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Due papi, un solo papa, nessun papa…
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Contra factum non valet argumentum / nessun ragionamento ha valore, se contraddice fatto reale”

Il filosofo, Zenone di Elea (489-431 a. C.), insegnava - paradossalmente[1] e sofisticamente - che 1°)il movimento non è reale, ma è solo apparente”; 2°)la realtà è immobile”; 3°)uno stadio o una piazza non è mai interamente percorribile, perché lo spazio è divisibile all’infinito” (sono i famosi “paradossi di Zenone”[2]); ora - continuava, argomentando questa volta rettamente - “l’infinito non è mai raggiungibile, altrimenti non sarebbe in/finito, ma sarebbe finito”; quindi (concludeva ricadendo nel paradosso, senza fare le opportune distinzioni), “non si può mai arrivare da un punto di partenza a un punto di arrivo”.

Quando Zenone espose la sua teoria paradossale, racconta Diogene Laerzio (180-240 d. C.), nel suo lavoro fondamentale per la storia della filosofia greca antica: Vite dei filosofi (VIII, 57; IX, 25), lo stava ascoltando un semplice uomo della strada, che, pur non essendo un filosofo, tuttavia aveva il buon senso e l’uso della retta ragione; egli, perciò, si alzò - si recò al punto iniziale della piazza in cui lui stava seduto e nella quale Zenone stava parlando - e, camminando, arrivò realmente e fisicamente, passo dopo passo, al punto estremo della medesima piazza, quindi disse a Zenone: «Io non sono un filosofo come te, non so spiegare con termini scientifici la realtà o il fatto che tu neghi però, “contro il fatto che io sia arrivato realmente da un estremo all’altro di questa piazza, non c’è nessun argomento che tenga, tantomeno il tuo…”»; quindi Zenone dovette tacere e se ne andò scornato …

Soltanto circa 50 anni dopo la passeggiata “filosoficamente dimostrativa in pratica”, fatta dall’«uomo qualunque» difronte al grande Zenone in persona, Aristotele (384-322 a. C.), confutò - anche dal punto di vista filosofico e con termini scientifici (Fisica, VIII, 8; 263 a 5 ss.) - la teoria zenoniana; infatti, 1°) egli ammetteva, con Zenone, che - in potenza, mentalmente, matematicamente o logicamente - lo spazio esistente, tra un punto di partenza e uno di arrivo, è veramente divisibile all’infinito e, dunque, non potrebbe essere percorso (in potenza, mentalmente, matematicamente o logicamente) interamente.

Tuttavia, 2°) lo Stagirita, spiegava pure che lo spazio, il quale separa un punto da un altro di una piazza o di uno stadio, essendo composto almeno di aria (la quale, pur essendo rarefatta, è realmente fisica e materiale) oltre che di polvere: terra, pietre e fango, non è divisibile all’infinito (in atto, fisicamente, materialmente e realmente), poiché ogni materia (per quanto rarefatta) può essere divisa fisicamente solo sino a un certo punto, oltre il quale si arriva al passaggio da una sostanza a un’altra diversa e, dunque, addirittura alla mutazione sostanziale della materia stessa[3], quindi, lo spazio che esiste - tra la partenza e l’arrivo - è percorribile interamente in atto da un punto di vista reale, fisico e materiale.

Oggi (2013/2021), ci sono alcuni intellettuali (chierici e laici) della “destra/conservatrice”, i quali - riprendendo il paradosso zenoniano e negando la realtà o i fatti come sono - dicono che il Papa attuale non è Francesco ma Benedetto XVI.

Ebbene, non vale la pena di ragionar con essi (“cum negante principia nequit disputari”), poiché non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire; il sofista di ieri (V secolo a. C.), come quello di oggi (2013/2021), non vuole ragionare per arrivare alla conoscenza certa della verità; ma vuol solo sofisticare, paralogizzare.

Quando il “ricco Epulone”, il quale si trovava all’inferno, chiese al Patriarca Abramo di mandare il “povero Lazzaro” dal cielo ad avvisare i suoi 5 fratelli che l’inferno esisteva realmente e che essi correvano il grave pericolo di fare la sua stessa fine, essendo avari come lo era stato lui, Abramo gli rispose: “Se non hanno creduto alla Legge di Mosè e ai Profeti, non crederanno neppure a un uomo che sia risorto dai morti” (Lc., XVI, 19-31). In effetti, quando Gesù spirò - a Gerusalemme - molti morti risuscitarono, uscirono dai loro sepolcri ed entrarono nella Città una volta Santa, ma da allora deicida e apparvero a molti Gerosolomitani (Mt., XXVII, 52-53), tuttavia pochi dei Giudei si convertirono, quasi nessuno dei Sacerdoti, degli Scribi e dei Farisei, assolutamente nessuno dei due Sommi Sacerdoti allora in carica, invece il Centurione pagano si aprì alla Fede.

Inoltre, quando Gesù risorse e i soldati che stavano di guardia davanti al Santo Sepolcro lo raccontarono al Sinedrio, i Sommi Sacerdoti dissero loro di raccontare che, di notte mentre dormivano, erano venuti i Suoi Discepoli e avevano rubato il corpo di Gesù (Mt., XXVIII, 13); ma - si chiede S. Agostino - se dormivano, come facevano a vedere che erano stati gli Apostoli o i Discepoli di Gesù a trafugare il cadavere? (Commento al Vangelo secondo Matteo).

Quando alcuni intellettuali, tanto intelligenti quanto poco “benvolenti”, dicono che se, nel vaccino vi sono (e lo ammettono come realmente possibile) i feti abortiti, è comunque moralmente lecito farsi vaccinare per prevenire un’influenza di “corona virus”; che un feto abortito è come un libro di anatomia; che si potrà rifiutare il siero con feti abortiti solo dopo aver debellato totalmente la piaga dell’aborto nel mondo intero (… ossia alla fine del mondo …); ebbene, “cum negante principio, nequit disputari”; infatti, costoro (proprio come i Farisei del Vangelo) non ascolterebbero neppure il povero Lazzaro risuscitato (Lc., XVI, 19-31), i morti risorti dopo la crocifissione di Gesù e apparsi a Gerusalemme a molti altri Giudei (Mt., XXVII, 52-53 ), le guardie del Santo Sepolcro dal quale Gesù risuscitò (Mt., XXVIII, 13).

Non c’è peggior sordo di chi non vuol vedere, sentire e credere ed è inutile continuare a cercare di convincerlo con argomenti ragionevoli, poiché costoro rifiutano la ragione oggettiva: “veritas est adaequatio rei et intellectus” (Aristotele e San Tommaso d’Aquino) e, a essa, preferiscono il loro punto di vista soggettivo e la loro convenienza personale: “Cogito ergo sum” (Cartesio).

Perciò si può dir loro: “Contro il fatto, non c’è nessun argomento contrario che stia in piedi”. Dante, quindi, direbbe: “Non ragioniàm di lor, ma guarda e passa”.

Ora - mi limito alla semplice costatazione, mi domando e dico - chi recita l’Angelus la domenica dalla loggia del Palazzo apostolico in piazza San Pietro? La risposta è semplice ed evidente a tutti (si vede, si mostra, non si dimostra[4]): “Bergoglio!”. È un fatto, è la (triste) realtà come si presenta oggettivamente e non come piacerebbe a me. Poi aggiungo: “Contro il fatto non vale il tuo argomento” e inoltre, “agere sequitur esse / si agisce come si è”, a tal modo di essere segue tal modo di agire. Dunque, se Bergoglio, ossia Francesco agisce da Papa e come tale è reputato dall’Episcopato universale, dal Collegio cardinalizio, dai Sacerdoti e dalla maggior parte dei Fedeli laici battezzati; allora significa che il Papa è Bergoglio.

Inoltre: chi celebra la Messa papale nella Basilica di San Pietro in Vaticano? “Bergoglio!”.

Chi presiede alle cerimonie di Canonizzazione? “Bergoglio!”.

Chi riceve gli Ambasciatori accreditati presso la Santa Sede, i Capi di Stato, i giornalisti di tutto  il mondo? “Francesco, ossia papa Bergoglio!”.

Chi crea nuovi Cardinali? “Bergoglio!”.

Chi è riconosciuto come Papa dal Collegio cardinalizio e dall’Episcopato di tutto il mondo (compresi Burke, Schneider, Viganò, Williamson e Benedetto XVI)? “Bergoglio”.

La visibilità deve accompagnare il Papa e la Chiesa, che non sono enti di ragione o Società pneumatiche, ma reali e giuridiche. Quindi, se vedo che chi agisce da Papa è Bergoglio e non è più Ratzinger dal 28 febbraio 2013, allora significa che il Papa in atto è uno solo (non ce ne possono essere due contemporaneamente) ed è Bergoglio, piaccia o no. La verità è la conformità dell’intelletto umano alla realtà oggettiva e non la conformità dell’oggetto realmente esistente al mio pensiero o desiderio. Quindi, è un fatto che il Papa in atto è Bergoglio, a partire dal 28 ottobre del 2013

Certamente - anche quest’altro è un fatto - ci sono alcuni Sacerdoti, Religiosi e Fedeli battezzati (un “piccolo resto”), i quali sostengono - pur contro quanto ha detto e continua a ripetere lo stesso Benedetto XVI[5] - che il Papa vero è Benedetto XVI.

Ora, con Aristotele e il buon senso comune a tutti gli altri uomini, si può rispondere a questo “piccolo resto”:

“Una rondine, non fa primavera” e inoltre: “Contro il fatto, non vale il ragionamento”.

Poi, se qualcuno avesse un po’ di tempo da perdere, potrebbe - analogamente a quanto fece Aristotele con Zenone - andare a rivedere quel che dicono: la sana ragione, la filosofia, la storia ecclesiastica, il diritto canonico e la teologia 1°) sul problema del Papa eretico deposto o deponendo; 2°) sulle dimissioni di un Papa; 3°) sulla distinzione tra munus et officium; 3°) sul caso del cardinal Mariano Rampolla del Tindaro; 4°) sul valore giuridico/dogmatico di un testo pontificio contenente errori grammaticali; 5°) sulla sanatio in radice di un Papa reputato eletto dubbiosamente, ma accettato poi dalla Chiesa universale (Episcopato, Collegio cardinalizio, Sacerdoti e Fedeli); 6°) sul principio morale: “Melior est conditio possidentis”…, che si applica, in caso di dubbio, per stabilire chi possegga legittimamente un bene, un titolo o una carica: colui che lo possiede in atto (Bergoglio) è avvantaggiato rispetto a colui che aspirerebbe a possederlo o che ne è reputato da alcuni il legittimo possessore (Ratzinger), ma non lo possiede de facto[6].

Per concludere, mi sembra che si possa far propria la soluzione pastorale prospettata dai due Vescovi che, attualmente, proseguono l’Apostolato episcopale antimodernista svolto, negli anni Settanta/Novanta, da monsignor Antonio de Castro Mayer e da monsignor Marcel Lefebvre; essi sono: monsignor Richard Williamson (cfr. intervista al “Decimo Toro”, 1° marzo 2021) e monsignor Caro Maria Viganò (cfr. intervista a “Radio Spada”, 12 marzo 2021), consigliando di non fissarsi eccessivamente e patologicamente sul Papa attualmente regnante (Benedetto? oppure Francesco? …[7]). Infatti, normalmente la ragione ci porta a ritenere, con una certezza morale[8], come Papa regnante in atto Francesco; tuttavia, la certezza assoluta[9], ce la darà solo la Chiesa, quando stabilirà giuridicamente la linea dei Papi, che si sono susseguiti da San Pietro sino all’ultimo Papa allora regnante; come quando dopo il Grande Scisma d’Occidente (1378-1417) - in cui ci furono contemporaneamente tre Papi - il Concilio di Costanza (1414-1418), solo dopo circa 40 anni, verso la fine del 1417, ricompose lo Scisma, con le dimissioni spontanee  di Gregorio XII (il 4 luglio 1415[10] che dopo fu nominato cardinale e vescovo di Porto di Ancona, non “Papa emerito”) e l’elezione di Martino V (l’11 novembre del 1417), ma si giunse alla pacifica soluzione di ogni conflitto successivo unicamente quando, dopo circa altri 20 anni, anche l’antipapa Felice V rinunciò al Papato, nel 1449.

Inoltre, santa Caterina di Siena (1347-1380) si era schierata con un Papa, mentre un altro santo, Vincenzo Ferreri (1350-1419), si era schierato con un altro Papa …

Tuttavia, nessuno dubita che egli durante la Messa consacrasse realmente pur nominando, al momento dell’«una cum», il Papa sbagliato… Succede anche ai Santi, è un fatto e “contro il fatto non vale l’argomento”; quindi, anche i Santi possono aderire a un falso Papa, in buona fede, senza commettere peccato e consacrando validamente quando celebrano.

Come si vede, certe teorie estremisticamente paradossali, come quella di don Minutella e fra Alexis Brugnolo, non sono conciliabili con la storia della Chiesa e anche con la vita dei suoi più eccelsi Santi: “Chi troppo vuole, nulla stringe; l’ottimo è nemico del buono; per star meglio, qui giaccio …”.

d. Curzio Nitoglia



[1] Il “paradosso” è un’affermazione che, contraddicendosi realmente, sembra esser vera. Esso, infatti, è la descrizione di una teoria, che contraddice l’esperienza e l’evidenza comune e di tutti i giorni; quindi, esso appare corretto ma porta immancabilmente a una contraddizione e a un’assurdità. Per capire un paradosso occorre l’intelligenza, ma per credergli basta la stupidità intellettualoide.

[2] Come li definiva Platone nel suo Dialogo, Parmenide, 127 B-E.

[3] Per esempio se divido un’asta di legno o di marmo o di ferro…, arriverò alla particella più piccola di esso - oltre la quale - la sostanza del legno, marmo, ferro… non sussisterebbe più e si arriverebbe alla polvere, passando dunque da una sostanza a un’altra totalmente diversa; per quanto riguarda l’aria, Aristotele spiega che essa non è un “vuoto assoluto”, ma solo “relativo o parziale”.

[4] Se si dovessero dimostrare i princìpi primi e per sé evidenti: innanzitutto essi non sarebbero più “primi”, ma “penultimi”; secondo poi, si dovrebbe procedere all’infinito e non si giungerebbe mai a una conclusione.

[5] Benedetto XVI ha rilasciato un’intervista a Luciano Fontana, il Direttore del Corriere della Sera, che è stata pubblicata in questo quotidiano il 28 febbraio 2021, l’8° anniversario delle sue dimissioni, alla quale ha assistito il segretario personale di Benedetto XVI e Prefetto della Casa Pontificia, monsignor Georg Gaenswein. Benedetto XVI ha risposto alle domande del giornalista in maniera breve, concisa ma lucida e precisa, dicendo di aver preso la difficile decisione di dimettersi in piena coscienza, con la coscienza tranquilla; e di essere convinto ancor oggi di aver fatto bene.

[6] Chi volesse controllare queste tematiche può leggere, aiutandosi con il motore di ricerca, i numerosi articoli apparsi su di esse nella rivista quindicinale antimodernista “sì sì no no” sul sito web www.sisinono.it.

[7] Attenzione a non fare come l’apologo dell’asino  di Buridano (attribuito a Jean Buridan, 1295-1361), che avendo due mucchi di fieno - alla sua destra e alla sua sinistra - di un quintale ciascuno e della medesima qualità, non riuscendo, così, a decidersi per l’uno o per l’altro, morì di fame, continuando a guardare a destra e poi a sinistra prima di scegliere quale mucchio dovesse mangiare… e così via, sino alla dipartita finale…

[8] La “certezza morale” consiste sul modo comune e normale di agire umanamente. Per esempio, normalmente è certo che una madre ami il figlio, lo dia alla luce e poi se ne curi; tuttavia vi è la possibilità remota (e quindi irrazionale, da non prendere ordinariamente in considerazione) del mostro umano ossia della madre che potrebbe uccidere la sua creatura. Ora, se iniziassi a fissarmi sul fatto che la tale puerpera potrebbe odiare e uccidere il suo neonato; cadrei facilmente vittima di una grave malattia mentale, poiché scambierei l’eccezionalmente possibile (il mostro umano) con la probabilità o la possibilità prossima e reale: ossia, il fatto morale che, di regola, la madre ama il figlio, contro il quale fatto morale normalmente non vale l’argomentazione. Così, se chi agisce da Papa, normalmente è il Papa (“agere sequitur esse”), normalmente il Papa in atto dal 2013 è Bergoglio, anche se potrebbe essere remotamente possibile che la Chiesa stabilisca domani il contrario in base ai documenti certi sui fenomeni della “Mafia di San Gallo”, del blocco del flusso di denaro della banca vaticana (IOR) da parte della Banche Centrali Mondiali tramite la Deutsche Bank quale il loro “braccio armato” …

[9] La “certezza assoluta o metafisica” è totale, essa si fonda sull’essere o la natura degli enti. Ad esempio, il triangolo ha tre lati e tre angoli, questa è la sua essenza e nemmeno per miracolo un triangolo potrebbe, restando triangolo, avere quattro lati. Quando dico che il triangolo ha tre lati sono assolutamente certo di ciò e non vi è neppure la possibilità remota del contrario.

[10] Gregorio XII è stato il 7° Papa ad aver dato - il 4 luglio 1415 - le dimissioni dal Sommo Pontificato dopo San Celestino V (il 13 dicembre 1294) e prima di Benedetto XVI (il 28 febbraio 2013).

 

 
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