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Confusione Kasper
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Riportiamo con qualche commento, alcuni brani dell’intervista rilasciata dal cardinale Kasper al quotidiano Avvenire (1), al solo fine di porre in evidenza talune profonde discrepanze teologiche nei confronti della Verità rivelata di certe considerazioni sentenziate da parte dell’alto prelato con agghiacciante disinvoltura, come se invece si trattasse di posizioni dogmatiche certe.

Il cardinal Walter Kasper, traendo in bilancio della sua esperienza in merito al suo attuale incarico (presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani e presidente della Commissione per le Relazioni Religiose con gli ebrei, conferitogli nel 1999 da Giovanni Paolo II), ebbe modo di dichiarare:

«Certo, è tragico che fosse necessaria la catastrofe della Shoah per ripensare il rapporto della Chiesa con gli ebrei, per abbandonare teorie del passato come quella sulla ‘sostituzione dell’Alleanza’».

A chi scrive non interessa parlare degli avvenimenti della Seconda Guerra Mondiale ma sottolineare la sottile matrice relativistica che vena il pensiero del vescovo tedesco. In primo luogo porrei l’accento sul concetto di «ripensamento».

La Chiesa, in quanto tale, non è soggetta a mutamento di pensiero. La Chiesa è santa ed infallibile! Le sue membra possono infangarsi col peccato personale e farla apparire sfigurata e come realmente non è, ma mai possono distruggerne l’essenza divina. Quando la Chiesa vive ed insegna da Chiesa (pertanto nel suo Magistero infallibile, cioè universale e perenne!) è senza errore nell’insegnamento della verità, come lo è nel mettere a disposizione tutti i mezzi utili al conseguimento della Vita eterna (sacramenti, sacramentali, ecc.); questo perché la Chiesa è Cristo stesso presente e vivo, che effonde la sua stessa vita divina nell’uomo che si apra all’ascolto della sua Parola ed alla ricezione dello Spirito divino.

Ipotizzare quindi un «cambiamento di rotta» nel pensiero della Chiesa è teologicamente eretico e razionalmente assurdo. Infatti perché dovrei seguire quel che oggi sostiene la Chiesa, se domani quanto decretato sarà (o potrebbe essere) il suo contrario? Non mi si dica che quel che si afferma oggi è ciò che v’è di meglio per il momento attuale; questa posizione infatti se è accettabile per comportamenti accidentali nella pastorale, nel «modus operandi», non può attagliarsi alla Verità, che è una sola e sempre la stessa per definizione (oggettivamente, per chi, sano di mente, accetti il principio di non contraddizione).

Nel merito, parlando della «sostituzione dell’Alleanza», la Scrittura non può essere annullata, come dice Gesù. E’ stato Lui stesso ad affermare che quella che è istituita nel suo Sangue è la «nuova Alleanza»!

Riporto alcuni passi salienti.

«Ecco verranno giorni - dice il Signore - nei quali con la casa di Israele e con la casa di Giuda io concluderò una alleanza nuova (Geremia 31,31)».

«Allo stesso modo dopo aver cenato, prese il calice dicendo: ‘Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue, che viene versato per voi’ (Luca 22,20)».

«Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: ‘Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me’ (1Corinzi 11,25)».

 «… ministri adatti di una Nuova Alleanza, non della lettera ma dello Spirito; perché la lettera uccide, lo Spirito dà vita (2Corinzi 3,6)».

La lettera agli Ebrei è lapidaria nel commento. La Chiesa ha sempre insegnato di conseguenza:

«Dicendo però alleanza nuova, Dio ha dichiarato antiquata la prima; ora, ciò che diventa antico e invecchia, è prossimo a sparire (Ebrei 8,13)».

La sostituzione, quindi, è obbligatoria, perché divinamente disposta. Perché forse v’è stato il rifiuto del popolo ebraico eletto? No, certamente. Sono i giudei ad aver rifiutato la verità e ad aver preferito l’oscurità del loro errore e per questo a raccogliere i frutti della loro cecità; sono loro ad essersi tirati fuori dalla volontà di Dio, con tutto quel che ne consegue.

Il cardinale mostra di essere confuso sull’argomento. Paventare l’ipotesi di una sopravvivenza dell’antica alleanza (da taluni proprio per questo definita «prima», rispetto alla «seconda», il Vangelo) lascia aperta la strada alla «via parallela di salvezza», cosa che non è accettabile per un cristiano. Ciò che è destinato a perire non serve, anzi può essere mortifero. A che pro, dunque, l’Incarnazione del Verbo, se era sufficiente la legge di Mosè?

Proseguiamo. Ancora il cardinale:

«… negli ultimi anni si è parlato maggiormente di ciò che il cristianesimo e l’ebraismo hanno da dire sull’ambiente, sulla giustizia sociale e lo sviluppo, sulla libertà religiosa nel mondo».

Questa è un’altra forte tendenza: far apparire il cristianesimo come una sorta di onlus o organizzazione internazionale per i diritti umani e (sempre più ultimamente) nei diritti della «madre terra». Il fine della Chiesa è quello di Cristo: dare la vita e darla in abbondanza, nella glorificazione del Dio tre volte santo. Lo scopo dell’incarnazione e della redenzione (nonché quindi della permanenza della Chiesa) è questo: glorificare Dio e salvare anime! Il resto è solo conseguenza necessaria e, direi, anche automatica! Un cristiano coerente sarà il migliore amico dell’ambiente o il migliore difensore dei diritti del prossimo, statene certi!

Fortunatamente il cardinale ha modo di difendere Pio XII, ma non senza tradire di nuovo la sua matrice relativistica:

«… non si può giudicare l’operato di Pio XII alla luce del Concilio Vaticano II. La ‘Nostra aetate’ è venuta dopo, e poi dobbiamo dirlo con franchezza: Pacelli non era certo antisemita ma è un fatto che la sua formazione fosse permeata dell’anti-giudaismo che è stato per secoli insegnato nella Chiesa».

L’antigiudaismo non è un pensiero avverso al popolo ebraico: è la coerente posizione teologica di chi riconosce in Cristo la nuova Alleanza e pertanto considera la vecchia, attualmente inutile e/o dannosa. L’antigiudaismo è e deve essere carità verso l’ebreo, invitandolo alla conversione all’unico Messia esistente.

Fuori da queste premesse, il cosiddetto «dialogo» non serve, anzi è controproducente, perché offusca la Verità, confermando nell’errore. Di questi errori si paga poi sulla propria pelle, perché Dio ti vuole salvare e non sta a guardare.

Intelligenti pauca.

Stefano Maria Chiari




1) «Pio XII e Shoah, dialogo aperto»



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