Chi è il Messia? - Pagina 2
24 Dicembre 2007
Alla fine la povera Paola Binetti, senatrice cattolica del PD, ha scomodato lo Spirito Santo per ringraziarLo del fatto che il decreto sulle espulsioni dei cittadini neocomunitari, contenente l’emendamento anti-omofobia, voluto dai ministri Ferrero e Pollastrini per accontentare la comunità omosessuale e la sinistra radicale, è stato lasciato decadere.
In realtà senza scomodare domeneddio nella terza persona della Santissima Trinità, la senatrice avrebbe potuto tranquillamente ringraziare la manina velenosa di qualche funzionario amico o l’incompetenza dei suoi colleghi di coalizione.
Che è successo?
La legge 13 ottobre 1975, numero 654 (ratifica ed esecuzione della convenzione internazionale sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale, aperta alla firma a New York il 7 marzo 1966) all’articolo 3 comma 1 stabilisce che «Salvo che il fatto costituisca più grave reato, anche ai fini dell’attuazione della disposizione dell’articolo 4 della convenzione, è punito:
a) con la reclusione sino a tre anni chi diffonde in qualsiasi modo idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, ovvero incita a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi;
b) con la reclusione da sei mesi a quattro anni chi, in qualsiasi modo, incita a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi».
L’articolo 1-bis del decaduto Disegno di Legge 1872 voleva sostituire la norma sopracitata con quella che segue: «Salvo che il fatto costituisca più grave reato, anche ai fini dell’attuazione dell’articolo 4 della convenzione è punito:
a) con la reclusione fino a tre anni chiunque, incita a commettere o commette atti di discriminazione di cui all’articolo 13, numero 1 del Trattato di Amsterdam;
b) con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, in qualsiasi modo incita a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per i motivi di cui alla lettera precedente».
Attraverso il riferimento all’articolo 13 del Trattato di Amsterdam, nell’intendimento dei ministri Ferrero e Pollastrini e della sinistra radicale, si voleva fare sì che sostenere, ad esempio, che ai gay non compete diventare genitori o affermare che alle loro unioni saffiche o sodomite non va riconosciuta la dignità di famiglia, poteva significare tre anni di galera: un piccolo, sottile, velenoso micidiale marchingegno per tappare la bocca a chiunque in ambito culturale o educativo volesse sostenere la non equiparabilità tra unioni eterosessuali ed omosessuali.
Obiettivo primo - ovviamente - il magistero della Chiesa e tutte le agenzie di comunicazione e cultura (anche siti come il nostro, ovviamente!) che non vogliono saperne di piegare il capo davanti alla perversione della Verità, iscritta da Dio nel codice stesso della Vita.
Fatto sta che il riferimento all’ articolo 13 del Trattato di Amsterdam, citato nel disegno di legge decaduto, è sbagliato, perché in esso si dice semplicemente che «il presente trattato è concluso per un periodo illimitato».
Come si vede in quella norma del trattato non vi è nessun riferimento a comportamenti razzisti od omofobi.
Si parla d’altro. (1)
Insomma un errore marchiano.
In effetti, se si voleva utilizzare lo strumento del rimando normativo, il riferimento doveva essere fatto non al Trattato di Amsterdam, ma alla «Versione consolidata del trattato che istituisce la Comunità Europea», la quale all’articolo 13 stabilisce quanto segue: «Fatte salve le altre disposizioni del presente trattato e nell’ambito delle competenze da esso conferite alla Comunità,
il Consiglio (che è costituito dai ministri degli Stati membri competenti per materia, nda), deliberando all’unanimità su proposta della Commissione (composta dai tecnocrati avente funzioni esecutive nda) e previa consultazione del Parlamento europeo (l’inutile e costosissimo carrozzone che noi eleggiamo e che non ha di fatto alcun potere reale, nda), può prendere i provvedimenti opportuni per combattere le discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l’origine etnica, la religione o le convinzioni personali, gli handicap, l’età o le tendenze sessuali». (2)
Lo strumento del rimando normativo al Trattato era volpino e si fondava su di un meccanismo divenuto oramai automatico: come una sorta di riflesso condizionato, infatti, citare anche solo per relationem qualcosa che proviene dall’Unione Europea ha la stessa forza evocativa di una nuova Rivelazione.
L’Unione Europea è il nuovo Verbo, il rimando imprescindibile, trascendente, cui non ci si può opporre.
Chi lo fa, rischia grosso: è una specie di reato di lesa maestà.
Il meccanismo - dicevamo - è automatico e, se non fosse stato per un errore materiale, sarebbe divenuto inesorabile: ammantandosi di un riferimento astratto ai poteri delle istituzioni europee,
si sarebbe fatta passare una norma che «a cascata» ci avrebbe vietato di dire no a matrimoni e adozioni per gli omosessuali o impedito di combattere l’equiparazione tra famiglia naturale
e unioni gay.
«Zapaterizzare» la nostra vita: ecco cosa serve l’Unione Europea: ipsa dixit.
Così funziona questo potere invisibile che ci sovrasta con il suo gergo di legno, i suoi trattati, le sue direttive, mediante le quali ci obbligano ad accettare, nella logica del positivismo giuridico, tutto ciò che le loro lobby decidono.
L’Europa - ci spiegano - ce lo impone.
Ma nessuno ci spiega come ciò sia possibile, visto che nessuno ci ha interpellato e dove lo hanno fatto, come in Francia, la gente ha detto no.
Da noi si sono accordati tra loro, nelle loro segreterie, nelle loro logge segrete, nei loro Bilderberg e poi ce l’hanno fatta ingoiare.
Sentite coma suona bene: Acquis comunitario.
Non vi sentite già amnioticamente avvolti da questo grande utero europeo?
Nemmeno ve ne accorgete, ma siete lì, immersi nelle sue acque, galleggiate, ciucciate il suo nutrimento, state diventando neo-cittadini europei.
Acquis comunitario non è un termine che ci inventiamo noi.
Lo trovate nel sito dell’Unione Europea ed è un termine francese che significa, sostanzialmente, «l’UE così com’è»: comprende tutti i trattati, le leggi, le dichiarazioni, le risoluzioni, gli accordi internazionali in materie di competenza dell’UE e le sentenze pronunciate dalla Corte di Giustizia. Insomma l’Acquis sono le norme con cui stanno cambiando la nostra vita e la nostra identità.
Fanno così questi poteri anonimi ed occulti.
Dapprima vi strisciano a fianco, poi implacabili come anaconde vi avvolgono nelle loro spire, finchè non vi potrete più muovere.
Poi vi soffocano e sarete il loro nutrimento, come lo sono i debitori per tutti gli usurai.
Lo fanno piano, dolcemente, senza che ve ne accorgiate.
Usano termini tranquillizzanti.
Tutto ciò che viene dall’Unione Europea è rassicurante, allarga i diritti, allarga i mercati, allarga le opportunità allarga i confini: sono in pochi ad accorgersi che allarga le fauci.
E’ tutto così, fateci caso: dopo allargamento, in ordine alfabetico, troverete armonizzazione, poi capacità di assorbimento, coesione, comunitarizzazione, cooperazione rafforzata, dialogo, Erasmus («Mio figlio ha fatto Erasmus» - si sussurrano le mamma progressiste, compiacendosi degli studi dei loro marmocchi… anche quelli di Perugia); poi c’è Eurolandia, metodo comunitario aperto, mercato comune, miglior prassi, passerella comunitaria, pilastri dell’Unione, quattro libertà (cittadini, beni servizi, capitale), SEE (spazio economico europeo), sovranazionale, sussidiarietà, transnazionale, trasparenza, unanimità!
Oh, che meraviglia questa Europa, che paradiso, altro che la Gerusalemme celeste!
In effetti è altro!
Purtroppo molto più simile alla Gerusalemme terrestre…
Quando sentite parlare di Unione Europea, o di ONU, o di UNICEF, o di diritti civili per prima cosa dubitate; poi continuate a dubitare; prima o poi la fregatura la scoprirete.
In ogni caso, tornando alla norma che volevano imporre a casa nostra, ci domandiamo perché tutti coloro che in Europa sono così sensibili alle discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l’origine etnica, la religione o le convinzioni personali, tacciono quando queste cose accadono in Israele?
Vorremmo sapere come mai l’UE, per essere coerente con se stessa, dopo avere deplorato le presunte violazioni dei diritti civili in Iran o negli altri «Stati canaglia», dopo aver fatto imprigionare David Irving, avere messo in mora l’Austria dal far entrare al governo l’estrema destra di Jorge Heider, guardato con apprensione alla crescita della Lega in Italia, urlato la propria costernazione quando Jean Marie Le Pen andò al ballottaggio per la presidenza francese, avere approvato una «Risoluzione sulla protezione delle minoranze e le politiche contro la discriminazione», in cui sotto accusa rischia di finire la Chiesa cattolica, avere condannato ripetutamente l’autocrazia di Putin, le violenze di Hamas, l’intolleranza islamista, non chiede che anche gli ebrei, come tutti i popoli europei sono stati costretti a fare, si aprano al cosmopolitismo.
Vorremmo sapere perché mentre tutti gli altri popoli devono dimenticare di essere italiani, francesi, tedeschi, bulgari, russi, iraniani in nome della fratellanza universale, pena la taccia di razzismo, Israele possa pretendere di vedersi riconosciuta la qualifica di Stato ebraico, pur se una consistente parte della popolazione, che senza la pulizia etnica in atto diventerebbe in poco tempo maggioranza, non è ebrea.
Io vorrei che nella discussione sulla riforma elettorale ci fosse uno straccio di deputato che avesse provocatoriamente il coraggio di presentare al Parlamento italiano una legge che vieti ad individui o gruppi di presentarsi in parlamento, se respingono l’identità dell’Italia come Stato cattolico, invocando come precedente la «Basic Law, the Knesset, section 7°», approvata dalla Knesset
(il Parlamento israeliano) il 15 maggio 2002, che autorizza appunto il comitato centrale delle elezioni a vietare a individui e a partiti politici di candidarsi per la Knesset nel caso che respingano l’identità di Israele come «Stato ebraico e democratico».
Siccome la Legge poi richiede ai candidati di fare una dichiarazione formale coerente con queste clausole e tutti i candidati devono dichiarare «Giuro lealtà allo Stato di Israele e di astenermi da azioni contrarie ai principi della sezione 7° della Basic Law: la Knesset», mi chiedo perché non proporlo anche in Italia ed andare poi a discuterne da Gad Lerner all’Infedele.
Inoltre ad imitazione della Legge sui Matrimoni che vige sempre in Israele, rinnovata ed estesa dal Parlamento israeliano se non ricordiamo male nel 2005, in base a cui non sono riconosciuti dallo Stato di Israele i matrimoni fra palestinesi israeliani e palestinesi che vivono nei territori occupati, chiederemmo a quello stesso deputato, magari della Lega, di proporre di vietare i matrimoni tra extracomunitari che vivono fuori dello Stato italiano ed extracomunitari divenuti cittadini italiani, per vedere la reazione dell’UCEI (Unione delle Comunità ebraiche in Italia).
Infine vorremmo sapere perché da noi si dovrebbe finire in galera se si rivendica l’identità dei popoli e in Israele Baruch Marzel, ex «Kapo» dei terroristi del Kach, che durante la visita del Papa in Terra Santa nel Marzo 2004 diede l’ordine di distruggere la base di atterraggio dell’elicottero papale a Gerusalemme e che vuole la distruzione della comunità palestinese in Israele inneggiando all’estirpazione o allo sterminio dei goym in Israele e nei territori occupati, di fronte alla notizia del matrimonio tra la fotomodella e attrice israeliana Linor Abargil, ex Miss Mondo, e il campione lituano di basket Sarunas Jasikevicius, ha potuto impunemente dire: «Cara Linor, per favore, pensa a tuo nonno, pensa a tua nonna. Pensa alla tradizione ebraica, pensa alla Legge Mosaica, pensa ai rischi che l’assimilazione provoca al nostro popolo».
(3)
Ci chiediamo perché loro a casa loro possono fare ciò che vogliono e noi a casa nostra dobbiamo sopportare che loro ci facciano sempre la morale, con la solita scusa della Shoah.
Il 22 agosto, per non smentirsi, il sopracitato Baruch Marzel, che dal 1984 si è trasferito ad Hebron, nel più provocatorio degli insediamenti israeliani, ha rilasciato la seguente dichiarazione: «Grazie a Dio altre 10 famiglie ebree sono venute a vivere a Hebron e la nostra situazione sta migliorando. Tutto sta andando nella direzione giusta, e stimiamo che circa 40.000 arabi abbiano lasciato Hebron in Giudea e Samaria (la Cisgiordania). Tutti sanno che non ci sarà uno Stato palestinese, e che mezzo milione di Ebrei vivranno qui. Il punto è se gli arabi che rimarranno accetteranno questa situazione oppure no. Se combattono, saranno espulsi».
Alla domanda: «Crede che i fatti del 1929 (l’uccisione di 29 ebrei da parte degli arabi) si ripeteranno?» ha risposto: «Temiamo eventi del genere, perciò ci prepariamo. Possediamo un sacco di armi e facciamo esercitazioni».
A chi gli ha chiesto perché queste zone sono chiuse ai cittadini palestinesi di Hebron, mentre i negozianti ebrei circolano liberamente, ha risposto «Io sostengo l’idea che tutti i posti siano aperti a tutti. Se mi fosse stato permesso di andare in qualunque posto a Hebron, avrei permesso ai palestinesi di andare da qualunque parte. Comunque, se non mi permettono di andare dall’altra parte della città, nemmeno a loro sarà permesso entrare nella nostra zona. Lei deve capire che noi torneremo qui, e ogni mano alzata contro di noi verrà punita, e ogni volta che intraprenderanno un attacco, la pagheranno».
Gli replicano: «Tuttavia, al momento non ci sono stati attacchi contro gli ebrei».
E lui: «Ci sono stati dei tentativi di accoltellare degli ebrei. Ci sono stati incidenti a fuoco contro agricoltori, oltre a ordigni esplosivi. La situazione non è tranquilla, forse a causa dell’esistenza di organizzazioni internazionali che pagano i palestinesi perché sporgano denuncia. Sono pronti a dire che abbiamo ucciso le loro madri per un centinaio di dollari. Non c’è problema, però se si permette a questi missionari cristiani di entrare a Hebron, perché noi dovremmo soffrire?».
Di Hamas dice: «Penso che Hamas sia un potere controverso. Sono dei religiosi.
Li combatteremo. Comunque Abu Mazen (il presidente Mahmoud Abbas) e i suoi seguaci potrebbero essere corrotti con denaro, e noi sappiamo come trattare con loro. Per quanto riguarda Abu Mazen, non mi piace, e se fosse stato necessario l’avrei ucciso. Comunque, oggigiorno risulta simile alle organizzazioni internazionali, entrambi non combattono contro di noi, e questo è il motivo per cui noi non combattiamo contro di loro. Se dovessero riprendere le armi, li combatteremmo come facciamo con Hamas».
Infine qualora la Corte Israeliana decidesse di evacuare gli ebrei da Hebron, Baruch Marzel avverte: «Il ritiro da Gush Qatif (gli insediamenti di Gaza ‘evacuati’ nel 2005) è stato iniziato da Ariel Sharon. Ha provato a seccare o soffocare la Striscia di Gaza, e sapeva che aveva bisogno di evacuare gli ebrei. Oggi sappiamo dai sondaggi che anche il 40-50% degli arabi vorrebbero evacuare la Striscia di Gaza. Anche gli arabi qui a Hebron vorrebbero andarsene. Torneremo a Gush Qatif, malgrado tutto non ci saranno più arabi in quel momento, perché tutti se ne saranno andati, quasi perché noi ce ne siamo andati. Ma a Hebron, noi non ce ne andiamo, e credo che gli arabi preghino perché noi restiamo, e lei ha visto cosa è successo loro nelle zone che noi abbiamo evacuato. Da quando siamo arrivati a Hebron, benedizioni e prosperità hanno prevalso, e lei può chiederlo ai commercianti» (4).
Cosa è successo l’ abbiamo visto: il genocidio di un popolo, la Shoah dei palestinesi.
Alla UE, evidentemente, conoscono chi ha potere di «dare prosperità e benedizione» ed hanno imparato la lezione: silenzio sui delitti di Israele, cui viene lasciato potere di vita e di morte sui suoi schiavi palestinesi e politica di sangue e suolo per il solo Reich ebraico.
A noi, invece, mentre in silenzio le nostre tasche vengono svuotate da politiche monetarie suicide, è riservata - naturalmente grazie all’allargamento dei diritti e delle opportunità - la perdita di identità, un futuro da rumeni, la pelle un po’ più scura, l’Islam a contenderci le chiese, la dissoluzione dei nostri costumi, la tutela di Sodoma.
«I re di Tarsis e delle isole porteranno offerte, i re degli arabi e di Saba offriranno tributi e a lui tutti i re si prostreranno, lo serviranno tutte le nazioni».
Così Israele interpreta se stesso, Messia di se stesso e signore sulle genti.
Dice il salmo 2: «Annunzierò il decreto del Signore. Egli mi ha detto: ‘Tu sei mio figlio, io oggi ti ho generato. Chiedi a me, ti darò in possesso le genti e in dominio i confini della terra. Le spezzerai con scettro di ferro, come vasi di argilla le frantumerai’ ».
Sì, il suo è scettro di ferro, sotto il quale gemono le nazioni.
Ma badi Israele di non stancare la pazienza degli uomini e di non sfidare la potenza di Dio.
E’ un altro Colui al quale tutti i re si dovranno prostrare e non già per il possesso dei beni di questo mondo, ma dell’Eternità.
Badi Israele di non volerne usurpare il trono, badi a non sottrarre a Lui le genti, che Egli ha acquistato a prezzo del Suo sangue preziosissimo.
Guai a coloro contro i quali le Scritture si compiono, proprio mentre credono di possederle.
Guai a chi legge le profezie che si sono compiute nel Santo Natale come riferite a se stesso, perché egli non può essere che l’Anticristo.
Domenico Savino
1) http://www.europarl.europa.eu/topics/treaty/pdf/amst-it.pdf
2) http://www.rete.toscana.it/sett/pmi/trattato_ce.pdf
3) http://www.corriere.it/Primo_Piano/Esteri/2006/03_Marzo/03/nozze.shtml
4) http://www.maannews.net/en/index.php?opr=ShowDetails&ID=24905
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