Mastella, uno di noi
21 Gennaio 2008
Ha ragione Maurizio Blondet quando si accanisce contro Mastella, però… Però, Mastella è il migliore del Centro-sinistra!
E in fondo è il migliore anche del Centro-destra, che è uguale al Centro-Sinistra e in cui Mastella ci starebbe benissimo, anzi ci è pure stato.
Non è lui il trasformista, sono gli altri.
Mastella non è nient’altro che se stesso, cioè uno di noi, un italiano: o Franza o Spagna, purchè se magna.
Mastella fa quello che fanno tutti gli altri, fa quello che farebbe la maggioranza degli italiani, lo dice e non se ne vergogna.
Lo scrivemmo già prima delle elezioni: «A Clemente non gli passa ‘manco p’a capa’ di vergognarsi del suo passato; è stato uomo della sinistra democristiana che si è presentato alle elezioni con la destra del Polo, che poi è passato a sostenere la sinistra dalemiana e che comunque scontento si agita sempre minacciando di saltare di nuovo il fossato, batte bandiera propria, è geloso dei suoi piccoli feudi, è monogamo, non si è mai fatto le canne, è arrivato vergine al matrimonio e se ne vanta, (‘ero cattolico. E seguivo le regole della mia religione’), di fidanzate - prima della moglie Sandra - un solo grande amore (platonico naturalmente), si è fatto la villa con la piscina a forma di cozza (‘ma quale cozza! E’ a forma di conchiglia. Pensa che per vedere se era cozza o conchiglia hanno perfino noleggiato un aereo’ ha precisato piccato), adora le mozzarelle di bufala, con cui strafoga i suoi ospiti, torna regolarmente ‘a paese’, cioè a Ceppaloni, vanta percentuali nell’entroterra beneventano anche del 91%, non ha mai tradito la moglie, si tinge i capelli in maniera improbabile, va a Messa, non ama fare il puro e duro, è contro i PACS, rivendica con orgoglio per sé il ruolo di Alberto Sordi della politica (‘io sono come Sordi. Lui non ha mai vinto l’Oscar, io non sono mai stato primo ministro’), certe volte ha pure il coraggio di dire: ‘fidatevi di Mastella!’… e - notatelo - strabuzza gli occhi tutt’attorno, casomai qualcuno ci credesse davvero» (1).
Da allora una sola cosa è cambiata: Mastella è diventato ministro e per di più della Giustizia!
... Indagato assieme a sua moglie, al consuocero Camilleri e ad altri 32 figuri per lo più legati al suo partito per ben sette capi di imputazione.
Così, tanto per gradire, il testo dell’ordinanza di custodia cautelare gli imputa la commissione del delitto di concorso esterno in associazione a delinquere, perché, in qualità di segretario nazionale del partito politico UDEUR, pur senza aver preso parte all’associazione, ma «esercitando un potere di controllo sulle attività degli Enti pubblici e locali ricadenti nel territorio della Campania e, comunque, su quelli in cui figurava la presenza di esponenti politici del suo partito, offriva un contributo concreto, specifico, consapevole e volontario alle finalità dell’associazione. In particolare, consapevole delle iniziative intraprese dal Camilleri e dai suoi complici nella realizzazione degli illeciti associativi, indicando prevalentemente al Camilleri ovvero ad altri suoi fidati collaboratori e compagni di partito le persone a cui rivolgersi a suo nome per ottenere la facilitazione della realizzazione di tali illeciti nonché nel fornire il proprio ‘nulla osta’ all’inizio dell’azione criminosa dell’associazione e nel prefigurare agli associati le strategie comuni da adottare per consolidare sul territorio il potere del partito politico UDEUR, consentiva alla associazione per delinquere in questione di rafforzarsi e di conservare il suo potere di intervento sulle pubbliche amministrazioni: con ciò fornendo un apporto diretto alla realizzazione - anche parziale - delle finalità della associazione. Nelle Province di Caserta, Benevento, Salerno, Avellino e Napoli: con condotta attualmente permanente».
Inoltre con la moglie Alessandrina Lonardo, con Ferraro Nicola, consigliere regionale della Campania e Abbamonte Andrea, assessore regionale alle Risorse Umane della Campania si è visto contestare il delitto previsto dagli articoli 110, 56, 81 cpv, 317 codice penale, perché, «in concorso e previo accordo tra loro, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso poste in essere in tempi diversi […] ponevano in essere atti idonei […] diretti in modo non equivoco a costringere Annunziata Luigi [direttore generale dell’Azienda Ospedaliera San Sebastiano di Caserta, nominato in tale sua funzione su indicazione del partito politico UDEUR) a conferire loro un’utilità, consistita nel determinarlo a dirigere le sue funzioni in favore degli appartenenti al partito politico UDEUR, le cui indicazioni aveva egli deciso di non recepire, tanto da:
1) operare alcune nomine di primari ospedalieri non gradite alla Lonardo ed al Mastella, fra cui quella in favore di tale Sergio Izzo, fratello di Mino Izzo, parlamentare del partito politico Forza Italia (ex assessore regionale e consigliere regionale dei diversi partiti di Mastella prima di transitare in Forza Italia dopo che Mastella lo aveva messo da parte alla Regione, ndr); 2) non designare i primari dei reparti di cardiologia e di neurochirurgia dell’Azienda Ospedaliera San Sebastiano di Caserta secondo le indicazioni della Lonardo; 3) non designare come primario ospedaliero un medico neurologo - non meglio identificato - segnalatogli dal Ferraro in quanto medico di fiducia di suo padre; 4) non designare come capo ufficio tecnico della Azienda Ospedaliera di Caserta tale ingegner Napoletano (segretario cittadino dell’Udeur, vicesegretario provinciale a Caserta, ndr), segnalatogli dal Ferraro;
5) non designare come componente del nucleo di valutazione della Azienda Ospedaliera di Caserta tale Fabio Sgueglia, persona a lui segnalata dal Ferraro. Evento non verificatosi a causa della fermezza opposta dall’Annunziata il quale non accettava di sottostare alle direttive ricevute» (2).
Nessuna pietà per Mastella, va bene, ma domando: in quale ente territoriale, AUSL, municipalizzata, società di gestione, ente pubblico dello Stato o del parastato le nomine vengono fatte per merito e non per criteri di ascrizione politica?
Davvero le nomine di primari, direttori e dirigenti, a partire dai ministeri fino al più insignificante dei Comuni italiani vengono fatte in maniera diversa?
Pensiamo davvero che «su al nord» o nelle «regioni rosse» prevalgano ovunque criteri di merito, piuttosto che di appartenenza, collateralità, referenza personale?
Forse l’unica differenza è che altrove sono più accorti e i nomi non li fanno al telefono, ma nelle «segrete stanze», ove le intercettazioni ambientali sono più difficili.
Nessuna pietà per Mastella, dunque? Nessuna pietà, certo.
Ma nessuna pietà per Berlusconi, Massimo Maria Berruti, Vito Bonsignore, Umberto Bossi Giampiero Cantoni, Enzo Carra, Paolo Cirino Pomicino, Marcello Dell’Utri, Antonio Del Pennino, Gianni De Michelis, Giorgio La Malfa, Aldo Patriciello, Cesare Previti, Egidio Sterpa, Antonio Tomassini, Vincenzo Visco, Alfredo Vito, Augusto Rollandin, Gianstefano Frigerio, Giorgio Galvagno, Vittorio Sgarbi e tutti gli altri inquisiti che siedono sugli scranni di Montecitorio o Palazzo Madama.
Nessuna pietà per Bassolino, per Totò Cuffaro, per Letizia Moratti, per Francesco Storace, per e tutti gli altri famigli inquisiti di tutte le «famiglie» e di tutti i «fratelli» d’Italia.
Nessuna pietà per Alessandrina Lonardo, moglie di Mastella, ma neppure per Donatella Pasquali Zingone, moglie dell’ex ministro Lamberto Dini, condannata un mese e mezzo fa per bancarotta fraudolenta a due anni e quattro mesi di reclusione e all’interdizione dalla gestione di cariche societarie per dieci anni.
Peccato però che entrambe le pene, non saranno scontate poiché quella al carcere è stata condonata per effetto dell’indulto, mentre la seconda pena è stata sospesa condizionalmente.
In Lombardia Ignazio La Russa distribuisce forse posti in base alla competenza?
L’Italia è ridotta così anche perché la giustizia non viene amministrata per fare giustizia, ma per fare le scarpe agli altri.
Abbiamo notato una strana coincidenza tra le dichiarazioni di Marco Pannella a Porta a Porta del 16 gennaio scorso, quando ha affermato che l’unico modo per fare lavorare i magistrati sarebbe l’amnistia, e il contenuto di un intervento che Mariano Maffei, proprio il procuratore capo dell’affaire Mastella, pronunciò il 20 novembre 1990 sulla crisi della giustizia, indicando come rimedi, oltre a quello di vietare gli incarichi extragiudiziari dei magistrati, l’opportunità di giungere ad una massiccia depenalizzazione e la necessità di un ampliamento delle misure di pena detentiva convertibili in misure alternative per smaltire i processi evitando il rito dibattimentale (3).
Insomma la condanna non ha come fine l’irrogazione della pena, ma la conclusione del processo.
E’ la medesima logica che presiede spesso all’azione amministrativa: lo scopo non sembra quello di operare per il bene del cittadino, ma di emanare il provvedimento.
La casta, ogni casta che si è costituita all’interno dello Stato, è tale prima di tutto culturalmente, perché è autoreferenziale rispetto al proprio agire.
In tal modo essa pretende di assolvere la propria funzione.
Non si interessa degli effetti che produce al di fuori della propria sfera di azione in un contesto più alto.
No, ognuno agisce in vista del proprio interesse particolare.
Ciò che - possiamo dirlo? - la democrazia, o almeno questa democrazia, ci ha fatto perdere è il senso dello Stato e della comunità nazionale.
Partito è termine che richiama anzitutto etimologicamente il concetto di parte, fazione, banda.
E se uno Stato si organizza in questo modo, tutto il suo agire si caratterizza come una guerra per bande all’interno dello Stato.
Del bene pubblico non frega più niente a nessuno.
Nessuno si interesserà più ad esempio di portare via l’immondizia.
Quello che importa è gestire il potere e se i problemi non vengono risolti, anzi si moltiplicano, tanto meglio: paradossalmente risolvere i problemi, significa perdere potere.
Se in Campania le cose andassero bene, non occorrerebbe avere il «padrino» che ti trova il lavoro. Se l’emergenza spazzatura non durasse da sempre, come giustificare il numero di spazzini assunti con chiamata diretta?
Se l’emergenza è strutturale, la struttura del potere non cambia: il caos è una forma raffinata di ordine, qualcosa che nessuno può controllare e che nessuno può gestire, tranne chi sul caos ci campa.
La colpa non è solo loro, dei potenti e di chi detiene il potere: la colpa è della gente che li vota,
di tutti quelli che perlomeno nel segreto dell’urna non hanno il coraggio di dire di no.
La colpa del caos napoletano è dei napoletani, quella dell’Italia degli italiani!
A Napoli potranno sempre fare sommosse, mai rivoluzioni.
Potranno generare dei Masaniello, mai dei capi. Potranno essere servi, mai ordinatamente subordinati. Finché non cambieranno dentro, saranno sempre prigionieri del loro destino.
Finché non scopriranno oltre alla fede delle viscere anche quella dell’intelletto (e ne hanno moltissimo) non smetteranno di lagnarsi.
Finché non ritroveranno il sangue normanno, oltreché quello mediterraneo, saranno oppressi dal loro stesso destino.
Non se ne abbiano a male i napoletani.
Lo posso dire: per metà sono terrone anch’io.
Serve dignità senz’alluccà, senza grida stridule, senza scomodare sempre San Gennaro, ‘a smorfia, senza mendicare ‘a grazia, senza lasciare che il ventre di Napoli domini ogni cosa: Achille Lauro non era peggio di Bassolino e le furberie di una volta sono le stesse di oggi.
Serve fortezza, tenacia e coraggio.
Ma soprattutto volontà di cambiare.
Finora Napoli non è cambiata, ma così non cambierà mai.
Il fatto è che il problema diventa più grande: non è solo la spazzatura di Napoli che viene seminata in giro per l’Italia. E’ Napoli stessa che sta diventando l’Italia.
E Napoli è divenuta una condanna che i napoletani si meritano e noi ci meritiamo.
Il caos ci è entrato dentro, nel cuore: siamo tutti mastellizzati.
Nessuna pietà per i colpevoli!
Lo torneranno forse a gridare inutilmente i cittadini, ma non se ne farà nulla.
Come è stato con «Mani Pulite».
La giustizia in Italia non serve per fare giustizia, ma per fare le scarpe al proprio nemico.
Quella presunta rivoluzione, probabilmente eterodiretta dal panfilo Britannia, non cambiò le cose, ma solo gli equilibri di potere.
L’Italia di oggi è forse perfino più marcia di allora, certo più duttile ai poteri forti internazionali.
Bettino Craxi è stato lasciato morire ad Hammamet, perché un «cinghialone scuoiato» alle folle bisognava pur consegnarlo. Mastella potrebbe fare la stessa fine, è persino più adatto.
Mastella in fondo è un «brigante» che difende il suo piccolo feudo (ben più piccolo di quello di Craxi) e disturba coi propri piccoli ricatti, le proprie clientele e i propri interdetti chi comanda davvero.
Nella sua faccia tosta e nella sua megalomania, che lo porta a paragonare il Sannio alla West Coast, Mastella una qualche ragione ce l’ha: «E’come la California - ha detto - per Obama o Hillary Clinton: determinante, in grado di cambiare gli equilibri. E chi vince la Campania vince nel Paese. E io, fra quelli determinanti, sono il leader più debole. I miei guai sono iniziati quando sono diventato ministro, lì mi sono spaventato, aveva ragione Cossiga» (4).
Quello che stupisce, in effetti, è la tempistica di questa inchiesta ed il fatto che le fattispecie di reato si sarebbero consumate fino al maggio - giugno 2007, ma siano emerse solo oggi, mentre la Campania è sommersa di rifiuti, sprofondata in una catastrofe ambientale che sta ammorbando tutta la penisola, col governo costretto a fare intervenire l’esercito e il territorio costellato di roghi tanto da sembrare sembra la Terra del Fuoco.
Quello che mi ha lasciato interdetto è che, mentre la magistratura rimaneva inerte di fronte a questo scempio, improvvisamente le luci della ribalta si sono spostate dai quartieri bassi di Napoli, dalla cintura dei comuni partenopei e dalla discarica di Pianura verso Ceppaloni.
E che l’altra grande preoccupazione dei magistrati napoletani sia stata l’indagine contro Berlusconi nell’ambito dell’inchiesta sulle segnalazioni a favore di cinque attrici fatte dal leader di Forza Italia al presidente di RAI Fiction Agostino Saccà.
Anche qui la cosa è certamente sconveniente, ma lo scopriamo adesso e in piena emergenza rifiuti? E’ questa la priorità su cui deve lavorare la procura di Napoli?
Insomma mi domando: l’unico colpevole di tutta la monnezza di Napoli e della politica è Clemente ‘o guappo, il democristiano «mariuolo», cattolico e «fetente», quello che non vuole votare le leggi contro le discriminazioni dei gay e poi «cumbina chill’ che cumbina».
Bersaglio troppo facile, per cascarci.
E allora evidenziamo alcune cose, così senza commento.
La Procura di Santa Maria Capua Vetere, che ha firmato i provvedimenti, si è subito dichiarata incompetente, con la motivazione che il reato più grave non sarebbe stato compiuto nella provincia di Caserta.
Mariano Maffei, che guida la Procura di Santa Maria Capua Vetere da 11 anni, lascerà il suo incarico il 27 gennaio prossimo, perché ha superato il limite di otto anni fissato dalla riforma dell’ordinamento giudiziario, voluta da Mastella, che ha stabilito quel tetto massimo negli incarichi di vertice della magistratura.
Recentemente aveva partecipato alla «corsa» per la poltrona di procuratore generale a Salerno, ma il CSM gli aveva preferito Lucio Di Pietro.
Così senza una nuova collocazione la legge prevede che Mariano Maffei rimanga alla procura senza però i «gradi» di capo. Strane coincidenze.
A proposito di nomine decretate dal CSM, viene da domandarsi se all’interno dell’organo di autogoverno della Magistratura le decisioni sulle nomine siano o meno estranee all’appartenenza alle correnti che la percorrono o se le medesime pratiche rimproverate ai politici non siano praticate dagli stessi magistrati.
E lo stesso si potrebbe dire con riguardo ai provvedimenti disciplinari: viene da chiedersi se Valentina Forleo sarebbe stata sottoposta alla procedura di trasferimento d’ufficio per incompatibilità nel caso in cui invece di indagare su Massimo D’Alema avesse indagato su Berlusconi.
E analogamente sarebbe curioso sapere perché un altro magistrato, De Magistris, che prima di Maffei aveva anche lui indagato Mastella, ma quella volta coinvolgendo anche Prodi, si sia visto togliere l’indagine «Why not» per incompatibilità nel procedimento e chi abbia fornito quelle notizie all’Agenzia ANSA, prima ancora che il provvedimento fosse notificato nei modi di legge.
Chi, se non gli austeri tutori della legge che quel provvedimento avevano confezionato?
Il sacrosanto principio di autonomia della magistratura non dovrebbe anch’esso trovare un limite invalicabile nel rispetto della legge?
«Quis custodit custodes»?
Nella guerra per bande che sembra attraversare l’intero panorama delle istituzioni l’Italia è percorsa e devastata da armate mercenarie, guidate da capitani di ventura, anzi di sventura, spinti solo dalla propria cupidigia o al servizio di potentati internazionali.
Mi domando quali saranno gli esiti della vicenda Mastella: penalmente temo che tutto si risolverà in una bolla di sapone… o quasi.
Politicamente invece i risultati potrebbero essere quelli di far cadere un governo che non ne vuole sapere di cadere.
E allora sarebbe interessante scoprirne i mandanti.
Vedremo nei prossimi giorni se la politica dei veti incrociati obbligherà i giustizialisti a sostenere Mastella e i mastelliani a sostenere Pecoraro Scanio.
Se davvero Mastella insisterà nel chiedere al governo l’approvazione di un documento di solidarietà o farà un «gesto generoso» in cambio di qualche garanzia per il futuro.
Vedremo se sarà davvero il marito della signora Donatella Pasquali Zingone, condannata per bancarotta fraudolenta, vale a dire Lamberto Dini, a decretare la fine di questo governo, come lascia intendere a proposito della mozione di sfiducia individuale a Pecoraro Scanio: «Le conseguenze di un’eventuale sfiducia al ministro dell’Ambiente sono diverse a seconda dell’atteggiamento che il governo terrà sul caso: se si rimette all’Aula, può anche non dimettersi trattandosi di sfiducia individuale; se invece approva l’operato di Pecoraro, allora le dimissioni di Prodi diventano obbligate. Noi ascolteremo quello che verrà detto in Aula, ma visto che sono emerse chiare responsabilità politiche anche del ministro, che si è opposto alla costruzione dei termovalorizzatori, coerentemente con quanto abbiamo fatto sui rifiuti, non voteremo a favore» (5).
Vedremo se fanno ammuina, o fanno sul serio.
E nel secondo caso, essendo ridicolo credere che ciò avvenga per senso di responsabilità istituzionale, come vorranno farci credere, sarà interessante provare a scoprire, sia in termini di politica interna, che soprattutto di politica estera chi sarà il mandante, a chi cioè gioverà.
Io qualche sospetto ce l’ho.
Intanto, mentre noi, facendo zapping in TV, ci affannavamo a inseguire i sacchi di spazzatura da una discarica all’altra, come diceva Totò - tomo-tomo e cacchio-cacchio - lorsignori, a Roma, mica a Napoli, ce l’hanno fatta sotto il naso.
L’articolo 7 del Decreto-legge 11 maggio 2007, numero 61, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 luglio 2007, numereo 97, stabiliva che «In deroga all’articolo 238 del decreto legislativo 3 aprile 2006, numero 152, i comuni della Regione Campania adottano immediatamente le iniziative urgenti per assicurare che, a decorrere dal 1° gennaio 2008 e per un periodo di cinque anni, ai fini della tassa di smaltimento dei rifiuti solidi urbani, siano applicate misure tariffarie per garantire complessivamente la copertura integrale dei costi di gestione del servizio di smaltimento dei rifiuti. Ai Comuni che non provvedono nei termini previsti si applicano le disposizioni di cui all’articolo 141, comma 1, lettera a), del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267».
Insomma entro dicembre scorso tutti i Comuni della Campania avrebbero dovuto adottare un piano straordinario per lo smaltimento dei rifiuti ed autofinanziarselo, pena lo scioglimento ed il commissariamento.
Sono bastate due righe, inserite nel decreto milleproroghe, quello schifo di provvedimento che ogni anno tutti i governi rinnovano per prorogare le scadenze di mille adempimenti inadempiuti, che poi si trasformano in emergenze nazionali, per farci fessi tutti.
All’articolo 33 del Decreto-legge 31 Dicembre 2007, numero 248 è scritto: «Il termine di cui all’articolo 7 del decreto-legge 11 maggio 2007, numero 61, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 luglio 2007, numero 97, è prorogato al 31 dicembre 2008».
L’emergenza è garantita un altro anno.
Gli affari ed il potere pure.
Potevano commissariare l’intera Campania e mandarli tutti a casa, Bassolino, Mastella e compari.
Invece… Avete per caso sentito alzarsi una protesta?
Se fossimo un popolo serio avremmo preso i forconi e scaraventato lorsignori dentro la discarica di Pianura o dentro un termovalorizzatore, salva verifica della funzionalità dei filtri per via delle emissioni in atmosfera. Invece nulla: abbiamo stappato al nuovo anno e sparato i botti.
Mastella?
Ve lo diciamo noi, ce lo meritiamo tutto.
Domenico Savino
Note
1) http://www.effedieffe.com/interventizeta.php?id=1065¶metro=politica
2) http://www.vivitelese.it/00%20archivio%202008/dossier/TEMA%20Crogiuolo/Casertace1.htm
3) http://www.radioradicale.it/scheda/245003
4) http://www.ilmessaggero.it/articolo.php?id=17260&sez=HOME_INITALIA
5) http://www.corriere.it/politica/08_gennaio_20/Dini_pecoraro_scanio_d169b3fc-c732-11dc-8899-0003ba99c667.shtml
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