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False libertà e vere schiavitù
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Non posso lasciare senza risposta questo lettore:

«Caro Blondet: lei scrive ottimi articoli giusti e obbiettivi, e forse mi mancheranno, ma non smette di offendere chi ha idee sessuali diverse dalle sue (penso che lei abbia grossi problemi riguardo al sesso!); questo mi dispiace, anche perchè viene da un uomo che si professa cattolico e che dovrebbe se non perdonare, almeno cercare di capire e accettare altri figli di Dio, che se li ha fatti avrà avuto i suoi motivi. Dovè la misericordia e la carità cristiana? Già forse i culattoni sono solo i Vendola e altri, non i suoi amici sacerdoti, poveri pedofili infelici e da perdonare. Si riprenda, perché le sue devianze sessuali la condizionano non poco. La saluto.
Stefano B.
Ps
: Ho una vita felice, mi piacciono le donne, e io a loro. Non mi sento per questo di offendere chi la pensa diversamente da me».


Sono lettere come questa che mi indurrebbero a smettere per sempre di scrivere. Fa cascare le braccia che un mio lettore, apparentemente non occasionale, abbia ancora una visione della vita così superficiale e conformista, bassa e volgare. A parte le offese personali e le allusioni velenose al mio cristianesimo e ai preti pedofili che difenderei, la cosa forse più triste è il fatto che egli ritenga che esistono idee sessuali. Sintomo tristissimo dei nostri tempi, non si riesce nemmeno a capire che non si possono mettere gli atti sessuali nella categoria del pensiero, delle idee. Il fatto che il lettore usi parlare a vànvera non significa che qui noi scriviamo a vànvera come lui e la maggioranza di cui lui fa parte. Il lettore crede di rafforzare i suoi argomenti (chiamiamoli così) con la dichiarazione della sua normalità «Mi piacciono le donne ed io a loro...». Ma non ce ne frega niente, e quel che fa il lettore a letto non è un contributo al discorso. Qui, stiamo parlando d’altro: di vita pubblica, di politica e di diritto.

Non so che cosa abbia dato al lettore l’impulso a scrivermi, forse qualche mia riga su Niki Vendola. A gente come il lettore, ermeticamente chiusa a ciò che non è conformismo di massa, è inutile ripetere quel che dico da anni: che io non ce l’ho con gli omosessuali in quanto tali; semplicemente, rifiuto di riconoscere dignità politica e civile al fatto di essere omosessuali, alle rivendicazioni e ai diritti omosessuali, alla pretesa di un politico e del suo elettorato che l’essere finocchio gli dia un qualche diritto e attenzione in più rispetto agli altri; o addirittura che la sua finocchieria sia, in Niki Vendola, in sè non solo un messaggio politico, ma sostituisca in lui il programma, e lo esenti dall’esporre il suo progetto politico per il Paese. Non combatto Vendola «perchè la pensa diversamente da me» – di pensiero, qui, non ce n’è una briciola – ma proprio perchè, anzichè il suo pensiero, e in sostituzione di quello, il politico finocchio esibisce la sua corporale sessualità.

Da qui già si vede l’orribile deriva introdotta nel discorso pubblico dal movimento finocchio: l’essersi accaparrati per la loro diversità carnale quella tutela giuridica che che nella piazza pubblica spetta – e dovrebbe spettare soltanto – alla libertà di opinione, e alla diversità di pensiero e di espressione. Anzi al contrario: perchè la libertà di opinione e informazione viene minacciata e ristretta ogni giorno di più, mentre la libertà di diversità sessuale viene ampliata. E il perchè dovrebbe essere evidente: ai poteri forti, concedere quelle libertà, non costa niente. Si veda il caso recentissimo in cui il presidente Obama ha finalmente consentito – tra gli applausi dei media progressisti – la libertà dei soldati di dichiararsi gay. In USA vengono ridotte ogni giorno le libertà politiche, civili e sociali serie; da un decennio il potere conduce guerre insensate per Israele e il complesso militare-industriale, contro l’interesse generale dei suoi cittadini; taglia le tasse ai miliardari; salva banchieri mentre condanna alla miseria il resto della popolazione; però dà ai soldati il diritto di dichiararsi gay. Sai che conquista.

Il movimento gay è dunque complice obbiettivo dei poteri forti, e dell’arretramento delle libertà che contano – politiche e civili – che tutti noi occidentali stiamo subendo, e che sono state conquistate col sangue da generazioni precedenti.

La libertà dei gay non sta sullo stesso piano della libertà di voto, che sono di fatto ridotte in USA come da noi. Nè sullo stesso piano della libertà di esprimere opinoni critiche per esempio contro Israele, o contro l’Europa delle burocrazie – libertà che vengono ogni giorni minacciate di censura e di conseguenze penali. Non sta sullo stesso piano del diritto al lavoro, al voto, alla libertà personale, a non essere incarcerati senza essere accusati – diritti basilari, che vengono ogni giorno calpestati sotto i nostri occhi.

Ci sono degli omosessuali che mi piacciono, caro lettore. Sono quelli che non fanno della loro omosessualità una bandiera, che la mantengono privata. Anche quando sono personaggi politici. Ce ne sono, si fanno nomi. E sono sicuro che se Tremonti (per fare un nome) dichiarasse la sua omosessualità, avrebbe di colpo il rispetto e l’attenzione che Repubblica, Il Manifesto, i comici di Ballarò e i vignettisti di sinistra negano a lui come competente ministro delle Finanze: attenti a ridicoleggiare Tremonti – direbbero questi saltimbanchi – fa parte della minoranza oppressa e tutelata... Tanto più sono grato a Tremonti (o a Maroni, o ad altri) per non usare questo mezzuccio moralmente ripugnante.

Per contro – si tranquillizzi il lettore – non ce l’ho solo con i finocchi. Per par condicio, ce l’ho anche con le donne. O almeno alcune: le donne come movimento, come politica al femminile. Precisamente con le Carfagna, le Prestigiacomo, le Brambilla; con tutte le donnette diventate ministre per pari opportunità, quote rosa, nottate berlusconiane o meriti vulvari, che si sono montate la testa, convinte che il possesso della vulva – e il suo uso quanto meno spregiudicato – dia loro un qualche diritto in più sui loro colleghi maschi, esiga più attenzione per le loro paturnie e capricci, costituisca in sè un motivo superiore di dignità politica, di speciale tutela, e conferisca più valore alla loro presenza pubblica.

Sicuramente avrete notato come i giornali progressisti, anzi tutta l’opposizione di sinistra, adotti un cauteloso atteggiamento di rispetto per un solo personaggio nella maggioranza governativa: Mara Carfagna. Proprio quella, che si sa benissimo che non è arrivata lì per meriti politici o intellettuali, non viene ridicoleggiata ogni giorno. Si sta ben attenti a non offenderla: perchè la si sa capace di reagire come donna, ossia come minoranza oppressa; proprio lei non si può colpire, perchè a ricordarle che è arrivata là per il favore di Berlusconi, non solo si rischia la condanna per diffamazione, ma la censura morale – ben più grave agli occhi della gente – di discriminazione sessuale e di maschilismo.

A proposito: il nostro lettore di cui sopra, che si sente tanto libero di spirito da accusare me di pregiudizi anti-omosessuali, in realtà ha interiorizzato – da perfetto conformista – il neo-moralismo propagandato dalla Mara vulvare, nella sua veste di ministro delle pari opportunità. I manifesti e gli spot televisivi li avete visti tutti: ti interessa che il tuo chirurgo sia a) omosessuale b) eterosessuale c) non importa. Naturalmente, lo spot segna il non importa. E lo segna al posto di noi cittadini: non ammette parere diverso (alla faccia della libertà d’opinione). E lo slogan è impagabile: «Rifiuta lomofobia, non essere tu quello diverso».

Un simile viscido coacervo di ricatti morali meriterebbe un’analisi approfondita, perchè rivela un intero metodo di soggezione dei cittadini.

Anzitutto, ogni obiezione motivata contro gli omosessuali in politica in quanto omosessuali (e io sono perfettamente in grado di motivare la mia critica), e persino ogni ripugnanza naturale ad accettare come normale quel che non lo è, sono bollati come omofobia; esattamente allo stesso modo, ogni critica ai delitti israeliani e all’invadenza occulta della lobby nei governi occidentali viene bollata come antisemitismo.

E inoltre: «Non essere tu quello diverso». Che cos’è? E’ un appello al conformismo, ma peggio; al conformismo come riflesso condizionato, già instillato da infiniti portavoce della nuova Virtù: se continui a pensare che quelli sono diversi, ad essere diverso sei tu, perchè sei già minoranza. Minoranza oppressa? No, minoranza che deve essere eliminata, che tu devi eliminare in te stesso, nella tua coscienza. Perchè gli altri sono già maggioranza, hanno già vinto; e tu, non ti senti già male di essere rimasto solo? Rientra dunque nel gregge. Te lo consiglia Mara Carfagna.

Ebbene, no: non riconosco a un ministero, il diritto di far lezione di morale a me; tanto meno il diritto di introdursi nella mia coscienza, di giudicarmi e di rettificare le mie intime convinzioni. Tanto meno riconosco questo diritto sulla mia coscienza a Mara Carfagna, ministra per meriti berlusconiani. Inoltre, ritengo offensivo per la mia dignità – dignità come persona – la volontà di creare in me un riflesso condizionato pro-gay. Potrei essere pronto a modificare le mie opinioni sui gay, come su qualunque altro tema; ma voglio argomenti, non ricatti morali e appelli intimidatorii al conformismo.

E oltretutto, questa campagna non viene dalla Carfagna stessa. I comunicati del suo ministero dicono chi ha ispirato la sua proganda filo-finocchi: «Si celebra la VI Giornata internazionale contro lomofobia e in quelloccasioneIl Presidente della Repubblica (le maiuscole sono nel testo, ndr) Giorgio Napolitano, ha ricevuto in udienza le associazioni del mondo omosessuale, Anna Paola Concia, deputata Pd, i Presidenti della Commissione Giustizia di Camera e Senato...’».

Capito? Siamo già alla «Sesta giornata internazionale contro lomofobia»: insomma, è una di quelle campagne dettate dall’alto, da molto in alto, da felpati salotti ONU, Fondo Monetario, Trilateral o qualche altro Stato Maggiore massonico globale. E Napolitano ha dato il suo alto patronato – Pro-Culum? – ricevendo le associazioni del mondo omosessuale.

Capito tutto. Capito a chi interessa la campagna per questi nuovi diritti. A quelli stessi che ci portano via i diritti più veri ed essenziali.

Vale la pena di riportare le parole della Carfagna in questa udianza al Quirinale. Leggo dalle agenzie:

«Lomofobia non è ancora stata sconfitta del tutto», commenta il Ministro (la maiuscola è nel testo, ndr), «permangono in Italia sacche di uninciviltà che non dovrebbero avere cittadinanza in un democrazia fondata sui diritti, quale è la nostra». E ancora: «Per estirpare questo cancro partendo dalle radici, le Istituzioni (la maiuscola è nel testo, ndr) devono continuare a lavorare, come già stanno facendo, seguendo la strada autorevolmente segnata dal Presidente della Repubblica (le maiuscole sono nel testo, ndr), Giorgio Napolitano, nella direzione della prevenzione. Non soltanto, quindi, investire sulla sicurezza dei cittadini tutti i cittadini come il Governo ha fatto sin dallinizio del suo mandato, ma anche contrastare quei pregiudizi che ancora albergano nella coscienza di qualche italiano».

Le parole-chiave qui sono «cancro da estirpare», «sicurezza» e «prevenzione». Andiamo per ordine.

Uno potrebbe pensare che esistano altre piaghe nella nostra società, per cui valga la pena di usare espressioni forti come «cancro da estirpare»: che so, la finanza speculativa globale che ci ha portati alla rovina e ridurrà in miseria un numero notevole di generazioni future in Occidente; uno potrebbe pensare che il «cancro da estirpare» sia Goldman Sachs, siano i bonus miliardari dei finanzieri, sia l’impero della speculazione usuraria sull’economia, oggi onnipotente. Uno magari potrebbe credere che sono «cancro da estirpare» i poteri lobbistici che possiedono i nostri governi e li hanno comprati; le guerre americane che devastano popolazioni da un decennio; le 200-300 testate nucleari dello Stato rabbinico e razzista, che commette delitti e atrocità con assoluta impunità.

No: ora sappiamo che la priorità della cosiddetta politica, il «cancro da estirpare» con urgenza, anzi con diritto di precedenza, è l’omofobia.

Non solo: si potrebbe credere che un ministero inteso – e ciò è benemerito – ad assicurare pari opportunità, appianando le iniquità odiose per il concetto stesso di uguaglianza di tutti i cittadini, avrebbe molte difficili lotte da condurre. Uno potrebbe credere, che so, che il ministero delle pari opportunità dovrebbe battersi perchè esse siano riconosciute alle famiglie numerose, oggi penalizzate socialmente ed economicamente rispetto ai singoli. O tutelare gli studenti poveri e meritevoli che non possono continuare gli studi per mancanza di reddito, privati di opportunità rispetto ai figli di papà che, coi papà ricchi, vanno all’estero a studiare presso università prestigiose anzichè nei nostri truffaldini grumi di parentopoli didattica. Sono solo due esempi: se ne possono aggiungere a iosa, perchè in Italia sono quasi infinite le violazioni delle pari opportunità da risanare.

Invece no: il ministero si dà il compito di tutelare esclusivamente le pari opportunità dei culattoni rispetto agli etero. E’ più facile, e riscuote applausi da Repubblica, da Ballarò, dal Manifesto e da tutti i centri intellettuali progressisti.

Dopo le Quote Rosa – l’obbligo legale e morale che i poteri forti ci fanno di votare un certo numero di donne al parlamento, di mettere una quota di donne nei consigli d’amministrazione, nei consessi eurocratici, nei giornali o in un qualunque altro gruppo operativo, altrimenti siano retrivi, maschilisti e ginecofobi – vedremo le Quote Verdi: con l’obbligo alle imprese di assumere, poniamo, un finocchio ogni cinque lavoratori, e ispezioni della Polizia per controllare il rispetto della legge Pro-Culum, e multe ai trasgressori. Magari, giornali sgraditi al potere per le loro opinioni, potranno essere chiusi non per censura della libertà di pensiero (ohibò, quello mai), ma perchè le ispezioni hanno dimostrato che non hanno in redazione abbastanza culandroni.

La Chiesa – da una parte già sotto accusa per i suoi preti pedofili – dall’altra è già passibile di censura morale e penale, da quando il Papa ha indicato che vuole scoraggiare l’eccesso di omosessuali nei seminari. La Chiesa sarà chiusa per legge, e sostituita con l’Anglicana? O sarà obbligata ad inserire non solo nei seminari, ma nelle conferenze episcopali, la percentuale prescritta di omosessuali? Non vale obiettare che, probabilmente, le ispezioni dimostrerebbero che la quota verde vi è stata raggiunta e superata; il problema sono le ispezioni.

Infatti, è il controllo sociale quello a cui mira il liberalismo terminale e dettato dai centri di potere globali. E’ il nuovo totalitarismo, diverso da quelli che conosciamo solo per un fatto: che mentre quelli esercitavano il controllo sociale dall’alto, questo ultimo è riuscito a delegare il controllo sociale alle masse dei suoi nuovi schiavi. Come dimostra la lettera del lettore, è ormai il gregge che spontaneamente censura i diversamente pensanti. Sono i soggetti che hanno interiorizzato le norme della loro soggezione, e le fanno applicare ai pochi ribelli rimasti. «Non essere tu il diverso», come esorta la Carfagna, col patronato del Quirinale (1).

Come i poteri siano riusciti in questo trucco, di fare che i servi sorveglino le loro catene, si può capire ormai a cose fatte. E’ la continua, microscopica, asfissiante imposizione di regole che ci vengono dettate – così ci ripetono – per il nostro bene, la nostra sicurezza, soprattutto la nostra salute. Con un di più: sono riusciti a convincerci che la cura della nostra salute, la prevenzione dei rischi, aumenta anche la nostra Virtù; che Morale e Scienza si sono unite per dettarci quel che è meglio per noi.

Provo a fare un elenco, che sarà di sicuro manchevole. Le vaccinazioni obbligatorie per malattie non mortali (rendere obbligatorio il vaccino anti-influenzale è ben diverso dalla vaccinazione contro il vaiolo, che faceva stragi). La permanente campagna antifumo, e contro il fumo passivo, di cui ci hanno insegnato a credere che avvelena anche te (così sono le pecore ad ingiungerti di spegnere la sigaretta, in California anche se fumi all’aperto), ma che in realtà mira a marginalizzare i fumatori culturalmente e socialmente. Le asfissianti e ridicole norme sulla privacy, di risibile applicazione, e platealmente violate dai poteri pubblici, dalle intercettazioni a tappeto delle procure, al frugare del fisco nei nostri conti correnti. E guai se provate a protestare: siete forse evasori fiscali?, urla minaccioso il gregge. Avete qualcosa da nascondere? La Virtù infatti non ha nulla da nascondere, la democrazia dei diritti compiuta si deve identificare con la Trasparenza assoluta e totale.

Molti filosofi politici del passato, quando si era in grado di pensare ancora politicamente (e non in termini di omo contro etero, uomini contro donne), hanno lumeggiato la deriva totalitaria insita nella Trasparenza come progetto sociale: non a caso facendo notare che il filosofo Bentham, padre dell’utilitarismo morale (la dottrina per cui un atto è tanto più morale quanto più è capace di produrre felicità – o ancor più riduttivamente piacere – senza riferimento a leggi divine o a presupposti metafisici) fu anche l’inventore e progandista entusiasta del Panopticon: ossia di un edificio ideale dove pochi controllori, dal centro, potessero vedere quel che si faceva in tutte le altre stanze: modello non casuale di quasi tutti gli edifici carcerari moderni, con i loro raggi, non proprio esempio di società libere.

Ma riprendo l’elenco. Che dire dell’obbligo, stabilito per legge ai commercianti, di indire la stagione dei saldi a date fisse e uguali per tutti, e non quando ciascuno di loro vuole? Lo accettiamo, perchè ci è stato giustificato come moralizzazione della concorrenza... già, perchè il capitalismo globale, lo sappiamo, ha una etica, è tutto intriso di moralità (2). E l’obbligo di raccolta differenziata, che costringe i cittadini a mansioni che gli apparati di nettezza urbana (per cui pagano) si rifiutano di adempiere? I quattro bidoncini che ogni famiglia deve tenere a casa sono un simbolo tristissimo della nostra trasformazione da popolo sovrano al rango di servi e forzati. E la patente a punti? Ha distrutto la vita di non so quanti poveri camionisti (che sono più esposti alla misura per il fatto stesso che passano più ore al volante) sottraendo loro il mezzo di lavoro, e intanto crea sempre più pirati della strada, indotti dalla normativa a fuggire senza prestare soccorso.

O vogliamo parlare del reato di molestie sessuali? Non si nega che le molestie sessuali esistano, e che siano odiose le avances del capufficio verso la segretaria, e dei superiori verso gli inferiori. Il fatto è che si tratta di nozione eminentemente soggettiva – chiunque di noi conosce molestate che hanno ben gradito le molestie, anzi ne hanno fatto il trampolino per carriere immeritate (la Carfagna può insegnare) a danno della pari opportunità di altri colleghi – che non è possibile tradurre in leggi ed affidare a pubblici ministeri, senza fornire strumenti per persecuzioni in malafede, intrusioni intollerabili in rapporti privati, e infine un’arma di ricatto che le donne possono far scattare a loro piacimento, dotandosi di possibilità incredibili di persecuzione. Di recente abbiamo saputo che in Svezia – Paese modello del politicamente corretto – due donne hanno potuto accusare Julian Assange di stupro benchè siano andate a letto con lui volontariamente, dopo essersi ricordate che lui non aveva voluto usare il preservativo: caso che il Diritto Romano non aveva previsto, stupro a posteriori di consenziente.

Tocqueville, studiando la democrazia americana, aveva paventato la «tirannia delle maggioranze»; oggi vediamo che essa è aggravata dall’imperialismo delle minoranze.

Se ne vede chiaramente l’esito iniquo nella discriminazione positiva che diventa legge onnipresente. Se era giusta la discriminazione negativa – vegliare che a nessuno fosse negato un diritto civico per il colore della pelle, il sesso o la religione – la discriminazione positiva è quella che non vieta azioni, ma obbliga a certe azioni: assumere una quota di donne o di negri nei posti pubblici, dare per forza case popolari agli zingari e agli immigrati. La pseudo-legislazione che ne risulta è una enorme ingiustizia verso i cittadini in quanto tali: prima i negri che i bianchi, prima gli extracomunitari che i cittadini nativi, prima gli ebrei che i cattolici, i finocchi prima delle coppie eterosessuali (specie se hanno commesso l’aggravante del matrimonio fertile), prima gli zingari che i derubati dagli zingari... fino al punto che i magistrati hanno più riguardo verso i pregiudicati che verso gli incensurati, più fiducia e stima per i delinquenti (collaboratori di giustizia, insomma ausiliari dello Stato) che per gli onesti.

Insomma: non c’è campo in cui l’organizzazione che la Carfagna chiama democrazia dei diritti, e noi preferiamo chiamare il Sistema, non voglia, anzi debba, sostituirsi alle volontà particolari. E l’esercizio delle volontà particolari, bisogna ricordarlo, è ciò in cui consiste la libertà.

Tocqueville aveva perfettamente previsto che la democrazia di massa americana, consolidata dalla pretesa di incarnare l’Impero del Bene, si sarebbe tramutata in un dittatore collettivo, con potere «assoluto, minuzioso, regolare, previdente e dolce», che avrebbe tenuto gli uomini «sotto tutela» e fissati «irrevocabilmente nellinfanzia».

Infatti è proprio a questo che mira tutta l’ideologia di gestione pubblica, incentrata sulla prevenzione, e che la Carfagna ha evocato nel suo comunicato: invocando prevenzione contro la omofobia.

Ma come si fa di grazia, a prevenire questa omofobia? Sembra che si debbano se mai punire – a posteriori – gli atti di violenza contro omosessuali. E’ chiaro che quando si vuole sconfiggere lomofobia, si vuole censurare un’opinione, inserendo un censore e uno psico-poliziotto nelle stesse coscienze; ciò è ovviamente il contrario della libertà. Ma più precisamente c’è da chiedersi: che cosa vuol dire il potere, quando adotta la prevenzione come metodo totale? Anzitutto, che ha rinunciato a fare appello alle qualità umane dei cittadini adulti – la ragione, la moralità – e a sostituirle con la creazione di riflessi condizionati, insomma che ci tratta come i cani di Pavlov – quali diventiamo effettivamente ogni giorno. La preferenza sistematica della prevenzione sulle sanzioni anche sul piano giudiziario lo conferma: solo la sanzione a posteriori rispetta la dignità dell’uomo, mettendolo di fronte alle sue responsabilità, ossia prende sul serio la sua libertà, anche del colpevole; invece, è l’uomo irresponsabile sotto tutela che deve essere prevenuto, gli si deve impedire di farsi male, come a un infante. Il diritto si degrada in terapia, la norma penale viene abolita e sostituita con la rieducazione, come già fu nell’impero sovietico o maoista. In modo tanto più efficace di quei totalitarismi, quello «dettagliato, regolare e dolce» di oggi riesce a far di noi (o dei più) esseri asserviti; tanto da dare il loro assenso pavloviano al loro servaggio.

Esagero, direte: in fondo quanto intaccano le nostre libertà i divieti di fumo, le nozze gay, le quote rosa?

Ma già Benjamin Constant invitava a non dimenticare che «è soprattutto nei dettagli che è pericoloso asservire gli uomini... La soggezione nelle piccole cose si manifesta continuamente e si fa sentire indistintamente a tutti i cittadini. Non li porta alla disperazione; ma li contraria incessantemente e li porta a rinunciare alluso della loro volontà», ossia alla libertà.

E’ quel che avviene, ed è questo – ne sono convinto – il motivo profondo del declino politico, dell’imbarbarimento sociale, e del degrado persino intellettuale dell’Occidente.

E’ ovvio che l’instaurarsi dello Stato come Stato Preventivo non solo amplia enormemente le sue capacità di controllo sociale extralegale (tanto più extralegale in quanto la legge, il diritto, viene sostituito via via da norme introiettate), ma crea il cittadino infante: esseri timorosi intellettualmente, cauti a non pensare oltre le invisibili linee vietate dalla opinione pubblica creata dai media e dalla propaganda, pauroso di essere diverso, timido a non superare i limiti del conformismo di massa.

Ora, la gloria e la grandezza dell’Occidente (da Socrate in poi) nasce dallo spirito critico verso l’esistente, dal dibattito platonico volto a liberare da quel che sostiene la gente, e che esamina liberamente il già pensato, senza paura di toccare i fili elettrificati di un campo di concentramento del pensiero. E’ qui, da Socrate, che si sviluppa la libertà o con suoi strumenti concettuali, la capacità di separare gli ordini – l’ordine politico, ad esempio, da quello gestionale-burocratico o peggio terapeutico, l’ordine morale dal conformismo corrente, ed anche una vulva da un ministro.

Bisognerebbe parlare a lungo di questa capacità di separazione degli ordini, la cui perdita è visibile nella lettera di cui sopra: senza distinguere il sesso dalle idee, e più a fondo il livello politico e la sua autonomia dalle pretese di una miriade di minoranze (sessuali, etniche, identitarie, d’interessi speciali), si finisce per confondere i piaceri e le preferenze per diritti, e il bene comune con la somma – e la mediazione – dei desideri e delle rivendicazioni delle minoranze proliferanti; si finisce per sognare una democrazia che abolisce il conflitto invece di approntare il quadro giuridico, certo e neutro, in cui il conflitto fra interessi legittimi e idee opposte può esercitarsi; per lasciarsi sottrarre i diritti politici e le libertà di pensiero in cambio di diritti sessuali inesistenti. Si finisce - come accade oggi – per sostituire destra e sinistra con moderato ed estremista; o per mettere chi obietta contro i gay in politica alla pari della teppaglia occasionale che picchia un finocchio in piazza, tutti comprendendo sotto la categoria di omofobi. Si dovrebbe anche dimostrare come il moltiplicarsi di normative preventive, che sostituiscono il buon senso organico, l’esperienza personale e matura, e la responsabilità individuale, spieghi persino la odierna sterilità occidentale in fatto di filosofia, musica, arte, letteratura.

Il perchè l’aveva già detto Solgentisin osservando la società americana fra cui si trovò in esilio: «Quando tutta la vita è penetrata di rapporti giuridici, si crea unatmosfera di mediocrità morale che asfissia i migliori slanci delluomo». Non parlava certo del Diritto Romano; parlava delle norme come quelle che condannano lomofobia, che vietano il fumo, che prescrivono le quote rosa, o che sanciscono la curvatura dei cetrioli.

E pazienza se lo sforzo preventivo totalitario e minuzioso producesse, almeno, quel che pretende, ossia la massiccia adesione spontanea alle norme, una società melliflua ma senza violenze nè corruzione. Invece – con gran dispetto dei giustizialisti e scandalo dei magistrati intercettatori e imprigionatori preventivi – corruzione, disonestà, evasione fiscale, violenza, piraterie della strada, prostituzione, incidenti del sabato sera proliferano e dilagano più che prima; talchè i giustizialisti invocano ancor più leggi, ancor più divieti, dosi più forti di prevenzione, ancor più riflessi condizionati che iniettino dentro le coscienze il bene.

Farebbero meglio a leggersi quel che diceva il grande giurista Domenico Filangieri: «La forza produttrice delle virtù non è la legge, è la libertà», s’intende la libertà come responsabilità di sè e dei propri atti, non la futile insignificante libertà dei finocchi di finocchiarsi. E anche Montesqueieu: «Le leggi inutili indeboliscono le leggi necessarie».

La caterva di leggi inutili come quelle contro l’omofobia (o l’antisemitismo, o il maschilismo, aggiungeteci quel che volete) ci sta rendendo inetti alla democrazia, che richiede cittadini responsabili. Ma infatti non siamo più in democrazia. Siamo in quell’altro qualcosa, in quel mostro ibrido che la Carfagna, chiama democrazia dei diritti: è la democrazia che diamo per scontata, che crediamo un fatto compiuto, proprio nel momento in cui invece occorrerebbe battersi per riaverla.





1) Nel nuovo sistema, il metodo migliore per fare accettare al gregge le decisioni più liberticide ed assurde è di lasciar credere loro che le decisioni vengono prese non già da qualcuno, non già a nome di tutti (come nel caso della Volontà Generale di Rousseau e Robspierre), bensì da nessuno. Il gregge, che è anarcoide e indocile, si ribellerebbe a decisioni di uno; accetta invece le decisioni di nessuno, in cui si identifica, essendo appunto nessuno. Il vero nuovo potere è – come Ulisse per lo stolto Polifemo – il Potere Nessuno.
2) Il Sole 24 Ore, contro coloro che denunciano il capitalismo globale per la perdita dei posti di lavoro in Europa, lo difende con questo argomento: però ha sottratto alla miseria centinaia di milioni di cinesi e di asiatici. Insomma, non lo sapevamo, ma è per questo che il capitalismo ha voluto espandersi nel mondo rifiutando ogni regola, e assegnando bonus miliardari ai caporioni della speculazione: per far del bene ai cinesi e agli asiatici. Il capitalismo usurario, scopriamo, è il cristianesimo compiuto, è carita globale. E noi, se replichiamo che degli asiatici non ce ne frega molto, quando i nostri figli restano senza lavoro e senza competenze, e sono condannati alla miseria, saremo accusati di essere poco cristiani... Del resto, i tre quarti delle imprese in USA, e il 40% di quelle europe, si sono dotate di codici etici per i suoi dipendenti. Sicuramente anche Goldman Sachs, Monsanto e Lockheed hanno codici etici; immagino riguardanti le molestie sessuali e il divieto di deridere i finocchi.


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