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Il convitato di pietra (I parte)
Giuliano Rodelli
21 Novembre 2007
Si tratta di una statua che, nel «Don Giovanni» di Mozart, diventa un personaggio dal nome misterioso.
Concettualmente il «convitato di pietra» sembrerebbe comportare una «presenza silenziosa ed incombente che evoca qualcuno o qualcosa che tutti conoscono ma di cui nessuno parla».
Abbiamo impiegato quello che si trova in «Il declino del capitalismo» di Emanuele Severino.
Qui, diversamente da quanto accade nell'opera di Mozart in cui l'incontro si realizza fra due personaggi (il convitato e Don Giovanni), la connessione viene stabilita fra più convitati oltre che con quello «di pietra», la tecnica.
Nel nostro caso, ripeteremo lo schema adottato da Severino; i personaggi saranno diversi e su tutti incomberà quella «presenza».
Abbiamo tratto l'«incipit» dalla trasmissione Annozero del 25 ottobre 2007.
Erano presenti i sostituti procuratori della repubblica De Magistris ed Ingroia ed il GIP
Forleo.
Nel corso della trasmissione essi mostrarono di ben conoscere l'esistenza dei poteri occulti nonché, quasi fosse una ovvietà, di essere consapevoli del peso che comportava l'esercizio del loro reale potere e come questo fosse entrato, a più riprese, in rotta di collisione con l'attività giurisdizionale.
Partecipava al programma anche Vittorio Grevi, docente di gran fama presso l'università di Pavia alla cattedra di Procedura Penale, al quale fu chiesto di esprimere un giudizio (da considerare particolarmente qualificato) circa l'esistenza di quei poteri.
Riportiamo un'AGI del 25 ottobre: «I poteri occulti ci sono e agiscono» e in molti casi, specie nelle regioni del meridione, «molti magistrati hanno troppe contiguità con centri di potere politico e affaristico, e magari alcune fratellanze, invece che mantenere le giuste distanze… questo non è ovviamente il caso di De Magistris, che è agli antipodi di questo
sistema… [i magistrati, ndr] si fanno coinvolgere e non riescono più ad esercitare con il dovuto rigore e la dovuta imparzialità il proprio mestiere» (1).
Il Pm di Palermo Ingroia ha fatto, tra l'altro, riferimento al compianto Giovanni Falcone ed alla sua tragica morte, conseguenza dell'indagine sul «gioco grande» che egli stava conducendo (2).
Ricordiamo che in passato, in occasione di molte altre indagini condotte dalla magistratura, dirette ad accertare l'esistenza di eventuali ipotesi di reato esistenti a carico di appartenenti alla Mafia, essa si imbatté nei rapporti che molti mafiosi intrattenevano con Logge massoniche.
Poco appagano le dichiarazioni rese all'epoca e da più parti, secondo cui quelle erano da considerarsi Logge deviate.
E comunque, se si escludono le indagini «minori», non si può certo dimenticare né il «gioco grande» di cui si è detto, né l'indagine che Agostino Cordova condusse dalla Procura di Palmi negli anni '92 e '93 di cui la stampa dette ampio risalto.
Si scrisse, ad esempio, di «Logge diventate 'sportello' di cosche potenti» (3); si scrisse di Giuliano Di Bernardo, fino a poco tempo prima Gran Maestro del Grande Oriente Italiano, e di quando fu sentito dal PM Cordova (le dichiarazioni del quale riempirono 50 cartelle).
Fu quello il tempo in cui la magistratura poté ordinare i blitz nelle Logge di tutta Italia e nell'ambito delle indagini svolte (4) il Sunday Times descrisse i dettagli della latitanza in Inghilterra dei ricercati per la strage di Capaci mentre il giudice istruttore Leonardo Guarnotta poté «depositare una requisitoria sui legami Sicilia-Regno Unito» (5).
Su quei legami si dovrebbe indagare, e con grande attenzione, per il fatto che - ne siamo convinti - lì è stato stabilito il quartier generale dell'esercito mafioso, occupante di interi territori della nostra martoriata Italia, sottoposti di fatto alla sovranità extraterritoriale britannica.
Corsari ed avventurieri, per una «vocazione» che si scoprirono fra il '600 ed '700 - sul tema si potrà leggere con profitto Schmitt (6) - i britannici trovarono nel vinto e prospero Regno delle Due Sicilie l'opportunità di stabilire un protettorato di fatto in pieno Mediterraneo, trampolino di lancio per ulteriori scorrerie, oggi da colletti bianchi, con una economia locale da mungere e che per quanti sforzi faccia, non potrà decollare a causa della esazione malavitosa.
Agli sforzi economici del meridione si risponde con l'aumento proporzionale del «pizzo».
E' questo il messaggio che si è lanciato fra le righe quando è stato ripetutamente scritto che il bilancio economico del Meridione, scremato della voce «protezione», avrebbe superato quello del Settentrione.
Era forse questo il «gioco grande» di cui parlò Falcone.
La vicenda Cordova si concluse con l'abbandono della procura di Palmi ed il suo trasferimento a quella di Napoli mentre le copie del procedimento (specie quelle fotostatiche, che saranno ormai compromesse) di cui era stato titolare, giacciono negli armadi degli uffici della procura di Palmi preda dell'umidità.
Di recente anche le indagini del PM di Potenza, John Woodcock, nei primi giorni del giugno 2007 incapparono nei rapporti fra giri di affari e «massoneria occulta» a seguito delle quali 24 persone furono iscritte nel registro degli indagati.
Storico di grande fama della Massoneria, noto per la sua attendibilità, Aldo Mola, intervistato nel lontano 1992 da Antonio Socci, svelò l'esistenza di «un'antica illusione»: «C'è da parte della Massoneria un'antica illusione che è quella di governare il mondo. Che gli antimassoni fanatici gli accreditano e di cui i massoni vanno orgogliosi. In alcuni tornanti della storia
effettivamente la Massoneria ha avuto un'importanza reale» (7).
Vorremmo suggerire di tenere a mente questa «illusione» poiché la rincontreremo presto.
E' curioso notare come il termine «lobby», o «gruppo di pressione» provenga dal latino e significhi «loggia», «portico».
E' accaduto in passato - occorre risalire al 25/10/2004 - che il Corporate Europe Observatory (i cui firmatari si autodefinivano «società civile») abbia scritto una lettera diretta ai commissari componenti la Commissione Europea e al presidente José Manuel Barroso.
Con la missiva si chiedeva un intervento capace di arginare l'eccessiva influenza delle «lobby», gruppi di pressione portatori di interessi privati che compulsano in questa direzione le politiche dell'Unione Europea.
Si fa presto a capire che al variare della dimensione dell'interesse privato si otterrà una variazione proporzionale nella capacità di pressione esercitata: un'azienda di medie dimensioni avrà una forza «negoziale» diversa da quella di una multinazionale o da quella di una «multinazionale gigante».
A voler quantificare, diremo che si trattava nel 2004 di 15.000 «lobbisti» e, dato riferito al 1992, la GM, la Esso, la Ford, la Shell e la Toyota esprimevano insieme un fatturato pari a circa 526 mld di $.
Per avere un'idea approssimativa delle pressioni che simili gruppi sono capaci di sviluppare, si pensi che il PIL della Danimarca era, all'epoca, di 126 mld.
E' possibile ricavare un elenco delle imprese rappresentate e dei nomi dei lobbisti con dati aggiornati al novembre del 2004 (8).
Una simile attività di pressione viene svolta anche nei confronti dei membri del parlamento USA, con la differenza che essa viene svolta in un luogo specifico, in una «House» definita «of Commons», e che si trova all'interno del parlamento dove esiste un registro dei lobbisti ed un registro su cui annotare, obbligatoriamente, il nome del lobbista che incontra un certo
parlamentare ed in quale giorno.
Una consolazione ben magra che più che alleviare l'angustia che si prova nei confronti di tanti popoli, compreso l'americano, conferma che di fatto l'idea di bene comune che dovesse mai albergare in qualche cuore viene certamente sopraffatta dall'interessato bisbiglio sussurrato in continuazione alle orecchie dei parlamentari.
Il nome di Daniel Estulin, giornalista investigativo, ai più forse non dirà nulla ma sembra che sia, con un collega di cui ignoriamo il nome, il solo che sia riuscito ad avvicinarsi fisicamente alle riunioni riservate del Gruppo Bilderberg da cui avrebbe tratto materiale affidatogli da fonti interne.
Lascio volentieri agli specialisti della materia la migliore e più approfondita descrizione del personaggio - che ha dovuto subire vessazioni da presunte istituzioni locali a seconda del Paese in cui si recava di anno in anno «inseguendo» le assise del gruppo.
Temendo per la sua incolumità personale pare che sia stato costretto a vivere in Spagna (9).
Se non ci inganniamo, si devono alla penna di Maurizio Blondet due espressioni sintetiche di ottima qualità: la «logica non lineare» e la «nota lobby».
Con la prima, che non incontriamo più da tempo, veniva indicato il dipanarsi di un immaginario filo che raccordava eventi apparentemente non collegati, comunque verificatisi, nell'ambito delle indagini storiche sull'ipotesi di un «complotto» mondiale la cui «teoria» è andata a costituire il quadro di riferimento di un approccio duale degli eventi, alla maniera, si potrebbe dire, suggerita da Honoré de Balzac, fondatore del moderno romanzo.
Balzac fu autore della «La Commedia umana», definita come il più vasto ciclo narrativo mai tentato da uno scrittore.
Scriveva: «Vi sono due storie: la storia ufficiale, menzognera, che ci viene insegnata, la sto-ria ad usum delphini e la storia segreta, ove troviamo le vere cause degli avvenimenti, una storia vergognosa» (10).
Ci sembra che dopo l'undici settembre, il concepire l'esistenza di un doppio piano di eventi costituisca, quanto meno, una presunzione (o indizio).
La presunzione è la congettura o la conseguenza che si può trarre mediante un processo logico induttivo con il quale è possibile risalire da un fatto noto ad un fatto ignoto.
E' pur vero che il concetto è stato preso in prestito dal nostro codice civile (l'articolo 2729 - si trova nel titolo dedicato al regime delle prove - prescrive al giudice di prendere in considerazione solo quelle presunzioni che siano state da lui giudicate «gravi, precise e concordanti»), ma il senso comune suggerisce che se un fatto può essere decisivo nel corso di un processo, a maggior ragione esso potrà essere utilizzato nella formulazione del giudizio ordinario nelle quotidiana attività conoscitiva esercitata da ciascuno di noi.
Nel nostro caso, poiché il giudizio verrebbe emesso a seguito di un'indagine svolta in una temperie densa di segreto, appesantita dalla inaccessibilità delle prove documentali, fuorviata da fatti dissimulatori di altri fatti coperti, è facile comprendere che sia l' «habitus» mentale «dietologico» sia l'utilizzo del metodo conoscitivo della presunzione diventano strumenti necessari laddove si decida di transitare dalla conoscenza di una «storia» alla conoscenza dell'altra, qualora si sia assunto come verosimile lo schema di Balzac. Forse è bene precisare rapidamente: esiste una differenza fra «complotto, cospirazione e congiura»?
Crediamo di si.
Il primo, termine relativamente recente, generico, starebbe per «organizzazione segreta»; il secondo, di cui è preferibile l'accezione figurata, direbbe di un «concorso alla produzione di un determinato effetto», cui potranno interagire sia fatti che persone.
Il terzo, congiura, significando una «unione mediante giuramento» evidenzia l'intervento della volontà e dunque andrebbe utilizzato solo nei casi in cui i protagonisti siano esclusivamente gli individui (congiurati saranno stati i pugnalatori di Giulio Cesare).
Tuttavia, è possibile che le tre ipotesi interagiscano; dei congiurati potranno essere i protagonisti di una cospirazione ed entrambi essere inseriti in un più ampio quadro di riferimento, di specie complottista.
Ad esempio, l'edizione messicana del libro di Maurice Pinay, che destò scalpore fra i cardinali riuniti per celebrare il Concilio Vaticano aveva per titolo proprio «Complot contra la Iglesia».
La questione non è meramente nominalista; lo si comprende se si pone mente al fatto che una ipotetica indagine investigativa sarà maggiormente credibile se verranno utilizzati fatti (più facilmente provabili e meno nascondibili) oltre che esplicite attribuzioni di volontà (più facilmente celabili).
D'altra parte occorre considerare che, quando la complessità dei fatti raggiunge un certo livello, si può assistere all'acquisizione, da parte degli stessi, di una sorta di vita propria: i meccanismi, spesso contro la volontà umana che li ha generati, assumono una deriva autonoma ed una accelerazione tale da pervenire ad esiti altri rispetto a quelli progettati.
Forse pensando a questo, Blondet scriveva il 23/3/2006: «Se 'loro' sanno effettivamente che non c'è futuro, allora tutte le loro azioni diventano razionali».
Una sorta di irrimediabilità forzata di un meccanismo perverso che è fuori controllo.
In un certo senso, qualcosa di simile all'immagine del treno impazzito e privo di macchinista evocata da Serge Latouche.
Ci sembra, dunque, più appropriato oltre che più prudente l'uso del termine «cospirazione» qualora si voglia ricercare appunto una logica non lineare all'interno della complessità degli eventi, specie se si tratta di quelli contemporanei.
Occorre spendere alcune parole a proposito dell'incerto concetto che è evocato dal termine ibrido dietrologia.
Esso vaga abusato fra i media nostrani fin dal 1979; starebbe a significare «la scienza dell'immaginare, cultura del sospetto, filosofia della diffidenza, tecnica dell'ipotesi doppia, tripla, quadrupla» (così su La Stampa del 3/4/82).
Non è più perdonabile, in presenza di avvenimenti tanto frequenti e tanto clamorosi e drammatici, il provarsi a spegnere la richiesta di verità, lanciando contro quanti tentano di disimpegnarsi dalle logiche accreditate l'anatema preventivo di «dietrologo».
Oggi, se si torna con la memoria a quelle immagini che non possono e non devono essere rimosse, a quella che rappresentava un segretario di Stato, ci riferiamo a Colin Powell, mentre agitava una provetta che avrebbe dovuto contenere non si sa bene quale elemento tossico; o quella di un primo ministro, ci riferiamo a Tony Blair che paventava attacchi aerei iracheni da dover subire nel giro di «45 minuti», oggi si potrà meglio misurare l'abisso scavato da eventi lunghi sei anni, per i quali si dovrebbe istituire un giorno della memoria, eventi che superano in drammaticità ogni possibile misurazione di responsabilità personale di chi li generati.
Ci chiediamo, quanti inferni mai potrebbero essere capaci di contenere le responsabilità di quei personaggi?
L'evangelico «perdona loro perché non sanno quello che fanno» è l'unica risposta, misericordiosa certo, giacché dinanzi all'incommensurabilità del male compiuto, non esistono rimedi umani concepibili che possano essere satisfattivi del danno subito da tanti.
Ed all'epoca, ben sei anni fa, coloro che avessero frequentato «la scienza dell'immaginare, la cultura del sospetto, la filosofia della diffidenza, la tecnica dell'ipotesi doppia, tripla,
quadrupla» sarebbe dovuti essere bollati di dietrologismo?
La «vocazione» dietrologica è ormai diventata, molto seriamente, doveroso metodo di ricerca, esercizio di logica, tentativo di acquisizione di dati con cui valutare prudentemente i fatti e sottoporli a riscontro; e ciò, per quanti amano la verità poiché, ai vogliosi di opinioni e di pareri estetizzanti, verrà chiesto il conto del loro disamore per la verità.
Si tratta della verità negata, di quella imposta dalle agenzie di stampa accreditate presso il Sistema, che non si accorge nemmeno più del fatto che quella «verità» che ammanniscono viene messa in crisi ogni giorno di più proprio da coloro che vogliono favorire e che tentano di tenere al riparo dalla pubblica visibilità; questi, i beneficiari dell'occultamento si adoperano, riuscendoci perfettamente, occorre dire, a far dubitare della veridicità fornita dai mezzi di comunicazione accreditati.
A conferma, fu per noi molto significativo l'aver incontrato a suo tempo, fra i partecipanti ad una delle sessioni del Bilderberg, il nome di un direttore di un'importante agenzia che con la sua presenza stabiliva, almeno ai nostri occhi, il nesso eziologico, sufficientemente credibile, fra la scelta degli eventi da divulgare, quelli da sottacere o manipolare, ed il quotidiano
raggiro del credere subìto da tutti noi.
Fu Roberto Michels che enunciò la nota «ferrea legge delle oligarchie» secondo cui sarebbe l'«organizzazione» la causante del dominio degli eletti sugli elettori o mandanti, in piena consonanza con la distinzione (elaborata, se non ci inganniamo, da Gaetano Mosca) fra società politica come «minoranza organizzata» e società civile come «maggioranza disorganizzata» (distinzione ripresa da Antonio Gramsci là dove definì l'«egemonia»).
Si trova in ciò la ragione qualificata del terrore dei «politici» nei confronti della così detta «antipolitica»; è il terrore che possa accadere che una maggioranza diventi organizzata e quindi possa disarcionare la minoranza oligarchica.
Per tornare alle due espressioni blondettiane, con l'espressione «nota lobby» si indicherebbe, invece, quella sorta di «blocco storico» in cui un consistente numero di formazioni ebraico-sioniste ha assunto un ruolo egemone nei confronti di una miriade di corporazioni e di organizzazioni non solo di prevalente matrice mondialista, ma anche di quelle più comunemente note come neoconservatrici e/o neoliberali.
L'apporto conferito dalla società civile (!) al blocco, viene assicurato da un nutrito stuolo di intellettuali, giornalisti, agenzie, siti internet, atei folgorati sulla via del danaro e diventati «credenti», devoti, più realisti del re, improvvisati esegeti evangelici e biblici, oppure da atei non folgorati ma tanto zelanti d'amore per la verità (!) che non riescono a trovarne un briciolo, che sia un briciolo, caduto per avventura fra le verità professate dalla Chiesa cattolica.
Va formandosi in Occidente (e non solo) una «internazionale» delle oligarchie di comando, di «uomini affermati secessionisti» (come li ha definiti Bauman) vieppiù organizzati, capaci di «sorvolare» i popoli e di prenderne sempre maggiore distanze e profitti.
Se mai, ciò che quelle oligarchie sono capaci di rilasciare è una serie di falsi segnali, una tale quantità di specchi deformanti da indurre una gran quantità di false certezze che si incaricano di accarezzare giorno dopo giorno le maggioranze disorganizzate.
Al contrario, l'immaginaria «internazionale» dei popoli, speculare a quella delle oligarchie, rischia di diluirsi nella mortificante e miserabile moltitudine teorizzata da Negri e Hardt e dipinta da Orwell.
La società (civile) dei consumatori diventa, ogni giorno di più, territorio di caccia selvaggia così che l'antico «il cliente ha sempre ragione» si è mutato nel più prosaico «il consumatore ha sempre da indebitarsi»; i consigli per gli acquisti stupiscono felicemente per la loro
presunta convenienza, almeno fino a quando non si legge, in piccolo, il fatidico «al mese».
C'è da chiedersi come mai possa essere accaduto che proprio all'interno delle società liberaldemocratiche, le libertà individuali e quelle sociali, che sarebbero dovute essere particolarmente garantite e sufficientemente tutelate, stiano, giorno dopo giorno,
scomparendo, inghiottite dal progressivo ampliarsi della capacità tecnica di sorveglianza messa al servizio di organismi istituzionali, dalle corporazioni della tecnologia avanzata e da leggi liberticide che le amministrazioni riescono a far passare.
Chi ha più memoria della Relazione del luglio 2001 tenuta al Parlamento Europeo da Gerhard Schmid sul sistema di intercettazione Echelon (11)?
Chi sarebbe in grado di aggiornarci sul Superamanda, il sistema di intercettazione italiano (Telecom) di cui non si è più parlato?
Per molto tempo, l'allora garante della privacy Stefano Rodotà, è andato lanciando allarmi puntigliosamente dettagliati (ne ha fatto oggetto della relazione annuale del 2002) sul precipitare della condizione dei diritti alla riservatezza.
E' tempo di trarre le prime conclusioni.
Abbiamo evidenziato alcuni fatti e li abbiamo brevemente commentati.
Questi, e quelli di cui parleremo nelle parti seguenti, hanno in comune una caratteristica: quella di collidere con le istituzioni pubbliche nazionali e comunitarie.
Queste corporazioni (usiamo il termine nella traduzione dell'aggettivo inglese «corporate»=aziendale, societario [centri di interesse], siano esse occulte o semplicemente discrete, sono portatrici di interessi diversi, quando non opposti, da quelli che la hobbesiana «salus populi suprema lex» prevede e, per dirla con Julien Freund, la sicurezza esterna e la concordia interna (12).
Quegli interessi interferiscono drammaticamente sia con la «salus» del popolo sia con lo Stato – unità politica di un popolo - che dovrebbe essere il garante della «liberté».
Ci riferiamo evidentemente allo Stato costituzionale o come più propriamente lo chiama Schmitt, lo Stato borghese di diritto (13) nella sua forma specifica costitutiva che prevede di divisione dei poteri.
Vedremo come queste «funzioni» (14) - la legislativa, l'esecutiva e la giudiziaria - vengano di fatto private di gran parte dei loro poteri e delle loro prerogative.
Non pretendiamo di scoprire alcunché; ma certamente poniamo una questione che contiene al suo interno una «chance» giocabile «politicamente».
Una questione che possa suggerire un approccio ed un metodo utilizzabili praticamente.
Giuliano Rodelli
Note
1) http://vforthebloggers.splinder.com/archive/2007-10
2) www.nuovacosenza.com/
3) Pantaleone Sergi, «Al Sud la massoneria 'sportello' delle cosche», Repubblica 29/4/93.
4) Ivi.
5) Attilio Bolzoni, «Boss nel cuore della City», Repubblica 4/1/94.
6) Carl Schmitt, «Terra e mare», Giuffré, 1986, pagina 46 e seguenti.
7) Antonio Socci, «Siam tutti piduisti», Il Sabato 26/9/92 pagina 74.
8) www.europarl.eu.int/
9) d.estulin@ctconsultoria.com
10) Honoré de Balzac, «Le illusioni perdute», New Compton, 2006, pagina 410.
11) www.privacy.it/ueechelon.html
12) Julien Freund, «Che cos'è la politica?», Ideazione, 2001, pagina 261.
13) Carl Schmitt, «Dottrina della costituzione», Giuffré, 1984, pagina 171 e seguenti.
14) Giorgio Del Vecchio, «Lezioni di Filosofia del Diritto», Giuffré, 1965, pagina 309 e seguenti.
Oggi più che mai quando la simulazione (di fatti e persone) attrezzata a danno dei cittadini non si limita a rappresentare realtà circoscritte ma funziona come moltiplicatore di poteri.
Costituisce realtà ormai consolidata ed indiscutibile il fatto che i processi di globalizzazione stiano generando una accelerazione ottusa alla concentrazione di realtà diverse, su piani diversi e, per ciascuno di essi, su scala planetaria.
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