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Verso Gaza, una flottiglia di ebrei
20 Giugno 2010
Un’associazione di ebrei tedeschi sta preparando una motobarca con cui rompere l’assedio di Gaza con aiuti umanitari. Secondo i piani, l’imbarcazione partirà da un porto non identificato del Mediterraneo a metà luglio, con 14 persone a bordo, tutti ebrei. Ma altri quaranta ebrei hanno chiesto di imbarcarsi, sicchè l’organizzazione sta cercando un secondo vascello.
Il gruppo promotore è il «Juedische Stimme», a cui si è unito dapprima l’inglese «Jews for Justice for Palestinians», poi lo «American Jews for a Just Peace». Il capitano del primo vascello, Glyn Secker, ha spiegato così la sua partecipazione: «In quanto ebrei dovremmo essere un faro dei diritti umani, non dei perpetratori di atrocità riconosciuti a livello internazionale». (AJJP to Co-Sponsor Jewish Boat to Gaza) I 54 ebrei (non sono molti, bisogna ammetterlo) hanno inviato una petizione al presidente Obama chiedendogli «di convincere il governo di Israele a garantire il passaggio sicuro del battello ebraico»; il messaggio si chiude con un «appello ai governanti mondiali: aiutate Israele a trovare la via della ragione, del senso di umanità e di una vita senza paura». Le notizie di nobiltà ebraica finiscono qui. Le altre: Alert: flotta da guerra USA-Israele verso l’Iran Una armaia di 11 navi da guerra israeliane e americane, compresa una portaerei carica di truppe d’assalto, è transitata per il Canale di Suez, diretta verso il Golfo Persico. Sul canale l’intero traffico commerciale è stato sospeso per far passare la flotta, e tutta l’operazione è stata sorvegliata da truppe egizine poste sulle rive. E’ la più potente flotta bellica che abbia attraversato il Canale da diversi anni. Il generale egiziano Amin Radi ha commentato: «Data la sua natura feroce, Israele può ben cominciare una guerra per restare la sola potenza nucleare nell’area». Altro segnale allarmante: il giornale libanese As-Safir ha rivelato che Sarkozy ha chiesto a Netanyahu «garanzie» per le truppe francesi – stazionate in Libano nel contingente ONU (Unifil) prima di scatenare un attacco al Libano. I servizi francesi sono convinti che Israele attaccherà il Libano, prendendo a pretesto la flottiglia della pace che sta per partire dalla coste libanesi per forzare il blocco di Gaza. «Riterremo responsabile il governo libanese di ogni conflitto violento» che avvenisse nel fermare la flottiglia, ha avvisato Ehud Barak, ministro della Difesa. Ossia: se Israele attacca le navi dei soccorsi e massacra ancora, è colpa del Libano. La nuova flottiglia della pace è capeggiata da una piccola nave, con a bordo solo donne, musulmane e cristiane, che è stata chiamata «Mariam» in onore della Vergine. Le donne si sono preparate alla missione pregando insieme nel santuario di Nostra Signora di Mantara (presso il villaggio di Magdushe, dove secondo la tradizione la Madre aspettò il figlio Gesù che predicava nelle vicinanze). Maria è venerata dai musulmani non meno che dai cristiani. «Ci siamo messi sotto la Sua protezione; è la nostra sola arma, insieme al senso di umanità», ha detto una delle organizzatrici, Rima Farah.
Che la Vergine ascolti e protegga le sue fedeli delle due religioni. Anche Angela Merkel, probabilmente al corrente di quel che prepara il regime sionista, ha deciso improvvisamente di ridurre il contributo tedesco all’UNIFIL da 800 a 300 uomini. Nulla sa invece il governo italiano, che lascia «i nostri ragazzi» a fare da interposizione in caso di invasione dei giudei in Libano.
Soldati israeliani usano i bancomat che hanno rubato ai pacifisti Dopo l’arrembaggio e la strage del 31 maggio, l’eroico Tsahal ha sequestrato tutti i beni caricati sulla flottiglia della pace come generi di soccorso per i prigionieri di Gaza, che non sono stati più restituiti. Come si sa, hanno anche confiscato tutti i beni personali dei passeggeri, dalle telecamere ai cellulari, dai computer al denaro contante. Gli eroici difensori della sola democrazia del Medio Oriente adesso stanno usando i bancomat (le carte di debito) trovate nei portafogli dei pacifisti per le loro piccole spese. Un abitante di Glouchester, Ebrahim Musaji, ha presentato denuncia alla Polizia inglese portando come prova gli addebiti bancari, da cui risulta che la sua carta di debito è stata usata per prelevare denaro da uno sportello automatico in Israele. Un’attivista americana, Kathy Sheetz, ha presentato simile denuncia, dimostrando dagli addebiti bancari che gli eroi israeliani l’hanno alleggerita di mille dollari con più prelievi da sportelli israeliani entro il 6 giugno, quando ancora l’americana (e tutti gli altri) erano detenuti da Sion. Dal 7, appena rilasciati e tornati in patria, i rapiti della flottiglia si sono affrettati ad annullare le carte; ma i combattenti, esperti nella guerra-lampo, sono stati più lesti di loro. Anche l’italiano Manolo Luppichini ha denunciato un prelievo di 54 euro sul suo bancomat. David Schermerhorn, ottantenne americano dello Stato di Washington, ha denunciato che hanno usato il suo iPod, addebitando a lui le spese. Gli israeliani hanno in mano loro ancora 1,2 milioni di euro di beni, fra generi di soccorso e denaro contante ed oggetti personali. Si sono tenuti anche un numero imprecisato di passaporti, di cui tre britannici: il che suscita qualche allarme, vista l’abitudine di Israele di inviare i suoi assassini nel mondo a trucidare avversari, dotandoli di passaporti altrui. Delegazioni di pacifisti di 12 Paesi hanno richiesto ai loro rispettivi governi di premere sulla Luce delle Nazioni perchè restituisca il malloppo. La cleptomania israeliana è ben nota ai palestinesi, che vengono regolarmente derubati ai posti di blocco. (Gaza convoy activists claim Israeli soldiers using debit cards stolen in raid)
Due parlamentari tedeschi del Partito della Sinistra (Annette Groth e Inge Hoeger) e un attivista tedesco per i diritti umani (Norman Paech) che erano a bordo della Mavi Marmara durante la strage, hanno presentato denuncia presso la giustizia germanica per le angherie subite mentre erano nelle mani degli israeliani, chiedendo di esaminare l’ipotesi di «crimini di guerra». La detenzione illegale, specie dei due deputati, configura un reato perseguibile nel diritto germanico, anche se commesso in acque internazionali, secondo Florian Jessberger, giurista di diritto internazionale alla Università Humboldt. (Public Prosecutors in Germany: German Members of Parliament File War Crimes Complaints against Israel) Tsahal arruola non-israeliani, purchè ebrei «Tutti gli ebrei del mondo devono divenire cittadini israeliani, e mandare i loro figli a fare i soldati in Israele»: così parlò Alain Elkann, il figlio del rabbino francese divenuto miliardario ingravidando una Agnelli. Ebbene, la cosa è già in via di realizzazione: l’esercito israeliano, su ordine del governo Netanyahu, ha deciso di arruolare giovani ebrei non cittadini di Sion. Il programma di reclutamento è in corso, guidato da una associazione di facciata, «Aish Machal», che è una filiazione del ministero ebraico della Guerra, sostenuta silenziosamente dalle associazioni giovanili ebraiche della diaspora. Ogni nuovo arruolato sarà addestrato anche linguisticamente (se non conosce abbastanza l’ebraico), e servirà per un anno. Dopo il quale sarà invitato a tornare alla sua secondo o terza patria, senza acquisire la cittadinanza israeliana: ciò dispiacerà al papi di Lapo (a proposito: per lui niente Tsahal?), ma dovrà accettare: gli israeliani nascosti all’estero sono troppo preziosi come quinta colonna o sayanim. La decisione è dovuta alla sempre più diffusa tendenza della bella gioventù israeliana a sottrarsi al servizio militare, nonostante i benefit del mestiere (vedi notizia qui sopra). Il fatto è che i giovani sono sempre più «religiosi» haredim, una categoria che ha ottenuto l’esenzione dal servizio militare, per immergersi totalmente nello studio della Torah, e anche perchè scelgono l’esercizio privato della violenza come «coloni» nei territori rubati, dediti a tormentare i palestinesi in abiti civili. (Tsahal incorpore des juifs non-Israéliens) Minacciato di morte il sefardita anti-segregazione Gi askenazisti vogliono morto Yoav Laloum. Tanto che questo avvocato trentunenne ha lasciato la sua abitazione e si nasconde (su consiglio della Polizia) in località sconosciuta. La sua colpa: Laloum è l’uomo che ha portato fino all’Alta Corte la questione delle scuole del villaggio di Immanuel, dove i pii haredim di razza askenazita non lasciano entrare le ragazze sefardite. La corte ha sancito che la segregazione deve finire, e decine di migliaia di piissimi haredim sono scesi in piazza per opporvisi, scontrandosi con le forze dell’ordine, sostenute dall’intero rabbinato. «Anche rabbi Ovadia Yosef mi ha abbandonato», ha detto amareggiato Laloum, poco prima di sparire per salvarsi la vita. Rabbi Ovadia Yosef è il super-rabbino capo dei sefarditi, nonchè capo del partito «religioso» Shas. «Rabbi Yosef ha tradito tutti i sefarditi», dice il fuggiasco. «La comunità sefardita ha paura. Ho ricevuto molte manifestazioni di incoraggiamento e di solidarietà, ma anonime. Sanno che gli askenaziti possono far espellere i loro figli dalle elementari, far licenziare le loro mogli, impedirgli di ottenere un permesso di costruzione». A spaventare Laloum è la decisione delle comunità askenazi di sfidare in massa la sentenza della Corte, facendosi portare in carcere pur di disobbedire, ed accusando i giudici di «fare conversioni forzate». E’ una follia, ma «so che quando si infiamma l’opinione pubblica con simili archetipi ebraici, si chiamano gli haredim alla guerra», ha detto Laloum. Lui stesso è stato bollato con un altro archetipo ebraico, Okher Yisrael, «odiatore di Israele», che equivale ad una condanna a morte. Manifesti chiamati «paskevilim» sono stati affissi nelle comunità haredim con la sua foto (come ricercato) e il suo numero di telefono cellulare. Da quel momento ha ricevuto migliaia di telefonate dove di gente alterata che lo chiamava «una abominazione, un impuro», minacciandolo di morte. Anche i suoi familiari sono stati minacciati e umiliati: «Dicevano: tua figlia diventerà una putt…». La sua battaglia è cominciata proprio quando, tre anni fa, sua figlia non è stata accettata nella scuola Bais Yaakov nel suo quartiere, Givat Shaul. Chiestone il motivo, ebbe la risposta seguente: la scuola trova da ridire sulla modestia con cui si veste sua moglie. Lui stesso piissimo (ancorchè di razza inferiore), Laloum ha agito da principio per difendere l’onore di sua moglie e di sua figlia, ed ha chiesto l’assistenza spirituale e morale del suo rabbino, Yaakov Yosef, che è il figlio del super-rabbino Ovadia, capo storico del Shas. Aiuto ne ha ottenuto ben poco, ma dopo la sua prima azione legale è stato contattato da molte famiglie sefardite con lo stesso problema, ed ha scoperto che la segregazione razziale è amplissima. «In Immanuel vivono una trentina di famiglie askenazi, e circa 500 famiglie sefardite», racconta: «Ebbene, hanno preso possesso della scuola comune ed impongono le loro regole», espellendo le bambine «mizrahi» (sefardi). «Se si fossero fatti la loro scuola, niente da dire, ma si sono impadroniti di una scuola che esisteva prima, pagata dallo Stato». (Man Who Brought Desegregation Case To Supreme Court Threatened With Death, Goes Into Hiding) Ora tuttavia il campione antisegregazionista si è nascosto temendo per la vita, e non è più tanto convinto della sua battaglia. «Temo che questo conflitto spinga gli haredim su posizioni estreme», dice. Quelle di prima sono posizioni moderate, in Israele. Se Gaza fosse l’Italia La densità della popolazione a Gaza, un milione e mezzo di abitanti (per i due terzi profughi scacciati da altre zone della Palestina) è di 3.764 persone per chilometro quadrato, la più alta del mondo. Giusto per dare un’idea e aiutarci a metterci nei loro panni: se l’Italia avesse una simile densità, saremmo un miliardo di italiani. La popolazione della Cina nella nostra stretta penisola. Provate ad immaginare come ci comporteremmo noi, in un simile affollamento, dove procurarsi un lavoro e un salario sarebbe un problema terribile, in concorrenza feroce gli uni contro gli altri, e dove persino trovar da mangiare sarebbe difficile. Ci divoreremmo tra noi. Bande di disperati spinti alla delinquenza percorrerebbero il Paese rubando, rapinando e ammazzando i deboli e i vecchi per portar via loro il pane. Il disordine sarebbe alle stelle, incoercibile; nessun potere riuscirebbe a mantenere l’ordine pubblico. Invece a Gaza la popolazione si comporta con dignità e civiltà. Sopravvive tra le macerie delle case che non gli è concesso di ricostruire, con l’unica centrale elettrica che non fornisce luce per dieci ore al giorno, con l’acqua potabile ridotta al 10 % del normale. La disoccupazione è all’80%; esistevano 3.900 fabbrichette prima dell’assedio, oggi ne restano aperte poche decine, che si forniscono di materiali attraverso i tunnel. Un milione di palestinesi di Gaza non ha altro mezzo di sussistenza che gli scarsi aiuti dell’ONU per i rifugiati: sarebbe come se 759 milioni del miliardo di italiani dovessero fare la fila per la razione. Pensate cosa avverrebbe nelle nostre code italiote; anzi, basta già constatare che cosa avviene oggi, magari nelle code per salire sui traghetti per la vacanza in Sardegna. Eppure noi non siamo malnutriti come il 50% dei bambini di Gaza, nè sotto la linea di povertà come l’80% di costoro. Non abbiamo avuto un reddito annuo di 1.750 dollari a persona come prima dell’assedio, reddito calato a 850 a causa della chiusura israeliana, poco più di 2 dollari al giorno per vivere. Che cosa faremmo, noi? I palestinesi di Gaza non provocano disordini. non inveiscono, non inscenano proteste. I loro bambini continuano ad andare a scuola, e i giovani persino cercano di studiare all’università. Il loro governo – il «terrorista Hamas» - funziona ed è obbedito, anche in queste condizioni estreme. Dicono che sia governo duro, che regge con mano di ferro e sopprime ogni opposizione. Sarà. Ma potete immaginare cosa faremmo noi del «nostro» governo, in condizioni simili, con un miliardo di vicini, fra le macerie, senza cibo, senza ospedali attrezzati – mancano perfino i cateteri e il filo per suture - senza carburante, con prezzi carissimi perchè le poche merci arrivano solo attraverso i tunnel? E’ un grande popolo, grande per civiltà e dignità, per pazienza nella sofferenza. Un popolo che dimostra una disciplina esemplare, e un coraggio infinito, sapendosi alla mercè di un nemico che lo vuole completamente estinguere, e che non conosce pietà: e non cede, non si piega. E’ che hanno la fede. Dio guardi questi suoi figli negli artigli del nemico; la Vergine Mariam li soccorra.
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