Bush e Olmert, ostinatissimi… - Pagina 2
19 Gennaio 2008
ISRAELE - Bush e Olmert hanno discusso la possibilità di imporre un blocco navale sulla costa della Siria.
Lo riporta Al Manar, il giornale dell’Autorità Palestinese (collaborazionista, ma per forza) del 18 gennaio.
Il giornale aggiunge che i due hanno deciso di lanciare una campagna mediatica di allarme sulle presunte «armi non convenzionali» che sarebbero in possesso della Siria (le famose armi biologiche), come scusa per imporre il blocco costiero.
E’ quasi incredibile.
L’economia americana si avvita in una recessione anni ‘30, banche come Merryll Linch e Citigroup sono alla bancarotta.
Il viaggio presidenziale nel Golfo, che mirava a riunire i sauditi e gli emirati sunniti in un’alleanza anti-Iran, magari (nei sogni) con Israele come membro, ha ottenuto l’effetto contrario, di accelerare la creazione di una zona di sicurezza dell’area, con l’Arabia Saudita che ha invitato l’Iran ad esserne collaboratore attivo, e Teheran che accetta.
Il sistema egemonico USA e la sua finanza stanno implodendo insieme alla sua politica estera e al suo prestigio, in una crisi molteplice e convergente mai vista.
E nonostante tutto, i due compari - essi stessi allo stato terminale come politici - perseguono con ostinazione assoluta il loro progetto di aggressione ai nemici potenziali di Israele, condito con la scusa di far fronte al «terrorismo globale».
La frenesia antisiriana dei due compari ha diversi motivi d’urgenza.
La flotta russa - fra cui la portaerei «Ammiraglio Kuznetsov», con 47 caccia-bombardieri Sukhi 33 sul ponte - è tornata nel Mediterraneo e una squadra di undici navi sta conducendo esercitazioni al largo di Malta dal 15 gennaio.
Dopo, non se ne andranno, ma prenderanno terra ai porti siriani di Tartous e di Latakia, già da tempo resi più profondi per ospitare la flotta russa-mediterranea.
Un’altra squadra, guidata dalla petroliera militare di rifornimento «Ivan Bubnov», attraccherà a Tripoli in Libia, prima visita da cinque anni.
Sostanzialmente, una sfida alla Sesta Flotta USA, di stanza nel Mediterraneo.
Le forze israeliane sono pazze di rabbioso allarme: «Il fatto che le navi russe visiteranno solo porti arabi e non israeliani», scrive Debka, il sito di informazione-dininformazione legato al Mossad,
«la dice lunga sulla decisione di Mosca di rafforzare i suoi rapporti con gli Stati arabi e le loro opzioni militari verso Israele» (2).
Ma c’è di più.
Come riferisce Interfax il 17 gennaio, Mosca ha accettato di essere pagata dalla Siria in euro anziché in dollari per quanto riguarda i vecchi debiti d’era sovietica che Damasco aveva contratto: un trasferimento che ammonta a 150 milioni di dollari l’anno.
La Siria aveva chiesto di passare da una divisa all’altra nel 2006, adducendo come ragione il rischio che i suoi conti in dollari potessero essere congelati da sanzioni e ritorsioni di Washington, istigate da Sion (3).
Questo fatto da solo può bastare a spiegare - anche senza la flotta - l’urgenza della coppia Bush-Olmert di inventare le «armi di distruzione di massa della Siria», come preludio ad un blocco navale ostile.
Il caso più triste è che l’Europa, nel suo insieme, continua ad accodarsi a questa politica ormai fallita, satellite più servile dell’Arabia Saudita.
Perché a Bush, che gli predicava per l’ennesima volta la necessità di affrontare il comune pericolo iraniano, il ministro degli Esteri saudita, Saud Al-Faisal, ha risposto: «Abbiamo relazioni con l’Iran e ci parliamo, e nel caso avvertissimo un pericolo abbiamo dei canali… ciò ci consente di parlare con loro. Per cui, accogliamo ogni tema che il presidente (Bush) voglia sollevare, e lo discuteremo dal nostro punto di vista».
Mai prima s’era sentito un fraseggio così ruvido nelle relazioni USA-sauditi (4).
Invece, gli europei strafanno.
Non solo continuano ad applicare le sanzioni ONU contro l’Iran, anche dopo che il rapporto americano NIE ha dichiarato che Teheran non ha un programma nucleare di natura militare; hanno aggiunto sanzioni tutte loro, per eccesso di zelo filo-giudaico.
L’Olanda ha chiuso le sue università a studenti iraniani.
Il compagno di Carla Bruni sta premendo sui Paesi europei per adottare sanzioni aggiuntive anti-iraniane (il suo ministro Kouchner aveva pur detto, recentemente, che a Teheran bisognerà fare la guerra).
Angela Merkel ha accettato di indurire le sanzioni se quelle che l’ONU sta per aggiungere, alle già decretate («la terza fase», la chiamano) non avranno effetto: il che è ovvio, visto che Teheran ha un programma nucleare civile certificato dal NIE.
E ciò, a prezzo per l’economia tedesca di perdere il posto di primo esportatore verso l’Iran.
Le banche tedesche hanno tagliato i ponti con quelle iraniane, e le esportazioni sono calate del 16% nel 2007.
Ora il primo esportatore in Iran è la Cina.
Ma tutta l’Europa nel 2006 era il primo partner commerciale con Teheran (28%, contro il 12% della Cina), con la Francia ai primi posti.
Ora si abbandona quel mercato: non c’è sacrificio bastante, quando Sion ordina.
Dei britannici non è nemmeno il caso di parlare.
Londra ha già «rivelato» che ci sono «cellule di Hezbollah disseminate in Gran Bretagna» pronte a compiere attentati «in caso di attacco all’Iran» (5).
Anche Israele ci avverte, noi europei, che adesso rischiamo - per questa degna e dura posizione al suo servizio - di subire attacchi terroristici iraniani.
Eh sì, gli iraniani.
Come nel luglio 2005 a Londra.
Insomma l’Europa partecipa al progetto Bush-Olmert con ostinazione conigliesca, ma persino più intensa di quella di Bush.
Lo si vedrà più chiaramente al vertice della NATO, convocato a Bucarest per aprile: dove si sa già che Washington imporrà una «nuova architettura» dell’Alleanza Atlantica, che sancirà definitivamente lo stato di satellite della UE nella «guerra al terrorismo globale», anzi di più.
Il nuovo assetto è annunciato dalle critiche di Robert Gates, ministro al Pentagono, ai militari non americani della NATO in Afghanistan.
Forze mal addestrate, addestrate per combattere l’URSS, ma fiacche nello stroncare le insorgenze in Asia centrale.
Quindi, le nostre forze dovranno accettare un ri-addestramento dal maestro americano.
Subito dopo, è stato diramato un «rapporto indipendente», formulato «spontaneamente» da cinque ex-generali NATO, che offrono spontanei suggerimenti ai capi di Stato che si troveranno a Bucarest ad aprile (6).
Il suggerimento principale consiste in questo: nella creazione di un «direttorio militare mondiale USA-NATO-Unione Europea».
Questi Stati dovrebbero, secondo lo spontaneo suggerimento, rinunciare a dibattere nel seno del Consiglio d’Europa le questioni già trattate dal Consiglio Atlantico.
In pratica, se il suggerimento sarà accolto, non solo le decisioni cruciali in politica estera saranno prese dalla NATO, in un quadro di militarizzazione assoluta e di assoluta subordinazione dell’Europa, chiamata ad applicare le decisioni NATO ossia del Pentagono.
L’effetto di un simile direttorio («un’alleanza delle democrazie dalla Finlandia all’Alaska», scrivono gli autori) è lo svuotamento del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, e dei due Paesi che vi siedono e non fanno parte della NATO, Cina e Russia.
Che è proprio lo scopo voluto.
Infatti gli spontanei autori danno come giustificazione della «nuova architettura» proposta la necessità di «lottare contro il terrorismo e di contenere le minacce cinesi e indiane».
Ecco qua: noi europei siamo già arruolati per le guerre future, contro Cina e persino contro l’India. Senza dimenticare «il terrorismo globale», naturalmente.
E la Russia.
E l’Iran.
E Hezbollah.
E la Siria.
Ci conviene?
La Cina o l’India minacciano militarmente l’Europa?
No.
Ma anche la Russia non minaccia l’Europa, eppure i nostri eurocrati continuano ad accettare che gli USA piazzino in Polonia le batteria di missili «contro i missili iraniani» ma in realtà per minacciare Mosca da vicino.
Per conigliesco servilismo.
Viaceslav Dashicev, già consigliere diplomatico di Gorbaciov, avverte in un approfondito articolo che questa nuova guerra fredda globale in cui siamo trascinati non è ineluttabile; le condizioni per una unificazione durevole del continente europeo, Russia compresa, sono già state accettate da tutti gli europei nella Carta di Parigi del 1990 (7).
Una sola cosa manca: il coraggio dell’Europa di «ritrovare la sua identità e liberarsi dalla soggezione agli Stati Uniti», scrive Dashicev.
Ed esorta i leader europei a «seguire il consiglio dell’ex cancelliere Helmut Schmidt che, nel suo libro ‘Machte der Zukunft’, ha enunciato la seguente verità: ‘in un prossimo avvenire, la maggioranza degli Stati europei non ha alcuna ragione strategica o morale di sottomettersi volontariamente all’imperialismo statunitense … se non ci abbassiamo noi stessi al livello diyes-men compiacenti». Note
1) «Bush-Olmert, the Syrian coast blockade», Al Manar, 18 gennaio 2008.2) «Moskva missile carrier takes part in big Russian navy maneuver starting in Mediterranean Tuesday», Debka File, 18 gennaio 2008.3) «Syria to repay debt to Russia in euros - government», Interfax, 17 gennaio 2008.4) M. K. Bhadradumar, «Gulf allies turn their backs on Bush», Asia Times, 17 gennaio. «Saudi Foreign Minister Saud al-Faisal said on Wednesday Riyadh’s national interests came first when dealing with Teheran. ‘We have relations with Iran and we talk with them, and if we felt any danger we have links ... that allow us to talk about. So we welcome any issue the president [Bush] raises and we will discuss them from our point of view’, he said. Such bluntness is unprecedented in US-Saudi relations».
5) Olivier Guitta, «Europe faces up to Iranian threat», Asia Times, 18 gennaio. Questo Guitta è un membro di un tink-tank chiamato Foundation for the Defense of Democracies, nonchè un «consulente antiterrorismo» del Jewish Policy Center. Insomma, un propagandista ebraico fra Michael Levi e Rita Katz.
6) «Towards a Grand Strategy for an Uncertain World - Renewing Transatlantic Partnership». firmato da Klaus Naumann, Peter Inge, John Shalikashvili, Jacques Lanxade et Henk van den Breemen. In RèSeau Voltaire, «Un directoire USA-OTAN-UE à la place du Conseil de sécurité ?», 17 gennaio. Gli spontanei firmatari sono: Klaus Naumann, tedesco, ex capo del Comitato Militare NATO, Peter Inge, ex capo di Stato Maggiore inter-arma della Difesa britannica, John Shalikashvili, l’ex capo di Stato Maggiore riuniti USA, Jacques Lanxade, ex capo di Stato Maggiore della Difesa francese, Henk van den Breemen, ex-capo di Stato Maggiore olandese. Vecchi generali riciclati come lobbysti bellici di Washington.
7) Viatcheslav Dachitchev, «Les Européens oseront-ils l’indépendance et l’unité ?», Réseau Voltaire, 18 gennaio 2008.
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