11 settembre: 53 americani su 100 non ci credono
05 Febbraio 2008
STATI UNITI - La maggior parte degli americani adulti è convinto che il governo Bush abbia nascosto parte o tutta la verità sull’11 settembre: per l’esattezza il 53%, secondo un sondaggio
New York Times-CBS.
E il 28 % è convinto ormai che sia tutta una menzogna di Stato.
Solo il 16% continua a credere alla versione ufficiale (1).
Una caduta impressionante, se si pensa che ancora nel 2003, quando Bush annunciò la guerra contro Saddam, 86 americani su cento erano con lui nella «guerra al terrorismo globale».
Significativa anche l’evoluzione dell’opinione pubblica.
Nel 2002, lo stesso sondaggio con la stessa domanda appurò che il 21% credeva alla versione ufficiale dell’11 settembre, contro il 16% di oggi.
Allora, il 63% era convinto che l’amministrazione «nascondesse qualcosa», contro il 53%
di oggi.
Ma ciò perché gli americani convinti che «sia tutta una menzogna» sono saliti dall’8% al 28%.
Si è ridotta anche la quota degli incerti, di quelli che replicano «non so» o non rispondono.
Erano 6 su cento nel 2002, ora solo 3 su cento.
Intanto esce in USA un saggio di Philip Shenon, noto giornalista del New York Times che a suo tempo seguì le udienze della Commissione parlamentare sull’11 settembre, che può grandemente aumentare il numero degli increduli (2).
Il volume, «The Commission: The Uncensored History of the 9/11 Investigation», è centrato sulla figura di Philip Zelikow, il personaggio che fu nominato (dalla Casa Bianca) direttore esecutivo della 9/11 Commission, ossia di fatto il capo delle investigazioni.
Zelikow poteva decidere quali testimoni ammettere, quali materiali portare come prove, e filtrare tutta la documentazione sul caso.Ora, si scopre ciò che tutti i grandi media sapevano: che Zelikow accumulava su di sé una quantità incredibile di conflitti d’interesse.
Amico personale di Condoleezza Rice, al cui fianco ha lavorato nel National Security Council al tempo della presidenza di Bush padre, Zelikow aveva capeggiato il «transition team» per Bush figlio, ossia il gruppo che assicurò il passaggio delle consegne dal presidente uscente (Clinton) a quello entrante.Un lavoro di strettissima fiducia presidenziale.Fiducia confermata dal fatto che, un mese dopo l’11 settembre 2001, George Bush jr. nominò Zelikow capo del President’s Foreign Intelligence Advisory Board (PFIAB).
Si tratta di un riservatissimo ufficio che è l’interfaccia tra il presidente e le numerose agenzie di intelligence americane, dalla CIA alla DIA (militare), dalla National Security Agency all’FBI.
I suoi sedici membri hanno il compito di vagliare le informative ultra-riservate che vengono da queste agenzie, di valutarne la fondatezza e di riferirne al presidente in persona.
Per questo compito delicato, Zelikow aveva accesso completo alle fonti più segrete dello spionaggio e controspionaggio.
Con un simile «investigatore» a capo delle indagini della Commissione parlamentare, ogni critica alla Casa Bianca per la evidente incapacità (o peggio) di prevenire i mega-attentati del cosiddetto bin Laden, è stata ovviamente neutralizzata.Tutto questo era noto ai media anche prima.
Anche chi scrive ha riferito nel suo libro «Israele, USA il terrorismo islamico» (EFFEDIEFFE, 2005, pagina 159) un significativo dettaglio.Philip Zelikow, parlando a pochi analisti politici selezionati alla Virginia University il 10 settembre 2002, aveva detto loro che, naturalmente, l’Iraq non aveva bombe atomiche né si preparava a lanciarle contro gli USA, come ripeteva in quei giorni Bush.E confidò: «E perché l’Iraq dovrebbe usare armi nucleari contro di noi? Vi dico io quale pericolo reale rappresenta, e questo fin dagli anni ‘90: è una minaccia per Israele».Ma questo motivo non può essere reso pubblico, aggiunse, «perché è una politica non troppo popolare».Aiutare Israele a liberarsi dai suoi avversari, cioè.
La novità non sta dunque nelle rivelazioni di Shenon.Sta nel fatto che un giornalista del New York Times, il più ufficioso dei grandi media, le racconti oggi.
Il sospetto e l’incredulità verso la versione ufficiale sale dai «cospirazionisti marginali» ai media dotati d’influenza.Se questa configuri una concreta minaccia per la versione ufficiale e per Bush stesso, non è chiaro.
Apparentemente, il presidente agli sgoccioli, e al punto più basso della sua credibilità, si comporta come dovesse restare alla Casa Bianca in eterno.
George Bush ha appena reso noto il bilancio di previsione per i prossimi 12 mesi: un colossale aumento di spesa pubblica (la cifra del bilancio supera, per la prima volta, i 3 trilioni di dollari,il 6% in più rispetto al budget precedente) non dedicata però a contrastare la recessione in arrivo o ridurre l’indebitamento, bensì ad accrescere le spese militari (3).
L’ultimo bilancio di Bush «risparmia» tagliando le poche spese di tipo sociale dello Stato: meno 196 miliardi in cinque anni per Medicare (la sanità gratuita per i vecchi) e Medicaid (la striminzita assistenza per i poveri).In compenso, ci sono nuovi tagli di tasse per i ricchi, presentate come «stimulus» anti-recessione. Anche per questo il deficit resta altissimo, sui 407 miliardi di dollari.
«Il presidente ripropone le stesse politiche fallimentari che hanno caratterizzato la sua presidenza», ha detto il presidente della Commissione Bilancio, il democratico Kent Conrad: «Più spesa bellica a debito, più tagli fiscali finanziati a debito intesi a favorire i più ricchi, e più indebitamento con Paesi stranieri come Cina e Giappone».
Ma Bush tira dritto, come se sapesse che non sarà mai chiamato a rispondere dei suoi atti.In questo senso, una notizie inquietante è stata raccolta da Paul Joseph Watson, uno dei più informati «cospirazionisti»: soldati americani in Iraq sarebbero stati sottoposti ad uno speciale addestramento che simulava rastrellamenti, arresti e sequestro di armi casa per casa «sul suolo americano».
Tutto ciò, era stato spiegato dai superiori, per neutralizzare cittadini americani «disobbedienti alla legge marziale».Venivano selezionati i soldati che rispondevano sì alla domanda se erano disposti a sparare su loro amici o parenti, se gli veniva ordinato (4).
Già nel 2006 era emerso un programma segreto, chiamato «Clergy Response Teams», in cui pastori e preti sono stati addestrati dalla FEMA (la protezione civile) a «tenere tranquille» le pecorelle della loro parrocchia, a «calmarne il dissenso» e a «pacificare» i cittadini «perché obbediscano allo Stato in caso di dichiarazione della legge marziale».
Soprattutto in caso di «vaccinazioni di massa e rilocazioni forzate».
Note
1) «Americans Question Bush on 9/11 Intelligence», Angus Reid Global Monitor, 2 febbraio 2008.2) Max Holland, «9/11 Commission had to go through Bush advisor’s Karl Rove», mparent7777 blogspot, 4 febbraio 2008.3) Martin Crutsinger, «Bush unveils $3.1 trillion spending plan», Associated Press, 4 febbraio 2008.4) Oaul Joseph Watson, «US Troops Asked If They Would Shoot American Citizens», PrisonPlanet, 4 febbraio 2008.
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