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Riccardi, il ministro noachide
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Leggo su un giornale che Andrea Riccardi, guru della Comunità di Sant’Egidio e neo-ministro alla Integrazione, a metà dicembre ha visitato il campo nomadi abusivo di Torino dato alle fiamme da gente incitata dalla notizia di uno stupro di una sedicenne, poi dimostratosi falso. Qui, il Riccardi ha promesso ai rom «case e stabilità»: cosa che non mi pare compresa nel programma del governo tecnocratico messo al potere.

Definito «Piano Salva-Italia» dalla neolingua, il piano tartassa e punisce fiscalmente chi la casa ce l’ha, ossia l’80% degli italiani; non accenna a dare una casa ai bisognosi italiani. Impone agli italiani rigori e austerità, estrae dalle loro tasche tutto il possibile per mostrare ai «mercati» che continueremo a pagare gli interessi sull’immane debito pubblico.

Da dove Riccardi ricava che in questo programma di rigore e tagli feroci, ci sia posto per dare – regalare – case ai rom?

A parte il fatto che i rom, quando gli vengono date case a spese del contribuente, non vi si stabiliscono, preferendo continuare a vivere nelle loro roulottes (è la loro «cultura» di nomadi) e tutt’al più usano gli appartamenti per accumularvi la refurtiva (è la loro cultura). Ma da dove Riccardi ricava questo suo programma?

Gli stessi giornali torinesi scrivono che Riccardi, «dopo avere visitato il campo, ha avuto un incontro alla sinagoga di Torino, uno dei 'primi luoghi di integrazione', secondo il ministro.

Si passa di meraviglia in meraviglia: la sinagoga «luogo d’integrazione»? Ha in mente Riccardi che in sinagoga gli ebrei apprendono che gli altri esseri umani sono «animali parlanti»? Ha un’idea di come Israele attui «l’integrazione» dei palestinesi, nei Territori e a Gaza? Di come l’ideologia ebraica dominante sia un razzismo feroce e irrazionalista?

Ma tutto diventa più chiaro quando si legge che la Comunità di Sant’Egidio organizza «giornate del dialogo» con il B’nai B’rith (la Massoneria riservata agli ebrei) come quella a Roma di metà gennaio 2009: dove lo stesso Riccardi, a fianco del rabbino Di Segni (bella tempra di umanitario integrazionista) ha avuto modo di confermare che la Sant’Egidio «ha fatto del rapporto con gli ebrei il punto focale della sua vita» (vedi Avvenire, 18 gennaio 2009, «Tra cattolici ed ebrei amicizia irrinunciabile»).

Negli incontri interreligiosi che la San’Egidio organizza ogni anno ad Assisi, lo stesso Andrea Riccardi ha ripetutamente spiegato che lo «spirito di Assisi» si ispira alla « religione universale» preconizzata dal rabbino Elia Benamozegh. Una figura che Riccardi cita molto spesso, nei suoi scritti, come suo maestro spirituale.

«Elia Benamozegh, uomo di grande sapienza», spiega Riccardi, che ne esalta il saggio principale, «Israele e lumanità – Studio sulla religione universale». Un’opera in cui il rabbino «rispondeva alle accuse che l’ebraismo non fosse una religione universale, aprendo una discussione con il cristianesimo e chiedendo di riflettere sulla legge noachica (...). Dove proponeva l’ebraismo come popolo messianico e sacerdotale tra le religioni. (Un libro che) intendeva provocare in cristianesimo e islam, un tiqqun, un processo di risanamento a partire dall’universalismo e dall’umanesimo ebraico» (La fede dIsraele e lumanità: il contributo dellebraismo al mondo contemporaneo).

Palesemente, il cattolicone Riccardi aderisce con entusiasmo a questo «universalismo». Tanto da esigere, come Benamozegh, che siano la Chiesa e l’Islam a fare «tiqqun» (espressione talmudica che sta per «riparazione, redenzione») riconoscendo la verità e la superiorità ultima dell’ebraismo.

Elia Benamozegh
  Elia Benamozegh
È il caso dunque di vedere da più vicino le teorie di Elia Benamozegh (1). Questo importante rabbino livornese, nato nel 1823 e morto nel 1900, talmudista e cabbalista, faceva molto di più che esortare i cristiani al tikkun.

«Benamozegh», leggo in un testo degli ebrei italiani, «riteneva possibile una riforma della cristianità attraverso un vero e proprio percorso di teshuvah»il termine significa «pentimento», «ritorno al nuovo inizio» «compiuto il quale il cristianesimo 'si spoglierà di tutto ciò che ha di contrario alI’ebraismo, deporrà le vesti prese in prestito, i brandelli di paganesimo, che lo hanno reso irriconoscibile ai suoi genitori, che lo fecero espellere dalla casa paterna'» (Lorigine dei dogmi cristiani).

Di cosa si deve «pentire» il cristianesimo? Essenzialmente, di aver dato ascolto a San Paolo: questo rabbino che ha avuto il torto imperdonabile di aver «abolito la Torah», proclamandola «fonte della morte, del peccato e della schiavitù, contrapposta alla fede, con ciò creando una dualità estranea allebraismo».

L’odio per Paolo è una costante del pensiero ebraico. Benamozegh la approfondisce e la rivendica. Soprattutto, odia i dogmi cristiani. Essi sono, per Benamozegh, «come una scimmia rispetto allUomo [Israele, nda]... la scimmia è l’imitazione mal riuscita del modello, e allo stesso tempo la sua caricatura... il Cristianesimo è una religione... non per uomini normali, ove dietro leccesso di ascetismo si cela la corruzione».

Le accuse di Benamozegh al cristianesimo sono veementi. Per esempio: ha la colpa di credere che «l’incarnazione si compie in un uomo solo». Mentre «per la Càbala l’incarnazione esiste nel fatto e pel fatto dell’intera creazione».

È questo, panteismo? Sì, lo è, e Benamozegh lo rivendica.

Il giudaismo religione «racchiude una duplice credenza per Benamozegh il pluralismo della divinità e l’immanenza. È perlomeno quanto afferma la teologia cabalistica... Quanto all’immanenza... gli angeli appaiono come il prolungamento della Divinità nella natura; il Talmùd dice perfino che sono sue membra ed organi... La Càbala, (...) la vera tradizione ebraica riconosce sia l’immanenza che la trascendenza di Dio, e unisce così il panteismo con il monoteismo. La fede che Israele conserva, potrà un giorno riconciliare le Chiese divise». Secondo il rabbino livornese «la Càbala concilierà Israele sacerdote con l’umanità laica».

Benamozegh attribuisce ai cristiani la colpa che è invece essenzialmente dei talmudisti, che hanno fatto di JHVH l’immagine dell’ebreo: «Il cristianesimo... ha fatto un Dio a sua immagine, come gli dèi d’Omero, invece di far l’uomo ad immagine di Dio».

Il suo attacco alla fede di Gesù assume toni che superano quelli di Nietzsche: «La morale ebraica rassomiglia all’uomo, ma all’uomo che realizza le sue due forme, e cioè l’uomo primitivo di Mosè, l’androgino di Platone, l’uomo dai due sessi..., la morale cristiana rassomiglia alla donna isolata, separata dall’uomo, senza il contrappeso della sua fermezza, della sua esperienza; la donna abbandonata a tutti i trasporti della sensibilità, della passione... la concezione del Cristianesimo primitivo ha qualcosa di troppo femmineo..., vi è nella parola e negli atti di Cristo e dei suoi primi discepoli, l’eterno femminino...».

E a proposito della pretesa «universalità» a cui aderisce il Riccardi, Benamozegh accusa la Chiesa di mancare di nazionalismo: «Il patriottismo, è un sentimento dell’Antica Alleanza, che teoricamente non ha posto nella Nuova (...). Il sentimento di nazionalità come l’intendono gli inglesi (sic) è un sentimento essenzialmente ebraico... I cristiani sono un non-popolo, cioè la negazione teorica e pratica di ogni nazionalità».

Se consideriamo che Israele sostiene che anche i palestinesi sono «un non-popolo», e come di conseguenza li stermina, c’è da tremare del messaggio universalista secundum Benamozegh. E Riccardi, come concilia col suo «universalismo» questa difesa del nazionalismo?

Probabilmente, come «un giovane cattolico di Lione, Aimé Pallière il quale si trovava “alla ricerca di un’ esperienza religiosa che non trovava più nel Cattolicesimo”», e che per questo avvicinò Benamozegh.

«... Pallière mostrò l’intenzione di convertirsi all’ebraismo, ma Benamozegh lo dissuase; il giovane francese aveva per Benamozegh un compito particolare, quasi provvidenziale, che poteva compiere solo restando cristiano; Pallière doveva essere il messaggero della... dottrina dei Noachidi, secondo la quale gli ebrei avevano funzione di sacerdoti del genere umano... Per rendersi conto di questa missione, Pallière non aveva bisogno di convertirsi, ma solo di 'purificare' la propria religione da alcuni errori: l’Incarnazione e la Trinità».

Ripudiare l’Incarnazione del Figlio di Dio, negare la Trinità. E i dogmi in generale. Difatti per Benamozegh «teorie ripugnanti, dottrine difformi, vizi inauditi si nascondono sotto i princìpii del Cristianesimo (fra cui) la finzione della resurrezione dei fedeli con Gesù... questi vizi non si sono nascosti, non si son vergognati di sé, ma hanno occupato arditamente un posto nella Chiesa, hanno esposto senza pudore la loro deformità al sole».

Dopo queste piccolissime «riforme» (e adeguato «pentimento»-teshuvah), il Cristianesimo sarà pronto ad aderire alla «religione universale». Che consiste nel «rinunciare alla centralità della Chiesa a favore della centralità di Israele ordinando l’umanità al popolo sacerdotale Israele» nel quadro di «un ordinamento gerarchico dell’umanità ad Israele».

Non che i gentili possano convertirsi all’ebraismo, questo no. Essi potranno e dovranno però ricevere da Israele «la legge noachide con i suoi sette precetti», mentre i veri ebrei avranno la loro religione superiore, con «le sue 613 mitzvot (comandamenti)».

Comandamenti che conosciamo: tipo, non mangiare carne e formaggio nello stesso piatto, non rispondere al telefono di sabato, eccetera.

E sviluppa la dottrina secondo la quale l’ebraismo ha in sé una struttura duplice: la legge d’Israele, con le sue 613 mitzvot, e la legge noachide, con i suoi 7 precetti. Agli ebrei è stata data infatti la «rivelazione di Mosè», quella vera e superiore; gli altri si contentino di quella di Noè, generale e generica. E gerarchicamente soggetta ai giudei.

Chi volesse sapere quale destino gli aspetta, in quanto goy, nella «religione universale» a cui Riccardi aderisce, sappia che (dicono i nostri amici ebrei) «I precetti noachidi prevedono listituzione di tribunali e la proibizione del sacrilegio, del politeismo, dellincesto, dellomicidio, del furto, delluso delle membra di un animale vivo». Ciò che non dicono, è che i tribunali che verranno istituiti, saranno composti da rabbini, talmudici e cabbalisti, i quali potranno comminare la morte ai noachici.

È quel Nuovo Ordine Mondiale che il capo sionista Ben Gurion (nato David Gruen) dipinse, il 16 gennaio 1962, alla rivista americana Look, che gli chiedeva di immaginare il mondo futuro:

«Tutti i continenti si riuniranno in unalleanza mondiale che avrà a sua disposizione una forza di Polizia internazionale. Tutti gli eserciti saranno aboliti (...). In Gerusalemme, le Nazioni Unite (le vere Nazioni Unite) edificheranno un Tempio dei profeti: (...) questo sarà la sede della Corte Suprema dellUmanità», insomma il tribunale ebraico supremo che giudicherà i sudditi noachici, l’umanità non ebraica, con una «penalizzazione rapida e sicura... secondo i principii di Norimberga» (questo lo disse Bernard Baruch). Impiccagioni alla svelta, e senza appello, decretate da talmudisti fanatici. Sarà questa l’epoca messianica.

Ora si capisce meglio perchè un governo tecnocratico-massonico, infarcito di globalisti e banchieri, e presieduto dal presidente europeo della Commissione Trilaterale e membro del Bilderberg (Goldman Sachs), abbia voluto dotarsi di un ministro come Andrea Riccardi, fondatore della Sant’Egidio.

Non poteva mancarvi un «cattolico noachide», cripto-giudeo o piuttosto sub-giudaizzante, pronto ad assoggettarsi, come razzialmente subalterno, alla religione universale senza Cristo risorto e senza Trinità.

Non è questa la religione della Umanità da secoli promossa dalla Massoneria? Non sarà su questo ideale universalismo che le oligarchie del potere, riunite al Bilderberg, conformano l’One World Government, il Governo Mondiale che stanno attivamente preparandoci?

Resta da spiegare come Riccardi, e con lui la Comunità di Sant’Egidio, sia passata dalla fede cattolica all’universalismo di Benamozegh, o con la sua azione internazionale cooperi con tanto zelo (e denaro) all’instaurazione di quel governo mondiale che somiglia così tanto al regno finale dell’Anticristo.

Ma a questo può rispondere una perfida inchiesta sulla Sant’Egidio pubblicata da Sandro Magister su L’Espresso del 9 aprile 1998 (Chi è Andrea Riccardi e perché è diventato ministro nel governo Monti?).

Dove si dice che gli adepti «hanno praticamente abolito il sacramento della penitenza sostituendolo con i mea culpa pubblici nelle assemblee di gruppo», che coltivamo «stranezze in materia di matrimonio e procreazione». E dove si narra la «scoperta del sesso» di questo grupppone di romani di buona famiglia-baciapile che per un po' «simmaginano 'celibi per il Regno dei cieli' e 'monaci nel deserto della città'. Danno ai loro capi i nomi di priore e priora».

«Ma anche la fase monastica si spegne presto», continua Magister. «Nellestate del 1978, in un ritiro collettivo nelle Marche, nelleremo di Macereto, un po' tutti svuotano il sacco. E confessano di condurre tra loro una vita sessuale sin troppo movimentata. Da lì in poi cade il silenzio sul 'nuovo monachesimo' e prendono il via i primi matrimoni. Resta lobbedienza assoluta a quello che era di fatto labate indiscusso, Riccardi».

Ecco qua. Come suol dire l’amico Vittorio Messori, «le posizioni eretiche sono come le posizioni erotiche: poche e ripetitive». E spesso le une nascono dalle altre, come adattamento di una vita personale non limpidissima, che non si vuole depurare.

Benamozegh diceva: «Il Cristianesimo è una religione... non per uomini normali, ove dietro leccesso di ascetismo si cela la corruzione».

E’ probabile che i nuovi monaci falliti per aver presunto troppo di sè, abbiano trovato in questa frase una conferma: non sono loro, è il cristianesimo a non essere «per uomini normali». Meglio noachici.




1) Le notizie sul rabbino Benamozegh sono integralmente riprese dal magistrale saggio di don Curzio Nitoglia, «Elia Benamozegh, cristianesimo e giudaismo», di cui consiglio la lettura completa. (ELIA BENAMOZEGH, CRISTIANESIMO E GIUDAISMO). Aggiungo solo che Elia Benamozegh era amico, e della stessa cerchia, del rabbino Sabato Morace, l’uomo che prestava il suo passaporto a Mazzini quando questi doveva fuggire, inseguito dalla Polizie per terrorismo.


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