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L’Anticristo di Kant
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Antonio Socci si rallegra che il Pontefice, nell'enciclica «Spe Salvi», abbia parlato dell'Anticristo.
«Lo ha fatto attraverso una citazione di Immanuel Kant», scrive.

Kant era molto intelligente ed intellettualmente onesto, e perciò dice una cosa molto profonda:
«Se il cristianesimo un giorno dovesse arrivare a non essere più degno d'amore […] allora il pensiero dominante degli uomini dovrebbe diventare quello di un rifiuto e di un'opposizione contro di esso; e l'anticristo […] inaugurerebbe il suo pur breve regime (fondato probabilmente sulla paura e sull'egoismo). In seguito però, poiché il cristianesimo, pur essendo destinato ad essere la religione universale, di fatto non sarebbe stato aiutato dal destino a diventarlo, potrebbe verificarsi, sotto l'aspetto morale, la fine (perversa) dell'umanità».

Passo inatteso e notevole, nel filosofo che è il padre del pensiero critico-razionalista occidentale.
Anche se l'accento qui non è sull'anticristo, ma su qualcosa che una mente acuta e retta è in grado di prevedere per l'umanità: siccome l'uomo ha il compito di trascendersi, un'umanità che si chiuda nell'aldiquà, soddisfatta del suo destino zoologico - fatto senza precedenti in tutta la storia, ed avviene oggi - sarà spazzato via, come furono gli uomini primordiali dal diluvio, e per lo stesso motivo: il mondo, che era stato fatto per lui perché lo salvasse, lo rigetta come cosa inutile.
O - dice più precisamente Kant - si pervertirà e degraderà fino ad autodistruggersi (1).

Ma il Papa, dice Socci, ha meditato sull'anticristo anche negli esercizi spirituali del febbraio scorso, predicatore il cardinal Biffi.
Oggetto della meditazione, naturalmente, il testo di Solov'ev, «Il racconto dell'Anticristo», della cui esegesi il cardinal Biffi si appassiona da molti anni.
Come noto, per Solo'vev (e per Biffi) l'anticristo sarà «pacifista, ecologista, ecumenico»,
«un filantropo», pieno di compassione non solo per gli uomini ma per gli animali, «vegetariano», e il suo regno «una contraffazione dei valori cristiani».

Quand'era ancora cardinale, Ratzinger ha citato Solov'ev nel 1988, davanti a un consesso di teologi: «Nel 'Racconto dell'anticristo', il nemico escatologico del Redentore raccomandava se stesso ai credenti … per il fatto di aver conseguito il dottorato in teologia a Tubinga e di aver scritto un lavoro esegetico che era stato riconosciuto come pionieristico… 'L'Anticristo un famoso esegeta!' ».
Ciò dà a Socci il destro di paventare un anticristo che nasca nel seno stesso della Chiesa, alimentato da quel «pensiero non cattolico» che dilaga nella cristianità, per cui l'Anticristo potrebbe  essere addirittura «un ecclesiastico, un pastore-idolo che sconvolgerà la vita della Chiesa».

Non si può negare che i segni ci siano, e molto inquietanti, divenuti roventi proprio per l'elezione di Benedetto XVI.
Contro questo Papa si sentono, negli ambienti clericali e del laicato baciapile, parole d'insofferenza e di disprezzo che sconfinano con l'odio, per la sua presunta volontà «restauratrice».
I più miti richiami alla decenza, se non al rigore, della liturgia, vengono accolti con un senso di rivolta.
I vescovi fanno sorda o aperta opposizione alla Messa in latino fino al rifiuto d'obbedienza, negli ambienti dossettiani si accolgono con sorrisini di derisione, come banalità passatiste, le parole del Papa.

Fatto più allarmante, nell'ultimo conclave si è rivelata una tendenza a vedere nel cardinal Martini un contro-papa e un potenziale anti-papa, uno che «meritava» di esserlo più di Ratzinger, uno che viene intervistato quando il Papa si pronuncia, perché mette i puntini sulle i e dice «le cose giuste» sul come essere cristiani.
E Martini ha un bel seguito nel cardinalato: s'intravvede qui come il germe di quella apostasia generale (discessio) che San Paolo previde.
C'è anche di peggio.

Barbara Spinelli (l'amante di Padoa Schioppa) ha condotto su La Stampa un'inchiesta sulla crisi della Chiesa - desolante realtà purtroppo: ma l'inchiesta si riduce ad una lunghissima intervista ad Enzo Bianchi, anche lui sentito come «vero Papa» ecumenico, progressivo «meglio» di Papa Benedetto, suo contraddittore autorizzato, un altro anti-papa, «profetico» di una Chiesa «più aperta», più «umana».

Ora, qualcuno dovrebbe avvertire che Enzo Bianchi si è dato da sé il titolo di «abate» di una comunità di sua invenzione, mista, frequentata da quel tipo di signore che diventano «spirituali» e buddhiste, o praticano lo yoga, perché hanno sentito dire che ritarda la menopausa e il vegetarianesimo allontana le zampe di gallina.
Bisognerebbe dire che Enzo Bianchi è un fanta-teologo auto-certificatosi, che bandisce una religione sub-cattolica creata di testa sua.
Ma chi dovrebbe dirlo?

La Chiesa, ed è questo il punto.
La Chiesa non chiarisce, non parla, non distingue, non condanna quando è il caso.
Dalla provincia in cui abito, mi pare che quel che resta del popolo cristiano rimanga saldo in una sua teologia semplice ma chiara, senza innovazioni né ansie, legata alla devozione per Padre Pio, alle apparizioni della Vergine, alla Misericordia e alla Comunione.
Se c'è agitazione e rivolta, se c'è confusione, ipercritica dei Vangeli, inquietudini di «superamento» del cristianesimo nell'ecumenismo, o profetismo alla Gioachino da Fiore (l'attesa di una Chiesa perfetta che Cristo non ci ha dato, visto che ancora ci assoggetta alla legge) o fumisterie nutrite da letture di Balthazar come, nella generazione prelatizia precedente, di Maritain (o di Marx e Freud), e varie proliferazioni sub-ereticali, queste sono tutte confinate nell'alto clero «professionale».


Le innovazioni non le esigono certo le vecchiette, contente di recitare il Rosario all'Immacolata, né i giovani cattolici, pochi ma solidi nel giudizio su «questo mondo» e suoi suoi trucchi indegni; anzi mi pare di vedere una sete di tradizione, di ritrovare il vecchio tronco spezzato.
Le inquietudini agitano i prelati e i loro specialisti, i «teologi di Tubinga», lettori di Karl Rahner,
di Buber e di testi ebraici più che dei Vangeli.
Ma chi si tiene quei «teologi» dubbi che non credono alla realtà storica di Cristo, che vogliono «perfezionare» il cristianesimo presunto incompiuto, e correggono San Paolo perché «influenzato da ambienti antisemiti»?
Chi invita ai convegni Cacciari, che è un aperto gnostico?
Se li tiene, e li ascolta, la Chiesa gerarchica.
C'è una esitazione, un annebbiamento, al più alto livello?

 

Si vede forse anche in quest'ultimo caso, lodato da Antonio Socci.
E' consolante sapere che un Papa finalmente torna ad evocare l'Anticristo, ed evidentemente scruta i «segni dei tempi» sentendoli apocalittici: dopo tanti anni di spallucce pontificie contro i «profeti di sventura», di censura e svalutazione dell'Apocalisse (basta vedere com'è trattato, il testo estremo delle Scritture, nelle Bibbie della CEI: la parola «Anticristo» è scomparsa persino dall'indice tematico, c'è un vuoto oscuro tra «Amore» e «Ateismo»), è l'inizio del ritorno al reale.
Benissimo che si avvertano i «teologi di Tubinga» che l'Anticristo può essere uno di loro. Personalmente mi fa anche piacere che Biffi, sulla scorta di Solov'ev,  indichi l'Anticristo come «pacifista, ecumenico e vegetariano»: se non altro, questo esclude dal sospetto i musulmani, che non sono né una cosa né l'altra né l'altra ancora, ma che qualche buon prete influenzato dalla Fallaci o da Ferrara addita come il Nemico incombente, magari per radio.

Tuttavia mi domando: la Chiesa torna a parlare dell'Anticristo, perchè lo fa sulla scorta di Kant o di Solo'vev?
Rispettabilissimi intelletti, ma quel che dicono non è «de fide», né siamo obbligati a crederlo.
Siamo obbligati a credere (penso: che dice la Chiesa, siamo obbligati?) a quel bagliore dell'immagine dell'Anticristo che ci dà San Paolo, nella sua seconda lettera ai Tessalonicesi.
E San Paolo non dice che sarà vegetariano, pacifista ed ecumenico.
Dice che verrà dopo «l'apostasia», e lo chiama «l'uomo di iniquità, il figlio di perdizione, colui che si oppone e si innalza su tutto ciò che è chiamato Dio o che è oggetto di culto,  fino a sedersi egli stesso nel Tempio di Dio e chiamare Dio se stesso».
Dice che la sua manifestazione sarà «con ogni genere di potenza, con miracoli e prodigi di menzogna, con tutte le seduzioni dell'iniquità per quelli che si perdono, perché non hanno accolto l'amore della verità per essere salvi… ecco perché Dio manda ad essi una forza di errore, perché credano alla menzogna, affinchè siano condannati tutti quelli che non hanno creduto alla verità ma si sono compiaciuti dell'ingiustizia».

No, non sembra proprio una figura di pacifista.
Al contrario, qui sembra che San Paolo evochi una figura violenta, «uomo d'iniquità»; non il mellifluo conciliatore immaginato da Solov'ev, ma uno «che si oppone», per di più con «ogni genere di potenza».
Sarebbe bello se l'esegesi della Chiesa assistita dallo Spirito Santo, o dei teologi di Tubinga  nella loro sapienza, ci spiegassero se per caso quei «miracoli e prodigi di menzogna» possano essere interpretati come propaganda e menzogna diffusa dai media.

Da San Paolo non sappiamo se l'Anticristo sarà ecologista e politicamente corretto: sappiamo però che suoi caratteri saranno «ingiustizia» e «menzogna», e che lo seguiranno quelli che «si sono compiaciuti nell'ingiustizia» e proprio per questo «credono alla menzogna».
Questa gente non cade semplicemente in uno sbaglio intellettuale: è soggiogata da una forza, «una forza di errore».
Sarebbe bella un'esegesi sulla natura di una simile «forza»: potrebbe essere tradotta, in linguaggio moderno, come «ideologia nichilista»?

E per Paolo, l'uomo di iniquità non sarà nemmeno tanto ecumenico come lo dipinge Solov'ev.
Anzi, sarà uno che «si oppone e s'innalza su tutto ciò che è chiamato Dio e che è oggetto di culto» (dunque contro tutte le religioni).
E quel suo «sedersi nel Tempio di Dio e chiamare Dio se stesso» è descritto, a quanto pare, come un atto di forza, di violenta usurpazione, di hubrys.
Non basta questo, a dei prelati, per identificarlo, sì da aver bisogno di scartabellare Solov'ev?
O forse si ha paura di identificarlo, perché le parole di Paolo sono troppo chiare?

Nemmeno l'Apocalisse - un testo su cui prelati e teologi preferiscono usare la reticenza e il silenzio - parla di un ecumenico vegetariano e pacifista.
Parla della bestia che sale dal mare, «aveva dieci corna e sette teste, sulle corna v'erano dieci diademi e le teste portavano nomi blasfemi… Somigliava ad  una pantera mentre le zampe erano di orso e la bocca di leone».

Altro che pacifista: questo è il potere nella sua forma nuda e feroce, il potere-belva, figliato dal «dragone», dal Satana.
Multiforme potere, apparso più volte nella storia. potere che - da sempre - che sono agiti dalla «forza di errore» ad adorarlo, perché la bestia dà e toglie beni e vite…
«…E adorarono la bestia dicendo: 'chi è simile alla bestie? E chi può combattere contro
di essa?' ».
Qui è addirittura «l'unica superpotenza rimasta»: nessun'altra forza è in grado di combatterla.
«E l'adoreranno tutti gli abitanti della terra, il cui nome non sta scritto nel libro della vita dell'Agnello».
Ma dietro e a fianco di questa pantera-orso-leone, ecco apparire la bestia «salita dalla terra».
Tutt'altra immagine, questa ha «due corna come un agnello».

E' finalmente il pacifista vegetariano visto da Solov'ev?
No.
Benchè abbia l'aspetto di agnello, «parlava come il dragone» ossia come Satana stesso.


Di più: il falso agnello «esercitava tutta l'autorità della prima bestia per conto di essa», al punto che poi la prima bestia viene sostituita da un «simulacro», un'immagine vuota, a cui il falso agnello «infonde lo spirito onde potesse parlare».
Dunque dietro al potere totale, è il ventriloquo agnellesco a parlare per esso.
Magico agnello-satana, per nulla pacifista né erbivoro: «Faceva prodigi strabilianti, al punto da far scendere dal cielo sulla terra il fuoco, e ciò sotto gli occhi degli uomini. Così traeva in inganno gli abitanti della terra con i portenti che aveva il potere di fare».
Abbiamo qui un amico sia pur falso degli uomini e persino degli animali?
Nient'affatto.

 

Di tutt'altra cosa si occupa il falso agnello.
Di finanza, e del potere finanziario.
Sotto la sua azione, perfino il denaro cessa di diventare anonima «quantità», e diventa mezzo di discriminazione e persecuzione e fame.
«Si adoperava che a tutti, piccoli e grandi, ricchi e poveri, liberi e schiavi, fosse impresso sulla mano destra o sulla fronte un marchio, in modo che nessuno potesse vendere né comprare o vendere all'infuori di coloro che portavano il marchio, cioè il nome della bestia o il numero del suo nome».
Apparentemente, il falso agnello ha un potere di embargo, di blocco economico: puoi anche possedere il prezioso petrolio, ma senza quel marchio di autorizzazione, non lo potrai «vendere», né con quel che ti rende «comprare» alcuna cosa.

Ma qui, si affrettano a dire i teologi e gli ecclesiastici, l'Apocalisse parla di Nerone: acqua passata, storia antica.
Questo è vero.
Giovanni aveva esperienza della prima persecuzione, quella di Nerone, istigata - come ben sapeva san Paolo - dalla lobby ebraica che agiva attorno alla giudaizzante Poppea.
Un profeta non è un indovino, non legge il futuro nella sfera di cristallo.
Un profeta, per grazia dello Spirito, fa molto di più: identifica e accusa una «struttura di peccato», un vizio morale e una anti-spiritualità perenne nel tempo, e perciò ricorrente.
In qualunque epoca sorga una super-potenza unica, senza competitori in grado di combatterla, al suo fianco apparirà un suggeritore, un ventriloquo che parla e comanda a nome della bestia, che ne gestisce il potere dì embargo e il denaro, un illusionista che fa prodigi minacciosi e seduttori.
Una vittima all'apparenza (gli agnelli erano le vittime tipiche, nel Tempio) ma in realtà un figlio del Dragone.

E' accaduto in passato, accade nel futuro, perché uguale è la disposizione del falso agnello e uguale la disposizione di coloro che non sono scritti nel libro della vita, di adorare il potere, di servirlo, per malvagio che sia; anzi di servirlo tanto più quanto più è malvagio, perché non c'è struttura di peccato più permanente che la viltà collettiva, delle masse.

Ho l'impressione che il cardinal Biffi, che legge e rilegge Solov'ev, potrebbe avere un'idea dell'anticristo del nostro tempo se leggesse di più i giornali.
Le cronache dall'Iraq devastato, dove l'intera popolazione è condannata dall'uranio impoverito.
O del blocco economico che pende su Gaza e sull'Iran, che affama.
Qui c'è un identikit dell'uomo di iniquità più somigliante a quello dell'Apocalisse di quello immaginato letterariamente da Solov'ev.
C'è il «fuoco del cielo» portato sulla terra, il fuoco nucleare che arde nel centro degli astri.
Ci sono i portenti e prodigi di menzogna, che a tanti di noi fanno credere che l'aggredito sia l'aggressore.
C'è il potere finanziario.
C'è il potere unico che però non è che un «simulacro» vuoto, un Golem, un burattino agitato da un burattinaio.
Né manca la "»contraffazione dei valori cristiani» che, «secondo un'antica tradizione», saranno il carattere dell'Anticristo (dice Socci).

Basta non distrarsi.
Basta non mettere tra parentesi il «cristianesimo» del presidente Bush, povero vuoto Golem senza intelligenza propria, l'uomo che ha invaso l'Iraq perché glielo ha detto Dio, l'uomo che concepisce la sua guerra infinita e disastrosa per la stessa America come una crociata religiosa e messianica per «espandere la democrazia»: inutile dire quanto, oggi, la «democrazia» abbia preso il posto, come entità salvifica, della fede in Cristo, e si confonda - anche per molti cristiani - con essa.
E' per «democrazia» che viene introdotto il delitto di omofobia, per una forma di «carità» che impedisce di dire la verità.
Chi rifiuta il marchio, non riesce a farsi ascoltare.

Si vorrebbe davvero che Benedetto XVI e Biffi leggessero le cronache di questi giorni.
Manca in esse l'aspetto letterario che trovano in Solov'ev, ma qui non si tratta di letteratura.
Si tratta dei «segni dei tempi»: «dai frutti li riconoscerete», ci disse Gesù.
Un metodo non complicato, non astruso né altamente intellettuale.
Non occorrono teologi di Tubinga, basta un contadino ad avvertire: «Può un albero buono dare frutti cattivi? E un cattivo albero dare buoni frutti?».
Guardate i frutti di tanto «cristianesimo» e di tanto vittimismo e di tanta finanza: i quattro milioni di profughi iracheni, le loro sabbie divenute infette dal «fuoco del cielo» portato sulla terra, i bambini ammazzati o che stanno agonizzando per fame a Gaza, i campi della morte del nostro ventunesimo secolo democratico.

E' urgente, eminenza, non chiudere gli occhi.
Non si tratta di letteratura.
Sarebbe fatale,  se proprio la Chiesa sbagliasse l'identikit dell'Anticristo.



1) Nella stessa linea di Kant è questo passo di Hans Sedlmayr, storico dell'arte: «L'uomo ha per sua natura la propria sede nella natura organica e in quella del mondo spirituale. Della sfera inorganica egli non fa parte perché è extraumana. Uno spostamento del suo centro verso questa significa quindi disumanizzazione… e questo può portare alla devastazione della vita»… «Si sono, per così dire, aperte le porte del mondo inferiore che ora si riversa in tutta la vita compenetrandola, e ciò avviene con quella forza creativa prima usata soltanto nelle rappresentazioni del mondo sacro» («Perdita del Centro», pagine 210-221).  
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