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Gran Bretagna: primo spot tv pro aborto
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Puzza di zolfo

MILANO
- Alle 22.10 di lunedì 24 maggio Channel 4 trasmetterà uno spot di 30 secondi a favore dell’aborto, cosa mai successa prima su una televisione britannica, durante la prima puntata del nuovo show «The Milion Pound Drop», presentato da Davina McCall. Dietro alla campagna pubblicitaria, che ha scatenato la durissima presa di posizione dei gruppi antiabortisti e della Chiesa, che ne chiedono la messa al bando all’Advertising Standards Authority almeno fino a che un pubblico dibattito non decida altrimenti, la «Marie Stopes International», un’associazione no-profit che pratica circa 65mila interruzioni di gravidanza l’anno, ricevendo oltre 30 milioni di sterline (pari a quasi 35 milioni di euro) dal Servizio Sanitario inglese (così sostiene il quotidiano britannico Daily Mail). Ed è proprio quella dicitura - “no profit” - ad aver permesso alla «Marie Stopes» di aggirare il divieto alla trasmissione di pubblicità pro aborto che vige in Inghilterra, sfruttando una lacuna legislativa secondo la quale le organizzazioni senza fini di lucro non sarebbero soggette a tale restrizione.

LO SPOT - Come stabilito dalla «Clearcast Uk» (organizzazione che si occupa della visione dei corto pubblicitari), lo spot andrà in onda per tutto il mese di giugno e se il primo verrà trasmesso dopo le 21, quelli successivi non avranno alcuna limitazione oraria, anche se ci sarà un minimo di controllo per impedire che vengano mostrati nelle trasmissioni dedicate ai minori. «Channel 4 è un’emittente finanziata con denaro pubblico – ha tuonato Simon Calvert del “Christian Institute” – e, pertanto, deve rassicurare i telespettatori che, permettendo la trasmissione di quello spot, non sta prendendo alcuna posizione su uno dei più controversi temi della nostra società, che divide pubblico e Parlamento. Mi chiedo, però, perché non si possa fermare la messa in onda di una pubblicità che parla di aborto fino a quando non vi sia stata un’adeguata analisi. Di certo, alla “Marie Stopes” non dovrebbe essere consentito di calpestare le obiezioni largamente diffuse di una parte considerevole del pubblico britannico su questo controverso argomento. La gente, già probabilmente scioccata nell’apprendere quanto denaro pubblico viene dato all’associazione per eseguire gli aborti, lo sarà ancora di più nel sapere che parte di quel denaro viene usato per promuovere iniziative a favore dell’aborto».

DETTAGLI - Malgrado i dettagli dello spot siano ancora segreti, stando a quanto scrive il giornale, il leit-motiv dovrebbe essere la frase “Sei in ritardo?” (riferita al ciclo mestruale) che scorre su immagini di donne preoccupate, mentre la parola “aborto” non verrebbe pronunciata. «Questo spot intende solo fornire delle informazioni - ha spiegato Julie Douglas, direttore marketing della “Marie Stopes” – così che le donne sappiano a chi possono rivolgersi senza essere giudicate. Malgrado le statistiche dicano, infatti, che in Inghilterra una donna su tre avrà un aborto entro i 45 anni, l’argomento non viene ancora affrontato apertamente e discusso con obiettività». Una tesi che, però, gli antiabortisti rifiutano in toto, condannando senza appello la messa in onda dello spot e l’argomento che tratta. E le prese di posizione contrarie sono davvero trasversali e se l’associazione «ProLife Alliance» mette in guardia sul fatto che la pubblicità non fornisca «informazioni complete sullo sviluppo del feto, sulla procedura stessa dell’interruzione di gravidanza, sui rischi a cui si espongono le donne e sulle eventuali alternative all’aborto» e la «Society for the Protection of Unborn Children» annuncia via «Daily Telegraph» il ricorso all’azione legale per stabilire «La legittimità di uno spot che reclamizza l’uccisione di bambini non ancora nati», la «Family Education Trust» sottolinea come l’aborto sia «una tragedia personale per mamma e bambino». Ma Channel 4 rigetta le critiche, sostenendo di non aver infranto alcuna regola. «Riteniamo – si legge nella nota di un portavoce dell’emittente - che siano i telespettatori che si debbano fare un loro giudizio sul contenuto della pubblicità e sul messaggio che essa vuole trasmettere». E a meno di clamorosi colpi di scena, lunedì sera l’Inghilterra intera vedrà in diretta tv il primo spot a favore dell’aborto.

Simona Marchetti

Fonte >
  Corriere.it

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