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Quando verranno a prendere voi...
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Devo ammettere che la cosa colpisce: come una sferzata in faccia. Da Londra, non me l’aspettavo. Non mi aspettavo che il celebre Foreign Office proclamasse pubblicamente la minaccia di fare irruzione nell’ambasciata dell’Equador per arrestarvi Julian Assange, il fondatore di Wikileaks. Non che mi facessi illusioni sul potere imperiale britannico. Ma è quella sfrontata pubblica intenzione di infrangere l’inviolabilità diplomatica a colpire (1).

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L’impero britannico, e la sua mostruosa emanazione imperiale americana, hanno sempre badato a posizionarsi come i giusti per eccellenza, la forza benefica della Civiltà, anzi la pietra di paragone del diritto, il modello della virtù internazionale. Anche quando aggrediscono (e lo hanno fatto da due secoli a ritmo più o meno biennale) le due potenze lo fanno dichiarandosi esasperate dalle violazioni odiose del diritto da parte del nemico, e per ristabilire l’Ordine del Bene. Mai e poi mai USA e Gran Bretagna hanno scatenato guerre o vi sono entrate per per i loro gretti interessi, ma sempre per difendere alti ideali. Per mero altruismo. In nome del Diritto. Dall’Iraq all’Afghanistan, dalla Siria alle critiche e minacce al «regime di Putin», il copione è stato rispettato anche negli ultimi atroci vent’anni.

Stavolta, basta ipocrisia. Stavolta, Londra ha gettato la maschera? Ho l’impressione che sia qualcosa di peggio: ha fatto il callo, è diventata sorda alle forme «occidentali», a forza di abitudine nel violarle impunemente. Da un decennio, noi tutti abbiamo visto il capitalismo ideologico trionfante, di stampo anglo americano, tramutarsi sotto i nostri occhi in un regime gemello dello sconfitto – sovietico – un regime di miseria, iniquità e menzogna, di incarcerazioni senza processo, di liquidazioni extra-legali.

Noi – noi tutti, ma a cominciare evidentemente dai giornalisti e dai politici europei – abbiamo fatto finta di credere che le Torri Gemelli erano state abbattute da aerei dirottati e guidati da alcuni arabi; non solo abbiamo aderito alla menzogna ufficiale senza discuterla, ma abbiamo accettato che «per questo», gli USA avessero ragione ad invadere l’Afghanistan per catturare Bin Laden, e poi anche l’Iraq – perchè il regime di Saddam Hussein, ci dissero, era complice di Bin Laden: e l’abbiamo ufficialmente creduto. Non abbiamo mai chiesto nè l’identità, anzi nemmeno il numero degli esseri umani che gli USA detengono da un decennio a Guantanamo, ad Abu Ghraib, in chissà quali altri centri di detenzione clandestini ed occulti; di cosa siano accusati; e perchè – se sono delinquenti – non vengano regolarmente processati e legalmente condannati. In fondo, ci siamo detti, quelli sono musulmani militanti, il diritto loro non lo conoscono. Il Congresso USA, su decreto presidenziale, ha legalizzato la tortura : e siamo stati zitti, perchè mai sarebbe capitato a noi, cittadini ligi alle leggi, cristiani, occidentali. Non abbiamo aperto bocca quando abbiamo saputo delle stragi fatte coi droni, perchè avvenivano nell’area tribale fra Pakistan e Afghanistam dove indubbiamente si nascondono i «terroristi islamici»; anzi metà di noi hanno approvato, perchè quello è il solo linguaggio che quelle bestie capiscono. Quando sono cominciati gli assassinii mirati, individui qua e là nel mondo liquidati perchè ritenuti pericolosi dagli USA, non abbiamo chiesto chiarimenti. Nel 2010, è stato ucciso con un drone un cittadino americano, in Yemen: ma si chiamava Anwar Al-Awlaki, era definito «il Bin Laden di internet», e l’ordine di esecuzione senza processo e senza accusa formale l’aveva dato il presidente Obama, il caro, negro e progressista Obama. Abbiamo taciuto quando Israele ha aggredito il Libano, e poco dopo scatenato Piombo Fuso su una popolazione inerme che assedia e mette alla fame da un decennio: dopotutto sono musulmani, militanti, estremisti, non è per loro la nostra civiltà con le sue garanzie. Quando Israele ha aggredito la nave turca Mavi Marmara in acque internazionali, facendovi a bordo una strage senza alcuna giustificazione, i nostri maggiori media hanno condonato, capito, difeso il povero Stato sionista, unica democrazia nel Medio Oriente circondata da nemici.

E così ora siamo arrivati a Julian Assange. Uomo bianco, biondo quasi albino, nemmeno musulmano. Di cosa è accusato? Washington lo accusa di aver rivelato ridicole e vergognose mail fra le sedi diplomatiche americano-occidentali, quasi pettegolezzi, la cui idiozia fondamentale doveva restare un geloso «segreto di Stato». Tutti gli Stati occidentali sono mobilitati per arrestarlo, e metterlo a tacere. Hanno chiuso il suo sito web (ma sono nati subito siti mirror). Hanno bloccato i suoi conti i banca (ma riceve donazioni da tutto il mondo). L’Australia, di cui è cittadino, non lo ha mai difeso: anzi un politico australiano ha detto che Assange dovrebbe essere ucciso (come Al-Awlaki?). La civilissima Svezia sta facendo la sua parte nella caccia all’uomo – naturalmente sulla base della violazione della Virtù e del politicamente corretto: Assange è stato accusato (da due prostitute professionali) di violenza carnale, un’evidente trappola al miele. Per questo delitto, la Svezia ha emesso il mandato di cattura internazionale grazie a cui Londra, ora, vuole arrestarlo violando la sovranità dell’Equador.

L’idea è di estradare Assange in Svezia, dove però lui teme che sarà consegnato agli Stati Uniti (la Svezia non ha dato garanzie in proposito); e in USA, può essere condannato a morte.

A morte.

Per un tipo di delitto che i giornalisti italiani corrivi commettono ogni giorno, quando rivelano e diffondono intercettazioni giudiziarie che diffamano e distruggono persone; protestando che lo fanno per «dovere d’informare», autonominandosi eroi della «libertà d’espressione», libertà d’opinione ed ogni altra nobile libertà occidentale che garantisce l’impunità ai giornalisti. Quello di Assange è sicuramente un reato d’opinione; gli si possono riconoscere i particolari motivi morali, la nobiltà di una battaglia contro un regime ogni giorno più allarmante.

Merita la morte? Solo per un regime più mostruoso di quello defunto sovietico. Una quantità di principii del diritto vigente in tutto l’Occidente civile sono lì per difenderlo: libertà di parola, libertà personale, libertà di non essere perseguitato per le proprie opinioni, libertà giornalistica... i giornalisti di tutto l’Occidente dovrebbero insorgere come un sol uomo per questa serqua di odiose, sfrontate, violazioni della civiltà, da parte delle autorità pubbliche più stimate.

Ma invece, che fanno i giornalisti? Sono tutti lì frementi a prendere le difese delle Pussy Riots, che per aver ballato oscenamente sull’altare della Chiesa del Salvatore a Mosca, cantando una canzoncina contro Putin, «rischiano fino a tre anni».

Queste sono le libertà che difendono i giornalisti. Fino a tre anni loro. Assange, la morte. I diritti più certi e sicuri, cari giornalisti il potere se li rimangia se non vengono ogni giorno difesi.

Lo vediamo dovunque. Il diritto di sciopero, nel Sudafrica «liberato dai bianchi», lo vediamo: l’azienda inglese della miniera di platino ha decretato il licenziamento degli scioperanti; quelli protestano, la Polizia spara e ne ammazza 18. Siamo tornati al capitalismo ottocentesco, quello di prima di Marx: e le sinistre politiche che fanno? Difendono le nozze gay, preparano il gay pride europeo a Milano...

Povere Pussy Riots, perseguitate nella loro libertà di sbeffeggiare Putin, e oltraggiare la religione, contaminare la chiesa più santa di Mosca? Ma Putin non ha mai mandato la Polizia ad assediare un’ambasciata straniera (e non l’ha mai fatto nemmeno Stalin), non ha proclamato la sua volontà di violarne la sovranità sacrosanta. Oggi, a difendere l’Occidente è l’Equador, che ha concesso l’asilo politico ad Assange (e Dio sa se ce n’è ragione) ; a calpestarlo è Londra.

È l’Occidente ad essere diventato la mega-repubblica delle banane, governata dall’arbitrio di dittatori folli, ebbri di potere senza limite. Londra, forse inavvertitamente, ci sta dicendo che, ormai, la libertà di parola viene ritirata, la libertà d’informazione e opinione non meritano rispetto, che il Capitalismo Totale è pronto a violare i suoi proprii principii e calpestare i trattati che ha firmato. E che pretende che gli altri rispettino.

Ma è così perchè abbiamo troppo taciuto. Ora occupatevi delle povere Pussy Riots, giornalistùcoli. Quando verranno ad arrestare voi, non ci sarà rimasto più nessuno a difendervi.





1) È appena il caso di ricordare che l’extra-territorialità delle ambasciate è un principio fondamentale delle relazioni internazionali, il più inviolabile pena la barbarie, la guerra permanente, la perdita di un minimo di reciprocità. Fra l’altro, è esplicitamente consacrata nella Convenzione di Vienna sulle Relazioni Consolari del 1963. L’articolo 27 di tale Convenzione obbbliga lo Stato che ospita l’ambasciata estera a «rispettare e proteggere gli appartementi consolari, insieme con la proprietà del posto consolare e degli archivi consolari» anche «in caso di guerra» fra le due nazioni. Londra ha firmato tale trattato. Però ha detto che ha una legge, varata nel 1987, che le consente di fare irrompere la sua Polizia nelle ambasciate estere. Mai è stata più chiaro l’abuso della dottrina dominante in Occidente, il positivismo giuridico, ossia la perduta distinzione fra «legge» e «giusto».



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