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Guerra civile? Prima, occorre una società civile
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«Spettabile Direttore,

immagino che abbia già letto il GEAB (
Global Europe Anticipation Bullettin numero 47), come immagino che le sia già capitato di leggere articoli più o meno seri sui rischi di guerra civile nei Paesi occidentali. Ritiene realistica questa possibilità? Perché non scrive due righe in proposito?

La saluto cordialmente

Abd el Qader
»



Qualche giorno fa – era andata in onda l’inchiesta di Report sulle villone del satrapo ad Antigua – ho sentito Berlusconi dire in uno dei comizi dei suoi fan: «Continuano a ripetermi: vaa casa. Il che mi mette in imbarazzo, perchè di case ne ho 22». Confesso di aver pensato: costui finirà appeso a piazzale Loreto. E la sua frase resterà nella storia come quella attribuita (falsamente) a Maria Antonietta, «Non hanno pane? Mangino la brioche».

Voglio dire che la molla della delusione è scattata in me, e avrei fatto qualcosa per abbattere il rozzo, volgare, moralmente e intellettualmente basso sprovveduto che provoca e offende così il popolo italiano. La delusione di sentire che Berlusconi ritiene un normale investimento del tutto regolare i 22 milioni di euro spesi per il complesso sardanapalesco delle villone ai Caraibi, mentre il suo governo non ha i fondi per sistemare i ricercatori universitari.

Naturalmente, all’offensivo incapace non è venuto in mente di rendersi popolare con un gesto da statista, istituendo con quei 22 milioni un Fondo Berlusconi per la Ricerca Scientifica, che avrebbe potuto mantenere mumerosi ricercatori al lavoro per anni. No. Ha pensato finalmente di far qualcosa di buono per il Paese – di Antigua – condonando al paradiso fiscale caraibico il 90% del debito che aveva con l’Italia, facendo il generoso coi soldi nostri.
Convinto che esibire la sua ricchezza lo renda in sè simpatico.

Voglio dire che è già presente la causa prima e fondamentale che nella storia ha dato l’esca alle rivoluzioni o guerre civili: la disconnessione totale fra gli atti e le parole dei governanti (o delle caste privilegiate) e la realtà terribile che stanno vivendo i governati. Il discredito, il disprezzo, la delegittimazione delle classi politiche o di potere agli occhi dei cittadini è al punto di rottura, e non solo in Italia. Ovviamente qui da noi c’è un di più di farsa e rozzezza. Ma la perdita di autorità delle autorità dilaga sotto i nostri occhi ovunque nel mondo occidentale.

In USA basta vedere quel che si agita nel movimento Tea Party e la serqua di insulti e fischi che accompagna il presidente Obama, la rabbia montante contro la Federal Reserve e le grandi banche d’affari che si fanno salvare dal denaro dei contribuenti e si pagano bonus favolosi. In USA, l’Ufficio del Lavoro continua a sostenere che la disoccupazione è al 9,6%, ma se si usano i metodi di rilevazione che erano in vigore negli anni ‘30, la disoccupazione reale è del 22,5% (e nel più profondo della Grande Depressione era del 25%). Un americano su cinque (quasi 42 milioni) riceve buoni-pasto, coi quali sopravvive di mese in mese, del valore di 350 dollari. In una sua fabbrica del Tennessee, la General Motors ha tagliato i salari dei nuovi assunti del 50%.

Il settimanale Time si domanda se «La Federal Reserve provocherà la guerra civile». Come dice il GEAB, il patetico tentativo dei poteri forti bancari americani (e del Congresso sul loro libro-paga) di «tornare al mondo di prima della crisi», forzando ancor più lo stimolo ai consumi, aggravando i deficit pubblici, monetizzando il debito (inondando il mondo di dollari freschi di stampa) è destinato a fallire, e dovrà rovesciarsi presto in una politica di austerità che colpirà una popolazione già provata. E tutti sentono, oscuramente che quelli che comandano non hanno le idee nè la competenza nè l’onestà (dipendenti come sono dai poteri bancari ed altre lobby, corrotti dai loro privilegi indebiti) per far uscire la società dalla sua crisi terminale, e di dare una prospettiva d’uscita che non sia la proposizione delle solite ricette del capitalismo ultraliberista, oggi pagato dallo Stato.

E pende lo scandalo gigantesco delle centinaia di migliaia di pignoramenti immobiliari a cui le banche creditrici hanno proceduto contro gli insolventi, senza avere in mano i titoli di ipoteca regolari, anzi fabbricandoseli ad hoc in modo truffaldino, e poi cercando di far passare al Congresso una leggina per sanare quest’assenza di atti notarili... C’è chi autorevolmente s’è chiesto se, in USA, esista ancora la certezza della proprietà privata: domanda paradossale, nell’impero del privato, divenuto preda di un sovietismo bancario.

In Francia, settimane di scioperi e disordini per un ritocco tutto sommato lieve all’età pensionabile, denuncia la stessa sfiducia, lo stesso discredito verso la classe dirigente: non vi riconosciamo il diritto di imporci sacrifici, perchè non vi crediamo più capaci di reggere il timone . I poteri politici, e i personaggi che li detengono, sono delegittimati ad un livello mai visto in questa generazione.

E’ da vedere quanto accetterà la popolazione inglese il programma di austerità draconiano del governo tory: 90 miliardi di euro di tagli alla spesa pubblica in 4 anni, aumento dell’età pensionabile a 66 (colpirà soprattutto le donne, che andavano in pensione a 62 mentre gli uomini a 65), tagli del 19% ai ministeri e del 7% agli enti locali, l’eliminazione di 300-500 mila posti di lavoro nel settore pubblico (dove, contrariamente alle caste pubbliche italiane, non c’è affatto grasso che cola, essendo la funzione pubblica, in Inghilterra, esemplare). Anche qui, saranno soprattutto le donne ad essere licenziate, perchè nel settore pubblico lavorano il doppio di donne che uomini.

Mancherà un secondo reddito in mezzo milione di famiglie: e un britannico su tre ha da parte solo una settimana di paga (294 sterline) come riserva di risparmio se perde il lavoro. E in più tagli alle provvidenze per invalidi, per sussidi-casa ai ceti poveri, eliminazione di asili-nido: alle donne, i conservatori al governo consigliano di «tornare a casa a curare i bambini», «il governo vuole che la gente smetta di tendere le mani», «vuole liberare il popolo dalla sua dipendenza passiva verso lo Stato»: frasi che sono la versione british delle vanterie berlusconiane sulle sue 22 ville.

E le banche? Ah sì, il governo inglese leverà una imposta sulle tasse dello 0,04% aumentabile allo 0,07, forse. Le banche contribuiranno alla crisi con il 4 o 7 per mille, circa 2,5 miliardi di sterline sugli 81 miliardi di austerità richiesti ai cittadini comuni. E sono le stesse banche a cui lo Sato ha girato in garanzie e prestiti 850 miliardi di sterline, dieci volte la finanziaria di sangue di Miliband.

Nel 1930, la Marina britannica si ammutinò per il taglio di paghe ai marinai militari del 10%. Si ribellerà oggi la società britannica? Per il momento, il 40% approva le misure, in quanto nel regno unito che ha dato i natali all’ideologia liberista, ciò sembra ancora giusto ad una buona porzione della popolazione. Vedremo fra un anno.

Le condizioni rivoluzionarie sono poste. Ma perchè davvero scoppi una guerra civile o una rivoluzione, occorrono ben altre qualità: nei popoli. Non bastano l’iniquità, la miseria, la disperazione di massa. Anziutto, occorre che esista una società civile; e poi organizzazione nella violenza, coraggio, unità sociale, fiducia nei comandi rivoluzionari ossia capacità di obbedire, un minimo di visione e prospettiva del futuro, una ideologia portante.

La rivolta di Terzigno contro la discarica, gli attentati alle sedi della CISL denunciano, mi pare, la plateale mancanza di quelle qualità. Le violenze e le jacqueries non sono la stessa cosa che le guerre civili. D’altra parte, il governo USA è ben preparato all’eventualità di una rivolta, ha aperto campi di concentramento e preparato le truppe ad agire contro il nemico interno. E ovviamente, le forze dell’ordine sono dovunque più numerose, disciplinate ed armate di ogni folla in protesta.

A meno di non immaginare una rivolta proprio di quelle forze contro governi così profondamente delegittimati e personaggi così urtanti come il satrapo italiano, come GEAB, vedo piuttosto anni di paralisi politica senza precedenti (a cominciare dalle elezioni USA di metà novembre, dove al Congresso andranno un centinaio su 200 senatori riferibili al Tea Party, che non è un partito ma una galassia di proteste) uno sprofondamento nel caos sociale e politico, un ulteriore sgretolamente della società in miriadi di rivolte e repressioni.

«Lordine nuovo è il disordine», come leggo in un blog.



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