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Obama fa un passo avanti
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Il presidente Obama sta per annunciare il nome del suo «inviato speciale per combattere l’antisemitismo globale», un super-diplomatico viaggiante collegato al Dipartimento di Stato, che dovrà «sviluppare e implementare le direttive per combattere l’antisemitismo sia in USA sia a livello internazionale».

La figura non è una novità assoluta: l’inviato speciale contro l’antisemitismo globale era stato già inventato dall’amministrazione Bush, che aveva nominato a questa carica Gregg Rickman. Il fatto che Obama non abbia cancellato questa carica è indicativo della continuità politica della nuova Amministrazione con la vecchia.

La persona su cui è caduta la scelta di Obama non coglierà di sorpresa. Escluso un dolicocefalo biondo, forse Obama avrebbe scelto un afro-americano come lui? O un ispanico? No. Ha scelto Hannah Rosenthal, esponente della politica di Chicago, già dirigente di un Jewish Council on Public Affairs e figlia di un rabbino (1). Tanto per non sbagliare, ha scelto una figura super-partes.

La signora Rosenthal  avrà un immenso lavoro da fare, perchè i focolai di antisemitismo – da censurare, silenziare e punire – erompono in tutto il pianeta, e persino negli ambienti più insospettabili.

Human Right Watch, la famosa e benemerita organizzazione non-governativa, ha accusato Israele di averle lanciato contro «una campagna organizzata di menzogne, falsità e disinformazione» a causa dell’appoggio che la stessa Human Right Watch ha dato al Rapporto Goldstone, che accusa Israele di atrocità contro Gaza (2).

«Esito ad usare la parola complotto, ma abbiamo la sensazione di una campagna organizzata e coordinata; ambienti diversi usano lo stesso frasario e gli stessi argomenti», ha lamentato un dirigente di Human Right Watch, Iain Levine.

«Passiamo il tempo a smentire le bugie, le falsità e la disinformazione contro di noi».

Tra l’altro, ha esemplificato Levine, fanno circolare la voce che noi abbiamo chiesto fondi all’Arabia Saudita proprio vantando il nostro atteggiamento critico contro Israele. Molti attacchi originano, ha aggiunto, da una entità chiamata «NGO Monitor» di Tel aviv, che comprende nella sua dirigenza enche Elie Wiesel: una specie di «Informazione Corretta» che fa le pulci alle organizzazioni umanitarie operanti a favore dei palestinesi.

Come si vede Levine, ancorchè ebreo, è sul punto di evocare il «complotto ebraico»: un atto di antisemitismo da censurare.

Anche la Corte d’appello di Londra ha avuto un rigurgito antisemita. Ha obbligato la Jewish Free School di Londra ad ammettere un ragazzo, che la scuola aveva rifiutato perchè, benchè il padre fosse ebreo, sua madre è non-ebrea, e la sua conversione all’ebraismo era stata giudicata invalida dai rabbini.

I giudici inglesi hanno accolto il ricorso dei genitori, con questa motivazione: «Il presupposto secondo il quale un potenziale studente può essere considerato per lammissione solo se sua madre è ebrea è un test sulletnicità che va contro la Race Relations Act. Siano le ragioni benigne o maligne, teologiche o suprematiste, ciò non rende la situazione più o meno legale».

Insomma la Corte ha giudicato razzista, e dunque illegale secondo le norme inglesi, la pretesa della scuola.

Ciò ha suscitato la santa indignazione di un rabbino, rav Shmuely Boteach, i cui argomenti ci sono restituiti dal notiziario dell’Unione Comunità Ebraiche Italiane (3).

Rav Boteach fulmina «l’incredibile intromissione della magistratura negli affari di una religione», e grida: «E così difficile per i giudici inglesi capire che l’appartenenza a un popolo passa attraverso un genitore? Gli ebrei sono, prima di tutto, un popolo e solo dopo sono una religione. Noi eravamo i figli di Abramo, Isacco e Giacobbe prima di ricevere la Torah sul Monte Sinai e iniziare a praticare i principi dell’ebraismo. Essere un popolo viene prima ed è completamente indipendente da qualsiasi affermazione religiosa. Essere ebrei non è qualcosa che si può perdere e non è qualcosa a cui si può rinunciare. In questo senso, l’ebraismo è radicalmente diverso dal cristianesimo, che richiede un cosciente atto di affermazione della fede. Mentre non possono esserci cristiani atei, di ebrei non credenti è pieno il mondo. Sono sbalordito dal fatto che un tribunale inglese lo possa mettere in dubbio. Negli 11 anni trascorsi in Gran Bretagna, non ho mai sentito nulla di così offensivo.Questa sentenza costituisce un assalto giuridico alla vera integrità della religione ebraica così com’è praticata in Gran Bretagna ed è uno spartiacque nella storia ebraica moderna. E con le recenti storie di accademici inglesi che cercano di boicottare i loro colleghi israeliani e la crescita dell’antisemitismo, si rafforzerà ancora di più l’idea che la Gran Bretagna stia diventando un luogo ostile agli ebrei».

La signora Rosenthal provvederà. I giudici inglesi – scioccamente convinti che «se il ragazzo pratica l’ebraismo, allora è ebreo» anche se sua madre non è della razza –  dovranno capire che le leggi contro la discriminazione su base etnica non si applicano al popolo eletto. La «lotta globale all’antisemitismo» made in USA li metterà in riga.

E certamente la signora Rosenthal stroncherà le tendenze antisemite che possono sorgere in reazione all’ultimo saggio («La Torah del Re») del rabbino Ytzhak Shapiro, che guida la scuola talmudica Od Yosef Chai nella «colonia» illegale di Ytzhar.

Il pio uomo di fede ha sancito: «Anche neonati e bambini possono essere uccisi se pongono una minaccia per la azione. E’ permesso uccidere i Giusti fra le Nazioni anche se non sono responsabili della situazione di minaccia. Se uccidiamo un gentile che ha peccato o violato i sette comandamenti (noachici) – poichè noi sorvegliamo i comandamenti – non c’è nulla di sbagliato».

Così, per esempio, diventerà «antisemita» chiunque critichi Larry David, un «attore e scrittore» (insomma un artista) che in una sua commedia ha mostrato un personaggio che urina su un’immagine di Gesù, facendo con ciò credere ad una fedele che la figura di Gesù stia piangendo (4).

Barak Obama ha già dato la linea, asserendo: «L’umorismo è sempre divertente e certo non offensivo», quando è ebraico. Le vignette insultanti su Maometto sono «libertà d’espressione» sancita dalle leggi occidentali. Quando invece è un comico di colore francese come Dieudonnè a farsi beffe di Israele, allora è antisemitismo da stroncare.

Con la nomiNa della sua inviata speciale per la lotta all’antisemitismo globale, la Casa Bianca di Obama adotta anche la neo-lingua orwelliana inaugurata dall’Amministrazione Bush dall’11 settembre 2001.

Esattamente come la «lotta mondiale al terrorismo» ha fatto del termine «terrorismo» una parola generica della neo-lingua orwelliana, che esenta dall’esaminare le situazioni concrete (i bambini di Gaza che tirano pietre, la guerriglia afghana e la resistenza irachena all’occupazione, il regime di Teheran, la Siria, Hezbollah: tutti «terroristi» senza distinzione), così il termine «antisemitismo», nella sua vastità e indeterminatezza semantica, demonizza tutte le critiche sulle azioni concrete commesse da Israele, il che evita di esaminare quelle azioni: «antisemita» diventa il rapporto Goldstone, il saggio di Bill Carter che ha denunciato Israele come Stato di apartheid, alla stregua del negazionismo dell’olocausto, e qualunque altra espressione sgradita: non a caso il nostro Napolitano, sempre primo della classe nella «lingua di legno» totalitaria, ha sancito che «l’antisionismo è antisemitismo».

E si è visto cosa intende Washington quando dichiara una «lotta globale»: una lotta senza limiti di frontiere e senza limiti legali. La «lotta al terrorismo globale»  giustifica gli arresti e le detenzioni indefinite senza processo, le operazioni coperte e gli atti di sovversione contro Stati sovrani, Guantanamo e Abu Ghraib, le torture per estorcere confessioni e le «renditions», gli eccidi a Gaza e gli assassinii compiuti con droni in Afghanistan e Pakistan. Lo stesso metodo ci dobbiamo aspettare dalla «lotta globale all’antisemitismo».

Non c’è dubbio che il nostro Napolitano approverà anche questo, come approvò l’«aiuto fraterno» sovietico in Ungheria nel 1956.

La nomina dell’inviato speciale è anche il segno della definitiva capitolazione di Obama davanti alla potente lobby. S’è dovuto rimangiare la sua posizione: «nessun nuovo insediamento» israeliano nei territori palestinesi. Netanyahu ha apertamente sfidato questa posizione, accelerando l’espansione di insediamenti ebraici. Poi c’è stato un colloquio di Netanyahu con Obama a quattr’occhi, di cui la stampa non ha riportato una sola parola. Il risultato è apparso chiaro il 10 novembre scorso, quando il capo dello staff della Casa Bianca, Rahm Israel Emanuel, ha dichiarato davanti alla conferenza annuale delle United Jewish Communities che la estensione degli insediamenti ebraici non deve essere «una distrazione dall’accordo di pace». Insomma Obama non insisterà più sul congelamento.

Una distrazione: ecco una nuova parola della neo-lingua orwelliana. Esattamente come «accordo di pace» per descrivere quel che gli israeliani fanno ai palestinesi: per esempio, il fatto che la settimana scorsa coloni ebraici della «colonia» Ytshar  hanno troncato e distrutto 81 alberi d’olivo proprietà di un contadino di Nablus in Gisgiordania, tale Akram Imram, va inteso come parte dell’accordo di pace, o al massimo una «distrazione» dal suddetto accordo (5).

Nel mondo reale, persino il presidente collaborazionista dell’Autorità Palestinese, Abu Mazen, ha dichiarato che il processo di pace con Israele è fallito per volontà israeliana, e che se gli USA non eserciteranno pressioni su Israele perchè ammetta la soluzione a due Stati, scioglierà l’Autorità Palestinese e non si ripresenterà alle elezioni.

Dal mondo orwelliano, la Casa Bianca ha immediatamente risposto: gli Stati Uniti «non faranno pressioni» su Israele nè sui palestinesi perchè riprendano «colloqui diretti» fino a che «entrambe le parti» non siano disposte a farlo.

«Entrambe le parti». Sublime. Obama ha fatto un decisivo passo avanti nel nuovo mondo orwelliano dove la guerra è pace, verità è menzogna, la servitù è libertà, e ove tutti sono uguali, ma qualcuno è più uguale degli altri.

E’ bene che ci abituamo. E che impariamo al più presto il neo-linguaggio. Per esempio, nel futuro che ci attende, ci sarà utile apprendere il nuovo senso della parola «redenzione». Perchè non è più quello che credete.

Citiamo da un saggio che rav Joseph B. Soloveitchick, rabbino americano, ha pubblicato nel 1978, col titolo: REDEMPTION, PRAYER, TALMUD TORAH .

Ecco l’esordio: «Redenzione è una categoria fondamentale nell’esperienza e nel pensiero storico ebraico. La nostra storia comincia da un atto divino di redenzione e, ne abbiamo fiducia, si concluderà con un atto divino di redenzione finale». «Ma che cosa significa redenzione? La redenzione implica un movimento di un individuo o di una comunità dalla periferia della storia al suo centro; per usare un termine della fisica, la redenzione è un movimento centripeto. Essere alla periferia significa essere un’entità che non fa storia, mentre il movimento verso il centro rende la stessa entità capace di fare storia, e cosciente della storia. Naturalmente sorge la domanda: che cosa si intende per un popolo o comunità che fa la storia? Un popolo che fa la storia è quello che conduce un’esistenza libera di unirsi, esplicita, da raccontare (6), mentre un gruppo che non fa storia conduce un’esistenza non comunicante, e perciò muta e non libera».

«Redenzione» per l’ebraismo è dunque essere al centro della storia e del successo, mentre gli altri sono ricacciati ai margini, muti in quanto privati della loro storia, e senza libertà.

E’ l’esatto contrario della redenzione che Cristo annunciò ai poveri, ai senza potere, a coloro che non hanno successo, ai margini della storia:

Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati gli afflitti, perché saranno consolati.
Beati i miti, perché erediteranno la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia.
Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli.

Questa redenzione è (per ora) dimenticata e superata. Siamo entrati nell’ennesima era orwelliana. Che oggi si chiama «lotta all’antisemitismo globale».



1) Laura Rozen, «Obama expected to name envoy to combat global anti-semitism», Politico, 11 novembre 2009. Nonostante ciò, «Polls indicate that President Obama enjoys the support of only 6 to 10 percent of the Israeli public - perhaps his lowest popularity in any country in the world (...). Israelis do not oppose President Obama’s peace efforts because they dislike him; they dislike him because of his peace efforts. He will regain their affection only when he abandons these efforts. (Henry Siegman, «Israelis and Obama», New York Times, 1 novembre 2009).
2) «Right Group: Israel ‘personally attacking’ us over Gaza Report». Guardian, 14 novembre 2009.
3) Rabbi Shmuely Boteach, «Essere ebrei, chi è che decide», Moked, il Portale dell’Ebraismo italiano.
4) Michael Deacon, «Why shouldn't Larry David urinate on a painting of Christ?» Telegraph, 30 ottobre 2009.
5) «Jewish settlers destroy over 80 olive trees south of Nablus», PIC, 13 novembre 2009.
6) Un grande studioso ebraico, Amos Funkenstein, ha elaborato a lungo sull’utilità delle «narrative inautentiche» o «contro-storia» nelle polemiche dell’ebraismo contro il cristianesimo: «la funzione della contro-storia è polemica. Il suo metodo consiste nel sistematico sfruttamento delle credenze in cui l’avversario ha più fede, ma rovesciandole. Essa mira alla distruzione dell’immagine che l’avversario ha di sè, della sua identità, attraverso la decostruzione della sua memoria». A. Funkenstein, «Perception of Jewish history», Tel Aviv 1991. Similmente rabbi Baruch Levy, in una lettera a Karl Marx sul comunismo, che fu scoperta e pubblicata dalla Revue de Paris 1 giugno 1928: «Il popolo ebraico nel suo insieme sarà il messia di se stesso. Avrà il dominio del mondo attraverso la dissoluzione delle altre razze, con l’abolizione delle frontiere, l’annichilimento dell’istituto monarchico, e stabilendo una repubblica mondiale in cui gli ebrei eserciteranno la cittadinanza dovunque. In questo nuovo ordine mondiale, i figli di Israele forniranno tutti i leader senza incontrare opposizione (...). Sarà allora possibile ai governanti ebrei abolire la proprietà privata, e fare uso delle risorse dello Stato. Così sarà adempiuta la promessa del Talmud, in cui è detto che quando verranno i tempi messianici gli ebrei avranno tutte le ricchezze del mondo in mano loro».


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