo: farlo suicidare. Dopo aver annunciato estreme rivelazioni («prove inoppugnabili, talmente evidenti da mandarli tutti in galera») che avrebbe fornito in audizione al Parlamento il giorno dopo.

È il bello di Nisman: non si butta via niente.

Il suicidio – comunque sia avvenuto e chiunque l’abbia compiuto (i kidonim esistono per questo) – ha ottenuto l’effetto sperato: migliaia di zombies argentini sono scesi in piazza con cartelli prestampati «Je suis Nisman», ad imitazione pavloviana della manifestazione «Je suis Charlie», e reclamando la messa sotto accusa della Presidenta. La quale ha reagito con un repulisti dei suoi (loro) servizi, esigendo le liste dei collaboratori in nero e dei confidenti irregolari, e l’immissione di 300 nuovi agenti patriottici.

La Kirchner corre davvero il rischio d’essere rovesciata. Ma il rischio maggiore adesso è quello che s’incarica di riportare il nostro organo neocon, Il Foglio: «Il settore dell’intelligence antiterrorismo (argentino) è sguarnito. Dice al Clarín un uomo dei servizi: “Buenos Aires, la città della strage alla Ambasciata di Israele nel 1992 e quella alla mutua ebraica del 1994, è pronta per un terzo attentato”».

Questa sì che è una minaccia grave e reale. Se la presidenta non cede, ci sarà un terzo attentato a Buenos Aires compiuto dalle stesse mani che hanno commesso quelli di prima. Il Mossad ha già sicuramente pronti i cartelli. E i nostri zombies di massa che si bevono tutte le versioni ufficiali scenderanno in piazza, raccapricciati, a tenerli alti sulla testa.





1) Per una ricostruzione ampia dell’attentato AMIA e dei depistaggi, rimando qui. Da cui ricavo questa sola frase, sufficiente a dare l’idea: «Si stabilì che un agente del Mossad israeliano trasportò in aereo, con la commissione d’inchiesta israeliana, un pezzo del motore che si voleva far credere fosse un relitto dell’autobomba che sarebbe stata guidata da un terrorista arabo. La Renault individuò il pezzo in questione: proveniva da un’auto che non era stata distrutta da una esplosione».
2) Il pezzo de Il Foglio è a firma di Angela Nocioni, insistente denunciatrice dell’«antisemitismo degli argentini». Lo si legga per apprezzarne l’obliqua distorsione da Dagospia, che titola «Tira brutta aria a Buenos Aires – tutti i misteri del ‘suicidio’ Nisman, la lotta dei servizi segreti e le mosse della Kirchner: ‘Lo hanno ucciso per screditarmi? – Il reporter che annuncia la morte e poi scappa in Israele.




L'associazione culturale editoriale EFFEDIEFFE, diffida dal copiare su altri siti, blog, forum e mailing list i suddetti contenuti, in ciò affidandosi alle leggi che tutelano il copyright.   


 
Nessun commento per questo articolo

Aggiungi commento


Libreria Ritorno al Reale

EFFEDIEFFESHOP.com
La libreria on-line di EFFEDIEFFE: una selezione di oltre 1300 testi, molti introvabili, in linea con lo spirito editoriale che ci contraddistingue.

Servizi online EFFEDIEFFE.com

Archivio EFFEDIEFFE : Cerca nell'archivio
EFFEDIEFFE tutti i nostri articoli dal
2004 in poi.

Lettere alla redazione : Scrivi a
EFFEDIEFFE.com

Iscriviti alla Newsletter : Resta
aggiornato con gli eventi e le novita'
editorali EFFEDIEFFE

Chi Siamo : Per conoscere la nostra missione, la fede e gli ideali che animano il nostro lavoro.



Redazione : Conoscete tutti i collaboratori EFFEDIEFFE.com

Contatta EFFEDIEFFE : Come
raggiungerci e come contattarci
per telefono e email.

RSS : Rimani aggiornato con i nostri Web feeds

effedieffe Il sito www.effedieffe.com.non è un "prodotto editoriale diffuso al pubblico con periodicità regolare e contraddistinto da una testata", come richiede la legge numero 62 del 7 marzo 2001. Gli aggiornamenti vengono effettuati senza alcuna scadenza fissa e/o periodicità