Marie-Antoinette Jervolino, e come cacciarla
24 Novembre 2007
Questa m'era sfuggita, perché tendo a legger poco i giornali italiani, e l'ho recuperata sull'Herald Tribune: la Jervolino ha vietato di fumare all'aperto, nei parchi pubblici «davanti a bambini e donne incinte», ed anche nello stadio.
Livia Turco si è congratulata.
La stampa-serva ha titolato «Napoli all'avanguardia».
Effettivamente, anche in California è vietato fumare persino all'aperto.
Peccato sia scomparso Carosone: «Canta Napoli, Napoli all'avanguardia!».
Dov'è mai andato lo spirito partenopeo?
Vietato fumare «davanti a donne incinte»: e dietro si può?
«Vicino» a bambini: a quanti metri?
Taciamo poi sulla scrupolosa obbedienza dei napoletani ai regolamenti, sui motociclisti che indossano il casco solo quando devono fare uno scippo.
Sicuramente anche questo divieto sarà obbedito allo stesso modo elvetico.
Torniamo serii.
L'Herald spiega che il severo provvedimento è dovuto al fatto che «le autorità sanitarie hanno appurato che i tassi di mortalità per affezioni respiratorie e cancro polmonare sono significativamente più alti a Napoli che nel resto d'Italia».
Chissà perché.
Non devono entrarci le migliaia di tonnellate di spazzatura lasciate a cielo aperto e bruciate alla buona, dovute al fatto che la Jervolino e l'altro che governa la Regione, quello con la faccia da pregiudicato (come si chiama?) hanno affidato la nettezza urbana all'organizzazione professionale che li sostiene, detta camorra - la quale s'è appropriata del business del luridume, culturalmente omogeneo a questa organizzazione di straccioni, ma mica vorrete che effettivamente adempia al servizio.
L'ammorbamento dell'aria non dipende da questo, non dalla rumenta.
E' notoriamente falsa la frase attribuita a Maria Antonietta di Francia: «Non hanno pane? Mangino le brioche».
La Jervolino invece l'ha intimato in realtà: «Avete cancro e bronchiti per i cumuli di spazzatura in fermentazione? Smettete di fumare all'aria aperta, coglioni».
Non vicino a bambini e donne incinte, siete voi i colpevoli dei loro mali.
Si potrà almeno fumare «vicino» o «davanti» alle montagne di luridume marcescente?
No.
C'è il rischio che l'aroma di sigarette guasti il bouquet del luridume.
Presto la camorra, che è poi lo Stato, otterrà di farlo dichiarare monumento nazionale.
Intoccabile per ordine delle Belle Arti.
Infatti non è solo Napoli.
Le Marie Antoniette della Casta sono dappertutto.
Raffaele Montagna, che fa il mediatore culturale a Bologna (si occupa dell'integrazione degli immigrati), mi racconta di aver dissuaso una badante romena dallo sposare il vecchio che serviva. Era stato il vecchio a proporlo, per lasciare alla donna la pensione e l'appartamento; lei era tentata, perché il vecchietto stava benino quanto a soldi.
Ha rinunciato con sforzo.
Qualche settimana dopo, la badante è tornata da Raffaele, radiosa, a ringraziarlo per lo scampato pericolo.
Agitava una carta: una intimazione dell'ufficio delle imposte, diretta al defunto vecchietto, in cui gli si ingiungeva di pagare, per non so quali tributi arretrati aggravati ovviamente da sovrattasse e penali, qualcosa come 1,2 milioni di euro.
In lire, 2,4 miliardi, che la badante, se fosse stata erede, avrebbe dovuto pagare.
Il vecchietto non stava «così» bene, ovviamente.
Sarebbe stata la rovina.
Ma è tutto molto ovvio: una classe dirigente composta esclusivamente da miliardari trova normale succhiare da un vecchio 1,2 milioni di euro.
Dopotutto, è l'insieme degli emolumenti di cui gode un Ciampi qualunque.
Non hanno pane?
E' perché mangiano troppe brioche, questi evasori.
Raffaele Montagna mi ha rimproverato per avere scritto che i rom capifamiglia ricevono dall'autorità prefettizia 780 euro mensili.
Lui dice che non è vero.
Potrebbe trattarsi dell'assegno spettante soltanto ai titolari di asilo politico (certi rom kosovari l'hanno ottenuto), dovuto in base ad accordi internazionali, e che da noi viene dato con ritardi burocratici enormi a chi ha davvero bisogno, e in modo poliziescamente restrittivo.
Gliene do atto, è lui l'esperto in questo ramo.
Solo che aggiunge che l'assegno per l'asilo politico ammonta a 45 euro al giorno: tanto sarebbe, per gli accordi internazionali, il minimo vitale.
Fa piacere avere conferma di questo dato: 45 euro al giorno sono, per la UE o l'ONU o chissà quale entità sovrannazionale, il minimo per una vita appena dignitosa.
E' bello saperlo: perché almeno 13 milioni di italiani ricevono meno di 45 euro.
Molti giovani a contratto trimestrale da 800-900 euro mensili, molti vecchi pensionati minimi sarebbero lieti di essere trattati come stranieri con asilo politico.
Loro, per vivere, hanno 20-30 euro al giorno, anche meno.
Anche il sottoscritto, con la sua «ottima» pensione da giornalista con 37 anni d'anzianità, una volta pagati i balzelli, le multe, le assicurazioni, le bollette più care d'Europa e ingiunzioni varie che fanno parte della vita quotidiana, resta con 50-60 euro al giorno.
Non si può lamentare: è un privilegiato.
Una signora a Viterbo, insegnante in pensione a 900 euro mensili, mi ha raccontato di aver subito una decurtazione del 30%: l'ente di previdenza si è preso così un «troppo» che aveva dato alla signora per errore dello stesso medesimo ente.
Lei per fortuna ha un marito quasi benestante: «Ma pensi quel che accade a mie vecchie colleghe sole, con un simile taglio».
Restano con 20 euro al giorno.
Chiedano asilo politico a qualche Stato estero, direbbe Maria Antonietta.
I motivi ci sono: perseguitati dal regime che opprime l'Italia.
Dalla Casta.
I parlamentari di euro al giorno se ne prendono 500, e li vogliono da noi.
Ma non si tratta solo dei politici che votiamo (diciamo così).
Quelli, in fondo, sono solo due migliaia.
Quanto prendono i dipendenti del Senato e della Camera è noto, fino a 700 mila euro l'anno.
E i dipendenti delle Regioni?
E quelli di Bankitalia?
O di Alitalia, la più bella compagnia di terra?
La Casta peggiore è quella dei dipendenti pubblici cosiddetti d'alto livello, i più decisi a difendere lo status quo, i meno visibili.
I dipendenti del Senato stanno trattando altri aumenti.
Il PRA (pubblico registro automobilistico) doveva essere abolito: i parassiti dipendenti hanno manifestato e protestato, ora hanno salvato «il posto di lavoro».
Pagano i cittadini che subiscono il furto dell'auto: per ottenere il documento del PRA che attesta la perdita di possesso, devono sganciare 90 euro in più.
La nuova tassa sui furti: quante cose doveva ancora imparare Maria Antonietta.
Quelli continueranno a votare per lo Stato-camorra.
E così anche gli altri dipendenti del ministero dei Trasporti.
E' per loro che il «loro» ministro, Bianchi (super-sinistra) ha aumentato la tariffa-balzello sulla revisione auto da 25,82 euro a 45.
Il doppio.
Questo balzello serve a rimpinguare la Cassa di previdenza dei dipendenti di detto ministero.
A questa cassa, già nel 2004, andavano ben 230 milioni di euro l'anno.
Per legge, «fino al dieci per cento» di tutti gli introiti che il ministero esige per «revisioni, omologazioni, rinnovi patenti, eccetera».
Di questa Cassa beneficiano 51 mila privilegiati: mica solo i dipendenti, ma le loro mogli anche separate, i figli anche maggiorenni e del convivente, i genitori invalidi.
Una bella Cassa.
Che dà, al momento della cessazione del rapporto, oltre al normale TFR, un secondo TFR pari al 50% dello stipendio, maggiorato con vari paramentri e moltiplicato per gli anni di «lavoro» (se si può chiamarlo così).
Prego ricordare che a voi lavoratori della CIGL-CISL-UIL il TFR non solo non è stato raddoppiato, ma è stato tolto per darli ai fondi CGIL-CISL-UIL e alle banche truffatrici.
Ma non basta.
La Cassa dei dipendenti di Trasporti dà anche 9.000 (novemila) euro l'anno per spese odontoiatriche, 2.500 l'anno per parto, 250 l'anno per occhiali da vista (ecco chi alimenta l'industria degli occhiali alla moda), e 150 euro per lo sporting club: eh sì, basta che il medico curante attesti che il nuoto vi è necessario per ragioni di salute.
I figli non sono dimenticati, ai Trasporti.
A loro la Cassa dà, ogni anno, 250 euro per i libri scolastici, sino a 450 per l'iscrizione a scuole private, sino a 520 per l'iscrizione all'università (più i soliti 250 per i libri).
I parassiti dei Traporti sono, in Italia, il solo ceto a cui conviene prolificare.
E prolificano.
Basta?
No.
Quando il dipendente dei Trasporti muore, se ha a carico coniuge e un figlio minore, la Cassa dà alla famiglia un assegno funerario da 30 mila euro.
Se il dipendente ha subìto un furto con scasso, la Cassa gli paga 1.600 euro per rifarsi la porta di casa.
Ma soprattutto questo: se il dipendente incorre in procedimenti penali o civili «inerenti ai suoi compiti di istituto», la Cassa lo soccorre, «per la parte della spesa non rimborsata dall'Amministrazione», finanziandolo per un massimo di 15.493 euro.
La Casta soccorre i suoi delinquenti.
Di fatto, Casta e delinquenti pubblici sono una cosa sola, un unico destino.
La Casta è il solo ceto per cui il delitto paga: coi soldi dei contribuenti che superano i 45 euro al giorno (la fonte è Libero Mercato, 3 novembre 2007).
Volete che facciano la rivoluzione, costoro?
Che lascino passare anche una minima riforma?
La rivoluzione dobbiamo farla noi.
E qui viene il difficile: come si fa a fare la rivoluzione con 20-30 euro al giorno, massimo 60?
Le rivoluzioni sono sempre state fatte dalle classi in ascesa, non da classi in miseria, troppo occupate a unire il pranzo con la cena, a pagare i debiti a tasso variabili, a razzolare nei bidoni della spazzatura in cerca di torsoli.
Ma ora si presenta un'occasione anche per noi: abbiamo la massa d'urto.
Sono quelli che non riescono a pagare i mutui a tasso variabile e si vedono, e ancor più si vedranno, pignorare la casa.
Quanto sono?
Corrado Faissola presidente dell'ABI ha dichiarato che le sofferenze bancarie (mutui e fidi non pagati) sono solo l'1,3% degli impieghi totali delle banche.
Fatti i conti, sono 50 mila debitori insolventi, mica poco.
Ma in realtà sono molti di più.
Le banche hanno ridotto le loro «sofferenze» con un semplice trucco: hanno venduto i crediti dubbi o non-attivi alle agenzie di recupero-crediti, formate da estortori professionali, che ora stanno intimidendo e taglieggiando migliaia di onesti cittadini in difficoltà.
Siccome nel decennio precedente al trucco le sofferenze delle banche raggiungevano il 6,3%, si può valutare che oggi, coi tassi variabili, siano almeno mezzo milione i debitori in difficoltà col mutuo. Basti dire che a Milano, tra il 2006 e il 2007, le esecuzioni di sequestri immobiliari sono aumentate del 50%.
Bisogna organizzare la difesa di questi cittadini.
Bisogna che si prestino gli avvocati, che formino comitati per resistere ai pignoramenti.
Bisogna creare la coscienza che non pagare debiti che superano le possibilità di redito è «giusto», «legittimo».
Volete la prova?
La ricavo dall'ottimo libro di Nino Galloni, «Il grande Mutuo» (Editori Riuniti, 2007).
Quando le banche sbolognano alle agenzie di recupero-crediti i mutui dei debitori che non riescono a pagare, li vendono con uno sconto anche del 60%.
Vi hanno prestato 100 mila euro, e si contentano di riceverne 40 mila, rinunciando ai diritti di impossessarsi del vostro monolocale.
Ci perdono?
Nient'affatto, spiega Galloni.
«Hanno comunque realizzato un notevole guadagno netto una volta detratti i loro costi» (pagina 62).
Come succede questo?
Quando vi accordano il mutuo da 100 mila euro, le banche mica sborsano niente: «creano» questo capitale dal nulla, e poi lo riprendono realmente facendo pagare a voi ratei con interessi.
Quando girano il credito alle agenzie di estorsione legale, ricevono da queste in anticipo il 40% di capitale.
Poi spetterà alle agenzie strozzare il creditore, per fargli cacciare almeno qualcosa: dopotutto, hanno in mano un bene - la casa pignorabile - che vale 100 mila (almeno sul «mercato») e lo hanno preso a 40 mila.
Ma la banca ha denaro che prima non aveva, e che doveva aspettare 30 anni per vederselo dare dal debitore.
Avete capito bene: la banca può permettersi di dare la vostra casa agli estortori al 40% del suo prezzo.
Galloni ci sta dicendo: perché non potrebbe fare questo sconto anche ai debitori in difficoltà?
«Perché agli estortori sì, e a voi no?»
Per mantenere il grande bluff dei valori virtuali, e dei relativi interessi che la banca lucra, fin troppo reali.
Galloni invece propone il contrario, addirittura come politica pubblica: dati i tempi di recessione, e di povertà crescente, «un abbattimento consistente del debito residuo» andrebbe organizzato in modo «organico e programmatico».
«Ciò avrebbe un effetto positivo e stimolante sui valori patrimoniali, evitando la rincorsa perversa fra il circolo vizioso dei crolli dei valori immobiliari» (tanto lo sanno, i banchieri, che il vostro monolocale da 100 mila vale in realtà 40 mila) «combinati con la circolazione di titoli di debito» sempre più vuoti e falsi, visto che i debitori non possono pagarli.
Ciò che propone Galloni ne «Il Grande Mutuo» è in realtà il «Grande Giubileo»: una remissione organizzata e generale dei debiti, o almeno una loro sostanziale attenuazione al livello dei redditi reali non-castali (45 euro al giorno, come da asilo politico, è la misura da prendere come metro).
Questa è la soluzione.
E non pagare, per i debitori taglieggiati dal tasso variabile, è un diritto.
Un diritto ancora da fare, «de jure condendum»: ma non è questa la rivoluzione?
Imporre una nuova legalità giusta contro la vecchia e parassitaria, che è illegittima?
Se esiste ancora una «sinistra» che sia qualcosa di diverso dalla Casta, perché non si mobilita per questa unica, necessaria rivoluzione?
E questo Nino Galloni, ex dirigente pubblico negli anni dello Stato sociale vero, collaboratore dell'economista Federico Caffè (scomparso chissà perché), bisogna tenerlo d'occhio.
Può essere il capo del governo rivoluzionario, quello che abbatterà la Casta e il cosiddetto liberismo globale.
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