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Il Min. Cul. Pop di Giuda
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Qualche tempo fa un amico mi esprimeva una certa preoccupazione per la mia collaborazione a questo sito, invitandomi ad essere prudente.

Lo faceva in relazione alle «affettuose attenzioni» che l'ingegner Michael Levy avrebbe riservato a Maurizio Blondet. (1)

Probabilmente - mi diceva - di voi sanno tutto, vita, morte e miracoli.

Probabilmente!?

Compiaciuto del beneficio del dubbio, constatavo che l'unico miracolo accertato è - in una vita ordinariamente ingombra di problemi e affanni quotidiani - quello di riuscire a trovare il tempo di dare a questo giornale-online un piccolo contributo saltuario e gratuito.

In ogni caso, per nulla lusingato di tante possibili attenzioni, mi consolavo pensando che perfino i capelli del nostro direttore sono contati (il loro diradarsi aiuta nel computo Chi vi è tenuto) e che una cosa non bisogna fare se si vuole evitare di divenire schiavi: tacere.

Poi mi sovveniva un'altra frase del Vangelo: «Se persevererete nei miei insegnamenti, conoscerete la verità e la verità vi farà liberi».

Quando autorità ebraiche decisero che Jeshuà di Nazareth andava ucciso, lo fecero essenzialmente per un motivo: quello strano rabbi parlava troppo e pretendeva di farla finita col giudaismo, di liberare Israele, suo popolo, da scribi e farisei ipocriti, che chiudevano il regno dei cieli davanti agli uomini, perché così loro non vi entrassero, impedendo anche ad altri di farlo, di togliere a quei presuntuosi scribi e farisei l'idea perversa di essere una razza superiore in quanto figli di Abramo.

A chi gli ricordava: «Il nostro padre è Abramo», Gesù rispose: «Se siete figli di Abramo, fate le opere di Abramo! Ora invece cercate di uccidere me, che vi ho detto la verità udita da Dio; questo, Abramo non l'ha fatto. Voi fate le opere del padre vostro».

Gli risposero: «Noi non siamo nati da prostituzione, noi abbiamo un solo Padre, Dio!».

Disse loro Gesù: «Se Dio fosse vostro Padre, certo mi amereste, perché da Dio sono uscito e vengo; non sono venuto da me stesso, ma lui mi ha mandato. Perché non comprendete il mio linguaggio? Perché non potete dare ascolto alle mie parole, voi che avete per padre il diavolo, e volete compiere i desideri del padre vostro. Egli è stato omicida fin da principio e non ha perseverato nella verità, perché non vi è verità in lui. Quando dice il falso, parla del suo, perché è menzognero e padre della menzogna. A me, invece, voi non credete, perché dico la verità».

Al termine di questo episodio i giudei raccolsero pietre per scagliarle contro di Lui; ma Gesù si nascose e uscì dal Tempio, particolare questo carico anche di un significato simbolico profondissimo.

 

Con buona pace dei conciliatori dell'età moderna, la radicale antitesi tra Cristo e i suoi seguaci da un lato e il giudaismo farisaico dall'altro [da non confondere con il mosaismo ed il profetismo, su cui il cristianesimo s'innesta] di cui quello attuale è l'erede, si consuma subito. L'antitesi tra Cristo e tempio [che rimarrà vuoto della Shekinà (la presenza divina) dopo la Sua morte in croce, quando il velo del Tempio si squarciò, poichè non c'era più nulla da nascondere alla vista profana] si consuma con l'inizio dell'annuncio della Buona Novella.

Come il Cristo aveva predetto, quel tempio, oramai inutile, anzi forse blasfemo, verrà distrutto dalle armate romane e l'orgoglioso nazionalismo giudaico sarà simbolicamente incarnato dal suicidio collettivo a Masada, icona di una ostinazione, magari ammirevole da un lato, ma stolta ed irredimibile dall'altro.

Da allora l'antitesi tra Chiesa e sinagoga rimarrà una sorta di filo rosso che percorrerà la storia e, attraverso le strutture mondane al servizio del Principe di questo Mondo, la sinagoga è costantemente apparsa come la bocca di quel dragone che nell'Apocalisse vuole divorare il Bambino partorito dalla Vergine e che Dio rapisce nel deserto per proteggerla dal suo odio:

«Il drago si pose davanti alla donna che stava per partorire per divorare il bambino appena nato. Essa partorì un figlio maschio, destinato a governare tutte le nazioni con scettro di ferro, e il figlio fu subito rapito verso Dio e verso il suo trono. La donna invece fuggì nel deserto, ove Dio le aveva preparato un rifugio perché vi fosse nutrita per milleduecentosessanta giorni. Scoppiò quindi una guerra nel cielo: Michele e i suoi angeli combattevano contro il drago. Il drago combatteva insieme con i suoi angeli, ma non prevalsero e non ci fu più posto per essi in cielo. Il grande drago, il serpente antico, colui che chiamiamo il diavolo e satana e che seduce tutta la terra,  fu precipitato sulla terra e con lui furono precipitati anche i suoi angeli».

Il capolavoro della menzogna è stato quello di rappresentare l'inimicizia tra Chiesa e sinagoga come frutto dell'atteggiamento della Chiesa.

Citando il famoso sociologo Max Weber, Vittorio Messori ricorda invece come «Il fortissimo inasprimento delle relazioni tra giudaismo e cristianesimo è stato, nei primi secoli, provocato essenzialmente non da parte cristiana, ma giudaica. Gli ebrei, in una posizione garantita verso i Romani, sfruttarono la posizione precaria dei cristiani, non protetti dai loro privilegi verso il dovere del culto all'imperatore, per mettere in movimento contro di essi la forza dello Stato. Essi furono quindi considerati dai cristiani come i primi responsabili della persecuzione». (2)


E' singolare davvero che i conciliaristi ed i modernisti neo-gerosolimitani (che oppongono Roma a Gerusalemme, invocando quest'ultima contro la prima), tutti intenti a scagliarsi contro la degenerazione che la Chiesa avrebbe subito a causa della presunta contaminazione costantiniana e in rapimento estatico per una mitica quanto inesistente «Chiesa delle origini», presentino inquietanti vuoti mnemonici quando si tratta di riferire ciò che i Padri della Chiesa pensavano dei «fratelli maggiori».

Per esempio San Gregorio di Nissa avrebbe passato dei guai, se fosse vissuto oggi: «Assassini del Signore e dei Profeti, ribelli e pieni di odio verso Dio, essi oltraggiano la Legge, resistono alla Grazia, ripudiano la fede dei padri. Strumenti del diavolo, razza di vipere, delatori, calunniatori, duri di comprendonio,  fermento farisaico, sinedrio di demoni, maledetti, esecrabili, lapidatori, nemici di ogni cosa bella».

Sant'Agostino non era da meno e sulla scia di San Paolo, che quanto al Vangelo li chiamava nemici, li definiva gli avversari della Chiesa: Dio ha mostrato alla Chiesa mediante i giudei, suoi avversari, il favore della sua bontà perché, come dice l'Apostolo (cioè San Paolo nda), «Il loro delitto è la salvezza per i pagani» (3).

San Girolamo, ancora, era trattenuto solo dal precetto cristiano di amare i nemici: «Se fosse lecito odiare degli uomini e detestare un popolo, il popolo ebreo sarebbe per me l'oggetto di un odio speciale, perché fino ad oggi nelle loro sinagoghe di Satana perseguitano il Signore nostro Gesù Cristo».

In realtà la frattura tra Chiesa e sinagoga è insanabile, a meno che la prima rinunci - come purtroppo ha fatto talvolta negli ultimi decenni - a proclamare Gesù di Nazareth unico Salvatore del mondo, senza eccezione alcuna, giudei compresi.

Dirò di più: il contrasto tra Chiesa e sinagoga è strutturale, ontologico, irrimediabile: o Gesù di Nazareth era il Messia che doveva venire (e allora il giudaismo «ha ucciso l'autore della vita») (4) o era un'impostore e allora ha fatto la fine che meritava.

L'orgoglioso esclusivismo ebraico, la cui catastrofe Gesù Cristo annunziò davanti a quel tempio che ne era simbolo eminente, sarebbe stato sempre ragione di sofferenza per i seguaci del Nazareno: «Verranno giorni in cui, di tutto quello che ammirate, non resterà pietra su pietra che non venga distrutta».

Gli domandarono: «Maestro, quando accadrà questo e quale sarà il segno che ciò sta per compiersi?».

Rispose: «Guardate di non lasciarvi ingannare. Molti verranno sotto il mio nome dicendo: ‘Sono io' e: ‘Il tempo è prossimo'; non seguiteli. Quando sentirete parlare di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate. Devono infatti accadere prima queste cose, ma non sarà subito la fine».

Poi disse loro: «Si solleverà popolo contro popolo e regno contro regno, e vi saranno di luogo in luogo terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandi dal cielo. Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e a governatori, a causa del mio nome.

Questo vi darà occasione di render testimonianza. Mettetevi bene in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò lingua e sapienza, a cui tutti i vostri avversari non potranno resistere, né controbattere. Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e metteranno a morte alcuni di voi; sarete odiati da tutti per causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo perirà. Con la vostra perseveranza salverete le vostre anime».

 

E' il brano del Vangelo che abbiamo letto due domeniche fa e che indica la strada di tutti coloro che amano davvero il Cristo, che hanno preferito la via, la verità e la vita alla menzogna e al padre della menzogna, cioè il diavolo.

E' la beatitudine che ci è annunziata: «Beati voi, quando vi oltraggeranno e vi perseguiteranno e, mentendo, diranno contro a voi ogni sorta di male per cagion mia. Rallegratevi e giubilate, perché il vostro premio è grande ne' cieli; poiché così hanno perseguitato i profeti che sono stati prima di voi» (Matteo 5,11-12).

In un altro passo del Vangelo Gesù spiega l'insanabile opposizione tra Lui ed il mondo:

«Se il mondo vi odia, sapete bene che prima di voi ha odiato me. Se foste del mondo, il mondo amerebbe quel ch'è suo; ma perché non siete del mondo, ma io vi ho scelti di mezzo al mondo, perciò vi odia il mondo. Ricordatevi della parola che vi ho detta: Il servitore non è da più del suo signore. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi; se hanno osservato la mia parola, osserveranno anche la vostra. Ma tutto questo ve lo faranno a cagion del mio nome, perché non conoscono Colui che m'ha mandato».

Nelle parole del Cristo sembra di dover leggere che la persecuzione verrà proprio dalla sinagoga, che rimane accecata ed è incapace di riconoscere sia Lui che il Padre.

Perciò anche quello stesso Jahwè che essi dicevano di adorare sfugge al giudaismo, perché ne rifiutano la logica, cioè il Logos, che è Gesù.

Dio diviene incomprensibile ai giudei, che rimangono prigionieri nella logica del mondo e del principe di questo mondo.

C'è da chiedersi se l'enorme potere e le immense ricchezze da essi accumulate non siano la ricompensa che essi ricevono da colui, che al Cristo aveva offerto esattamente la stessa cosa: «Tutte questa cose io ti darò, se, prostrandoti, mi adorerai».

Ma Gesú gli rispose: «Vattene, satana! Sta scritto: Adora il Signore Dio tuo e a lui solo rendi culto».

Nel loro accecamento il giudaismo persino ignora a chi serve e ciò che compie contro la Chiesa. Cristo ne è consapevole: «Io vi ho dette queste cose, affinché non siate scandalizzati. Vi espelleranno dalle sinagoghe; anzi, l'ora viene che chiunque vi ucciderà, crederà di offrir servigio a Dio. E questo faranno, perché non hanno conosciuto né il Padre né me» (Giovanni 15,18-21; 16,1-3).

 

Se queste sono le parole del Cristo, tacendo, noi potremmo ancora dirci cristiani?

Pensavo che coloro i quali vorrebbero mettere a  tacere questa nostra non più piccola e fastidiosa voce e relegare nell'oblio il suo effervescente direttore, sono gli stessi che rimproverano un giorno sì e l'altro pure al mondo intero di avere taciuto durante gli eventi tragici dell'ultima guerra mondiale: quante volte abbiamo visto immagini di gente rinchiusa in un ghetto, le mani sopra la testa, i volti scarnificati dalla fame, gli occhi persi nelle orbite, gli sguardi vuoti, i bambini piangere, lo strazio di corpi ridotti al nulla rivoltati coi buldozer in fosse comuni.

Quante volte abbiamo visto soldati con le divise della Wehrmacht deportare a migliaia gente con una stella di Davide gialla appiccicata sul bavero del vestito?

Oggi questo accade ancora, ma sono i soldati a portare la stella di Davide, quella dell'unico Stato al mondo dove, come scrisse Israel Shahak, ebreo, internato nel campo di concentramento nazionalsocialista di Bergen Belsen, l'apartheid è ancora «il principio primo di tutto il suo sistema legale, oltre che la dimensione evidente e verificabile ad ogni livello sociale, residenziale, del viver quotidiano. Tuttavia, la maggior parte delle leggi approvate dal parlamento, non sembrano discriminatorie, almeno nella forma. Se si analizzano con un po' di attenzione, si vede subito che, alla base dì tutte c'è la discriminazione traebrei' enon ebrei' ».
Questo Stato è Israele.

E c'è un solo Stato che ha impunemente recluso un intero popolo dentro un ghetto enorme, fatto di mura lunghe 730 Km: per capirsi da Bologna a Napoli.

C'è un solo Stato che sta attuando una sistematica pulizia etnica, obbligando decine di migliaia di persone da secoli residenti in una terra ad andarsene per dare spazio - uno spazio vitale (Lebensraum?) - a centinaia di migliaia di immigrati correligionari dell'etnia dominante, che provengono dalle regioni più disparate del mondo.

Se questo accadesse altrove, in qualsiasi altra parte del mondo, si invocherebbe la necessità di un intervento armato per ripristinare i diritti dei più deboli, si parlerebbe di catastrofe umanitaria.

In quello Stato no.
C'è un solo luogo al mondo dove una rivendicazione di territori vecchia di duemila anni trova udienza nell'agenda internazionale ed è alla base di una prevaricazione senza precedenti.

Solo lì, sangue e suolo, riescono ancora ad apparire fondamento della politica, mentre il resto del mondo è costretto a subire inerme ondate massicce di immigrazione, contro le quali ribellarsi equivale ad essere marchiati come razzisti.

Il merito o la colpa (dipende dai punti di vista) di questo nostro sito è di non tacere.

Ma qualcun altro comincia a parlare, scrivendo cose che Blondet dice da anni: John J. Mearsheimer e Stephen M. Walt, l'uno dell'Università di Chicago e l'altro di Harvard, hanno pubblicato sulla «London Review of Books» un articolo [presente su questo sito] da cui hanno tratto un documentatissimo libro, pubblicato in Italia da Mondatori, «La Israel lobby e la politica estera americana» in cui si sostiene con chiarezza implacabile, che, in America esiste un potente, affiatato e minaccioso gruppo di persone di destra e di sinistra, anzi tradizionalmente più di sinistra, che fa gli interessi dello Stato ebraico anziché quelli degli Stati Uniti: «Ora che la Guerra fredda è finita, Israele è diventato uno svantaggio strategico per gli Stati Uniti - scrivono - Eppure nessun aspirante politico lo dirà mai in pubblico e nemmeno avanzerà l'ipotesi».

«Gli Stati Uniti hanno un problema terrorismo - scrivono - in buona parte perché sono stati così a lungo sostenitori di Israele».

Secondo gli autori, la Israel lobby danneggia anche le relazioni degli Stati Uniti con i suoi più importanti alleati, accrescendo per tutti i Paesi occidentali i pericoli del terrorismo islamico globale.

 

Insomma, meglio tardi che mai, ma la verità comincia a venire a galla.

Per questo l'aura di stranezza che talvolta accompagna nella valutazione dei suoi lettori e dei suoi colleghi l'opera e la figura di Blondet e che ha consentito la sua emarginazione comincia a dissolversi e probabilmente questo sito comincia ad inquietare: se Blondet arriva prima sui «misteri d'Israele», molti potrebbero essere indotti a credere che forse potrebbe avere ragione anche sulla radice teologica del potere della «Israel lobby»?

E' il disvelamento del «Mistero d'Israele» quello che davvero inquieta!

In fondo (molti autori sono lì a dimostrarlo!) si può anche essere «complottisti», si può anche criticare la politica estera americana, si può perfino - con prudenza, mi raccomando! - rispolverare l'antisionismo, ma guai a parlare della radice metafisica della potenza di Israele: quella è la soglia che non può essere superata.

Lì non siamo più solo allo scontro di potenze internazionali, ma allo scontro di Potenze.

Come si dice: chi ha orecchi per intendere, intenda...

Tuttavia Maurizio Blondet non deve lamentarsi troppo.

I suoi colleghi giornalisti del New York Times, il quotidiano dell'intellighenzia ebraica newyorchese, da oltre 150 anni in mano alla potente dinastia

Ochs-Sulzberger, si sono presi - loro stessi! - degli antisemiti per molto meno (5).

Tuvia Tenenbom, direttore artistico del Jewish Theater of New York, ha minacciato di far causa al prestigioso quotidiano, perchè ha rifiutato di recensire la sua ultima opera, «The Last Jew in Europe» («L'ultimo ebreo d'Europa»), che parla di razzismo e intolleranza nella cittadina di Lodz, in Polonia: «Ci ha accusati di sfornare arte degenerata, nella peggiore tradizione della propaganda antisemita - ha strillato Tenenbom -. Se non ci chiede formalmente scusa ci vedremo in tribunale».

Insomma il Min .Cul. Pop di Giuda s'è attivato: «Una grandissima percentuale di lettori del Times sono ebrei - grida Tenenbom - che non vogliono avere un Grande Fratello a decidere cosa possono vedere o non vedere. Soprattutto se si parla del revival di antisemitismo in Europa».

Ma cosa aveva scritto di tanto grave il responsabile delle pagine culturali del Times, Sam Sifton? Forse la verità: «Il Jewish Theater allestisce lavori di serie C da oltre un decennio e non mostra segni di miglioramento. Abbiamo deciso di non mandare un nostro reporter dopo che il nostro critico aveva definito l'operaKabbalah' del 2005spaventosa' e ‘stordente' ... Invece di gridare censura farebbe meglio a scrivere opere migliori».

La replica di Tenebon mostra come, oltrechè in teatro, anche qui il copione è ormai logoro: «Come i buoni antisemiti delle epoche passate che citavano brani selezionati dalla Bibbia per provare le qualità inferiori degli ebrei, anche Sam Sifton ama citare solo ciò che gli fa più comodo».

Antisemita?

Consoliamoci e ridiamoci su: se continuano così, antisemita non sarà più un insulto.

Rischia di diventare uno status symbol!


Domenico Savino


1) http://www.effedieffe.com/interventizeta.php?id=2418&parametro=politica; http://www.effedieffe.com/interventizeta.php?id=2425&parametro=politica

2) Vittorio Messori, «Pensare la storia», Edizioni Paoline, 1992, pagina 408.

3) Agostino, «De Civitate Dei», XVIII, 46, 47.

4) At 3,12-21, «Pietro disse al popolo: ‘Uomini d'Israele, perché vi meravigliate di questo e continuate a fissarci come se per nostro potere e nostra pietà avessimo fatto camminare quest'uomo? Il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, il Dio dei nostri padri ha glorificato il suo servo Gesù, che voi avete consegnato e rinnegato di fronte a Pilato, mentre egli aveva deciso di liberarlo; voi invece avete rinnegato il Santo e il Giusto, avete chiesto che vi fosse graziato un assassino e avete ucciso l'autore della vita. Ma Dio l'ha risuscitato dai morti e di questo noi siamo testimoni. Proprio per la fede riposta in lui il nome di Gesù ha dato vigore a quest'uomo che voi vedete e conoscete; la fede in lui ha dato a quest'uomo la perfetta guarigione alla presenza di tutti voi.
Ora
,  fratelli, io so che voi avete agito per ignoranza, così come i vostri capi; Dio però ha adempiuto così ciò che aveva annunziato per bocca di tutti i profeti, che cioè il suo Cristo sarebbe morto. Pentitevi dunque e cambiate vita, perché siano cancellati i vostri peccati e così possano giungere i tempi della consolazione da parte del Signore ed egli mandi quello che vi aveva destinato come Messia, cioè Gesù. Egli dev'esser accolto in cielo fino ai tempi della restaurazione di tutte le cose, come ha detto Dio fin dall'antichità, per bocca dei suoi santi profeti' ».

5) Alessandra Farkas, «Lo spettacolo ebraico è roba di serie C». E il New York Times rischia una querela, Il Corriere della Sera, 06/11/2007.

 
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