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Com’è cambiato il cattolicesimo - Pagina 2
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«Dalla neo-scolastica al misticismo nuziale»: così suona il sottotitolo del saggio di un domenicano scozzese, Fergus Kerr, che piace molto agli ambienti protestanti.
Il titolo è: «Twentieth century catholic theologians», ed è interessante conoscerlo, per vedere chi e come - all’insaputa dei fedeli - ha cambiato la dottrina della Chiesa, al punto che essa ormai tende a trovare dell’ «antisemitismo» nei Vangeli.

La tesi di Kerr, in breve: dopo Pio II, la teologia cattolica ha abbandonato il tentativo di dimostrare la fede con argomenti filosofici, per «mostrare» l’auto-rivelazione di Dio come Amore attraverso testi biblici, come il Cantico dei Cantici.
L’enciclica di Benedetto XVI «Deus Caritas Est» sarebbe l’esempio compiuto di questo «misticismo nuziale», che deve più all’Antico testamento che al Nuovo.
La filosofia greca e tomista è stata abbandonata per la Bibbia; abbandonata Atene per Gerusalemme.
Va detto che, secondo Kerr, ciò che veniva insegnato nei seminari e nella facoltà cattoliche come  neo-tomismo aveva poco a che vedere con il vero Tommaso d’Aquino.
Era invece il tomismo insegnato da Francisco Suarez, gesuita del 16mo secolo.
Il problema di padre Suarez era di contrastare il «sola fide» dei protestanti - che vuol dire non solo che «soltanto» la fede salva, ma che Dio è inconoscibile e va creduto per fede.
Contro questo irrazionalismo, propagò una filosofia  tomistico-raziocinante che, secondo i critici, ha fatto da terreno di cultura al razionalismo illuminista ed ateo di due secoli dopo.

E’ stato von Balthasar a criticare Suarez: il gesuita spagnolesco, dice, fa dell’Essere il principio univoco e neutro che sta oltre Dio e il mondo.
Ma così, Dio diventa «soggetto all’Essere», alla stregua di ogni altra cosa, animale, vegetale o minerale.
Da qui al meccanicismo scientista del 18mo secolo, il passo è breve.
D’altra parte, se l’Essere è superiore a Dio, diventa ovvio per il filosofo investigare l’Essere anziché ascoltare la rivelazione divina.
Ed infatti è proprio quello che fa o cerca di fare Heidegger, nato cattolico e allevato al «tomismo di segatura»  (così definì von Balthasar la dottrina che Leone XIII rese filosofia ufficiale della Chiesa): dunque ecco lo sbocco in un altro irrazionalismo oscuro e un po’ «nazista»….

Dico subito che secondo me, c’è del vero in questa critica.
San Tommaso d’Aquino non va letto come un raziocinante aristotelico, quasi un pre-illuminista: va letto «insieme» al Beato Angelico, nella luce dorata di questo pittore credente, che è la luce del Medio Evo, la luce d’oro dell’Annunciazione, della gloria, della grazia e dell’amore.
Il protestante da cui traggo le notizie cita, come esempio della distorsione a cui ha condotto il tomismo ossificato, la definizione di «legge naturale» come appare nella Enciclopedia Cattolica del 1911: «Quegli istinti ed emozioni comuni all’uomo e all’animale, come l’istinto di auto-conservazione e l’amore per la prole».

Se la citazione è esatta, è un errore spaventoso.
Che confonde le «leggi di natura»  biologiche col «diritto naturale».
Perché è di «diritto naturale» che parla San Tommaso, non di biologia.
Egli non aveva l’idea moderna, scientistica, della «natura».
Per lui, con diritto naturale non intende degli «istinti», ma leggi scritte nel cuore di ogni uomo perché consone alla sua «natura»: e la «natura umana» non è zoologica,  essendo l’uomo la sola creatura chiamata a trascendersi, a vincere la propria animalità per approdare al Paradiso cui è destinato «naturalmente».
Come disse Dante, l’uomo è una crisalide che deve diventare «angelica farfalla», e non per evoluzione biologico-meccanica, ma per atto di volontà, responsabilità e amore.
Passando per «la porta stretta» e correndo, con la sua libertà, il rischio estremo, la perdita dell’anima.
In questo senso, per San Tommaso, le leggi dello Stato devono adeguarsi al «diritto naturale»: non imposizioni arbitrarie, ma rispettose e ausiliarie della «natura» sopramondana dell’uomo, e agevolatrici della sua vocazione eterna.
Se davvero nella Chiesa si è inteso per legge naturale gli istinti che ci fanno simili ad una tigre o ad una cavalla (l’amore della prole, l’istinto di conservazione) si capisce perché la Chiesa sia così debole di fronte allo scientismo, fino al punto di abbracciare fiocamente l’evoluzionismo darwiniano («L’evoluzione è un fatto», Giovanni Paolo II: in realtà, è un «fatto» che  non riescono a dimostrare).

Ma la «soluzione» trovata, e che padre Kerr esalta - ossia la reimmersione di Cristo nel giudaismo, nella fumosa «mistica nuziale» - che odore manda?
Per padre Kerr, a promuovere il nuovo orientamento che ha spacciato la neo-scolastica sono stati Henry De Lubac e il già citato von Balthasar: a lungo «perseguitati», a cui «fu proibito l’insegnamento», ed oggi considerati «i più grandi teologi cattolici del ventesimo secolo».
Confesso una parzialità e simpatia per De Lubac, in quanto grande e rigoroso  studioso del buddhismo: in quanto tale, non so quanto davvero abbia portato la Chiesa all’attuale egemonia giudaizzante, essendo la Torah il contrario del Buddha.
Ma non ho letto tutto.
Quanto a von Balthasar, è un altro discorso.
Egli stesso racconta come la nozione di «misticismo nuziale» gli fosse venuta dalle ventennali discussioni nelle birrerie di Basilea con il luterano Karl Barth.
E Barth a sua volta deve la sua visione biblica all’influenza profondissima che ebbe su di lui il rabbino Franz Rosenzweig, per non parlare dell’ebreo Martin Buber, riscopritore del cosiddetto «misticismo ebraico» degli hassidici, i cui «maestri» erano stimati per atti sessuali orgiastici, tratti probabilmente meno dal Cantico dei Cantici che dalla setta contadina russa dei Khlisti, che si accoppiavano nei campi in culti di fecondità, e da cui discende Rasputin.
Anche quello un misticismo nuziale, sui generis.

Ma tra gli ispiratori di Von Balthasar, è impossibile tacere della sua «ispiratrice», la «mistica» e «veggente» Adrienne Von Speyr.
Questa signora, due tentativi di suicidio e due mariti, malata e medico, in uno dei ricoveri conobbe
«von Balthasar, presentatogli da un amico, che si prestò subito a stenografare i suoi ‘dettati’ dei suoi fenomeni mistici, convintosi dell’autenticità di essi, e che la Speyr, e lui stesso, la vide come una missione ecclesiale, al servizio della quale egli doveva porsi.
Da allora, von Bathasar parlò sempre di Lei come sua maestra, tanto da scrivere che l’opera di lei ‘mi appare molto più importante della mia’. Ebbe, così, inizio, tra loro, una collaborazione durata 27 anni, in cui fondarono un Istituto secolare: ‘Comunità San Giovanni’, un casa editrice e una teologia cattolica, nel senso più ampio del termine.
Il suo secondo marito fu Werner Kaegi, professore, prima, di storia e filosofia, e poi Rettore dell’Università di Basilea. La Signora prendeva con lui il thé, mentre il caffè, Lei lo beveva solo con von Balthasar. A tavola, il pollo lo lasciava tagliare al marito, benché fosse un intellettuale proveniente da una famiglia che teneva rapporti d’amicizia e di studio con intellettuali di mezzo continente»…
Sto citando, come capite, un articolo che appare sul sito Chiesa Viva.
Da cui ricavo altre notizie curiose, ancorchè note agli addetti ai lavori.
Il  settimanale della diocesi di Pordenone, «Il Popolo» (16 agosto 1992),  pubblicò una lunga intervista con i ricordi di due sorelle friulane, Anna e Lina Pignat, che erano state collaboratrici domestiche in casa della mistica Adrienne per ben 12 anni, dal 1949 al 1961.
Ma anche l’«Avvenire», il giorno di ferragosto 1992, pubblicò un’intervista di Gabriella Sartori su Urs von Baltaasar  nel ricordo delle due sorelle.

Ebbene, le due governanti descrivono lo strano ménage a tre che la mistica aveva organizzato attorno a sé.
«In quella casa viveva anche l’ex gesuita Urs von Balthaasar, assieme al secondo marito della Adrienne. La ‘Signora’ dormiva in una camera, mentre il marito (professore e Rettore d’Università) dormiva in un’altra. Ed era con von Balthasar che Adrienne andava in vacanza, mentre il marito, il secondo, doveva andarsene altrove».
Il giudizio delle due sorelle sulla von Speyr fu, in generale questo: «non che fosse cattiva, questo no!..», ma la sorella Anna, invece, dissentiva «rumorosamente»!
Da entrambe, comunque, risultava che la Adrienne era tutt’altro che una «mistica», e che anche von Balthasar era tutt’altro che quello che veniva presentato sulla stampa!
Sempre intervistando sui «fenomeni mistici» di Adrienne, Lina sorrideva con compatimento.
«Ma cosa dice mai!... Ho letto anch’io, sì, su libri e lettere che continuo a ricevere dalla Svizzera, questa storia della ‘mistica’... e non mi piace niente! Perché scrivere tante stupidaggini?...
La ‘Signora’ non era affatto di chiesa!... Ma lo sa che andava a Messa solo due volte l’anno, a Natale e Pasqua?... Sì, era intelligentissima, non dico di no, e bravissima, non lo metto in dubbio; sapeva far di tutto, in ambulatorio, in ospedale, dove la chiamavano a consulto per i casi più difficili…; sapeva scrivere, leggere, ricamare,  far la maglia…, ma religione, niente, creda a me!... Sa come l’ho sempre definita? La ‘SIGNORA IO!’ che voleva sempre star sopra, e comandare sempre a tutti!».

Sì, aveva anche una bontà naturale, che le faceva scrivere bigliettini, ad uno per uno, anche al personale di servizio che aveva; bigliettini in cui emergeva l’amicizia e la riconoscenza.
Invitava a casa anche i suoi studenti d’università, facendo preparare per loro tartine e vino bianco, tenendoli lì a trascorrere serate allegre.
C’erano anche ospiti frequenti, gente di fama!
A parte i suoi due figliastri, figli di Durr, il primo marito, (il loro nonno, Adolf Baumagteber, era amico di Nietsche!), Karl Barth, il fratello teologo Henry; Hugo Tahner, Henri de Lubac, Gabriel Marcel, e tanti altri, come Romano Guardini, un prete di origine veneta, professore d’Università di Munchen, che diceva Messa solo una volta la settimana.
Un giorno, la signorina Lina si sentì dire da monsingor Guardini: «Lina, lo sa che sono un prete?...».
Allora, Lina, che non s’era mai accorta, prima, disse: «Davvero?... ma allora, come mai non dice Messa tutti i giorni?».
E Lui: «Noi preti siamo obbligati a dirla solo una volta la settimana... a me, basta!».


Continuando l’intervista, Lina disse: «La ‘SIGNORA IO’, poi, ogni giorno, come dessert, a tavola, voleva che le si preparasse ‘creme-caramelle’, budini, gelato, a chili, ma senza zucchero (perché Lei aveva il diabete) e pani di burro con le acciughe sott’olio. Come si vede, era tutta roba a Lei proibita, appunto perché diabetica, per cui, dopo i pasti, si doveva correre per farle iniezioni e così rimetterla in sesto!... ma intanto ingrassava a dismisura, sì da stentare assai a fare le scale, e dovette lasciare, poi, per questo, anche di praticare l’ambulatorio».
E continuò: «La ‘SIGNORA IO’ si abbandonava spesso all’ira; se non trovava tutto in ordine, erano dolori... roba da far tremare le vene e i polsi!... E via via!...
In casa, von Balthasar appariva come un “cavalier servente”, a tempo pieno, della Speyr, quasi un plagiato o stregato […]  durante una vacanza al mare, si fece fotografare mente guardava Lei in un modo che... è bene non dire!
La signorina Lina, narrandomi di questa vacanza al mare e dei loro “rapporti” in spiaggia, alzando gli occhi in alto,  disse: “Povero Herr Doctor, dove s’è perso! E aggiunse: Io credo che la ‘SIGNORA’ lo ha come ‘insingannà’ “! (E’ un termine dialettale veneto che significa: plagiato, soggiogato!) .

D’accordo, è la testimonianza di due governanti.
Ma in una causa di beatificazione, avrebbero un peso schiacciante.
Vivace il racconto, pieno di buon senso, di queste due donne del popolo: quella veggente obesa per ghiottoneria, la irascibile  «Signora-Io» che a Messa ci andava a Pasqua e Natale, quel Romano Guardini prete, a cui bastava dire Messa una volta la settimana: grande intellettuale, ma un tantino poco eucaristico.
Non proprio figure di santità.

Tutto ciò ricorda - anche se in modo meno malefico - la «mistica unione» che il cattolicissimo Lèon Bloy ebbe con la bella prostituta dai capelli rossi, Anne Marie Roulè, che egli tolse dalla strada per riscattarla e con cui (naturalmente) finì a letto, in infocate «nuzialità» erotico-mistiche. Durante le quali la bella, abitata da «voci» e «visioni», annunciava a Bloy il prossimo avvento del Paraclito, del Liberatore: e la figura di tale Liberatore tendeva a confondersi con il Liberatore primo da ogni legge, quello che annunciò ai disobbedienti «Voi sarete come Dèi».
Difatti, Bloy elaborò da quelle mistiche sedute la teologia che appare poi ne «Dagli Ebrei la salvezza»: come i giudei rifiutarono Cristo, la seconda Persona, così la Chiesa cattolica - profetava Bloy in Roulè - rigetterà e odierà la Terza Persona quando essa si manifesterà nel mondo, perché il Paraclito altri non sarà che Lucifer…
La veggente finì poi in manicomio.
Ho raccontato questo episodio nel mio «Adelphi della dissoluzione», perché naturalmente è stata la Adelphi a pubblicare in Italia il libro luciferino di Bloy.
Aggiungo solo che Lèon Bloy ha ispirato Maritain, un altro «pensatore cattolico» che ha parecchio influenzato la Chiesa clericale e pontificale.
Che dire?

Bellissima la riscoperta di Dio non già come «Essere» ma come «Amore», il che implica l’abbandono del Dio dei filosofi greci per il Dio del Cantico dei Cantici.
Ma se la scoperta della «nuzialità mistica» avvenne in casa di Adrienne e nelle birrerie con Karl Barth, c’è da porsi qualche domanda sulla qualità igienica di quelle fonti di sapienza.
D’altronde il rabbino Rosenzweig già citato, che tanto influì sul teologo protestante sullodato, studiò a fondo e commentò «l’esperienza umana dell’amore come descritta nella Torah», e specialmente nel Cantico dei Cantici: e qui va sottolineato «amore umano».
Le opere di Rosenzweig non sono altro che una glossa e una parafrasi in prosa del testo poetico testamentario.
Da cui il rabbino ricava questa lezione: Dio rivela la sua distinzione dalla creazione «compiendo un atto d’amore che è continuamente rinnovato e perennemente momentaneo, sicchè non può essere compreso come un fatto».
Il che può far dire al savio anziano di Sion che «l’amore [di Dio] non è un attributo, ma un evento».
Se ben capisco - posso sbagliare - Rosenzweig pone così l’assoluta inconoscibilità di Dio.
Il quale si manifesterebbe solo in una «performance amorosa» continuamente rinnovata, che è
«un evento».
Tutto ciò che possiamo intravvedere di Dio è l’evento, che spero Rosenzweig non abbia voluto concepire come un coito «umano» continuamente rinnovato, ma temo di sì: ricorda alquanto certe vie tantriche della Mano Sinistra, e certe predilezioni hassidiche.
Dopotutto, anche i seguaci di Sabbatai Zevi proclamavano che dal momento che il Messia era venuto nel mondo, ogni legge era abolita, soprattutto i divieti sessuali: «Non c’è più divieto d’incesto». (Di questo ho parlato nel mio «Cronache dell’Anticristo»).

Proviamo a ricordare cosa dice (o diceva) la dottrina cattolica.
Che l’Amore di Dio non è un evento, ma un attributo di Dio - anzi il suo massimo attributo, la sua «natura» stessa - lo ha recentemente riconfermato santa Faustina Kovalska.
Che poi tale Amore abbia nulla in comune con le performances sessuali hassidiche, lo disse Gesù: «Non c’è amore più grande di colui che dà la vita per gli amici».
Insegnò anche che arrivato il Messia, della legge (morale) non cambia «uno iota», mentre tutte le supposte leggi rabbiniche (il sabato, i cibi proibiti) sono precetti di uomini.
Disse che nel Regno dei Cieli «non si sposa né si è sposati».
Mi sembra anche di ricordare che la Chiesa non riduceva la fede alla biblicità - essendo comprensiva della grecità e della romanità - né la Bibbia al Cantico dei Cantici.
Questo poema erotico - anzi - veniva trattato con le molle dai buoni parroci, che mai si stancavano di additarne (con molti sforzi acrobatici) il senso metaforico e spirituale.
Ma tutto ciò è superato grazie a von Balthazar, ad Adrienne la mistica sovrappeso, e a Romano Guardini a cui bastava e avanzava evocare la presenza reale di Cristo la domenica.
Von Balthasar era gesuita.
Deve aver dimenticato le lezioni gesuitiche sulla «discriminazione degli spiriti», e l’asciutta critica delle «voci» e «rivelazioni» che ne nasce; del resto abbandonò l’ordine a 45 anni.

Certo, il tomismo ossificato e razionalista dell’onesto padre Suarez - così poco utilizzabile, lo ammetto - avrebbe potuto essergli di qualche utilità.
Con questo non voglio insinuare che si tratti qui del giorno predetto da San Paolo: «Verrà giorno, infatti, in cui non si sopporterà più la sana dottrina, ma, per il prurito di udire cose nuove gli uomini si circonderanno di maestri secondo le proprie voglie, rifiutando di dare ascolto alla Verità per volgersi alle favole» (confronta 2Tim 4,3-4).
Non conosco abbastanza la profondissima sapienza di von Balthazar, a cui la Chiesa tanto deve, per giudicare.
Né sulla «nuzialità mistica» posso farmi teologo.
Sono solo un giornalista.
Terra terra, come le simpatiche governanti di Adrienne von Speyr.
Uno, a dirla tutta, che di un teologo si fida in proporzione alla santità, e magari castità, che manifesta nella sua vita di cristiano comune.
Tendo a credere, ad esempio, che Padre Pio fosse un ottimo teologo, meglio di von Balthazar: sicuramente per il mio semplicismo.

Per questo, aspetto che proceda la causa di beatificazione di von Balthazar, di Adrienne, di Romano Guardini.
Fino ad allora, mi astengo dall’abbracciare in toto la teologia nuova della «nuzialità mistica». Attendiamo chiarimenti.

 
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