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Avanza il Dajjal. Nostro nemico comune
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Dà da riflettere l’intervento di un lettore a proposito della fulminea apparizione e inarrestabile avanzata dell’ISI, oggi proclamato «Califfato»:

«Secondo lescatologia sciita alla fine dei tempi vi sarà la rivolta dei sufyanidi (da Abu Sufyan strenuo avversario dellimam Ali e padre di Muhawya capostipite della dinastia Omayade) in Siria e nellIraq, ma alla fine lImam Mahdi, ora occultato, si svelerà a tutti e insieme a Gesù pregherà a Damasco instaurando un mondo di pace e giustizia... Vedere come lIslam deviato (il fondamentalismo sunnita-wahabita-salafita-takfirita), lebraismo deviato (giudaismo talmudico),il cristianesimo deviato (protestantesimo e oggi, ahimè, anche quasi tutto il mondo cattolico a cominciare dal Papa) si siano ritrovati assieme alla fine dei tempi contro la presenza sciita e cristiana nel vicino Oriente dà molto a pensare… sembra quasi che da parte di costoro vi sia il tentativo di eliminare fisicamente luoghi santi, luoghi da dove promana la spiritualità».

Sì, ed è specificamente impressionante l’accelerato aggravare della fitna – il dissenso tra sciiti e sunniti – in aperta lotta e persecuzione intra-musulmana. I seguaci del neo-Califfo hanno crocifisso e decapitato centinaia di sciiti iracheni, trattandoli da peggio che idolatri. Nonostante le proclamazioni del Califfo, la sola «guerra santa» che si profila non è verso gli infedeli e reali persecutori (ebrei, americani...) ma volge allo sterminio degli sciiti, iraniani, iracheni, siriani, Hezbollah. Che poi il neo-califfo sia «gestito» dai servizi USA, da quando è stato internato (o a scuola di formazione) nelle vaste aree carcerarie di Camp Bucca, è una certezza ogni giorno più solida – a chi voglia leggere media diversi dai mainstream.

Fra i molti, forse troppi hadith (detti memorabili del Profeta) che in qualche modo indicano segni della fine dei tempi, ce ne sono diversi che prevedono proprio questo:

«Thauban riferisce che il Messaggero di Allah (la pace sia su di lui) ha detto: (...) Ho pregato il Signore che la mia Ummah non sia distrutta da carestia, né dominata da un nemico che non sia uno di loro che prenda le loro vite e il sradichi, e il Signor disse: Muhammad, ciò che io decido, nessuno cambierà. Ebbene, io ti garantisco che la tua Ummah non sarà distrutta dalla carestia e non sarà dominata da uno che, non essendo da loro, tolga loro la vita e li sradichi, anche se le genti di tutto il mondo si uniscono (per questo scopo), ma sarà fra di loro, dalla tua Umma, che alcuni uccideranno gli altri o li imprigioneranno».

«Abu Huraira riferisce molti hadit del Messaggero di Allah ed uno è questo: lUltima Ora non verrà fino a che due partiti [di musulmani] si affrontino e ci sarà un gran massacro tra loro, ed entrambi sosterranno la stessa cosa».

Sembra quasi che Maometto vedesse nella lotta interna, lo spargimento di sangue islamico da parte di islamici, lo sradicamento finale (l’estinzione?) della stessa Ummah, la comunità. D’altra parte si potrebbe obiettare che ciò è avvenuto fin dall’inizio, dallo scandaloso assedio della Mecca commesso dalle truppe ommyadi dei discendenti di Abi Sufyan) nel 683, sicché si può dire che la Ummah agonizza dalla nascita, per la sanguinante crepa o ferita del «fitna». Ma almeno fino ad oggi i sunniti consideravano pur sempre gli sciiti dei musulmani, non li trattavano da idolatri (per esempio i due gruppi si mescolavano nel pellegrinaggio alla Mecca); ciò è avvenuto solo con l’avvento e il dominio della setta wahabita, cresciuta e mondializzata coi petrodollari sauditi ed estremizzata dalla sovversione americana – di cui senza alcun dubbio l’ISIL è una creatura.

Il Globalistan

È certo un capolavoro di quello che il giornalista Pepe Escobar chiama «Impero del Caos» aver ottenuto che questa parte della «guerra al terrorismo globale» dichiarata oltre dieci anni fa da Bush jr. siano islamici a commetterla contro altri islamici. Escobar è un esperto della questione, da anni inviato di Asia Times nell’area. Già nel 2007 aveva esplicato la strategia imperiale in un libro Globalistan: How the Globalized World is Dissolving into Liquid War (Nimble Book), che già dal titolo dice tutto.

Siamo infatti al «Globalistan»: l’incestuosa, omicida intima congiunzione tra Globalizzazione americanista, guerra «globale al terrorismo» (o al terrorismo globale, secondo le letture che la propaganda via via adotta) e sunnismo hardcore, congiunti grazie al messianismo neocon-likudnik nel progetto di dominare il pianeta, dissolvendolo in una «guerra liquida» altrettanto globale.

Naturalmente i media ci stanno dicendo che quei sunniti sono i nemici dell’Occidente, che solo gli Stati Uniti possono proteggere noi europei disarmati contro la marea islamica che minaccia di prendere Roma o la Spagna («Abbiate paura, tanta paura!»). Gli USA fingono di interrogarsi: intervento o non intervento armato americano contro il Sunnistan (o Califfato)? Escobar evoca sarcasticamente che i precedenti interventi occidentalisti nei Paesi islamici venivano giustificati nelle centrali USA e NATO come «responsibility to protect», in sigla orwelliana R2P. Ma, scrive il giornalista, «nessuna responsibility to protect arabi da assassini arabi. La Nato osserverà ai margini con piacere. Perché dall’Africa del Nord lungo il Medio Oriente al Caucaso, e giù fino alla Cina Occidentale, l’importante è tenere accesa la pira funeraria che il dottor Zbig Brzezinski chiama Balcani d’Eurasia».

Sembra proprio che la maggior difficoltà per gli uomini religiosi, nei tempi ultimi, sia di scorgere la mano satanica che agisce dietro i più vistosi «uomini di pietà», resistere alla tentazione dell’odio cieco indotto da manovratori. L’Islam è stato avvertito del Dajjal e del suo dominio; i musulmani d’oggi sono impreparati all’idea che il Dajjal non sia una potenza o un uomo esterno, ma che emerga dalle loro file. Anche i cristiani sono stati avvisati sull’Anticristo, «l’uomo di iniquità» che «si contrappone e s’innalza sopra ogni essere che viene detto Dio o è oggetto di culto, fino a sedere nel tempio di Dio, additando sé stesso come Dio». Se lo sono aspettato per secoli dall’esterno; siamo impreparati al fatto che possa sorgere alle nostre spalle, o avere complici nelle nostre file. Eppure ci è stato spiegato che verrà «con ogni specie di portenti, di segni e prodigi menzogneri, e con ogni sorta di empio inganno per quelli che vanno in rovina perché non hanno accolto l’amore della verità per essere salvi». Ci è stato detto del Falso Agnello che imita il vero Agnello, Cristo, ma parla come il Dragone: e tuttavia vediamo Pontefici inchinarsi al Falso Agnello con il rituale religioso prescritto dal potere globale, le corone ai Musei dell’Olocausto, le visite sacrificali ad Auschwitz dove, per bocca dei suoi capi, l’umanità intera si riconosce colpevole in eterno di aver violato il solo Innocente... il quale si prepara a sedere nel tempio di Dio additando sé stesso come Dio. I Papi lo faranno anche in buona fede, per buoni fini; ma generano una confusione, in questi tempi, esiziale.

Salafita, ossia protestante

Ciò che espone di più i musulmani all’inganno è l’anti-intellettualismo originario della loro fede, la convinzione della inutilità della ragione nella fede, dell’uso della mente e della cultura per la salvezza: ciò li rende proni a farsi seguaci di chi adotta certi simboli, chi lancia facili gridi di guerra, e chi è più fanatico sembra loro più fedele. Ma il neo-cristianesimo occidentalista non lo è meno. Basta pensare ai 70 milioni di «cristiani rinati» americani che approvano tutte le guerre di Washington contro l’Islam, e la difesa totale di Israele, come «compimento delle profezie».

Anzi, il grande islamologo Olivier Roy ha messo in luce la somiglianza del wahabismo con il protestantesimo non-denominazionale, ultimo fiore maleolente della «religione» occidentalista, del cristianismo di radice luterana, e il talmudismo fanatico, razzista ed omicida che legge nella Bibbia l’ordine di occupare la terra, e di uccidere tutti gli amorrei, filistei, cananei, palestinesi: quest’ultima una derivazione quasi diretta dalla mentalità dei «padri pellegrini», fanatici inglesi radicali, che giunsero in America con la convinzione di essere il popolo eletto e di fondare il nuovo Regno. E sterminarono gli «Amorrei» locali.

Salafiti e wahabiti sostengono che fonte unica della verità è il Corano, e rigettano le tradizioni orali che hanno costruito l’Islam nei secoli. È evidente l’analogia con il Sola Scriptura di Lutero: la Bibbia, il testo scritto, è la sola autorità. La tradizione cattolica, ossia l’insieme di credenze, rituali e interpretazioni della Scrittura trasmessi dalla comunità vivente dei primi secoli come insegnati oralmente dagli apostoli (o dai loro discepoli diretti), sono rigettati dal protestantesimo.

Rifiuto di «mediatori» fra Dio e l’individuo, in analogia con la negazione del sacerdozio cattolico per i luterani e per tutte le sue germinazioni moderne. Una delle conseguenze: ogni personalità wahabi può emettere una fatwa di testa sua. Osama Bin Laden chiamò «fatwa» l’ordine, che diede nel 1998, a «qualunque musulmano» di uccidere americani e loro alleati, civili e militari, dovunque possibile.

Il fondatore del wahabismo condusse memorabili lotte contro l’adesione «cieca» del popolo all’autorità dei muftì e dei dottori; provocatoriamente, proclamò interpretazioni dei versetti di Corano che erano contrarie a quelle accettata da secoli di dottrina consolidata. In qualche modo, ciò richiama il «libero esame» luterano. Una delle conseguenze fatali è l’affermazione, corrente nei circoli islamisti più estremisti, che dichiarare il jihad spetta ad ogni individuo singolarmente, anziché ad una autorità religiosa costituita (com’era per esempio nell’impero ottomano). Questa è la base «dottrinale» del terrorismo.

Notoriamente, con la motivazione che soltanto a Dio va reso culto e che la venerazione di esseri umani è idolatria, i sauditi hanno distrutto la casa natale di Maometto alla Mecca, quella dove visse a Medina, una mezza dozzina di antiche moschee e vari cimiteri dove si ritiene fossero sepolti familiari e venerati primi seguaci del Profeta; coi bulldozer ha livellato la casa di Fatima, la figlia del Profeta, dove i pellegrini alla Mecca si fermavano a pregare. Nel 1998 i monarchi sauditi hanno raso al suolo e incendiato spargendovi benzina la tomba della madre di Maometto. Un vero e proprio odio per il sacro, una desertificazione spirituale, un parossismo iconoclastico in nome della «purezza» della fede, che non manca di ricordare, nel protestantesimo, il furioso rigetto del culto dei santi, della Vergine e anche delle immagini sacre. Un’«austerità» che stranamente nel mondo cristianista terminale sbocca nella spettacolarizzazione degli eventi gestiti dai telepredicatori, con fastosi cori «religiosi» e «guarigioni in diretta».

L’irrilevanza della ragione per la fede (fideismo), l’ostilità alla cultura, o il sospetto dell’uso della ragione in fatti religiosi, è tipico sia del protestantesimo che dell’islamismo. Il fondatore del wahabismo insegnava che i primi veri musulmani (salaf) affermavano i Nomi di Dio e suoi attributi senza speculare sul «come» (takif), senza formulare «analogie» (tashibh), senza dare ad essi significati simbolici (tawil). L’anti-intellettualismo , già insito nella predicazione islamica, viene così portato all’estremo. Ed anche questo non manca di ricordare che, nel dispensazionalismo americano, si prescrive lobbligo religioso di credere alla lettera, per esempio, il racconto della Creazione nella Genesi (il primo libro della Bibbia) e ancor più, di interpretare alla lettera le «profezie». Un letteralismo che già prescriveva Sir Isaac Newton (1643-1727): «Verso il tempo della fine, sorgerà un corpo di uomini che volgeranno la loro attenzione alle profezie, e insisteranno sulla loro interpretazione letterale, fra molto clamore ed opposizione». Un wahabita anglicano...

Per Olivier Roy ne La santa ignoranza (Feltrinelli, 2009) i movimenti religiosi oggi si «focalizzano essenzialmente sul concetto di salvezza immediata, della fede pura e dell’adesione totale e individuale, delle regole religiose. Quindi sono caratterizzati, come lo definiscono gli americani, dal fenomeno “born again”, «nati di nuovo», secondo cui non basta essere stati educati in una cultura religiosa, essere stati battezzati, ma bisogna, in età adulta, consacrarsi interamente a Dio. Questo movimento dei “born again”, lo troviamo nel protestantesimo, nell’ambiente ebraico e nell’islam con i salafiti, ma lo ritroviamo anche nella chiesa cattolica. In questi movimenti , la cosa più importante non è il sapere, bensì la conversione del soggetto alla fede. Chi torna a Dio, o a Gesù, non deve fare degli studi: entra immediatamente nella sfera dell’assolutezza della fede. Ed è questo, attualmente, che caratterizza i nuovi movimenti religiosi: si privilegia la comunità di fede, ossia il gruppo di coloro che condividono la stessa fede, con la stessa intensità, e ci si pone in modo diverso nei confronti del resto del mondo, ossia della società, che viene considerata sempre più profana, o persino pagana».

Nella Chiesa cattolica vengono sùbito alla mente: i neocatecumenali e la Comunità di Sant’Egidio coi loro rituali «interni», dottrine interne non condivise coi «profani», gnosi giudaizzanti, finta adesione all’autorità ecclesiastica gerarchica ma sua disobbedienza nei fatti, fideismo, disprezzo per la tradizione, degli altri cristiani secondo loro «borghesi». Ma il punto è che questi non siano condannati, anzi benissimo accolti nella Chiesa — la stessa che mette sotto commissariamento Francescani dell’immacolata ed espelle dall’insegnamento personalità che, in misure diverse e anche minime, possono essere visti come «tradizionalisti».

Sembra che anche l’attuale Papa ritenga i duemila anni di dogmatica, dottrina, puntuale definizione dei contenuti della fede (e di ciò che non lo è, che non è ortodosso), quasi un ostacolo alla predicazione del Vangelo puro e semplice, lo rende meno attraente per le masse. Anche qui dunque appare quella tendenza che Olivier Roy vede nei fondamentalismi islamici come in quelli protestanti: «I testi sacri devono parlare al difuori di ogni contesto culturale. Si assiste dunque ad un processo di deculturazione» (La Sainte ignorance).

Santa ignoranza

Questa «santa ignoranza» ha vari lati, e conseguenze ancora da valutare. Anzitutto, molti che «scoprono Cristo» nei movimenti cattolici pentecostali, carismatici e movimentisti, sono ignorantissimi in fatto di cultura cattolica: ho conosciuto fedeli del Rinnovamento dello Sprito, fedeli più entusiasti e caldi e benintenzionati di me, che non sanno cosa sia la «comunione dei santi». D’altra parte, la gerarchia che ne conosce qualcosa (non credo più molto), si affretta a scrollarsi la «dottrina» che crede ostacolo alla «pastorale», sicché col tempo la dottrina, non più insegnata, affonderà la Chiesa in una fede con contenuti sempre più vaghi e pressapochisti (circiterismo, dice Amelio): da questo circiterismo nascono frasi come «chi sono io per giudicare?», «se i marziani chiedono il battesimo..?», o «basta che il non credente segua la propria coscienza», che già oggi sono diventati colonne di una nuova dogmatica, e definiscono – agli occhi del mondo – la nuova Chiesa «aperta» al mondo. È facile prevedere che le prossime generazioni non sapranno più nulla della cultura cattolica.

Se il wahabismo pare «duro», il cattolicesimo pare avviato ad una religione molle anzi liquida, dove «l’incontro personale con Cristo» (tipico dei born again christians non-denominazionali, telepredicatori e loro seguaci) sostituisce tutto e basta a sé stesso. Ma questa liquefazione rivela poi straordinarie durezze, come dimostra la repressione interna dei supposti «tradizionalisti» scatenata nella nuova Chiesa «aperta». Come si è visto nel caso dei Francescani azzurri.

Ho già accennato altrove alle idee di suor Fernanda Barbiero, la dorotea che è stata messa a commissariare («visitatrice») le suore francescane dell’Immacolata. Essa è una teologa, insegna alla Pontificia Università Urbaniana; come ha scoperto Corrispondenza Romana, ha scritto un testo rivelatore, La vita religiosa abita ancora la storia? sulla rivista delle medesima università, nel settembre e nell’ottobre 2005. A leggerlo, si capisce che cosa suor Barbiero è stata mandata a raddrizzare nelle povere francescane: la spiritualità. L’intimo rapporto con lo Sposo crocifisso.

Qualche passo:

suor Fernanda Barbiero
  suor Fernanda Barbiero
«Diversamente dal Concilio, che voleva un progetto pastorale per un mondo secolarizzato, la vita religiosa ha seguito un indirizzo di spiritualità parallela al mondo secolarizzato. Il richiamo a conoscere i segni dei tempi è stato tradito. La vita religiosa è passata attraverso un processo di spiritualizzazione e di clericalizzazione radicale. È urgente che i religiosi si accorgano che si sta passando dallepoca dominata dallidea dellessere, allepoca del fatto, del reale. La vita religiosa è sfidata dalla stessa storia a portare alle ultime conseguenze il senso dellIncarnazione».

«La vita spirituale noi labbiamo messa dentro una storia individuale di salvezza, di redenzione, di purificazione, in cui il risultato dipende in gran parte dalla grazia, dallaiuto che viene dallalto. Così i religiosi hanno fatto della vita una occasione e una preparazione per il cielo. Cè da augurarsi un cambio rivoluzionario nelle nostre comunità. La grazia della libertà che Cristo ci ha donato non è la libertà dalla materia, dal sensibile, come ci insegnava una filosofia spiritualista, ma è una libertà dentro le cose, dentro la storia. Lo Spirito non ci libera separandoci dal materiale, come ci insegna il platonismo, ma ci libera assumendo la sua realtà che implica un essere con gli altri e un essere con le cose».

«Non possiamo accettare santi/e che abbiano collezionato tutte le virtù meno la responsabilità verso gli altri e verso il mondo».

«Noi religiose siamo state formate a un tipo di fede e di spiritualità (...) congelata nella filosofia dellessere, non più attuale per lurgenza di costruire unetica. Ed etica vuol dire relazione di vita, non ragione. (…) Noi dovremmo semplificare la religiosità e renderla più vicina ai bisogni reali dei poveri. Cè troppo invisibile, troppo arcano. La direzione della vita religiosa pare dimostrare che la santità ha il suo epicentro nellal di là, nellinvisibile, o in una carità molto più vicina allelemosina che alla responsabilità e allimpegno per un mondo più giusto. “Cercate il regno di Dio e la sua giustizia”, ha detto Gesù. Dove?».

Dentro retoriche e i birignao modernista, questo testo è un’epitome di wahhabismo cattolico. «Cè troppo arcano, troppo invisibile», nella vita dei religiosi, e — vien da inferire, nella vita dei santi che ci hanno preceduto in Cielo, e tutti in contatto privilegiato con «l’arcano e l’invisibile» da cui ricevevano, e cercavano, comunicazioni. C’è il disprezzo della grazia, di aspettarsi la redenzione «dall’aiuto che viene dall’alto». C’è il rigetto della tradizione e dell’autorità, a cominciare da San Paolo e dai padri, anzi da Cristo stesso («Vi dò la mia pace... non come la dà il mondo»), tutti gettati alla rinfusa nella discarica di «una filosofia spiritualista» e di «platonismo», si assume come unica autorità definitiva «il Concilio», che è «stato tradito». Alla stessa stregua, bin Laden e Al-Zawahiti ritengono che l’Islam sia stato tradito dall’università Al-Azar del Cairo, da una «tradizione» che ha finito per allontanare l’Islam dalla «storia».

C’è l’ingiunzione ad una religiosità più semplificata, wahabita, ridotta al minimo per gli scopi politico-sociali («la storia») che ci si propone: «Noi dovremmo semplificare la religiosità e renderla più vicina ai bisogni reali dei poveri».

C’è l’accusa ai normali credenti di essere idolatri, pagani, kafir: «Il vero ateismo è questa separazione di Dio dallumano».

C’è la conseguenze intolleranza, la decisione di purgare l’Islam (pardon, il cristianesimo) dai suoi spregiati credenti devianti: per fortuna non tagliando loro le gole, per ora, ma: «Non possiamo accettare santi/e che abbiano collezionato tutte le virtù, meno la responsabilità verso gli altri e verso il mondo».

C’è (e poteva mancare?) l’iconoclastia: suor Fernanda vuol liberare Dio «dalle immagini» che ce ne siamo fatte. «Dio, ci insegna, abita la storia: “la storia” è “l’unico tempio dove Dio ha preso volto e casa». Ad esclusione di tutti gli altri, di tutte le altre false icone: Gesù Bambino, il Crocifisso, il Sacro Cuore non devono avere un grande posto, nella sua ideologia.

I salafiti sono, come si sa, integralisti: non solo tutto lo scibile è nel Corano, ma il Corano deve diventare legge dello Stato, direttamente e immediatamente. Anche suor Fernanda vuole che la carità sola e pura, o meglio la dottrina del Concilio, diventi («si incarni») come immediatamente legge nel sociale, diventi norma materiale: «Lo Spirito non ci libera separandoci dal materiale, come ci insegna il platonismo, ma ci libera assumendo la sua realtà che implica un essere con gli altri e un essere con le cose». «È urgente che i religiosi si accorgano che si sta passando dallepoca dellessere, allepoca del fatto, del reale. La vita religiosa è sfidata dalla stessa storia a portare alle ultime conseguenze il senso dellIncarnazione». È un analogo della Shariah in vesti moderniste?

Fatto impressionante, la suora wahabita ignora che il Cristianesimo ha sì cambiato enormemente la società pagana in cui è apparso, ma cambiando anzitutto gli uomini nel loro intimo, facendo che essi cerchino «Chi ha parole di vita eterna», mica chi promette pace e pane per tutti «i poveri». Questa conversione da «dentro a fuori», suor Fernanda – come i wahabiti – la vuole rovesciata: «Da fuori a dentro», la religiosità ha da essere tutta esterna. Da wahabita, spregia quelli che si dedicano a «collezionare virtù» interiori. È interessante ricordare che negli anni ’80 Jerry Falwell, pastore battista fondamentalista USA, affermava in una delle sue teleprediche: «Troppo a lungo siamo rimasti seduti a dire che la politica è per quelli di Washington, gli affari per quelli di Wall Street, e la religione è affar nostro. Ma la realtà è che non si può separare il sacro dal secolare». Asserzione di per sé giustificabile, grazie alla quale Falwell ha trasformato le sue greggi in una forza d’urto politica che vota, sempre, per le guerre americane e il sostegno armato allo stato anticristico d’Israele.

C’è infine l’anti-intellettualismo, che si esplicita fra l’altro nel ritenere di non dover conoscere – e misconoscere – gli argomenti, gli scritti e i pensieri degli altri cristiani, specie di quelli che «scrivono troppo» invece di gettarsi nelle periferie esistenziali... nonché con l’ignoranza volontaria (o forse acquisita) dei testi, dei contenuti, affermazioni canoniche bimillenarie, delle encicliche precedenti, della storia e della cultura della Chiesa: ormai tutto inutile e dannoso, il mondo cristiano è cominciato col Concilio, si ricomincia da zero.

I salafiti e wahabiti, sappiamo, nel mondo islamico si applicano con furia minuziosa a distruggere i santuari sufi: sono tombe di antichi santi, che con la loro vita, secondo la credenza hanno aperto una via di grazia per i partecipanti alla confraternita che a quel santo si richiamano. Come ben vede il lettore che ho citato all’inizio, è all’opera una volontà evidente, preternaturale, di occludere quei canali di grazia, obliterare «l’arcano, l’invisibile», privare la grazia dei suoi segni e dei metodi accertati, della salvazione personale, della mistica che quelle confraternite hanno conservato – e lanciarle nella «guerra santa» politica, nell’applicazione ottusa e letteralista della Shariah. Contemporaneamente, con lo sterminio e il terrore, riducono a nulla le Chiese orientali: residui apparentemente fossili ma, essendo spesso Chiese apostoliche, fondate cioè dagli apostoli, ancora dotate dall’alto della capacità di consacrare. È probabilmente questo il vero scopo cui mira il Regista di questo caos, il Princeps Huius Mondi.

Ciò può sembrare superstizione a chi ritiene che il mondo intero vada ripulito dal «troppo arcano e invisibile». Ma mi viene in mente che una delle preghiere che l’Angelo insegnò ai bambini di Fatima consiste nell’offerta alla Trinità del «preziosissimo» Sangue «presente in tutti i tabernacoli della Terra». Il numero dei tabernacoli non è dunque indifferente per quel Regno invisibile, la sua diminuzione sulla superficie terrestre ha un senso. Dovunque la Presenza Reale arretra, sono le fiammelle della Luce del Mondo che sono spente. Forse per far cadere sull’umanità i «giorni di buio» profetizzati, che la lasceranno senza difesa di fronte all’assalto finale demoniaco?

Per adesso, mi pare impossibile che la Chiesa cattolica apostolica e romana cessi il Sacrificio, che venga da noi abolita la Presenza Reale. Ma il numero delle mani consacrate cala tragicamente; le vocazioni si fanno rarissime; l’ideologia del rigetto del «troppo arcano e troppo invisibile» non le procura certo, anzi le sopprime quando si manifestano in un fiorire di vocazioni come tra i Francescani dell’Immacolata. In tutta Europa, le consacrazioni sono ormai pochissime, e circondate di indifferenza. In Italia, sono più frequenti. Ma fino a quando? (1).

È difficile – occorre cultura – per scorgere dietro così apparenti inimicizie «religiose» la preternaturale somiglianza, la mano unica che guida gli opposti. Bisogna saper vedere, dietro la «religione», l’odio allo spirituale, soprattutto, dietro certa proclamazione attivistica della religione, dietro alla asserita lotta per la «purezza» della fede, la volontà di spegnere la Luce del Mondo. Dovunque si manifesti, esso provoca lacrime e sangue, distruzioni, macerie: è un segno dell’Anticristo avanzante. O del Dajjal, come è anche chiamato: nostro comune Avversario.





1) Va ricordato qui il progetto di Ernesto Buonaiuti, esponente primario del modernismo. «Fino ad oggi» spiegava «si è voluto riformare Roma senza Roma, o magari contro Roma. Bisogna riformare Roma con Roma, fare che la riforma passi attraverso le mani di coloro i quali devono essere riformati. Ecco il vero e infallibile metodo. (…) Il culto esteriore durerà sempre come la gerarchia, ma la Chiesa, in quanto maestra dei sacramenti e dei suoi ordini, modificherà la gerarchia e il culto secondo i tempi: essa renderà quella più semplice e liberale, e questo più spirituale; e per quella via essa diventerà un protestantesimo; ma un protestantesimo ortodosso, graduale, e non uno violento, aggressivo, rivoluzionario, insubordinato». Protestantizzare la Chiesa non significherà cancellarne come «superstizione» la Presenza Reale? Dopo il Concilio, il Tabernacolo, da sempre centrale nelle chiese, è stato sempre più messo a lato, sottratto allo sguardo, più precisamente messo «da parte»; al centro s’è messo invece il prete. Il Verbo è stato subordinato alle parole, o chiacchiera... è anche questo un «segno dei tempi» dei più sinistri, oppure no?




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