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Benazir, il grande depistaggio
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PAKISTAN - Contrordine.
Benazir Bhutto non è stata uccisa da cecchini con cinque pallottole di AK-47 alla testa, mentre

i poliziotti di scorta avevano abbandonato il loro posto un minuto prima dell’assassinio (1).
Contrordine, contrordine: è stata uccisa dallo spostamento d’aria.

E Al Qaeda ha ripetutamente rivendicato.

Ci sono le prove, le registrazioni di telefonate fra qaedisti…

Niente autopsia.

C’è di meglio di un’autopsia.

E’ «imminente» un nuovo messaggio di Osama Bin Laden, rivolto però all’Iraq e ad un’organizzazione fondamentalista irachena, «Stato Islamico dell’Iraq».

Lo ha annunciato il celebre centro di caccia al terrorismo SITE, della già nota Rita Katz (2).

Che precisa di aver letto la notizia dell’imminenza in «blog jihadisti», e che il messaggio stavolta durerà 56 minuti.

E pensare che la CIA e le altre 17 agenzie d’intelligence americane, con 50 miliardi di dollari annui di fondi, non riescono a sapere mai nulla di Osama, benchè ci sia sulla sua testa una taglia di 25 milioni di dollari.

Invece il SITE, composto di due membri (la Katz e Josh Devon), riesce a sapere tutto in anticipo. Dai blog jihadisti che la CIA non trova mai.

E’ straordinario.

Tanto più che Benazir Bhutto in persona, pochi giorni prima di morire, in un’intervista a David Frost, aveva parlato come en passant dell’ «uomo che ha ucciso bin Laden», e ne aveva fatto il nome: Saeed Sheikh (3).

E’ lo stesso che è accusato di aver ammazzato Daniel Pearl, il giornalista del Wall Street Journal che in Pakistan stava investigando sui rapporti tra l’ISI (intelligence militare) e i terrorismi islamisti.

Questo Saeed Sheikh è anche l’uomo che, per conto dell’ISI, trasferì elettronicamente 100 mila dollari a Mohamed Atta poco prima dell’11 settembre.

David Frost, per ragioni davidiche, ha sorvolato.

Eppure le dichiarazioni postume della Bhutto sono all’ordine del giorno, e quando è il caso, vengono clamorosamente diffuse.

Dall’Ansa, 27 dicembre: «Benazir Bhutto attribuì la responsabilità di una sua eventuale morte violenta al presidente pakistano Pervez Musharraf. Lo fece in una e-mail indirizzata a un amico americano che è stata consegnata alla CNN prima dellattentato di oggi. Le-mail, del 26 ottobre, era stata data da Mark Siegel, lamico, allemittente con la consegna che poteva esser resa pubblica solo in caso di morte violenta della Bhutto. Era compito del governo proteggerla’, ha detto Siegel alla CNN».

Mark Siegel: ecco un altro nome davidico, tipo Katz.

C’è sempre qualche davidico amicissimo del morto, come quell’Alex Goldfarb che stava al capezzale di Litvinenko, unico ammesso alla sala di rianimazione, e ne raccoglieva le accuse per poi riferirle alla grande stampa: è stato Putin, Putin, Putin.

Un altro amico e confidente della Bhutto, Humayun Gauhar, ha detto: «Se gli americani avessero potuto avere un governo retto dalla Bhutto, avrebbero ottenuto ciò che Musharraf ha rifiutato loro: lei avrebbe autorizzato lentrata delle truppe NATO (letteralmente: gli stivali della NATO sul terreno) nelle aree tribali, e la possibilità di neutralizzare le nostre testate nucleari» (4).

Le testate nucleari, che non devono cadere in mano agli islamisti altrimenti «Israele è in pericolo». Che questo sia il vero motivo di contenzioso alla radice dell’immenso, sanguinoso disordine pakistano, lo adombra anche Steve Clemons, giornalista di Washington, che ha spesso parlato con Benazir.

«Tra il lusco e il brusco, sotto sotto cè la questione del comando e controllo delle loro testate atomiche», ha detto Clemons, che è un senior fellow alla New American Foundation, e molto addentro alle segrete stanze di Washington.

Un accordo preliminare per far entrare le truppe NATO in Pakistan era già stato preso, come abbiamo riferito, tra Musharraf e John Negroponte.

A questo punto, Benazir - rispedita in patria per «espandere la democrazia» - diventava superflua (5).

Ora, magari, si può ipotizzare che gli stivali NATO (truppe speciali USA, soprattutto) non calcheranno il terreno dell’area tribale, ma abbiano la missione di arraffare le 20-30 testate del Pakistan?

E che all’ISI questa cosa non piaccia affatto, nonostante il sì di Musharraf?

Tutto è possibile.

Tanto più che in Pakistan, il nome «Al Qaeda», o «Talebani», è spesso inteso per formazioni che l’ISI manovra a suo piacere.

«Dovunque il caos viene creato nel mondo a forza di bombe ed assassini, e i neocon si affrettano a puntare il dito su Al Qaeda, si può essere ragionevolmente sicuri che siamo di fronte ad un altro attentatofalse flagcompiuto da un gruppo o gruppi che hanno qualche motivo ulteriore, politico e anche di profitto, per creare il caos»: così leggo su un bloh complottista, lataan.blog.

 

Forse ha ragione il vecchio Lyndon LaRouche (6).

Anche lui ha parlato a caldo di «chaos operation» (operazione-caos), e con una nota interessante: «Guardiamoci da ognispiegazioneo interpretazione del fatto in termini di personalità, di gossip o altro. Questa è una situazione totalmente anormale, e ci può essere solo una spiegazione abnorme».

Quale?

«Questo ha a che fare con la crisi finanziaria globale. E l’inizio della prossima fase: creare una situazione di caos potenziale, che è rispondente alla crisi finanziaria. E il detonatore della carica, che è la crisi finanziaria, il sistema che si sta disintegrando. Come ho detto ieri, è qualcuno interno al sistema britannico che sta agendo contro il resto del sistema. Non si tratta di rivalità né di concorrenza, è la fine del gioco. Chi lo conduce non è di una parte’, è il croupier (game-master), non uno dei giocatori. Il croupier che vuole sopravvivere».

Secondo lui, «tutta loperazione è centrata sul 3 gennaio».

Sarebbe la data in cui, «secondo fonti multiple» che LaRouche e i suoi hanno interpellato,

«il sistema finanziario entrerà in una nuova e più massiccia crisi».

Floyd Norris, il giornalista fiannziario del New York Times, ha già detto che la crisi dei mutui subprime è uno scherzo, in confronto al mercato delle obbligazioni corporate.

Ted Seides, analista di Protege Partners, adombra il collasso del vastissimo mercato dei Credit Default Swaps (CDS), ossia degli strumenti finanziari derivati e sofisticatissimi  che venivano rifilati con la scusa che «assicuravano» contro le fluttuazioni monetarie e le perdite di cambio. Erano gli «hedges» (che compensavano le perdite con guadagni), specialità degli hedge fund ultra-speculativi.

Secondo Seides, queste erano «assicurazioni senza alcuna riserva»: e il loro nominale è valutato in 45 mila miliardi di dollari.

Ossia 45 trilioni: il quintuplo del debito nazionale USA.

Scenario da incubo, che non vogliamo nemmeno elaborare.

C’è chi può salvarsi da questa catastrofe?

Molti anni fa, Webster Tarpley mi parlò degli «immortali»: società e gruppi - a volte solo studi di avvocati, che gestiscono patrimoni di genealogie estinte di grandi banchieri - che si sanno immortali.

Ciò perché la loro memoria storica gli ricorda che le due guerre mondiali, le crisi del ‘29 e del ‘78, il collasso dell’URSS, Pol Pot e la rivoluzione culturale di Mao, qualunque altra catastrofe che ha spazzato via milioni di vite, rovinato milioni di oneste persone e i loro risparmi, a loro

(agli immortali) ha sempre portato un aumento di ricchezza e di potere.

Essi stanno al disopra del caos, e lo manovrano.

Il giorno in cui annunciò l’invasione dell’Afghanistan, Bush pronunciò una frase del tipo:

«Cè un angelo nella bufera, e guida la tempesta».

La si intese allora come una delle frasi rivolte ai cristiani rinati, che aspettano l’Apocalisse e la vogliono accelerare, onde accelerare il secondo avvento di Cristo.

Oggi, si può pensare che l’angelo sia quello delle tenebre, con i suoi agenti più vicini:

«gli Immortali», appunto.

I maestri del caos.


Peccato sia morto Joe Vialls, il vecchio agente australiano: prima di morire, egli scrisse che quei maestri a cavallo del caos avevano già comprato vastissimi terreni come loro rifugio, per sopravvivere all’Apocalisse.

Parlò della Tasmania, grande isola a clima temperato nel pieno dell’Oceano Pacifico, lontana dall’Australia e da tutto.

Anche da eventuale fallout nucleare.

Ma non facciamo correre la fantasia.

Vialls pensava ai neocon, a Wolfowitz, Perle, Ledeen e simili, che s’erano cercati un’isola per sfuggire al disastro da loro provocato.

Ma Tarik Ali, giornalista britannico nato pakistano, ha detto al Guardian che coloro che pensano di guadagnare dal caos possono essere altri: «In passato, il dominio dei militari (in Pakistan) era almeno inteso a conservare lordine, e lo ha fatto per qualche tempo. Ora non più. Oggi esso crea il disordine e promuove lillegalità: come spiegare altrimenti di otto giudici della Corte Suprema che tentavano di imputare le agenzie dintelligence militari e la Polizia  e portarle in giudizio?».

Giusta osservazione: ora i regimi «forti» - la cui sola giustificazione era l’ordine - hanno convenienza a provocare il caos.

L’osservazione non vale solo per il Pakistan, vale per l’America, vale per l’Italia, vale dovunque il gruppo di potere dominante sente che solo il caos può salvarlo dall’impiccagione, dalla Norimberga che merita.

E’, se ci si pensa, il rovesciamento definitivo e radicale del «katechon»: l’imperium non trattiene più il Signore del Caos, ma lo scatena, pensando di «cavalcare la tempesta».

Tutti i commenti dunque, in un modo o nell’altro, puntano il dito su questo: l’unica cosa chiara in questo attentato è il caos.

Il caos come esito non voluto, oppure come fine a sé?

Nemmeno questo si può dire, com’è in fondo naturale quando il caos impera, quando governa «labnorme» evocato dal vecchio Lyndon.

Non resta che filosofare, come fa Dedefensa: «Il Pakistan è oggi il punto zero del disordine», ma il disordine che attanaglia il mondo l’ha creato «la politica occidentale e americanista».

Tutto è cominciato da un altro punto zero, il ground zero dell’11 settembre, il pretesto per scatenare la guerra mondiale al terrorismo, la «lunga guerra» senza fine.

Di lì si sparge e si espande la zona del caos, sempre più vasta: Afghanistan, Iraq, le ex-province dell’URSS, «cambi di regime», «democrazie colorate», menzogna ufficiale da tutti accettata, in un quadro di abbandono del diritto, di milioni di profughi che nessuno cura, di rilegittimazione della tortura proclamato in Occidente, di massacri impuniti di civili, di genocidi da uranio impoverito perpetrati con la più arrogante sicurezza che nessuno ti chiamerà a renderne conto, perché nel caos non ci sono più tribunali.

Jihadisti, fanatici cristianisti, massacratori casuali di familiari, appaiono tutti come mere scintille nel gran fuoco caotico: un’atmosfera psichica s’è instaurata, che fa che individui informi e malati dentro divengano degli ossessi, o dei posseduti.

E’ il grande ballo di san Vito, che scatena i frenetici.

Fanatici sotto, fanatici sopra, al potere; irrazionalismo; terrore di sé e degli altri.
E tutto è cominciato (forse) per il petrolio, e certamente per garantire «la sicurezza di Israele».

Senza Israele come spina, il mondo islamico non sarebbe sconvolto da questo caos.

Chi è l’angelo che davvero cavalca la tempesta?

Lo sapremo presto.

Posso flebilmente ricordare ai credenti che anch’essi hanno una loro arma totale?

Cominciamo a recitare il Rosario.

Virgo Potens. Mater Misericordiae. Regina Pacis. Auxilium Christianorum. Stella mattutina, che guidi i naviganti nella tempesta.

Facciamolo in famiglia, in gruppo, da soli.

Più che si può.

Come è stato profetizzato contro quell’Angelo della Tempesta: «Ella ti schiaccerà il capo».


Note

1) Nick Juliano, «Police abandoned security posts before Bhutto assassination - No autopsy Performed on body», Raw story, 28 dicembre 2007.2) WASHINGTON (AFP, 12/28/2007) The head of the Al-Qaeda network Osama bin Laden is expected to release a taped message on Iraq, a group monitoring extremist online forums said Thursday. The 56-minute tape by the hunted militant is addressed to Iraq and an extremist organization based there, the Islamic State of Iraq, said the US-based SITE monitoring institute, citing announcements on «jihadist forums». It said the release was «impending» but did not say whether the message was an audio or video tape.3) «Osama bin Laden is dead», http://desertpeace.blogspot.com/2007/12/osama-bin-laden-is-dead.html. Qui si può vedere il video dove Benazir Bhutto indica l’uccisore del bin Laden. E’ anche su YouTube.4) Gail Sheehy, «Behind the assassination of  Benazir Bhutto», Parade, 28 dicembre 2007.5) «Bhutto sacrificed at the moment when deal was cut between US military & Musharraf», Rumor Mill News, 28 dicembre 2007.

6) LaRouche: «This Whole Operation [Pakistan] is Keyed to the Fact of January 3rd",  LarouchePAC, 28 dicembre 2007.


 
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