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Risorgimento disgregatore
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Il Risorgimento che ha fatto l’unità d’Italia è disgregatore? In che senso? E come si può dire che il Risorgimento continui ancora, a 150 anni dalla conquista delle Due Sicilie? Come si giustificano simili apparenti paradossi?

Su questo argomento l’articolo di G.Larosa, scritto in occasione della presentazione del libro Risorgimento?! Considerazioni a disincanto di una mitologia civile, di Luigi Copertino (EFFEDIEFFE edizioni), che si terrà a

Teramo, il 14 ottobre 2011
ore 21,00
presso la Sala Consiliare del Municipio, a Bellante Paese
(organizza il Comitato Due Sicilie Abruzzo)

Per spiegare queste contraddizioni apparenti dobbiamo illustrare quali erano le autentiche idee che animavano i protagonisti del Risorgimento e soprattutto quale era il loro progetto sociale. Lasciamo stare, ovviamente, i personaggi folcloristici come Garibaldi e concentriamoci sui veri ispiratori del Risorgimento, che furono i grandi finanzieri massoni, Cavour in testa e, ancora più in alto di Cavour, i finanzieri massoni inglesi e francesi che erano, allora, la grande finanza internazionale.

Il primo obiettivo era quello di passare dalla società dei valori (in senso etico) alla società del valore (in senso economico). Trasformare cioè le società degli uomini sostituendo il dominio degli ideali con quello della finanza. Andavano abbattuti tutti gli Stati e le organizzazioni che non riconoscevano il primato dell’economia e del denaro, quelli in cui non governava effettivamente una elite ristretta di potenti non eletti dal popolo e non legati ad alcuna idea, fede o popolo.

Il secondo quello di trasformare l’uomo sociale nell’individuo solo devastando tutti i legami sociali che avevano reso da sempre ogni singola persona un essere integrato nella sua comunità e quindi rendevano l’intero corpo sociale un insieme di comunità fortemente interconnesse, al cui interno ogni esistenza aveva un fine e una sua ragione di essere in relazione con gli altri. L’uomo insomma, viveva secondo la sua funzione nella comunità di appartenenza. I massoni vogliono che il popolo non abbia più punti di riferimento, che ognuno sia solo, non libero, libero solo dai condizionamenti sociali, ma non libero realmente, anzi, privo di ogni legame sociale ed umano; l’uomo della strada è totalmente in pugno di chi governa il suo mondo ed è schiavo del suo egoismo e della sua stessa incapacità di socializzare e costruire socialmente. Non essendoci più coesione sociale e interpersonale, non c’è più la famosa unione che fa la forza dei popoli. E le masse, non essendo più capaci di ragionare in termini di comunità, di società, non sono più nemmeno capaci di organizzare movimenti di massa rivoluzionari capaci di imporre la loro volontà o di opporsi a chi li domina.

Questi due obiettivi di dissoluzione totale furono perseguiti combattendo senza posa, prima espandendo militarmente il dominio degli Stati fantoccio che erano già dominati dagli agenti della massoneria, come il Piemonte, a scapito di altri Stati o imperi universali; poi aggredendo, pezzo dopo pezzo, tutto ciò che era legato alla spiritualità dei popoli. Guerra quindi alla Chiesa cattolica in primis, non per suoi presunti crimini e per suoi presunti difetti ma, per assurdo, per i suoi meriti e per il suo influsso sul popolo, dove i valori professati dalla fede erano prioritari rispetto agli altri che venivano inoculati.

L’ira contro la Chiesa cattolica e non verso altre chiese non era dovuta alla sua presunta arretratezza o ad altre ragioni che vengono spesso sbandierate da mangiapreti tipo Pannella. Costoro combattono la Chiesa, fingendo spesso di rispettarla, perchè si tratta di una organizzazione forte, con una struttura autonoma extra-statuale e difficilmente riconducibile a sottomissione. Le migliaia di sette protestanti, per esempio, vanno bene, perchè sono migliaia, in lite tra loro e in continua secessione reciproca. Sono già disgregate e quindi in linea col progetto massonico. Analogamente oggi l’ira è anche contro l’Islam, non per i suoi oggettivi difetti, ma per gli stessi meriti della Chiesa cattolica.

Tutto ciò che era etica, senso del sacrificio personale per il bene comune, rifiuto del consumismo, insomma, tutto ciò che era aggregante e che portava a non considerare la propria individualità al di sopra di tutto, è stata sapientemente ed efficacemente combattuta.Il terzo obiettivo era quello di allontanare le masse dalla percezione della realtà per sostituire ad essa quella della narrazione fatta dal potere. La gente non deve essere messa in condizione di rendersi conto di cosa succeda e di quale sia la sua condizione effettiva. Fondamentale allo scopo è il dominio dei mezzi di comunicazione.

Il Risorgimento, infatti, è l’apoteosi della menzogna, della cronaca bugiarda, della storia falsificata fino all’indecenza, della cancellazione del pluralismo. È il buonismo di regime che serve per coprire i criminali al potere e mettere il bavaglio ai politicamente scorretti che dicono la verità. Basta vedere come la grande stampa e le TV trattino le notizie riguardanti il debito pubblico, le guerre in corso, perfino le manifestazioni di piazza. Per 8 giorni una folla inferocita occupava le strade del centro del mondo, di New York, di Boston e molte altre città degli USA. Si è visto qualcosa in TV, se non qualche brevissima apparizione di folcloristici individui chiamati indignados alla spagnola, ovunque siano e qualunque cosa dicano?

Come si vede, in 150 anni questi tre progetti di disgregazione hanno progredito moltissimo e continuano, purtroppo, a fare progressi. Ma per fortuna la specie umana non funziona come vogliono i massoni e così, incessantemente, alla disgregazione imposta e propagandata dall’alto, nel corpo della società, si oppone un continuo moto di chi combatte la dissoluzione e continua a costruire, ad unire, a socializzare. Noi dei Comitati Due Sicilie abbiamo l’ambizione di appartenere a questo moto edificatore che è caratteristico della nostra specie e per questo ci battiamo per un mondo diverso, a cominciare dalle Due Sicilie che sono, di tutte le terre devastate dai dissolutori quella più devastata, moralmente ed economicamente.

G. Larosa



 
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