>> Login Sostenitori :              | 
header-1

RSS 2.0
menu-1
TUTTI |0-9 |A |B |C |D |E |F |G |H |I |J |K |L |M |N |O |P |Q |R |S |T |U |V |W |X |Y |Z

Archivio Articoli FREE

Elogio di certe immaginette
Stampa
  Text size
In un corridoio oscuro della mia parrocchiale s’intravede nell’ombra un gran quadro del Sacro Cuore. Perché sia stato confinato lì posso intuirlo. Con la sua ornamentalità barocca può, come un parente campagnolo e imbarazzante, turbare la brutale nudità «contemporanea» della cappella feriale: scavata nel sottosuolo, pavimento a sampietrini di tipo stradale, pareti in cemento a vista, tabernacolo laterale della misura e aspetto di una cassetta degli attrezzi e luce al neon. Il soffitto basso in cemento è opprimente: così l’ha voluto l’architetto, il cui intento era di raffigurare un bunker. Immagini e statue sono escluse per principio. È una retorica come un’altra...

  
Laggiù nell’ombra, il Cristo barocco continua a porgere il Suo Cuore fiammeggiante, circondato dalla corona di spine e sormontato dalla croce. Apparve così o pressappoco nel 1675 a Maria Marguerite Alacoque, suora di mente semplice ed animo eroico, dicendole: «Voilà ce Cœur qui a tant aimé les hommes, (...) jusquà sépuiser et se consommer pour leur témoigner son amour, et pour reconnaissance je ne reçois de la plupart que des ingratitudes...». Un’altra volta, l’Apparizione le avrebbe detto: «Mon divin Cœur est (...) passionné d’amour pour les hommes».

È quasi incredibile la fioritura di devozioni, di fervore, di ordini e congregazioni maschili e femminili, immaginette, feste e tradizioni e sapienza teologica di cui quell’immagine è stata feconda. Contro i giansenisti che (ovviamente) gridavano all’idolatria ammettendo come decente solo il culto metaforico del Cuore, Pio VI confermò con bolla che la venerazione era diretta al cuore vero, di carne, di Gesù: organo di un Essere umano che essendo unito alla Divinità del tutto intimamente, il culto che gli spettava era di adorazione. Non erano ancora i tempi in cui la Chiesa temeva asserzioni scandalose, politicamente scorrette. Di seguito, grandi Pontefici moderni, a cominciare da Leone XIII, hanno confermato la sacra devozione con ben tre encicliche: l’ultima di Pio XII, Haurietis Aquas, dimenticata, è da leggere se non altro per vedere con che altezza, con che tono e precisione di termini e di rigore spirituale, si scrivevano le encicliche una volta.

Vi si dice espressamente che «questo culto» non va confuso «con le varie forme di devozione che la Chiesa approva e favorisce, ma non prescrive», che «ciascuno può praticare o no a suo arbitrio»; la devozione al Sacro Cuore si pone sul piano più alto: «Il culto da tributarsi al Cuore Sacratissimo di Gesù è degno di essere stimato come la professione pratica di tutto il Cristianesimo. La religione cristiana, infatti, essendo la religione di Gesù, è tutta imperniata su lUomo-Dio Mediatore, così che non si può giungere al Cuore di Dio se non passando per il Cuore di Cristo». (LETTERA ENCICLICA «HAURIETIS AQUAS» SULLA DEVOZIONE AL SACRO CUORE DI GESÙ)

E invece oggi il Sacro Cuore sembra antiquato, estraneo alla «sensibilità dell’uomo contemporaneo»… Ma di colpo mi viene a mente l’analogia di quell’immagine, anzi l’identità d’intenzione, con la visione dell’altra suora, Faustina Kowalska, successiva di 300 anni. Anche lei malata e visitata da visioni del Cristo. Anche lei come Margherita Alacoque, accesa d’amore e assetata di sacrificio; anch’essa obbligata dal suo confessore, nonostante «la forte ripugnanza», a scrivere le sue memorie e il resoconto delle apparizioni e delle rivelazioni ricevute.

La sera del 22 febbraio 1931, «mentre ero nella mia cella, vidi Gesù vestito con una bianca vesta», scrisse suor Faustina: «Teneva una mano alzata per benedire e l’altra toccava sul petto la sua veste. Dalla tunica socchiusa del petto uscivano due grandi raggi, uno rosso e uno bianco... Gesù mi disse: «Dipingi un quadro secondo l’immagine che vedi, con sotto la scritta Gesù, confido in Te. (...) Prometto che l’anima che venererà questo quadro non perirà».

Ed ancora: «Io dò all’umanità un vaso col quale potrà andare ad attingere le grazie alla sorgente della Misericordia: questo vaso è l’immagine con questa iscrizione: Gesù, io confido in Te!».

Questa immagine deve continuamente ricordare alla povera umanità l’infinita Misericordia di Dio. «Chiunque avrà esposta ed onorata, nella sua casa, la Mia Divina Effigie sarà preservato dal castigo».

La povera Faustina, confinata nel convento, senza pennelli né alcuna capacità artistica, non sapeva come obbedire all’ordine; il confessore del resto interpretò la visione come un «dipingi l’immagine di Gesù nell’anima tua». Ma Gesù apparve più volte insistendo in questa «assurda» pretesa, perfino minacciandola: «Se trascuri di dipingere quest’immagine e non diffondi l’opera della Misericordia, nel giorno del giudizio risponderai di un gran numero di anime». Perché «attraverso questa immagine concederò molte grazie alle anime, perciò ogni anima deve potere accedere ad essa... Dì all’umanità sofferente che si stringa al mio cuore misericordioso ed io la colmerò di pace... Prima che io venga come giudice giusto, spalanco le porte della mia misericordia».

Alla fine, Faustina si fece condurre dal confessore presso un pittore, tal Kazimirowski a cui spiegò bene o male il soggetto che doveva dipingere. Quando vide il risultato, Faustina si mise a piangere, tanto l’immagine era lontana da quella che aveva vista.



Ad aumentare la difficoltà, erano i due raggi che uscivano dal Cuore: uno rosso e uno bianco – i colori della bandiera della Polonia – che dovettero far rabbrividire vescovi e la Curia, timorosi dell’impiantarsi di una «chiesa nazionalista» polacca: non mancavano precedenti (come i mariaviti, scomunicati da Pio X) e ne era gravida una certa mistica patriottica, che spiegava le sofferenze della patria per mano dei suoi nemici, russi e tedeschi, con l’idea pericolosamente misticheggiante della «Polonia Cristo delle Nazioni». Per di più, il quadro originale fu distrutto durante l’insurrezione di Varsavia; quello che è diventato famoso in tutto il mondo, e che anche voi – spero – portate nel portafoglio o nella borsetta come invocazione della Misericordia infinita, è una terza versione pittorica, chissà quanto lontana dalla visione: Faustina Kowalska non lo vide mai, essendo morta molto prima. Del resto l’immagine, lievemente corretta nei raggi per allontanare l’idea della bandiera polacca (rosso il Sangue, azzurrina e non bianca l’Acqua), era stata messa in un corridoio di passaggio, non esposta pubblicamente alla devozione. Furono i soldati polacchi, che portavano l’immaginetta grande come un francobollo (la distribuiva padre Sopocko, l’assistente spirituale di Faustina) nascosta nel cappello militare, e furono sparsi nel mondo e nei campi di prigionia dalla guerra, a diffondere il culto della Misericordia «per il mondo intero». Miracoli e grazie innumerevoli sono stati collegati a questa immagine, come al Sacro Cuore.

Inevitabilmente, questo è uno degli aspetti in cui protestanti vari, razionalisti e «cattolici adulti» accusano nel cattolicesimo un – come chiamarlo? – materialismo superstizioso, un residuo di pensiero magico e pagano, quando non influssi dell’induismo (qualcosa del genere denunciano i Testimoni di Geova). Faccio solo notare che quelle immagini devozionali non vengono da una spontanea immaginazione di fedeli, né sono un parto di non so quale creatività mistica delle sante veggenti, che anzi si confessano sconsolatamente incapaci; sono raffigurazioni che vengono ordinate dallalto e prescritte, spesso, nei minimi particolari. Sicché se c’è materialismo paganeggiante e miracolismo magico nel potere attribuito alle immagini, essa appare – come dire? – provenire dal Committente che l’autorizza.

È ben noto il caso, quasi scandaloso, perché riguarda un oggetto che gli ostili possono ben definire un amuleto, la «medaglia miracolosa»: fu mostrata in visione precisa, e prescritta nel recto come nel verso dalla Vergine, apparsa alla giovane conversa di San Vincenzo de’ Paoli, Catherine Labouré nel 1830, in rue du Bac, nel centro elegante di Parigi.


Nella notte del 18 luglio, svegliata da un fanciullino che si dirà il suo angelo custode, Catherine lo seguirà nella cappella: dove preceduta di «un fruscio della veste di seta» che sarà descritta come colore «di bianco-aurora», le appare la Vergine, risplendente. La visione si siede sul seggio del cappellano, e credo che sia la sola apparizione in cui la Madonna compaia seduta; la giovane Labouré cade in ginocchio e, mentre Maria le parla per due ore «come una madre che si confida con sua figlia», Catherine – commovente particolare – tiene le mani giunte sulle ginocchia della Madre.

Ma il 27 novembre successivo, la Vergine riappare già quasi come una icona. Ha i piedi poggiati su un globo, attorno a cui si attorciglia un serpente; un piede della Signora è sul rettile. «Questo globo rappresenta il mondo intero, la Francia, ogni persona in particolare», spiega l’apparizione. Essa ha in mano un altro piccolo globo d’oro, sormontato da una croce, che fa l’atto di offrire supplicante a Dio. Poi d’improvviso appaiono sulle dita di Maria degli anelli di diamanti, che mandano raggi in ogni direzione: «Sono l’immagine delle grazie che le persone mi chiedono», spiega la Signora. Alcuni anelli non mandano raggi. «Sono l’immagine delle grazie che ci si dimentica di chiedermi». In quella, attorno alla Madonna appare un ovale sul quale Catherine vede apparire in lettere d’oro: «O Maria concepita senza peccato, pregate per noi che ricorriamo a voi». Poi l’ovale gira su se stesso, e Catherine vede quello che sarà il verso della medaglietta: la M sormontata da una croce, i due cuori al disotto, l’uno coronato di spine, l’altro trafitto dalla spada; forse – ma non è certo – il tutto è attorniato da 12 stelle.

A sentire Catherina, ricevette nel cuore la richiesta di far coniare la medaglia che aveva visto, con la promessa a chi la avesse portata di una protezione speciale di Maria. Anche lì ci furono iniziali diffidenze ecclesiastiche, anche lì l’immagine subì qualche lieve modifica rispetto alla visione. Solo due anni dopo le prime copie furono distribuite, e subito – senza che fosse nota l’origine dalle straordinarie apparizioni di rue du Bac (la Labouré, riservatissima, confidò la cosa solo alle sue superiori) – la gente la chiamò «medaglietta miracolosa».

Personalmente ho ignorato la medaglietta, e non le avrei dato peso, se non fosse per un fatto: che Madre Teresa ne aveva sempre una scorta in quella sua sporta della spesa con cui andava in giro per il mondo, e le distribuiva generosamente a chiunque la avvicinasse. Il fatto che essa credesse all’efficacia e alla protezione dell’amuleto, mi fa prendere sul serio questa «superstizione». Quando morì e il giornale mi mandò a Calcutta alle esequie, le sue suore tenevano a bada noi giornalisti dandoci, invece di risposte ai nostri tentativi d’intervista, una medaglietta e un sorriso. Di recente a Parigi ho visitato il santuario di Rue du Bac: silenzio e pace di una piccola Lourdes in mezzo a Parigi, fra due grandi magazzini di lusso; vecchi africani inginocchiati che sgranavano il Rosario con profonda fede, il corpo incorrotto della veggente nel sarcofago di cristallo... Venne spontaneo inginocchiarsi e non dimenticarsi di chiedere.



Né è frutto di un pittore umano l’immagine più venerata del Sudamerica, la Vergine di Guadalupe, la Virgen Morena. Bella ma troppo lunga la storia. Basterà dire che essa apparve nel 1531 presso quella che oggi è Città del Messico ad un azteco appena convertito, Juan Diego, nato Cuauhtlatoatzin, di cui si sa poco perché era un povero contadino, un umile nulla, ed alcuni dubitano persino sia mai esistito. Sorvolerò sull’imbarazzo del poveretto quando la Signora gli chiese di andare dal vescovo, uno spagnolo francescano, per far costruire una chiesa sul luogo; tre volte Juan Diego andò, non fu creduto, né forse del tutto ascoltato. La terza volta, tornato sul luogo dell’apparizione, trovò splendide rose di Castiglia sbocciate fuori stagione; le raccolse nel suo grembiule di agave (la tilma) e corse a mostrarle al vescovo Juan de Zumarraga, come prova; appena arrivato aprì il mantello, caddero i fiori, e sulla tilma apparve l’immagine della Signora, come impressa misteriosamente. Il vescovo e i presenti caddero in ginocchio davanti a quell’immagine.



La Vergine qui ha abiti aztechi, pelle scura e la Luna sotto i piedi; nell’insieme, sembra una pittura naif di stile indio, ma per la fede è l’impressione quasi fotografica di Colei che Juan Diego vide quel giorno. Non vi sarebbero pigmenti sul rozzo tessuto (ma alcuni altri ve li hanno identificati); taccio le ricerche degli anni 1950-77 secondo cui nelle pupille della fanciulla riprodotta si vedrebbe una figura maschile inginocchiata identificata con Juan Diego. Mi limito a notare che il grembiule del contadino, in fibre d’agave, è assai deperibile, e invece dura da 500 anni, esposto alla focosa devozione sudamericana. Non sarà mai possibile tranciare la questione; secondo ciò che suppone il credente, si tratta della più clamorosa immagine akeiròpita, ossia non fatta da mano d’uomo, e una figura dal cielo; per gli scettici un dipinto.

In ogni caso, è la più toccante testimonianza della sincerità e profondità autentica delle conversioni di massa degli aztechi, e la smentita delle leyenda negra che vuole quelle conversioni forzate o sotto violenza dei conquistadores. A poco più che un decennio dalla conquista, ecco già la prima apparizione e la travolgente devozione popolare: il nuovo popolo e la sua Madre si riconoscevano e si abbracciavano reciprocamente. Quel popolo, oppresso da una religione di morte e sacrifici umani, visse l’annuncio cattolico come una vera liberazione; in un museo americano ho visto quadri religiosi dell’epoca, dipinti da indi, che ritrassero la Vergine con gli abiti di gran signora spagnola con broccati, crinoline e colletto pieghettato (a nessuno di loro sarebbe venuto in mente di dipingere la Madonna con i semplici vestiti di una ragazza azteca): sono esplosioni di gioia di vivere e lieta devozione. Gran parte di quel popolo sarebbe poi stato decimato dalle malattie infettive portate dagli europei. Ma nella visione di lassù, poco importava: siamo tutti quaggiù per poco. Sono stati salvati, e questo conta.

Questo discorso un po’ lungo ed erratico, per dire cosa, cari lettori? Forse questo: la delicatezza con cui da lassù siamo amati, anche nelle nostre debolezze d’immaginazione, soccorrendola con immaginette e medagliette (che sono una summa teologica in geroglifico). Se rivedo l’immagine antiquata del Sacro Cuore e la confronto con quella di Cristo della Misericordia dal cui cuore partono i raggi rosso e bianco-azzurro, mi pare quasi che – constatato l’affievolirsi dell’efficacia suggestiva della prima immagine – lassù si sia provveduto a scegliere un’altra anima eroicamente devota fino al sacrificio totale di sé; come ha scritto Pio XII una di quelle «anime predilette, cui svelò i segreti divini di questo culto e che Egli elesse a messaggere, ricolmate di grazie speciali» – per comunicare a tutti noi («al mondo intero») che quel Cuore è ancora lì per accoglierci, e ci attende nonostante ogni nostro peccato. L’immagine, ora, è in qualche modo più moderna, più adatta al nostro (povero) gusto. Come che sia, senza alcuna pretesa artistica, essa «ci parla». E a quale scopo ci è stata data di nuovo così aggiornata?

Il motivo è, credo, in questa nota dell’abate Chautard: «La buona riuscita della meditazione spesso dipende dalla cura che si mette nel considerare lInterlocutore come vivo e presente, e nel cessare di considerarlo come lontano e passivo, cioè come un essere astratto». Ci aiuta a pregarlo così: vivente. E il Suo cuore, in quel Regno dei Cieli inimmaginabile, continua a battere ormai imperturbato, e a darsi a noi.



Associazione culturale editoriale EFFEDIEFFE


 
Nessun commento per questo articolo

Aggiungi commento


Libreria Ritorno al Reale

EFFEDIEFFESHOP.com
La libreria on-line di EFFEDIEFFE: una selezione di oltre 1300 testi, molti introvabili, in linea con lo spirito editoriale che ci contraddistingue.

Servizi online EFFEDIEFFE.com

Archivio EFFEDIEFFE : Cerca nell'archivio
EFFEDIEFFE tutti i nostri articoli dal
2004 in poi.

Lettere alla redazione : Scrivi a
EFFEDIEFFE.com

Iscriviti alla Newsletter : Resta
aggiornato con gli eventi e le novita'
editorali EFFEDIEFFE

Chi Siamo : Per conoscere la nostra missione, la fede e gli ideali che animano il nostro lavoro.



Redazione : Conoscete tutti i collaboratori EFFEDIEFFE.com

Contatta EFFEDIEFFE : Come
raggiungerci e come contattarci
per telefono e email.

RSS : Rimani aggiornato con i nostri Web feeds

effedieffe Il sito www.effedieffe.com.non è un "prodotto editoriale diffuso al pubblico con periodicità regolare e contraddistinto da una testata", come richiede la legge numero 62 del 7 marzo 2001. Gli aggiornamenti vengono effettuati senza alcuna scadenza fissa e/o periodicità