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«La Bhutto voleva la protezione del Mossad»
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PAKISTAN - Lo ha «rivelato» Ehud Olmert al Jerusalem Post: mentre si accingeva a tornare in Pakistan dall’esilio, la signora avrebbe fatto arrivare al premier israeliano, attraverso «un conoscente reciproco», il messaggio che essa desiderava «stretti legami» fra Israele e Pakistan (1).

Peccato, ha sospirato Olmert, perché madame avrebbe potuto essere «un ponte fra Israele e il mondo islamico».

Secondo Ma’ariv, inoltre, la Bhutto avrebbe chiesto al Mossad, oltre che alla CIA e a Scotland Yard, un aiuto nella sicurezza fino alle elezioni dell’8 gennaio.

La signora si sarebbe lagnata che il presidente Musharraf  la stava rendendo un facile bersaglio, non consentendole di prendere in proprio misure adeguate di protezione.

Il ministro degli Esteri (cioè Tzipi Livni) era «favorevole a dare una mano alla Bhutto», ma il governo sionista infine decise di non darle la protezione richiesta per timore di «irritare Musharraf e di turbare le relazioni con la vicina India, che è stretto alleato di Israele».

Anche l’India stretto alleato di Israele, ora sappiamo anche questa.

Strana «rivelazione».

Che forse contrasta (ma forse no) con il discorso che Benazir Bhutto stava facendo prima di essere uccisa.

Nelle sue ultime frasi, si è riferita alla notizia secondo cui truppe straniere sarebbero state spedite in Pakistan per combattere contro i Talebani ed Al Qaeda nelle aree tribali a ridosso dell’Afghanistan. Musharraf aveva appena concesso questo all’inviato USA John Negroponte.

«Perché dovrebbero entrare qui truppe straniere?», ha detto la Bhutto: «Noi possiamo occuparci di questo, io posso, voi potete. Gli orfani politici fanno di tutto per rimandare le elezioni. Hanno progettato di proclamare lo stato demergenza e vogliono che il presidente Musharraf rimanga in uniforme per altri cinque anni…».

Minuti dopo, veniva uccisa - come abbiamo visto - da un paio di specialisti in abiti occidentali, nient’affatto terroristi suicidi vogliosi di raggiungere le Uri, ma bravissimi a far centro in una testa con la pistola automatica.

La circostanza ha ricordato da vicino il video di Ali Agca che spara al Papa: stessa sicurezza, stesso brandeggio dell’arma, stessa calma tra la folla.

Professionisti.

 

La Bhutto sembrava dunque colta di sorpresa dal fatto che Musharraf si era accordato con gli americani, cedendo alle loro richieste di accogliere le truppe USA.

Forse aveva capito di essere diventata superflua?

Forse s’era rivolta ad Israele per protezione, nel senso in cui un negoziante accetta la «protezione» di mafiosi (pago il pizzo così non mi bruciano il negozio?).

Certo la sua sorpresa è strana.

L’idea americo-israeliana di prendere le armi atomiche pakistane per la sicurezza di Sion era stata formulata ben sei anni orsono.

Per l’esattezza, in un rapporto del 4 ottobre 2001 (si noti la data: un mese dopo l’11 settembre) di un ente di Washington chiamato ISIS, Institute for Science and International Security.

Intitolato «Securing Pakistans Nuclear Arsenal: principles for Assistance», il rapporto asserisce: «Secondo le valutazioni dellISIS, a fine 1999 il Pakistan possedeva 585-800 chilogrammi di uranio arricchito a livello militare e 1,7-13 chilogrammi di plutonio, quantità sufficienti per 30-50 testate o bombe nucleari… La questione inquietante è che nella corrente situazione una testata o materiale fissile possa finire nelle mani sbagliate. Le informazioni disponibili dicono che, nonostante le dichiarazioni ufficiali contrarie, il governo pakistano non ha piena fiducia nella sicurezza del suo arsenale atomico».

E concludeva: «Vari osservatori hanno suggerito che se il Pakistan dovesse soccombere ad un colpo di Stato condotto da forze ostili agli Stati Uniti, le forze armate USA devono essere pronte a mettere in sicurezza le armi nucleari (o anche portar via quelle armi dal Pakistan) senza il permesso delle autorità pakistane».

Dunque già nell’ottobre 2001 il progetto di impadronirsi delle testate pakistane era stato espresso. Anzi, addirittura prima.

Perché risulta un precedente rapporto ISIS del 18 settembre 2001, dal titolo: «Pakistans weapons must not fall in terrorists hands».


C’è da sospettare che le stesse teste che hanno progettato il mega-attentato dell’11 settembre come pretesto per la «guerra globale al terrorismo» islamico, avessero prospettato o previsto tutti i seguenti conflitti: dall’occupazione dell’Afghanistan allo smembramento dell’Iraq, fino al disarmo nucleare forzato del Pakistan, il solo Paese musulmano ad avere bombe atomiche.

Il rapporto ISIS è firmato da David Albright, Kevin ONeill e Corey Hinderstein (2): due su tre sono israeliti, Albright è un ex ispettore dell’ONU.

L’ISIS è finanziato dalla Carnegie Corporation, dalla Ford Foundation, dal Fondo Fratelli Rockefeller e da anonimi membri della famiglia Rockefeller; inoltre riceve fondi dal governo USA.

Note
1) http://www.israeltoday.co.il/default.aspx?tabid=178&nid=14909

2) David Albright, Kevin O’Neill and Corey Hinderstein, «Securing Pakistan’s Nuclear Arsenal: Principles for Assistance», (ISIS Issue Brief, October 4, 2001): «Several observers have suggested that if Pakistan suffers a coup by forces hostile to the United States, the US military should be ready to provide security over the nuclear weapons (or even to take the weapons out of Pakistan entirely) without the permission of the Pakistani authorities».


 
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