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Monti e i suoi tecnici. Tecnicamente falliti
22 Ottobre 2012
«Strano che questi tecnici commettano tanti errori tecnici», ironizzava sere fa Tremonti in non so quale talk show. Effettivamente. La legge Fornero, che a dire della tecnica si proponeva di aumentare la «flessibilità in entrata» nel mondo del lavoro e creare tanti «posti fissi», sta producendo rigidità in uscita, ossia licenziamenti di gente con i contratti a tempo determinato. Gli esodati senza salario né pensione sono un effetto collaterale di un altro errore tecnico dei tecnici. E il decreto anti-corruzione? Annunciato con la consueta grancassa mediatica: «Via i condannati dal parlamento» (aspetta e spera i tre gradi di giudizio), invece rende impossibile perseguire la corruzione: per dirne una sola, mette infatti sullo stesso piano penale il pubblico funzionario che esige denaro, e il privato che è costretto a darglielo, in modo da esser sicuri che il ricattato privato non denuncerà mai il corrotto, perché finirebbe in galera con lui. Tutta questa grande riforma è definita «un passo indietro» dal Consiglio Superiore della Magistratura. Un passo indietro persino rispetto alle leggi e leggine che Berlusconi ha fatto approvare per salvarsi dai processi, come l’accorciamento assurdo della prescrizione. Anche questa, non sanata dalla «riforma» montiana. (Il Csm boccia il ddl anticorruzione. "Un passo indietro incoerente") Monti, arrogante, ha risposto alle critiche con alterigia: i passati governi e le maggioranze di prima non hanno mai varato una legge anti-corruzione. È vero, ma è meglio nessuna legge piuttosto che una finta-riforma che non riforma, perchè illude che esistano norme anti-corruzione mentre «fanno girare il sistema a vuoto» (Davigo). E di finte riforme, il governo dei tecnici ne ha fatto ormai non so quante. Bravissimi negli annunci, poi partoriscono topolini. E mostriciattoli informi. La legislazione dei tecnici è teratologica. Ma passiamo ai soldi (nostri) che sono quelli che contano. I ladri di Stato, i Lusi, i Fiorito, il siculo Lombardo, il Daccò, la Polverini, Penati sprecano o rubano milioni. I tecnici dilapidano miliardi. Tre soli esempi. Monte dei Paschi: 3,9 miliardi. Ha fatto un certo effetto la notizia, il 18 ottobre, che Moody’s ha declassato i titoli di Monte dei Paschi a «spazzatura». Il che è naturale, essendo la Montepaschi fallita per la gestione dei suoi caporioni, tutti comunisti di ferro (oggi PD); basta ricordare che nel 2007 questi fecero comprare a Montepaschi una banchetta del Nord-Est, l’Antonveneta, per 9 miliardi – mentre ne valeva 2, suscitando i peggiori sospetti, fra cui quello di costituzione di fondi neri è il minore (è scomparso un miliardino). Il bello è che pochi mesi prima, il governo Monti e i suoi tecnici hanno regalato complessivamente 3,9 miliardi (diconsi miliardi, mica milioni) di soldi nostri, facendo comprare al Tesoro i titoli della Montepaschi – titoli oggi spazzatura. Il valore della banca è oggi 2,96. Un pessimno affare per il Tesoro, cioè per noi contribuenti. Aiuti di Stato a cui, pare, non sempre i liberisti bocconiani sono contrari (e la UE non si lamenta: al timone c’è il Commissario Monti, uno dei loro), quando si tratta di fare favori ai comunisti, da Bersani in giù. E c’è una commovente solidarietà fra banchieri: il colpevole del fallimento, Giuseppe Mussari, ex PCI, amministratore delegato di Montepaschi all’epoca – che dovrebbe essere in galera – è oggi elevato a presidente dell’ABI, la confindustria delle banche. C’entra anche che uno dei capintesta della banca, Alessandro Profumo, è il fratello del ministro della Istruzione? E che nella vicenda sono «persone informate sui fatti» Vittorio Grilli, attuale ministro dell’Economia e al tempo direttore generale del Tesoro, nonché Anna Maria Tarantola, allora altissima funzionaria di Bankitalia, e oggi messa da Monti a dirigere la RAI? Chissà. Intanto, cominciano i licenziamenti, ma non dei top manager. Il sindacato (rosso) della rossa banca di Siena lamenta: «Si salvano figure dal costo elevatissimo che non hanno dimostrato nel tempo alcuna capacità professionale». Sembra quasi che i tecnici, andati al governo, stiano spendendo un sacco di soldi nostri per coprire le magagne e i danni di altri tecnici (o di loro stessi) provocati – a voler essere ingenui – dalla loro sesquipedale incompetenza. O è disonestà? A voi la scelta. A Morgan Stanley 2,6 miliardi. Infatti è in gran segreto che a marzo il Tesoro, per chiudere un contratto-derivati, paga quatto quatto 2,567 miliardi (non milioni: miliardi) alla banca d’Affari Morgan Stanley. Siccome la notizia salta fuori comunque dagli USA, il governo impapocchia qualcosa di simile a una risposta. Secondo la versione più sommariamente difensiva, il Tesoro, nel 1994, avrebbe comprato uno «swap» (derivato) dalla banca d’affari americana in modo da garantirsi contro rialzi dei tassi d’interesse da pagare sui nostri titoli pubblici. I tassi allora calavano – erano i tempi di Ciampi e Dini – sicché a guadagnarci era Morgan Stanley e a perderci, noi. Quando i tassi hanno cominciato a salire, Morgan Stanley, che avrebbe cominciato a perdere, ha rotto il contratto. Invocando una clausola di «termination» che vi aveva fatto inserire. Ma non la contano giusta. Tanto per cominciare, nessun contratto del genere comporta una simile clausola. Chi l’ha firmato a nome dell’Italia s’è fatto infinocchiare di brutto dai bankster americani. E chi era nel ‘94 il direttore del Tesoro che firmò? Tenetevi forte: è il più eccelso dei tecnici, il tecnico dei tecnici, l’indiscutibile super-tecnico che tutto il mondo c’invidia: Mario Draghi. Poi passato a Goldman Sachs, ed oggi a capo supremo della BCE. Del resto, sapete chi è il caporione in Italia di Morgan Stanley, a cui i tecnici hanno pagato 2,6 miliardi (ossia metà dell’aumento dell’IVA da loro deciso)? E’ Domenico Siniscalco, ex direttore generale del Tesoro. Gli esperti di eufemismi parlerebbero di «conflitto di interessi». Nella farsa italiota, diciamo che questa è gente che fa le due parti in commedia. Prima fa uno swap come altissimo funzionario dello Stato, e poi si fa pagare come Goldman Sachs o come Morgan Stanley. La manina di Draghi in questa enorme perdita per noi suscita i peggiori sospetti; dopotutto, si sospetta sia stato Draghi – allora con il cappello Goldman Sachs – ad insegnare ai greci come truccare i bilanci. Vittorio Grilli, sempre lui, nella sua altezzosa e laconica risposta sul pasticcio, ha detto: «Abbiamo ripagato un debito». Ma allora fra Italia e Morgan Stanley esisteva un rapporto da debitore e creditore? I contratti di swap «normali» non costituiscono un rapporto del genere fra le due parti. Ma esisteva nel contratto fra Goldman Sachs e il governo greco, questo debitore, e la banca creditrice... E come mai è stato l’unico caso di contratto derivato nella storia con inserita una clausola di rescissione, dando a Morgan la possibilità di sfilarsi appena cominciava a perdere? Chi ha fatto una simile coglionata? Ed è poi una coglionata, o un papocchio tra amiconi Funzionari-Banchieri o viceversa per dividersi il denaro di noi contribuenti? (Può essere solo una coincidenza: un figlio di Monti, bocconiano, è vicepresidente di Morgan Stanley). Silenzio dei media, sempre discreti in questi casi. E grande riservatezza della magistratura: niente intercettazioni ai Tecnici. Sono i Venerandi, gli Indiscutibili. (Monti regala 2,5 miliardi alla Morgan Stanley...?!?) A MES e EFSF, 27 miliardi. Notoriamente, da quando Monti e i tecnici – fra gli applausi generali – hanno preso il timone dello Stato, il debito pubblico non è diminuito. È aumentato di 70 miliardi. Nonostante la torchia fiscle intollerabile, nonostante le austerità e i tagli che hanno portato alla recessione (PIL -3%). Ma naturalmente lo spread è ultimamente calato! Bravi, bene! Sotto i 500 punti! Meravigliosi tecnici! Basta dimenticare che dal 2008 al maggio 2011, ossia fino a quando Berlusconi non ha esautorato di fatto Tremonti (annunciando all’Europa che lui in persona assumeva la «cabina di regia» della crisi), lo spread è stato sui 113 punti, e senza gli «aiutini» della BCE (Draghi). Ma torniamo a bomba. Il debito pubblico italiano è aumentato, dicevamo, di 70 miliardi. I tecnici hanno tecnicamente ignorato che le Regioni sono secchi sfondati da cui il denaro dei contribuenti si perde a vagonate; anzi hanno dato un altro miliardo alla Sicilia, a piè di lista. Di quei 70, non tutti sono dovuti alle follie regionali non represse e alle maggiori spese d’interessi da corrispondere sui BOT e BTP, ogni volta che una emissione vecchia viene a scadenza e deve essere sostituita da una emissione nuova, ovviamente con interessi più cari perché «i mercati» altrimenti non ci prestano. Questo scarto, pare, è sui 6 miliardi: un quarto di finanziaria viene volatilizzato così. Di qui altre tasse, altre stangate, altre finanziarie mascherate da «vi abbiamo calato l’IRPEF» (e aumentato l’IVA), e via truffando. La voce più grossa, in questi 70 miliardi di troppo, sono i 27 miliardi (quasi la metà) che l’Italia deve conferire, come quota di partecipazione, al cosiddetto Fondo Salva-Stati (EFSF) e al Meccanismo Europeo di Stabilità (MES). Tutto naturale, diranno i fan dell’Europa Federale; Germania e Francia contribuiscono anche di più. Già, tutto europeisticamente giusto. A patto di dimenticare che l’Italia già sborsa 90 miliardi annui solo per pagare gli interessi sul debito pubblico. E che per trovare quei 27 miliardi – una finanziaria – da conferire ai Fondi Salva-Banche (pardon: Salva-Stati), l’Italia li deve chiedere in prestito. Sicché accade questo: che l’Italia dei tecnici prende a prestito, indebitandosi sempre di più, per riempire dei Fondi che, in caso di crisi, la «aiuteranno» dandole in prestito i capitali. Praticamente i nostri stessi soldi ci verranno restituiti, ma come debito aggiuntivo. Su cui dovremo pagare gli interessi. Questa è la logica eurocratica. Questa è la logica e l’ideologia dei Tecnici. Che è la logica dei banchieri: indebitarci sempre più. Una logica che si traduce sempre, come per caso, in trasferimenti dal basso verso l’alto, dai cittadini-contribuenti alle banche nazionali e internazionali. Basta dire che dei 90 miliardi che ci vengono estorti ogni anno per pagare i soli interessi sul debito (che non viene estinto nemmeno di un euro), solo pochissimo torna ai risparmiatori italiani: essi detengono ormai solo il 14% in titoli pubblici, mentre il resto è detenuto da banche estere (il 32%) e dalle banche nazionali, così ben rappresentate nel governo dei tecnici. Ciò significa che i soldi non tornano nelle mani dei privati che potrebbero investirli nell’economia reale locale, bensì nelle mani di banchieri che li usano per le loro speculazioni. Di qui la proposta di Tremonti di comprare il debito pubblico in mano a stranieri, invogliando gli italiani a tornare ai BOT sancendo l’esenzione fiscale totale dei titoli di Stato. Ciò metterebbe il debito pubblico al riparo delle paturnie dei «mercati» ossia della speculazione estera. La cifra è sugli 800 miliardi. Gli italiani ce li hanno? Sì, ce li hanno ancora. E almeno 500 miliardi dei loro risparmi li hanno investiti all’estero, non trovando in Italia buoni impieghi; e non parliamo della fuga occulta di capitali, incalcolabile. Assurdamente, «l’Italia importa debito mentre esporta risparmi», come dice Tremonti. Ma non fate quel nome. Non è un tecnico. E non affrontiamo la questione del Fiscal Compact, ossia della regola imposta dalla Germania e dall’eurocrazia di ridurre il nostro debito dal 120 al 60% del PIL, entusiasticamente accettata dai Tecnici, e inserita nella costituzione dai partiti-traditori: il che li renderà «legalmente» autorizzati a tagliare 45 miliardi l’anno per vent’anni. In realtà, a tassarci e ridurci i servizi per spuntare quella cifra (a tagliare le spese inutili, i tecnici non sono capaci). Si tratta dello strangolamento e dissanguamento totale dell’economia italiana, e di qualunque minimo sogno di ripresa economica. (Rimando per questo all’ottimo blog: Fiscal Compact, il pareggio di bilancio in costituzione è una lucida follia tecnocratica) Questi tecnici spendono, e promettono di spendere, decine, trentine o cinquanta miliardi per volta: Fiorito e la Polverini, Lombardo il siculo e Penati, gli sprechi delle caste e i deputati più pagati del mondo, sono al confronto bruscolini. I sondaggi danno Grillo al 21%. E sia, non potrà far peggio dei Tecnici.
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