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Padoa Schioppa al comando del nuovo‘29
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La notizia buona: il petrolio cala sotto i 90 dollari, segno che la speculazione sente che la crisi in atto non è recessione, ma depressione.

La notizia pessima: non ci siamo liberati di Padoa Schioppa.
Il bamboccione è diretto all’Eurogruppo, dove il crack mondiale sarà all’ordine del giorno.
In teoria, Padoa Schioppa presenta una sua proposta (già accettata, da quel che si capisce) di «riforma del sistema di vigilanza sui gruppi bancari transfrontalieri».
Che nella lingua di legno eurocratica sarebbe: «un manuale comune» con regole e standard di vigilanza che assicurino uguaglianza di trattamento in tutto il mercato unico e risparmi di costi per le istituzioni finanziarie.
Inoltre serve una vigilanza integrata dei gruppi transnazionali, attraverso la piena condivisione delle informazioni, il rafforzamento delle funzioni del collegio dei supervisori e del ruolo del coordinatore.

Nella pratica, i congiurati affideranno a lui il timone della crisi per quanto riguarda l’Europa.

Non perché sia il più intelligente.
Ma perché, anzitutto, è colui che, nel presentare un libro di Delors, ha dichiarato sognante che quel libro, al pari delle opere di Jean Monnet e di Spinelli, rappresenta un momento di completa immersione, uno di quei libri che diventano una «scuola per il resto della vita».

Insomma Padoa Schioppa è messo a comando perché garante dell’asse massonico che ha creato un’Unione Europea senza democrazia e senza trasparenza.

Non a caso, quando parla del suo amicissimo Delors, il bamboccio lo esalta in quanto «politiconominatoe non eletto» (come fosse un merito), nonché «uno che ha saputo guardare oltre lamministrazione politica e trasformare il sistema dei trattati in qualcosa di diverso».

Bisogna sempre tradurre la lingua di legno di cui Padoa Schioppa è forse il maggior creatore:

il «qualcosa di diverso» in cui Delors e lui vogliono tramutare l’Europa è la liquidazione definitiva di quel che resta delle sovranità nazionali, e la sua sostituzione con la burocrazia tecnocratica.

E’ a lui che Delors, durante i decenni della sua dittatura occulta, affidò la creazione dell’euro quale lo conosciamo.
E Padoa Schioppa ha esaltato quella sua creatura come «una moneta senza uno Stato».

La frase, di cui si compiace spesso, significa che è perfettamente consapevole degli esiti di aver messo il carro davanti ai buoi, di aver spinto la divisa comune europea prima dell’unità politica, esperimento che, quando è stato tentato (per esempio tra i Paesi scandinavi) è sempre finito malissimo.
Ma è il metodo Jean Monnet: superare le resistenze dei popoli alla cessione di sovranità, costringendoli con occulte manovre e poi, col fatto compiuto.

E difatti Padoa Schioppa scrisse nero su bianco le mire dell’eurocrazia, in uno scritto che piacque molto a Delors e che, stranamente, non figura nella bibliografia autorizzata delle opere del bamboccione: «Efficienza, equità, stabilità».

Questa triade vi dice qualcosa?

Infatti Padoa Schioppa l’ha sempre ripetuta mentre è stato ministro di Prodi (ha poche idee, e le trasforma in slogan che ripete come mantra: per questo è stimato a Bruxelles): adesso vi diamo «efficienza, stabilità, equità».
E voi vedete a che punto è l’Italia, le paghe più basse e le tasse più alte d’Europa, i servizi più inefficienti e costosi, tutta «privatizzazioni» burocratiche sottratte al mercato come Alitalia e Trenitalia, con socio di maggioranza il Tesoro e dunque - a pagare le perdite - i contribuenti.

Ciò è ovvio.

Trattandosi di lingua della nomenklatura, la frase va intesa al contrario: il bello delleuro, è che avrebbe portato «inefficienza, instabilità e iniquità».

Era lo scopo voluto, come scriveva Padoa Schioppa una moneta senza uno Stato non poteva avere contemporaneamente libero commercio estero, mobilità dei capitali, politiche monetarie nazionali indipendenti, e tassi di cambio fissi.

Questo è, disse il «quartetto inconciliabile» (un’altra delle sue ideuzze-slogan).

Alla prima crisi seria, la «moneta senza Stato» scatena una bufera di «shock asimmetrici» e di catastrofi sociali da obbligare i governi democraticamente eletti, illusi di contare ancora qualcosa, ad implorare in ginocchio l’eurocrazia di governare per conto loro, perchè loro non sanno più cosa fare.

Fu in base a questo rapportino del bamboccione che Delors elaborò nel 1989 il «Rapporto Delors»  in cui appunto propose la moneta unica.
Dopo di che, mise Padoa Schioppa a creare la Banca Centrale Europea , di cui divenne uno dei primi membri del comitato esecutivo.

Ora, finalmente, la catastrofe sperata è arrivata, partendo dagli USA ed espandendosi a livello globale.
Padoa Schioppa è al comando, per provocare «stabilità ed equità» ossia disoccupazione e iniquità, ossia meno pensioni e più tasse sui redditi fissi.

Tanto, lui, disoccupato non resta mai: dunque senza paura applicherà le sue quattro ideuzze malvage.

Già lo annunciano i comunicati dell’Eurogruppo in perfetta eurolingua orwelliana: «Evitare che la crisi dei mercati finanziari e la crescita dellinflazione blocchino leconomia europea. Per questo i governi devono fare il massimo sforzo sul fronte del risanamento dei conti pubblici e su quello delle politiche salariali».

Il contrario di ciò che stanno facendo in USA.

Qui in Europa, BCE e il bamboccionela tassa è bellissima», ricordate?) affrontano la crisi con l’austerità - non meno tasse ma di più, per «risanare i conti pubblici» - e vietando ogni miglioramento del potere d’acquisto e quindi dei consumi dei lavoratori («moderazione salariale»: sognatevi gli aumenti, operai CGIL-CISL-UIL).

E queste non sono esortazioni.


L’eurocrazia s’è data i mezzi punitivi: gli Stati che superano il 3% del PIL come deficit di bilancio, saranno colpiti da multe colossali.
Italia e Francia sono già vicine alla tacca rossa, e quindi dovranno - in piena recessione-depressione - applicare il «rigore», provocando un aumento della depressione.
Anche salvataggi monetari di Stato sono vietati, e la stessa BCE se li vieta.

E qui arriva lo shock asimmetrico.
C’era anche nei tempi di boom fino all’agosto scorso.
Anche allora il tasso della BCE, uguale per tutti, era troppo alto per la Germania, e troppo basso per Spagna, Italia, Grecia, Irlanda: è questo che ha alimentato la bolla immobiliare in Spagna (che sta scoppiando con esiti catastrofici) attraverso i mutui facili.


Ora, lo shock asimmetrico da tasso «taglia unica» però significa chiusura di aziende, fallimenti e dilagare della disoccupazione nel «Club Med», con in più tasse alte per tenere il deficit sotto il 3%, quando l’economia non darà più l’introito fiscale enorme di cui la Casta ha bisogno.

Così le bilance dei conti correnti: sono in deficit crescente in Spagna, Italia e Grecia, e sono in attivo nei paesi «virtuosi» del nord, e lo sono a spese del Club Med.

Con il tasso a taglia unica, l’Italia ha perso il 30% di competitività del lavoro rispetto alla Germania, la Francia il 20%.
E le misure che la BCE imporrà a questi Paesi porterà deflazione, miseria e rivolta sociale.

Bellissimo, dirà Padoa Schioppa.

Tanto più che questo ha già accresciuto la forbice (spread) sui titoli di debito dei vari Paesi.
BOT tedeschi e italiani sono denominati in euro, ma il tasso d’interesse che devono promettere perché qualcuno li compri non è uguale.
Il BOT italiano dà un interesse maggiore, perché il debitore Italia è più a rischio.

Già attorno a questa forbice svolazzano in circolo, come avvoltoi, i fondi speculativi (hedge fund) alla George Soros.
E’ comparso di colpo un «Euro Divergence Fund», che promette bei guadagni a chi gli dà denaro. Contano di guadagnare tanto più quanto più la forbice si divarica.
A spese dell’Italia, come Soros ai suoi tempi, ben aiutato da Ciampi.


«I mercati stanno per punire il malgoverno», dice Hans Redecker, capo delle valute a BNP Paribas: «I politici in Italia e in Spagna non sembrano capire come sono gravi e radicati i loro problemi. Dovranno tagliare i salari reali».

E’ questo il punto a cui Padoa Schioppa vuol portarci: «Efficienza, stabilità, equità».

Ma non abbiamo più un malgoverno, Mastella ha abbandonato Prodi.

Appunto: avanziamo nel ciclone mondiale senza governo alcuno, né buono né cattivo.
Perché Mastella vuole il suo malcostume assicurato e garantito, perché non vuole il referendum in piena bufera, noi andremo a votare, e vincerà Mediaset.
Ma per obbiettività, un governo Berlusconi non esalta e nemmeno rassicura: l’incompetenza sostituirà la gestione malavitosa prodiana.
Sai che guadagno.
E Mastella sarà nel «nuovo governo», quindi quanto a malcostume non cambierà nulla, avrà tutte le garanzie perché a Ceppaloni e  dintorni lui ha 500 mila voto clientelari.
Quindi sicurissimi.


E qui si può dare un consiglio disperato: ciascuno dichiari che non voterà Berlusconi, se imbarcherà Mastella.
Sarà bene non assentarsi dal seggio, ma andarci e annullare la scheda con la parola resa famosa da Grillo. Piccola consolazione.
Ma non ce ne restano tante altre.

Perché la vittoria del Polo, con la legge elettorale Calderoli invariata, riprodurrà quel che abbiamo visto sotto Prodi: paralisi decisionale, clientelismi dilaganti, minacce continue di far cadere il governo da parte di uno qualunque degli «alleati».
Anche ammesso (e non concesso) che un Berlusconi volesse e potesse governare la recessione, gli sarà impossibile.
Naturalmente è ancora possibile una grande coalizione Veltroni-Berlusconi.
A questo punto, forse è persino il male minore, semprechè si possa fare e regga.

Lalternativa è la dittatura eurocratica senza democrazia, con politici «nominati e non eletti» per secoli.
Ed applicanti ricette distillate nei lambicchi della nomenklatura, senza variazioni rispetto alle condizioni reali.

Quello loro, di Monnet, Spinelli, Padoa Schioppa, non è un sistema di mercato.
La libera concorrenza non è cosa che capiscano,  dato che se ne sono esentati una volta per tutte.
E ovviamente non è nemmeno un dirigismo di Stato.
Quale Stato?
Non lo vogliono, non prenderanno decisioni «politiche», ma automatiche.
Come sempre, non sono né Stato né mercato, ma la burocrazia.
Che quando decide l’intervento pubblico, lo fa per salvare le banche e i capitali, non il lavoro.
Né i privati in difficoltà: anzi Draghi ha appena varato un nuovo elenco draconiano dei cattivi pagatori, basta che tu sia fuori di 30 mila euro e non avrai più credito.
Il nodo scorsoio alle piccole e piccolissime imprese e a chi sta pagando il mutuo variabile.
Questo loro concepiscono come «risanamento».

 

Nemmeno Bernanke somministra medicine utili, sia chiaro: riduzione dei tassi, taglio di tasse e stimolo monetario creano inflazione a go-go, spesa pubblica ancora più astronomica, e possono dare un sollievo solo brevissimo.
Ma almeno, sta cercando di stabilizzare il credito.
E di fatto il mercato americano delle commercial paper ha smesso di crollare.
Poi, si capisce, occorrerebbero politiche statali di sviluppo infrastrutturale, misure dirigistico-keynesiane: che non ci saranno.

Ma almeno è qualcosa.

La BCE invece tiene alti i tassi e dunque l’euro caro, intima aumenti di tasse e riduzione dei salari.

Il freddo calato sull’economia, in Europa sta per diventare gelo.


 
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