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Sciamanesimo
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«Lo sciamanismo stricto sensu è, per eccellenza, un fenomeno religioso siberiano e centro-asiatico. Attraverso il russo, il termine deriva dalla parola tungusa shaman. In altre lingue del centro e del nord dell’Asia i termini corrispondenti sono: lo yakuta ojun, il mongolo buga, boga e udagan, il turco-tartaro kam… fenomeni magico-religiosi consimili sono stati osservati nell’America del Nord, in Indonesia, nell’Oceania e altrove. …Tali fenomeni sono realmente sciamanici e vale la pena studiarli insieme allo sciamanismo siberiano. Però ci si impone innanzitutto un rilievo: la presenza di un complesso sciamanico in una qualunque zona non implica necessariamente che la vita magico-religiosa dell’un popolo o dell’altro si sia cristallizzata intorno allo sciamanismo. In genere lo sciamanismo coesiste presso ad altre forme di magia e religione.
Magia e maghi li incontriamo un po’ dappertutto nel mondo, mentre lo sciamanismo corrisponde ad una ‘specialità’ magica particolare: implica il ‘dominio del fuoco’, il volo magico e così via. Così, benché lo sciamano sia, fra l’altro, un mago, non ogni mago può essere qualificato come sciamano. La stessa precisazione si impone nel riguardo delle guarigioni sciamaniche: ogni medicine-man è un guaritore, ma lo sciamano utilizza una tecnica propria solo a lui. Quanto alle tecniche sciamaniche dell’estasi, esse non esauriscono tutte le varietà dell’esperienza estatica attestate dalla storia delle religioni e dall’etnologia religiosa: non si può dunque considerare un qualsiasi estatico come uno sciamano; questi è lo specialista di una trance durante la quale si ritiene che la sua anima possa lasciare il corpo per intraprendere ascensioni celesti o discese infernali
» (1).

In realtà è facile scoprire che la fenomenologia antropologica dello sciamano è comune anche a vaste aree del Nord e Centro America.
Oggi, con l’avvento del New Age si è avuta una rivalutazione della figura dello sciamano, assumendo però vesti più «commerciali» e meno «tradizionali», disprezzate finanche dai puristi della materia.
Non possiamo pensare allo sciamanesimo come ad una vera e propria religione; si tratta di convinzioni e credenze, ritenute «ancestrali», ma che, se possono ben coniugarsi con vedute panteiste e moniste - data la loro matrice animista - sono assolutamente incompatibili con una visione cristiana della vita.
Ma procediamo per gradi.
«Lo sciamanesimo è un’antichissima pratica transculturale che presenta caratteri distintivi ben precisi e comuni, all’interno di una struttura flessibile, capace cioè di adattarsi a diverse culture e religioni» (2).
La convinzione profonda dominante tutte le credenze sciamaniche è quella di una completo e diffuso principio spirituale pervadente ogni cosa ed ogni realtà.
La materia inanimata, come le piante e gli animali, possiede un’energia spirituale, che rimonta alla medesima essenza dell’universo; l’energia cosmica invasiva e nella quale solo lo sciamano sarebbe in grado di immergersi e di sfruttare a proprio e ad altrui vantaggio, è in realtà appendice e segnale di mondi paralleli attraverso cui il divino propaga la sua essenza.
Viene definita in gergo «realtà non ordinaria».
Lo sciamano è considerato, pertanto, colui che attraverso ignote (salvo che a lui) «porte d’accesso», riesce ad effettuare «viaggi cosmici» in questi mondi alternativi.
Si sostiene, invero, che ogni persona (anche se in misura differente e non a tutti è dato il «dono» (3) possa acquisire in certo modo tali capacità, divenendo abile a percorrere il cammino che mena alle stelle.

Chiaramente si tratta di un iter iniziatico, all’interno del quale molta valenza ha il compimento di segretissimi rituali; di alcuni di essi, sappiamo qualcosa: normalmente presso fonti d’acqua (considerate varchi per «altri mondi»), l’adepto si sottopone ad estenuanti pratiche ascetiche (digiunare da acqua e cibo per 3 giorni interi, per esempio) e, varcata la soglia della fatica e della sopportazione, inizia la sua danza estatica al suono ritmico di un tamburo battente.
L’ascesi è davvero estenuante e - come nota Eliade - il fine ultimo è quello di appropriarsi del potere che la natura possiede in se stessa, veicolando le energie divine, penetrate dal cielo o dagli inferi.
Alcuni rituali (ma sembra in percentuale minima) prevedono l’uso di stupefacenti per favorire l’estasi.

Il processo di acquisizione del potere, prevedendo un superamento della «realtà ordinaria», deve ottenere l’annullamento della precedente esistenza dell’eletto; a questo fine esiste la pratica di «un vero e proprio rituale più o meno simbolico di morte mistica, dato talvolta nei termini di uno spezzettamento del corpo e di un rinnovamento degli organi. Presso gli Araucani la scelta generalmente si manifesta con una improvvisa malattia: il giovane cade ‘come morto’ e quando ritrova le proprie forze, dichiara che diverrà machi. Motivi analoghi appaiono nello sciamanismo nord-americano. Gli iniziatori Maidu mettono i candidati in una fossa piena di ‘medicina’ e li uccidono mediante un ‘veleno-medicina’; grazie a questa iniziazione i neofiti acquistano la facoltà di tenere in mano, senza farsi alcun male, pietre arroventate. Nella società sciamanica ‘Ghost Ceremony’ dei Pomo, l’iniziazione comporta la tortura, la morte e la resurrezione dei neofiti; questi giacciono a terra come dei cadaveri e vengono ricoperti di paglia. Lo stesso simbolismo della morte e della resurrezione mistica sotto forma sia di misteriose malattie, sia di cerimonie sciamaniche di iniziazione, lo si ritrova anche altrove. Presso i Sudanesi dei Monti Nuba la prima consacrazione iniziatica è chiamata ‘testa’ e viene riferito che si tratta di un rito nel quale ‘si apre la testa del novizio affinché lo spirito possa entrarvi’. Presso i Daiachi del Borneo l’iniziazione del manang (sciamano) comprende tre diverse cerimonie, corrispondenti ai tre gradi dello sciamanismo daiacco. Il primo grado, besudi (‘palpare, toccare’) è anche il più elementare e lo si può ottenere con pochissimo denaro. Il candidato si stende sulla veranda come se fosse malato e gli altri manang gli fanno dei passi durante tutta la notte. Si suppone che in questo modo gli si insegni come il futuro sciamano può scoprire le malattie e i rimedi: appunto palpando il paziente… La seconda cerimonia, detta bekliti (‘apertura’), è più complessa e riveste un carattere nettamente sciamanico. Dopo una notte di incantesimi, i vecchi mamang conducono il neofita in una stanza isolata per mezzo di cortine. ‘Essi affermano che là gli tagliano la testa e gli asportano il cervello; dopo averlo lavato, lo rimettono a posto allo scopo di infondere al candidato una intelligenza limpida atta a penetrare i misteri degli spiriti malvagi e delle malattie; poi gli introducono dell’oro negli occhi onde dargli una vista così penetrante da poter vedere l’anima, in qualunque luogo essa si trovi, smarrita o vagabonda; poi gli piantano degli uncini dentati all’estremità delle dita per farlo capace di catturare l’anima e di tenerla strettamente; infine gli trafiggono il cuore con una freccia per renderlo pietoso e pieno di simpatia verso coloro che sono malati e che soffrono’. Naturalmente, si tratta di una cerimonia simbolica… Esiste una terza cerimonia a perfetta integrazione dell’iniziazione sciamanica, cerimonia che comprende un viaggio estatico in cielo su di una scala rituale» (4).

«Lo sciamano segue un richiamo soprannaturale, e soffre di una malattia che, per la sua particolare natura, può essere definita ‘divina’ ».
Come lo studioso Elemire Zolla sostiene, «La malattia divina può essere lenita solo in modo rituale e curato soltanto attraverso l’iniziazione. Il rito sciamanico rappresenta l’unica cura della malattia divina, attraverso il rito cambia di valenza, trasformandosi in uno stato di salute che è diverso dal normale star bene. In effetti, la malattia divina e la sua cura ritualizzata evocano il dramma archetipico di morte e rinascita, associato ovunque all’ingresso nella professione sciamanica guaritrice.
La malattia sciamanica si presenta in modi ben precisi:
mali cronici curati a lungo senza successo
deperimento psico fisico progressivo del malato
alternanza di stati alterati di coscienza ed incoscienza
tremiti e convulsioni
Altre indicazioni che il malato deve diventare sciamano/a sono l’ereditarietà, per cui un parente stretto defunto era sciamano e ora la sua anima è alla ricerca di un nuovo corpo veicolo; attraverso una divinazione che indica il futuro da sciamano del paziente, e ancora, se le condizioni di salute del malato migliorano mentre sì svolge una cerimonia sciamanica e se il paziente comincia a tremare ed entrare in trance quando lo sciamano inizia a battere il tamburo.
L' iniziazione può essere data anche dal BAN JANKRI, lo sciamano dio della, foresta, che rapisce un bambino nel quale riconosce potenzialità sciamaniche, lo tiene con sé in foresta per 7 giorni, durante i quali gli insegna l’a b c dell’arte sciamanica, un insegnamento che poi continuerà per lunghi anni durante lo stato di sonno del candidato, finché, sottoposto ad una prova finale, non darà dimostrazione della sua preparazione alla nuova professione.
Gli spiriti sono considerati la causa di quasi tutte le malattie e sventure: se una casa prende fuoco, se una mucca smette di dare latte, se i raccolti sono uno spirito causa è identificato e un rituale sciamanico performato con lo scopo di annullare l’azione malefica. Il concetto di salute non è solo di assenza di malattia: l’uomo è visto come parte della Natura in senso lato ed ogni disequilibrio ogni rottura di armonia rende l'uomo più vulnerabile agli attacchi» (5).
Cosa crede uno sciamano?

Primo elemento certo è quanto già asserito: la convinzione di una pervadente energia divina nel cosmo e nella natura.
Ogni elemento materiale possiede la sua veste spirituale che fa capo a mondi paralleli.
E la morte?
La credenza sciamanica si colloca anche al di là della nota teoria della reincarnazione, pensando di poterla superare attraverso una lettura non soltanto diacronica ma anche trasversale: «Le migliaia di esistenze che ciascuno di noi vive si influenzano tra loro perché connesse le une alle altre come da una rete o come le foglie dalle acque del fiume che le trasporta. Gli antichi maestri orientali parlarono del karma come di un’influenza causa-effetto che le vite più antiche esercitano su quelle più recenti […] essi dovettero limitarsi a parlare di quelle esistenze che si succedono nettamente nel tempo. Ma la causa-effetto, come il tempo, è un’illusione di questa Realtà. Invece tutte le esistenze del Flusso si influenzano le une le altre e la vita che viviamo qui e ora può venir influenzata anche dalle nostre vite future. E ovviamente da quelle che stiamo vivendo adesso, altrove, in contemporanea con questa. Le nostre esistenze sono collegate tra loro proprio come lo sono le numerosissime parti del nostro corpo» (6).
L’ «ego» (o altrimenti detto «l’anima dell’io»), che costituisce soltanto una parte della persona è destinato a sparire, dissolvendosi progressivamente dopo la morte; tenuto in vita soltanto dal ricordo dei suoi parenti o amici, perde la propria identità, non potendo sussistere senza le proprie altre componenti: l’anima profonda, il soffio vitale, il cuore, il cavallo di vento.


A questo punto possiamo tirare un po’ le somme, non senza notare prima come molti degli adepti di questa «spiritualità», cerchino da un lato di collocare l’origine delle proprie credenze in un’epoca dall’indubitabile vetustà e dall’altro di operare sincretisticamente, cercando di spiegare le stesse verità di fede del cristianesimo alla luce delle proprie convinzioni.
Cosa non ci convince?
In primo luogo occorre evidenziare quanto già messo in luce a proposito di altri fenomeni religiosi. La concezione magica supposta, aprendo il fianco ad un «animismo politeista» (passateci l’espressione) o, nelle migliori delle ipotesi, ad un panteismo invadente, suppone, a ben vedere, una divinità debole, che non può essere vera. Dio, l’Essere infinitamente perfetto, sorgente della vita, onnipotente ed onnipossente, sarebbe limitato o confinato in una sorta di divinità minori o comunque risolto in una anonima energia cosmica.
Ma noi sappiamo - non soltanto per rivelazione - ma anche per analogia e per razionalità e buon senso, che il vero Dio non può che essere che uno solo, infinito, onnipotente, immortale, cosciente e personale.
Altre «versioni» riduzioniste della divinità non possono corrispondere al vero, ma specchiano solo la menzogna di un percorso «a tentoni» dell’umanità cieca.
Dio non può essere frammentato: ogni operazione spirituale in tal senso è indice di antropomorfizzazione.

Altra considerazione: certamente esistono «energie» ignote che pervadono il creato; alcune di esse saranno da ricollegarsi a processi della chimica e della fisica anche oscuri all’intelligenza degli scienziati (ma perfettamente riconducibili a fenomeni meramente materiali), altre invece faranno capo ad elementi spirituali, sicuramente vivi, che pervadono l’universo in maniera misteriosa.
Dio, onnipresente, è ovunque, perché in realtà tutte le cose sono in Lui, ma anche le gerarchie angeliche e perfino gli angeli decaduti hanno, fino al Giudizio, capacità di manifestare fisicamente la loro presenza: lo insegna San Paolo e lo crede la Chiesa.
Il confine è sicuramente labile; l’uomo può vivere il Paradiso già nel cuore, anche se fisicamente non è ancora entrato in Cielo.
Tuttavia e proprio perché la linea di demarcazione non è facilmente individuabile, la Chiesa, sulla base della Sacra Scrittura, insegna la virtù della prudenza.
E’ cosa pertanto rischiosissima abbassare le difese naturali della propria esistenza per procedere lungo il cammino di un esoterico viaggio iniziatico; divinazioni, sedute spiritiche, lettura delle carte, oroscopi, ecc., in diversa misura sono pericolose porte d’accesso verso mondi non completamente noti e comunque non governabili.
Lo sciamano, invece, sembra malato di una sorta di delirio di onnipotenza, si vede guaritore e capace di dominare forze occulte, che a mala pena conosce; si dice capace di sfruttarle a vantaggio del benessere che sembra perseguire in maniera ossessiva.
Chi ci assicura che lo stato di trance e gli spiriti-guida, che dice di possedere, non siano vere e proprie esperienze di possessione diabolica?
Nessuna garanzia in tal senso viene dai cosiddetti «poteri» acquisiti dallo sciamano; anche Satana può fare prodigi di potenza inaudita; pur di far perdere un’anima, farebbe di tutto.
Tra l’altro anche solo questo insistere ripetuto sull’elemento di guarigione deve essere fonte di sospetto.
Gesù, infatti, pur guarendo e potendo guarire ogni male (per la fede che abbiamo in Lui) si preoccupa della sorte eterna dell’uomo più che del suo stato transeunte: il bene ultimo dell’uomo più che il suo apparente o accidentale problema.
Un ultima considerazione.
La concezione della morte è quanto meno desolante.
L’uomo perde la propria individualità; resta un vago sentire energetico soggetto ad un frazionamento ripetuto in più esistenze.

Cosa differenzia questa idea dall’assoluto panenteista o dal nulla (non vi scandalizzate!) del Nirvana?
Niente.
Come a nulla varrebbe il supporre (come si legge in uno dei siti in nota) una sorta di resurrezione finale che sia in certo modo onnicomprensiva delle precedenti e simultanee e future (???) esistenze: questo si rivela un sofisma.
Se l’individuo cessa la propria consapevolezza con la morte e se si ammette che ogni vita abbia la propria consapevolezza, non può asserirsi che si vivano simultaneamente più esistenze parallele: perché questo significherebbe, contraddittoriamente, che più esistenze supporrebbero un’unicità di consapevolezza; il che non è, dal momento che «l’anima dell’io» si dissolve dopo la morte!
Ed allora?
Si potrebbe ammettere una sorta di recupero super-individuale delle coscienze - una volta terminato il flusso di esse ed ultimato il «cammino verso le stelle» - come si dice (sic!) avvenne per la resurrezione di Cristo; ma questo significherebbe senza inutili vani ragionamenti, la coincidenza della super-coscienza niente meno che con l’energia cosmica di monista memoria.
In definitiva ogni spiegazione confluirebbe in ipotesi panteiste.
Che dire in conclusione?

Rifuggiamo la magia e lo spiritismo; affondiamo le nostre capacità, tutte, fisiche e spirituali, ad identificarci con Cristo Gesù, al fine di ricevere lo Spirito senza misura e gustare, penetrando intuitivamente ed amorosamente, gli imperscrutabili segreti mai uditi né visti da umano sentire; Spirito capace si di elargire ogni bene e ricolmare di doni veri per la vita eterna.


Stefano Maria Chiari



1) Mircea Eliade, da «Lo Sciamanesimo e le tecniche dell’estasi».
2) Da http://it.wikipedia.org/wiki/Sciamanesimo
3) Nella Siberia e nell’Asia nord-orientale le principali vie di reclutamento degli sciamani sono:
a) la trasmissione ereditaria della professione sciamanica;
b) la vocazione spontanea, la «chiamata» o l’ «elezione». Si dà anche il caso di individui divenuti sciamani mediante la loro sola volontà o per volontà del clan, ma costoro sono considerati meno potenti di quelli che hanno ereditato la professione o che hanno seguito la «chiamata» degli dèi e degli spiriti.
Quale pur sia il metodo di selezione, uno sciamano è riconosciuto tale solo dopo aver ricevuta una doppia istruzione:
a) istruzione d’ordine estatico (sogni, trance, ecc.);
b) istruzione d’ordine tradizionale (tecniche sciamaniche, nomi e funzioni degli spiriti, mitologia e genealogia del clan, linguaggio segreto, ecc.).
Questa doppia istruzione, impartita dagli spiriti o dai vecchi maestri sciamani, equivale ad una iniziazione. Talvolta l’iniziazione è pubblica e forma, in se stessa, un rituale autonomo. Ma l’assenza di un rituale di tale genere non implica affatto l’assenza di iniziazione: questa può essere benissimo effettuata in sogno o nell’esperienza estatica del neofita. Presso i Voguli lo sciamanismo è ereditario e si trasmette anche per linea femminile. Ma il futuro sciamano lo si distingue già a partire dall’adolescenza: presto egli diviene nervoso e talvolta è perfino soggetto ad attacchi epilettici, attacchi che vengono interpretati come un incontro con gli déi. Già da questo rapido esame… scaturiscono due conclusioni:
a) la coesistenza dello sciamanismo ereditario con uno sciamanismo determinato direttamente dagli dèi e dagli spiriti;
b) la frequenza di fenomeni patologici che accompagnano la manifestazione spontanea o la trasmissione ereditaria della vocazione sciamanica: tratto da Mircea Eliade, da «Lo Sciamanesimo e le tecniche dell’estasi».
4) Ivi.
5) Da http://www.nepalese.it/
6) Da http://www.sciamanesimo.com/flusso.html

 

 
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