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I Rothschild: una delle “grandi famiglie” che dominano il mondo
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L’Acuirsi Della Crisi Interna Alla Famiglia Rothschild

Preambolo Ricapitolativo

Nell’ultima puntata abbiamo visto l’inizio della seconda crisi interna che attraversò la famiglia Rothschild - tra il 1830/1835 - a causa della situazione politica che si era creata in Spagna, in cui la loro Banca aveva investito molto denaro per acquistare la miniera di mercurio di Almadén.

In quei frangenti, la situazione politica spagnola si era fatta molto critica, a causa della guerra civile strisciante tra i due partiti dei Cristini (sotto la Reggente Cristina) e dei Carlisti (sotto il pretendente don Carlos), che vennero a fronteggiarsi in quell’epoca.

L’Europa continentale, capitanata dal conservatore Metternich, si schierò con il tradizionalista don Carlos; mentre l’Inghilterra, si schierò con la progressista Cristina.

La Banca Rothschild si trovò spiazzata per la seconda volta (dopo la prima leggera crisi del 1820/1823) e il forte legame di unità che legava (soprattutto per interessi finanziari molto più che sentimentali) i cinque fratelli, venne a incrinarsi, ma solo per un po’.

Infatti, da una parte, Nathan - che viveva a Londra - si trovava più compromesso degli altri quattro suoi fratelli con la politica britannica e tendeva, perciò, a sostenere e finanziare il partito liberale spagnolo, il quale era rappresentato e diretto dalla Reggente Cristina, mentre, dall’altra parte, i quattro fratelli dell’Europa continentale, stretti attorno a Salomone che operando a Vienna seguiva più da vicino la politica conservatrice del Metternich (per convenienza bancaria e non per convinzione ideologica), tendevano a finanziare il conservatore don Carlos.

La crisi militare tra don Carlos e Cristina rischiò di far saltare l’affare milionario che soprattutto Nathan, ma pur sempre con l’aiuto degli altri fratelli, aveva raggiunto in Spagna.

Allora i quattro fratelli continentali (Salomone di Vienna, Carlo di Napoli, James di Parigi e Amschel di Francoforte) si dimenticarono delle benemerenze del loro fratello “finanziariamente maggiore” e gli si rivoltarono contro, rinfacciandogli non solo di aver fatto correre loro il pericolo di un’ingente perdita economica, ma persino di aver portato avanti a loro insaputa una scellerata intesa con l’Inghilterra, che li metteva in conflitto con Metternich, il quale era pur sempre il principale rappresentante della superpotenza europea/continentale.

In questa seconda parte vedremo l’acuirsi finanziario del dissidio interno alla Banca Rothschild, che si era trovata scissa in due tronconi: uno filo/britannico schieratosi a pro della Reggente Cristina e l’altro filo/austriaco favorevole a don Carlos.

La vicenda interna alla Banca si complicò ulteriormente perché il Metternich venne a sapere che Nathan Rothschild remava in direzione diametralmente opposta alla sua, favorendo Cristina e osteggiando Carlos e temeva che gli altri quattro fratelli si lasciassero influenzare occultamente dal capostipite londinese, pur manifestando in pubblico una tendenza filo/austriaca.

Nathan cercò di nascondere ai suoi altri fratelli, e soprattutto all’Austria, il finanziamento che la Banca Rothschild di Londra aveva fatto a Cristina, ma - come vedremo in séguito - i suoi tentativi dissimulatori vennero scoperti sia dal Metternich che dagli altri quattro fratelli Rothschild, causando un certo scompiglio all’interno della famiglia, la quale aveva fatto dell’unità la sua arma vincente per fare affari con tutti i governi, senza legarsi a nessuno ma speculando su tutti.

Il prosieguo della crisi politico/bancaria

Egone Conte Corti ci informa che l’incaricato d’affari dell’Ambasciata austriaca a Londra, von Hummelauer, molto avverso ai Rothschild, venne a sapere dell’atteggiamento filo/cristino di Nathan, tramite un impiegato al Consolato d’Austria di Londra, il quale per di più era anche stipendiato dal medesimo Nathan (ma faceva il doppiogioco) per passargli notizie di quel che bolliva in pentola nel governo e nella diplomazia austriaco/londinese e che sarebbe potuto sfuggire persino a lui.

L’austriaco Hummelauer era molto diffidente nei confronti dei Rothschild in generale e soprattutto di Nathan e «cercava di sorvegliare l’indirizzo politico di Casa Rothschild. Nathan non sapeva del doppiogioco condotto dall’Hummelauer, tramite un anonimo impiegato del Consolato, che mandava spesso informazioni sui Rothschild a Vienna ed era ascoltato con molta attenzione dal Metternich, il quale aveva avuto, così, notizia che Casa Rothschild londinese sosteneva finanziariamente non già il suo candidato, cioè il reazionario don Carlos, bensì Maria Cristina, figlia della rivoluzione» (La famiglia dei Rothschild, II ed., Proceno di Viterbo, Effedieffe, 2021, pp. 327-328).

Hummelauer, per mettere maggiormente in cattiva luce la Banca Rothschild, fece sapere al Metternich che James da Parigi si era recato a Londra da suo fratello Nathan «per sostenere con grandi mezzi finanziari gli armamenti inglesi in pro della Regina Cristina e rialzare così il corso dei titoli spagnoli nei quali la loro Banca aveva investito molto denaro» (ivi).

In realtà ciò non era vero; infatti, James era il capocordata della tendenza filo/carlista e filo/austriaca della Banca Rothschild presente nell’Europa continentale; mentre il solo Nathan, che viveva a Londra, era propenso a concedere finanziamenti (per rendiconto economico e non ideologico) alla Spagna della Reggente Cristina.

Il Principe austriaco, allora, interpellò Salomone Rothschild di Vienna, il quale però in quei giorni si trovava a Parigi per coordinare con James (che sùbito dopo sarebbe andato a Londra per confrontarsi con Nathan) le forze della loro Banca e non rendere l’avventura di Nathan a favore di Cristina un errore irreparabile, alienandosi i favori del Metternich e perdendo pure il monopolio del mercurio.

Il Metternich - tramite l’ambasciatore austriaco a Parigi: il conte Georg Apponyi (1808 – 1899)[1] - chiese spiegazioni a Salomone del comportamento poco leale della Banca Rothschild nei confronti dell’Austria.

Salomone rimase di stucco e rassicurò l’ambasciatore Apponyi  che la sua famiglia non sosteneva affatto la Reggente Cristina di Borbone; inoltre, rivelò, sotto segreto, al medesimo ambasciatore (che si affretterà a ridirlo al Metternich) la confidenza secondo cui Nathan si sarebbe lasciato trascinare a sostenere Cristina dalle preghiere di sua moglie (Hannah), figlia del banchiere inglese Cohen (cfr. Egone Conte Corti, cit., p. 329), ma che gli altri quattro fratelli Rothschild avevano deplorato vivamente questa debolezza di Nathan.

Tuttavia, continuava Salomone, anche i quattro fratelli in disaccordo con l’agire sconsiderato di Nathan «si erano trovati implicati, per forza e loro malgrado, nella faccenda rispondendo in solido, quali consoci, di ogni operazione anche di un solo membro della loro Casa» (Egone Conte Corti, ivi).

Salomone, dunque, cercò di salvare la sua Banca, facendo ricadere la colpa dell’appoggio dato da Nathan a Cristina di Spagna soprattutto su Annah Cohen: la moglie di Nathan, la quale aveva esposto la loro famiglia al rischio di perdere la somma di 16 milioni di Franchi investiti in Spagna e che il Ministro Toreno non voleva più rendere ai Rothschild.

Fu allora che le banche dei Rothschild di Londra e di Parigi si misero a speculare al ribasso sui titoli spagnoli, per sventare la mossa del Ministro Toreno (di cui abbiamo parlato nella scorsa puntata) contro la loro famiglia. Il successo dei Rothschild fu enorme: le rendite spagnole precipitarono da 70 a 37, provocando un tremendo deprezzamento dei valori spagnoli a Londra. «Migliaia di possessori di titoli spagnoli ci rimettono i due terzi della loro sostanza, mentre i Rothschild guadagnano molto più ancora» (Egone Conte Corti, ivi).

Salomone presentò all’ambasciatore Apponyi questo quadro abbastanza ritoccato (cercando di salvare Nathan), pregandolo inoltre di riferire il suo messaggio al Metternich, asserendo: «La Casa Rothschild ha voluto vendicarsi del Toreno e di Cristina, se don Carlos vincerà, lo dovrà in gran parte a ciò» (Egone, cit., p. 330).

L’ambasciatore Apponyi ascoltò meravigliato e turbato al tempo stesso, pensando all’immensa potenza che rappresentavano e possedevano i Rothschild: il potere del denaro, contro il quale anche i Troni cedono, perciò sarebbe stata un’imperdonabile imprudenza esporsi alla loro vendetta come aveva fatto la Spagna del Toreno.

L’Austria del Metternich si rallegrò di tanto scatafascio, perché il tracollo dei valori pecuniari spagnoli aveva inflitto un grave colpo al Toreno e perciò alla reggente Cristina, tanto avversata dal Principe Metternich, anche se la maggior parte di coloro che vennero ridotti sul lastrico da questa speculazione finanziaria furono gli innocenti piccoli risparmiatori …

Tuttavia, dall’ambasciata austriaca a Londra, per tramite dell’Hummelauer, giunsero finalmente nelle mani del Metternich le informazioni reali e oggettive su Casa Rothschild circa le vicende spagnole.

L’ambasciatore austriaco a Londra chiamò Nathan e Salomone (che si trovava ancora in Inghilterra, non essendo ancora ripartito per Parigi). I due fratelli si affrettarono a rassicurare l’Austria che essi non avevano nulla a che fare con la Reggente Cristina, né tantomeno si erano mai sognati di finanziare la guerra della Reggente contro don Carlos.

Egone (cit., p. 321) commenta che Nathan stando a Londra seguiva le tendenze liberali del Governo britannico, ma si guardava bene dal palesare al Metternich questa sua simpatia, del tutto economico/finanziaria, per la Reggente Cristina.

Le spiegazioni date da Salomone e Nathan avevano rassicurato l’ambasciatore Apponyi, però Hummelauer continuava a non fidarsi di Nathan; infatti, per lui era evidente che Nathan si era schierato dalla parte dei rivoluzionari o liberali spagnoli anche se soltanto per convenienza economica e pecuniaria, ma per questa Nathan sarebbe stato pronto a fare qualsiasi cosa; perciò, era meglio non fidarsi di lui.

Hummelauer era convinto della «totale mancanza di veracità» e della «completa venalità» di Nathan, il quale si sarebbe «schierato sempre dalla parte ove ci sarebbe stato qualcosa da guadagnare» (Egone, ivi).

Metternich, messo in guardia dall’Hummelauer, fece le sue rimostranze al procuratore della Banca Rothschild di Vienna. Frattanto, Salomone dall’Austria avvertì Nathan e pure James che s’era recato in Inghilterra a conferire con Nathan. Fu così che i due fratelli si recarono assieme all’ambasciata austriaca di Londra, ma lì incontrarono Hummelauer, il quale davanti a James sbugiardò Nathan (che non poté sottrarsi al confronto con i due), dicendo ai fratelli, entrambi presenti, che Nathan - pur se ora lo negasse - in realtà si era schierato a fianco dell’Inghilterra e a pro della Reggente Cristina.

Egone Conte Corti ci spiega: «Nathan si trovò imbarazzatissimo, non potendo dissimulare in faccia al fratello James. Invece James, ricolmo di stupore, dette la sua parola d’onore di aver scritto a Nathan, a suo tempo, ma in senso diametralmente opposto, cioè contro l’intervento a favore di Cristina» (Egone, cit., p. 332).

Insomma, la situazione tra le due anime dei Rothschild (quella britannica e quella continentale) si era oramai appalesata e Nathan (difronte a James e Hummelauer) non poteva più fingere di non aver finanziato Cristina, mettendosi in contrasto col Metternich e con i suoi altri quattro fratelli dell’Europa continentale.

La situazione interna alla famiglia di Francoforte iniziava a diventare sempre più critica.

Salomone Rothschild, che risiedeva a Vienna e dipendeva ancor più degli altri fratelli dal Principe Metternich, venne raggiunto a Parigi (in cui si era recato per risolvere la questione sollevata dalla vicenda spagnola) da una missiva inviata dal Metternich, che gli chiedeva spiegazioni. Oramai il cappio si stringeva attorno al collo del povero Nathan che venne quasi isolato dagli altri fratelli, sotto le pressioni dell’Austria.

Salomone si discolpò in maniera assai netta, ancor più di quanto avesse fatto James, gettando tutta la colpa solo su Nathan. Tuttavia, cercò di non affossarlo completamente, accusandolo di non capir nulla di politica, ma solo di affari bancari e quindi di essersi impelagato nella vicenda spagnola con la Reggente Cristina senza aver capito quel che stesse realmente facendo e soprattutto senza aver interpellato gli altri quattro fratelli (Egone, cit., p. 334).

Egone Conte Corti commenta: «Il doppiogioco cui è stato costretto Salomone di fronte al Metternich per salvare capra e cavoli gli rincresce a tal punto da fargli pensare per un momento a separarsi dai fratelli ritirandosi dagli affari, ma non è che uno stato d’animo passeggero. In fondo, la direttiva di papà Meyer Amschel: “Solidarietà completa tra tutti i fratelli, coprendo tutti le azioni di ciascuno”, unita al desiderio di lucro - connaturale a un Rothschild - rimangono più forti di tutte le ragioni in contrario e dei riguardi dovuti al Metternich» (cit., p. 335). Fu così che i cinque fratelli ripresero ad andare d’amore e d’accordo soprattutto pecuniario.

Perciò, la vicenda spagnola del 1830/35 c’insegna che, se da principio la Banca Rothschild ha fatto infelici esperienze in Spagna, pur avendo guadagnato moltissimo per l’accaparramento del monopolio del mercurio, in fin dei conti (che son quelli che contano), l’essenziale, cioè l’affare borsistico/bancario, è riuscito più che bene.

Siccome “tutto è bene quel che finisce bene”, i Rothschild possono, dunque, rimettersi “tutti assieme affaristicamente”, unitamente pure al fratello Nathan, che non è stato poi così sciagurato e pericoloso per la Banca Rothschild.

Tuttavia, Salomone continuava a speculare mettendo in cattiva luce Nathan presso Metternich (data la lontananza di Londra da Vienna) per rialzare le sue quotazioni in Borsa a Vienna ove operava lui e il Metternich, senza calcare troppo la mano sul ramo britannico della loro Banca.

Dulcis in fundo, in Spagna, l’acerrimo nemico della Banca di Francoforte: il conte Toreno, grazie alla speculazione borsistica dei Rothschild, ha dovuto dimettersi da Ministro e al suo posto è asceso il massone israelita e amico dei Rothschild Mendizabàl (cfr. Egone, cit., p. 337), insomma vittoria su tutti i fronti.

Inoltre, siccome i titoli bancari spagnoli, nel 1836, erano oramai diventati carta straccia, i Rothschild nel 1836 non avevano più nessun interesse alla Spagna, tranne quello di mantenere la miniera di Mercurio di Almadén. Perciò anche la garanzia politica che avrebbero potuto desiderare di ricevere dalla Francia e soprattutto dall’Austria onde poter speculare finanziariamente nelle Penisola iberica passava in secondo piano.

«Tuttavia, data la loro situazione nella miniera di mercurio spagnola, che non vogliono assolutamente perdere, a causa del monopolio che avrebbe assicurato loro sul prezioso metallo di quell’epoca, essi debbono osservare un certo ritegno e non possono cessare tutte le transazioni finanziarie in Spagna» (Egone, cit., p. 338).

Infine, la Casa dovette assistere a un ultimo spiacevole incidente che chiuderà quell’era poco fortunata per essa.

Il 28 luglio 1836 si spense Nathan Rothschild, che, da morto, ridiventò sùbito buono, bravo, onesto e intelligente anche per i suoi quattro fratelli, i quali lo avevano vituperato sino a qualche giorno prima… perciò i prestiti alla Spagna cessarono realmente: “ex nihio, nihil fit!”.

Tuttavia, Nathan aveva pensato bene, appena poco tempo prima che morisse, a far maritare suo figlio Lionello con la cugina di primo grado, Carlotta, la figlia di Carlo Rothschild di Napoli, secondo la regola data loro dal vecchio patriarca Meyer Amschel, il quale aveva raccomandato ai suoi cinque figli d’imparentarsi il meno possibile con famiglie estranee, per mantenere più saldamente unita la casata e soprattutto il suo patrimonio.

Il matrimonio venne celebrato a Francoforte, la città da cui erano partiti i Rothschild e da dove era iniziata la loro fortuna finanziaria circa cento anni prima, con un grandissimo sfarzo, tra gli invitati vi era anche Gioacchino Rossini, grande amico di James Rothschild di Parigi.

Salomone, che durante la “crisi spagnola” era stato - tra tutti i fratelli - il più severo critico di Nathan, ora dimenticava tutto e annunciava a Metternich «con immenso dolore, con turbamento profondo», la triste perdita.

La pace tra i Rothschild era finalmente ritrovata. «Tutte le critiche e le obiezioni, mosse anteriormente soprattutto dal viennese Salomone, al fratello londinese Nathan, si dileguano come neve al sole. Nathan lascia quattro figli: Lionello, il maggiore, diventa capo della Banca londinese» (Egone, cit., p. 340).

Tuttavia, con la morte di Nathan, che pur essendo il terzo genito, era considerato il capofamiglia, per le sue notevoli doti economiche, mentre gli altri quattro si sottomettevano per lo più alle sue decisioni (l’unico caso di disaccordo fu quello nato in Spagna nel 1830), la Banca subì una notevole perdita di capacità pecuniative.

La sua salma fu trasportata da Francoforte a Londra, i funerali vennero celebrati davanti a migliaia di persone, l’8 agosto 1836, e vi accorsero i più alti dignitari della capitale britannica.

«La morte di Nathan diede luogo, com’è ovvio, a profondi mutamenti nell’assetto della Casa Rothschild. Il posto direttivo passa a James di Parigi; perciò nelle questioni spagnole la Banca Rothschild può essere d’ora innanzi meno docile ai voleri dell’Inghilterra, limitandosi a concedere quanto è strettamente necessario per tenere in piedi l’affare della miniera di mercurio, che era ottimo» (Egone, cit., p. 342).

Tuttavia, nel 1837 don Carlos stava per sbaragliare Cristina. Casa Rothschild, pur avendo abbandonato la Reggente, era assai preoccupata di una possibile ascesa al Trono di Carlos, che essendo molto tradizionalista avrebbe potuto portare innanzi una politica poco favorevole alla loro Banca e far sfumare il loro monopolio sul mercurio.

Inoltre, il Metternich restava pur sempre abbastanza dubbioso nei confronti dei Rothschild, dei quali non si fidava, ma della cui Banca non poteva fare a meno. Perciò li esortava a non finanziare assolutamente la Reggente Cristina, mentre egli continuava a sostenere don Carlos. Tuttavia, nonostante ciò, Carlos risultò sconfitto dal generale Espartero e dovette lasciare la Spagna.

Le miniere di mercurio restavano, dunque, saldamente nelle mani dei Rothschild. Questo, in fondo, era quello che contava.

Tutto è bene quel che finisce bene! Per la Banca Rothschild non poteva andare meglio di così, con buona pace di Nathan: “chi muore tace e chi vive si dà pace”.

d. Curzio Nitoglia

Fine della diciannovesima puntata

Continua



[1] La famiglia Apponyi era una nobile casata di origine ungherese. Essa emerse nel XVIII secolo. Il loro nome deriva da Appony, ossia l’attuale Opponice, una regione sita nell’attuale Slovacchia. Il nostro Georg o Gyorgy Apponyi, fu un noto uomo politico e diplomatico conservatore ungherese, amico del Metternich, che nel 1844 lo fece diventare Vicecancelliere del Regno d’Ungheria e poi, nel 1847, Cancelliere. Nel 1848 Gyorgy si dimise quando Metternich dovette abbandonare la scena politica, pur restando abbastanza attivo nella scena diplomatica sino al 1869, ma senza aver più troppo peso.


 
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