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L'oleodotto di Giuda
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Nel giugno 2003, in Irak, numerose esplosioni hanno colpito gli oleodotti principali del paese. Salta l’oleodotto che dai giacimenti di Kirkuk porta il greggio verso la Turchia, principale via d’esportazione del petrolio iracheno. Viene incendiato il vitale oleodotto che unisce i giacimenti del nord a quelli meridionali, minacciando di lasciare a secco la raffineria di Al-Doura essenziale per il rifornimento di Baghdad. Un’altra pipeline salta poco dopo, mettendo la parola fine, almeno provvisoriamente, alla speranza di ridare luce ed energia alla capitale.

Occupati a fornire queste notizie, giornali e tv ne trascurano un’altra, che negli stessi giorni appare sulle agenzie: gli americani stanno riaprendo l’oleodotto che portava il greggio iracheno fino al porto giudaico di Haifa (1) attraversando la Giordania. Si tratta di una vecchia tubatura, installata dai britannici quando l’intera area era loro possesso coloniale, e chiusa nel 1948, al tempo della prima guerra arabo-israeliana. Mai più usata da mezzo secolo. Ma si sta lavorando a riattivarla a tappe forzate.

Attraverso questa pipeline, una pioggia d’oro sta per scendere su Israele: ricche royalties per il transito, enorme aumento dei traffici ad Haifa, porticciolo di modesta importanza che, per di più, ha sofferto per la crisi economica provocata da Sharon con la sua contro-intifada. Benjamin Netanyahu, ministro degli Esteri di Sharon, s’è precipitato a Londra a incontrare "futuri investitori" nel nuovo business, ed ha annunciato trionfante: "non passerà molto e vedrete il greggio iracheno fluire ad Haifa. E’ solo questione di tempo, e il petrolio dell’Irak inonderà il Mediterraneo".

A prima vista, tanta sicurezza appare mal posta, visto che gli altri oleodotti iracheni vengono fatti saltare con preoccupante frequenza e facilità. Ma forse, siamo noi gli ingenui. Dopotutto, il fatto che gli "altri" oleodotti iracheni diventino insicuri, o siano interrotti, può solo favorire quello diretto ad Haifa via Giordania. Forse, questo sta per diventare l’unico oleodotto da cui passerà il petrolio iracheno. Con aumento delle royalties per Israele.

Il che pone il problema su chi, in realtà, stia sabotando le preziose linee di smercio del greggio. Secondo la vulgata politicamente corretta, si tratta di guerriglieri iracheni baathisti che intendono impedire agli americani lo sfruttamento dell’oro nero nazionale. Ma nel caos iracheno del dopoguerra non operano solo americani e baathisti. Come segnala Sam Hamod, già consulente del Dipartimento di Stato: "fonti irachene riferiscono di truppe che parlano ebraico a fianco dei soldati americani a Baghdad. Anche diversi giornali americani hanno riportato che Israele sta "aiutando l’America" nella ricerca di armi di distruzione di massa [di Saddam].

Inoltre, i metodi usati dalle truppe americane in Irak sono esattamente uguali ai metodi usati dagli israeliani in Palestina: sparare con grossi calibri contro una casa, poi penetrarvi in forza e arrestare gli uomini giovani nella casa, anche senza alcun indizio, e portarli via in località sconosciute. O anche, semplicemente, distruggere case con carri armati, mortai e missili sulla base di "indicazioni" che vi si nasconderebbero "terroristi" o "seguaci di Saddam".

Bisogna prendere sul serio Sam Hamod, che da tempo denuncia l’israelizzazione degli Stati Uniti nei suoi aspetti più biechi. Perché è un ebreo americano, ma prima americano che ebreo; e perché, come ebreo, può dire verità che farebbero linciare un non-ebreo come "antisemita" (2) Vale la pena di riportare ampiamente la sua denuncia: "nessun essere umano decente a questo mondo può vedere Sharon e i suoi cari sionisti ammazzare donne, bambini e vecchi, distruggerne le case, le scuole e gli ospedali, senza provare ripugnanza morale. Ci sono molti ebrei che aborrono questi comportamenti, e sono fra i più eroici a contrastare la brutalità usata contro i palestinesi e lo spionaggio che il Mossad perpetra in tutto il mondo [...] E’ ora di liberarsi dal mito del "piccolo, debole Israele" per vedere la verità: Israele ha esteso i suoi tentacoli su tutto il pianeta."

Hamod, quindi, passa a denunciare "quel gruppo che ha infiltrato la politica americana, i media e la politica militare (e anche di altri paesi); quelli con la doppia cittadinanza, ma sono leali più a Israele che agli Usa e ad altre nazioni; gli agenti del Mossad che sono stati assunti in vari paesi per coprire servizi di sicurezza, e che in quelle posizioni reclutano altri e ne fanno agenti israeliani; e quegli accademici divenuti di colpo delle "autorità" grazie alle loro maniglie nel mondo politico e dei media, veri e propri agenti per Israele: Daniel Pipes, Frank Gaffney, Richard Perle, Bernard Lewis per citarne alcuni" (...).

Troppo pochi nel mondo comprendono che questa "piccola nazione" ha steso i suoi tentacoli sull’intero pianeta: attraverso compitati di azione politica, funzionari o eletti nei governi, o l’infiltrazione di agenti attivi o a riposo del Mossad. Scrivo questo articolo per ridestare la gente a quel che accade, per spazzare via il mito della "piccola povera Israele" diffuso dalla macchina propagandistica israeliana, che ha accesso incontrastato e privilegiato ai media americani e un enorme influsso sulla politica di molte nazioni, compresi Gran Bretagna, Germania, Venzuela".

Dopo ciò, Hamod elenca "alcuni esempi" della tentacolare attività: . molti controllori dei passeggeri negli aeroporti di Francoforte in Germania sono membri del Mossad: ciò è stato attestato da viaggiatori arabi e arabo-americani che sono stati angariati da questi individui, che sono stati sentiti parlarsi l’un l’altro in ebraico. . Molti nuovi assunti nel Dipartimento americano per la Homeland Security (Sicurezza Interna), nella Cia e nell’FBI, secondo gente che lavora in queste agenzie, sono ex-agenti, o agenti "prestati", del Mossad. . [...] E’ un fatto riconosciuto che Wolfowitz, Perle, Fleischer, Lantos (3) ed altri hanno la doppia cittadinanza, israeliana e americana. Lantos chiede più fondi per Israele che per aiuti ai poveri in Usa o anche nella California, che è il suo collegio. E’ ben noto che Wolfowitz e Perle sono stati i promotori dell’attacco all’Irak e premono per aggredire l’Iran, la Siria e il Libano (bersagli primari di Israele). L’AIPAC, l’American Israeli Political Action Committee, spende milioni di dollari per strappare miliardi in aiuti ad Israele, facendo pressioni sui presidenti americani, deputati e senatori (...).

Questi supersionisti esercitano un’enorme influenza sui media poiché possiedono il New York Times (della famiglia Sulzberger), il Washington Post, la ABC (Goldenson), la CBS (Paley) e la NBC (Sarnoff) [...] La maggior parte dei commentatori [televisivi] sono israeliti sionisti (Scott Simon, Dan Shorr, Linda Gradstein, Linda Wertheimer e così via): fate solo il conto di quanti arabi, musulmani o latinoamericani veri (non quelli metà latinos e metà ebrei) sono rappresentati nei media"Così non è strano che, nei nostri film o show televisivi, gli arabi sono sempre terroristi e gli ebrei sempre vittime; gli ebrei sono invariabilmente cordiali e generosi, e mai spietati uomini d’affari o mafiosi. Quando si parla di mafia, i soli cattivi sono italiani, mai le bande criminali guidate da Meyer Lanski, Siegel ed altri.

[...] Naturalmente gli ebrei si stanno solo difendendo, e per questo distruggono coi bulldozer le case in Palestina (non in Israele, ma in territorio altrui), per questo continuano a sequestrare terre ai contadini palestinesi (che devono essere terroristi, altrimenti perché si maschererebbero da pastori e agricoltori di uliveti), confiscano depositi palestinesi nelle banche israeliane, impongono all’America di congelare fondi degli enti previdenziali palestinesi. Non sparano mai a donne e bambini, e se ciò accade è "per errore" e solo con proiettili di metallo coperti di gomma (che uccidono e feriscono, solo non così rapidamente). I missili che sparano su ospedali scuole e ambulanze sono dovuti al fatto che i ragazzini palestinesi devono essere terroristi. Assurdo? Ma non più assurdo delle dichiarazioni che il governo israeliano rilascia dopo aver ucciso: mai chiede scusa, ma sempre "apre un’inchiesta" che non si conclude mai con qualche colpevole israeliano.

[...] I soldati israeliani che hanno la nausea di queste azioni e di queste menzogne vengono etichettati come "traditori" e "bugiardi", svergognati, incarcerati, per non parlare delle altre punizioni che subiscono (ne sa qualcosa Felicia Langer, una sopravvissuta dell’olocausto, principale avvocato difensore dei soldati israeliani che rifiutano di partecipare alla crudeltà e brutalità d’Israele) (4)

Hamod cita "le bugie di Clinton e Barak quando continuavano a ripetere che "stiamo dando ai palestinesi l’80% di quel che vogliono", quando in realtà Barak, con la piena conoscenza di Clinton, costruiva nuovi insediamenti quanti più poteva su terre confiscate ai palestinesi". Poi, sul preteso bisogno di "sicurezza" per Israele: "ovviamente più ci si espande su terra altrui, più si ha bisogno di terra altrui per garantire la "sicurezza" del territorio che abbiamo rubato per la nostra "sicurezza". E ogni volta i presidenti americani, il Congresso e i media guardano dall’altra parte. Sicché il pubblico americano non conosce la verità sulla faccenda".

Anche i presidenti americani e i senatori del Congresso hanno paura di parlare apertamente o di agire con energia verso Israele; o perché temono "rivelazioni" distruttive della loro carriera (come accadde a Nixon quando fece pressione su Israele perché desistesse dagli insediamenti e minacciò di tagliarle i fondi, e a Carter quando perse l’appoggio dell’intero Partito Democratico perché cercava di forzare Begin a piegarsi agli accordi di Camp David) [...] Molti politici fino ai presidenti, secondo funzionari dell’FBI con cui parlai negli anni ’80 mentre dirigevo il Centro islamico a Washington, hanno temuto di essere assassinati dal Mossad o dai loro agenti avventizi; questo timore esiste fin dentro gli apparati di sicurezza americani".

[...] "Ecco cos’è "la piccola, povera, debole nazione di Israele, che si batte per sopravvivere". Guardiamo in faccia la realtà. Questo non è l’Israele che Mosé avrebbe voluto. Questa Israele è una centrale di intrighi, menzogne, brutalità e inganni, con l’unico scopo di distruggere gli altri. E’ la lezione che hanno appreso da Hitler gli ebrei ashkenazi: quelli che oggi stesso, trattano da cittadini di seconda e terza classe i falascià (ebrei etiopici) e i sefarditi, i veri ebrei del Mediterraneo [...]". Fortuna per Sam Hamod che sia ebreo. Da noi, si abbia gratitudine per le coraggiose verità che dice.





1) "Iraq-Israel oil pipeline to reopen", sul britannico Telegraph, 21 giugno 2003.
2) Sam Hamod, Ph.D., ha diretto a Washington un periodico, Third World News. Scrive regolarmente su Counterpunch, una rivista della sinistra liberal. Le frasi che citiamo sono state riprese dal sito "Information Clearing House": cfr. "The Myth of Tiny, Littlea Israel: Zionist Tentacles Everywhere", 26 giugno 2003.
3) Paul Wolfowitz è il numero tre del Pentagono, Richard Perle il "consigliere" più ascoltato di Rumsfeld e presiede il Defense Policy Board al Ministero della Difesa; Ari Fleischer è il portavoce (ora dimissionario) della Casa Bianca; Tom Lantos un influente senatore.
4) L’allusione è al sinistro "campo di riabilitazione di Izun" presso Cesarea dove Israele interna i suoi soldati che hanno perso la ragione per aver partecipato a brutalità inenarrabili contro i palestinesi, o che si rifiutano di farlo ancora.
Pare che siano centinaia, spesso meno che ventenni. Molti sono ex membri del Duvdevan, forze speciali che, mascherate da arabi, praticano assassini mirati nei territori palestinesi. Il giornale Ma’ariv ha riportato i racconti di alcuni di questi soldati.
Fra cui uno che aveva partecipato col suo gruppo all’assassinio del palestinese Iyad Batat ("un terrorista importante") sorprendendolo a casa sua. "All’inizio eravamo tutti contenti ed eccitati per il successo", dice il soldato: "Ci siamo fotografati a vicenda a fianco del corpo maciullato [del "terrorista"], alcuni di noi persino mentre tenevano in mano gli organi interni, ridendo e sorridendo.
Qualche settimana dopo , l’ufficiale delle operazioni venne nella caserma, ci fece un cicchetto e ci ordinò di consegnare quelle foto. Le bruciò davanti a noi. Allora capimmo quel che avevamo fatto". ( "What we have done!", di Eitan Rabin, su Ma’ariv, 5 novembre 2002).



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