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Gazprom accetta rubli anziché dollari
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«Stiamo pensando seriamente di vendere i nostri prodotti in rubli»: Aleksandr Medvedev, il vice direttore esecutivo di Gaprom, l’ha detto ai giornalisti che ha incontrato a New York.
Il passaggio si farà «più presto che tardi», ha aggiunto Andrei Kruglov, capo dell’ufficio finanziario di Gazprom.

Il motivo addotto è la continua caduta del dollaro, la valuta con cui si pagano i prodotti petroliferi.
Per contro, il rublo si è fortemente rafforzato (quasi dell’8 per cento sul dollaro nell’anno) ed appare come una moneta più solida dell’euro.
Anche perché con il greggio a 91 dollari al barile per i futures con consegna a gennaio, Mosca sta aumentando le sue riserve valutarie in modo persino eccessivo.

Ma naturalmente la ventilata minaccia ha un senso politico, in concomitanza alla firma con cui Putin ha posto fine alla moratoria sul disarmo in Europa, come reazione al sistema missilistico che Bush continua a voler piazzare in Polonia.

Solo pochi giorni fa, alla riunione dell’OPEC, l’Arabia Saudita ha posto un furioso veto alla proposta, avanzata da Iran e Venezuela, di considerare il pagamento del greggio in valute diverse dal dollaro.
La monarchia saudita, satellite degli USA (ha appena comprato venti miliardi di dollari in armamenti americani), tenta disperatamente di impedire le fughe dal dollaro da parte dei paesi petroliferi, specie arabi, sempre più nervosi per la liquefazione della moneta di scambio mondiale.
Il prossimo mese, sei stati del Golfo discuteranno se rivalutare le loro monete rispetto al dollaro, ha detto il segretario generale del Gulf Cooperation Council.
I segnali di disagio fra i ricchi emiri si moltiplicano.

La decisione di Gazprom, se diverrà reale, può far segnalare l’inizio di un tracollo per la divisa di riserva mondiale?
Benchè Gazprom sia il massimo esportatore di gas del pianeta, in USA si affetta indifferenza.

«Il volume di greggio venduto dalla Russia non è sufficiente a trascinare in basso la domanda internazionale di dollari», ha dichiarato Michael Lynch, presidente dello Strategic Energy & Economic Research.
«E’ più fumo che arrosto. E’ una strana sensazione quella per cui se il dollaro è debole, si possa ottenere più denaro prezzando il petrolio in rubli: in realtà, non si fa che convertire gli uni negli altri».

Strano, invece, è il ragionamento di questo Lynch: parla di una «semplice» conversione di una moneta che sta cadendo con una moneta che sale e salirà ancora in prospettiva.
In questa fase di imminente recessione, non è la stessa cosa detenere dollari o rubli.
E gli emiri lo capiscono benissimo.

«E’ un gioco politico, Putin ha deciso che tener testa agli USA lo fa apparire più forte», ha detto Bill O’Grady, che studia i futures alla A.G. Edwards & Sons, una finanziaria specializzata di St. Louis.
In realtà, i futures per il gas (la specialità Gazprom) sono rincarati quest’anno del 18%, segnale di aspettativa di aumenti.
Vero è che l’80% della produzione strettamente petrolifera di Gazprom è destinata al consumo e al raffinamento interno.
Ma il dollaro non ha certo bisogno di un colpetto mentre l’America vive la tragica crisi dei mutui subprime, con i pignoramenti di case aumentati del 94% nell’anno.

Gli Stati Uniti sono sull’orlo di una crisi del sistema economico, ha ammesso Lawrence Summers, professore di economia da Harvard, in un articolo sul Financial Times: «ancora tre mesi fa si poteva ragionevolmente attendersi che la crisi dei subprime sarebbe stata un evento significativo dal punto di vista finanziario, ma non tale da minare il sistema….questo è ancora una possibilità, ma non la più probabile».

E poi, Summers s’è abbandonato ad una critica della finanza selvaggia e del laissez-faire  su una linea, se non anti-liberista, quasi alla Tremonti: «La politica economica  ha bisogno di essere governata dalla chiara e pubblica ammissione che restaurare il normale funzionamento del sistema finanziario e contenere i danni che il suo collasso può produrre alla economia reale è il compito centrale macro-economico che spetta agli USA».
Dirigismo, insomma, e regolamentazione.

Sul dollaro, Summers scrive a proposito degli «effetti avversi della fiducia in una moneta che cade a precipizio, uniti al costi crescenti dell’energia, e alle incertezze geopolitiche in Medio Oriente….un dollaro in caduta fa sì che gli USA non possano più adempiere al loro ruolo tradizionale di importatori d’ìultima istanza».

Questa è la situazione, vicina alla catastrofe americana.
Gazprom può dare l’ultimo colpo.


 
Note

1) Dan Lonkevitch, «Gazprom may switch sales to rubles as dollar weakens», Bloomberg, 29 novembre.


 
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