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				Fenomeno Land Grabbing. Scandalo risorse scippate			 
					Repubblica.it
					22 Settembre 2011
				"Corsa alla terra"; viene fatta incetta di terreni del terzo mondo anche da multinazionali "verdi" del biocarburante 
 PIANURE fertili, fonti, pascoli, boschi: sono questi i beni di cui gli  Stati e le multinazionali cominciano a fare incetta nell'era della  scarsità di risorse. Le potenze nascenti non conquistano più le terre  con gli eserciti, le comprano sottraendole ai disperati troppo poveri  per opporsi al potere della finanza. La nuova corsa all'oro si chiama  land grabbing e in 10 anni ha virtualmente delocalizzato un territorio  grande più di sette volte l'Italia: 227 milioni di ettari hanno cambiato  padrone. La terra è sempre lì, ma i suoi frutti vanno altrove,  finiscono in buona parte nei forzieri dei paesi che hanno fatto cassa  con l'inquinamento e ora si attrezzano per sopravvivere in un pianeta  esausto.
 
 
 
 I numeri sono contenuti nel rapporto Land and Power curato da , l'associazione che in questi giorni sta lanciando vuna .  Non tutti i 227 milioni di ettari sono sicuramente classificabili come  land grabbing, ma dietro le acquisizioni di terreni, caratterizzate  quasi sempre da una scarsa trasparenza, si cela spesso questo fenomeno.
 
 Oxfam ha analizzato circa 1.100 accordi relativi all'acquisizione di 67 milioni di ettari: il 50% delle    compravendite sono avvenute in Africa e coprono un'area quasi pari  alla superficie della Germania. La ricerca è stata condotta sul campo,  visitando i luoghi e raccogliendo testimonianze e racconti. Racconti  come quello di  Christine Longoli, una degli oltre 20 mila ugandesi che  hanno denunciato di essere stati costretti ad abbandonare le loro case  per far posto alle piantagioni estensive: "Ricordo la mia terra, tre  acri di caffè, tanti alberi, mangrovie e avogado. Avevo le mucche, le  api. Mi avevano dato anche un premio come agricoltore modello. Ora non  ho più nulla, sono la più povera tra i poveri".
 
 O come quella di  Lokuda Losil, 60 anni e 30 acri, sempre in Uganda: "Gli uomini della New  Forest Company sono venuti e hanno cominciato distruggere i raccolti e a  demolire le case ordinando di andarcene. Picchiavano la gente che non  riusciva a scappare". La New Forests Company, una società britannica che  ha ottenuto ampi riconoscimenti da parte del governo ugandese e  dichiara di seguire rigorosi codici di comportamento, smentisce le  accuse, ma il rapporto riferisce di migliaia di testimonianze sulle  violenze subite da parte dei contadini, sull'arresto dei leader delle  comunità locali, sulla distruzione di scuole e strutture sociali.
 
 E  l'Uganda non è un caso isolato: con quasi 3 miliardi di persone che  vivono in aree in cui non c'è acqua a sufficienza, chi può accaparra  frammenti di natura. In Honduras, la Bajo Aguan Valley, una delle  regioni più fertili, a meta degli anni Settanta era stata affidata a 54  cooperative. Negli ultimi dieci anni un'escalation di violenze mirata a  concentrare le proprietà terriere nelle mani di pochi latifondisti è  culminata, nell'ottobre del 2010, con l'assassinio di 36 contadini e la  militarizzazione dell'area.
 In Guatemala, dove il 78 per cento dei  terreni è di proprietà dell'8 per cento degli agricoltori, la spinta a  moltiplicare la produzione di biocarburanti ha portato a triplicare  l'area destinata alla palma da olio espellendo i contadini che  lavoravano la terra per coltivare cibo per la propria sopravvivenza. Nel  marzo 2011, 800 famiglie sono state costrette ad abbandonare le loro  comunità nella Polochic Valley. Si calcola che entro il 2050 la  produzione di olio da palma raddoppierà a livello globale portando a  un'estensione delle coltivazioni su un territorio grande 6 volte  l'Olanda.
 
 Nell'Amazzonia peruviana sono in corso più di 50  megaprogetti energetici. Le concessioni per lo sfruttamento del petrolio  e del gas coprono il 70 per cento del territorio amazzonico; più di 10  milioni di ettari sono stati assegnati all'uso minerario; quasi 8  milioni di ettari sono stati dati alle società che trasformano gli  alberi in parquet.
 
 Nel Sudan del Sud tra il 2007 e il 2010  società straniere, governi e singoli individui hanno preso il controllo  di 2,6 milioni di ettari di terreno da destinare ad agricoltura,  biofuel, legname: l'area, grande quanto il Rwanda, rappresenta il 10 per  cento del paese.
 
 In Indonesia, nel distretto di Tayan Hulu, la  pressione per convincere i contadini a cedere i terreni ha portato nel  2007 a proteste con blocchi stradali e arresti. Il tentativo di  espandere ulteriormente la coltivazione della palma da olio sta creando  problemi in tutto il paese.
 
 "Il numero senza precedenti delle  compravendite e la crescente competizione per la terra sta avvenendo  sulla pelle dei più poveri del mondo. In questa nuova corsa all'oro, gli  investitori ignorano i diritti delle comunità locali", dichiara  Francesco Petrelli, presidente di Oxfam Italia. "Lo scandalo è che l'80%  delle terre accaparrate rimane inutilizzato. Questa nuova corsa all'oro  si intensificherà nel futuro, a causa della crescente domanda di cibo,  dei cambiamenti climatici, della scarsità d'acqua e dell'incremento  della produzione di biocarburanti".
 
 Fonte >  Repubblica.it
 
 
 
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