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Alleanza russo-turca? «Inevitabile»
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ANKARA, Turchia - Lo afferma il professor Ata Atun (1), scienziato e diplomatico turco (è stato «chief negotiator» della delegazioni turco-cipriota che ha discusso coi greco-ciprioti nel negoziato promosso dall’ONU il marzo-aprile 2004).
Anzi, egli prevede una futura «unione dei quattro: Russia, Turchia, Iran e Siria», come conseguenza dell’avventurismo americano nell’area.
E’ probabile che un  personaggio  così autorevole e stimato rifletta considerazioni e idee che si stanno sviluppando nei circoli del governo turco alle prese con il terrorismo PKK e i suoi santuari iracheni.

Ad Ankara si sta ripensando la posizione «atlantica» della nazione con un’analisi realistica e storicamente colta (come vedremo) della situazione creata dagli USA nell’area, e ancor prima, dalla scomparsa dell’Unione Sovietica: una analisi che in Europa manca del tutto, essendo stato censurato il discorso su quanto valga e renda, oggi, l’adesione alla NATO e la sudditanza agli USA.
Se l’analisi di Atun prevarrà, la Turchia non sarà più in ginocchio a bussare alla porta della UE, e si volgerà là dove la chiamano il suo «destino manifesto», la sua storia di centro dell’impero ottomano e i suoi interessi nella situazione cambiata.

Una visione limpida dell’interesse nazionale che come europei possiamo solo invidiare.
L’alleato di ieri sta diventando il «nemico principale», sottintende Atun.
Ma diamo la parola a lui (2).

Come mai la Turchia si è alleata agli Usa ed è entrata nella Nato, di cui è stata il più forte e fedele alleato per 57 anni?
Perché «Mosca, imbaldanzita dalla sua potenza militare dopo la seconda guerra mondiale, si preparava a ‘rosicchiare’ territorio  ai suoi vicini meridionali. Essa pretendeva dalla Turchia concessioni territoriali e il controllo del Bosforo, e rifiutò di ritirarsi dall’Iraq del Nord, che aveva occupato nel 1941.
La Turchia e l’Iran respinsero quella diplomazia coercitiva sovietica sostenuti dagli Stati Uniti, e  divennero alleati-chiave dello sforzo americano di contenere l’espansionismo sovietico
».
Nacque così la Central Treaty Organization (CENTO), ricorda Atun, una NATO dell’Asia centrale: «Un’alleanza difensiva che univa Turchia, Iraq, Iran, Pakistan e Gran Bretagna, e fu chiamata Patto di Baghdad,  fino a quando la rivoluzione irachena provocò il ritiro dell’Iraq nel 1959. Gli Stati Uniti vi avevano lo status di osservatore, ma non erano parte dell’alleanza. Con la caduta dello Scià, l’Iran perdette l’ombrello protettivo americano: fu la campana a morto per l’alleanza anti-sovietica CENTO. L’Iran veleggiò verso nuovi orizzonti.
Ora lo stesso destino si prepara per la Turchia. E ciò a causa dell’incondizionato e sconsiderato appoggio che la potenza occupante in Iraq, il governo USA, ha dato di fatto al Partito Kurdo dei Lavoratori (PKK) e a Massud Barzani, l’ex capo tribale dei kurdi iracheni, divenuto ora il capo della regione kurda irachena.
La Turchia, preso atto delle correnti incursioni dei terroristi del PKK e del sostegno incondizionato dato dagli USA ai kurdi iracheni, ha delineato una nuova politica di alleanze strategiche che allenti i legami con gli USA e rafforzi i rapporti con Iran e Siria, nostri vicini millenari.
Gli USA  hanno tradito la promessa di tenere a bada il PKK, fino al punto che oggi la Turchia non ha altra scelta che attaccare i santuari del PKK nell’Iraq del Nord insieme all’Iran.
Anche l’Iran infatti subisce attacchi simili operati dallo stesso gruppo terrorista stanziato nella regione kurda del Nord Iraq [si noti, Atun evita di scrivere ‘Kurdistan iracheno’, come fanno gli americani, riconoscendo la semi-indipendenza dello
staterello-satellite]».

«Oggi USA e Iran sono alla frattura; e la Turchia è rimasta a fianco degli USA come alleato fedele per 57 anni. Ma,  fatto sorprendente, gli strateghi USA sembrano spingere la Turchia e l’Iran a un’alleanza inevitabile per combattere insieme il nemico comune nell’area, e ciò anche a costo di perdere il fedele alleato.
La simpatia del popolo turco per gli Stati Uniti è caduta verticalmente negli ultimi due anni, e occorreranno decenni agli USA per recuperarla.
Ora diventa imperativo per Turchia e Iran formare un terreno d’intesa e collaborazione in base ai problemi e agli interessi comuni.
Nuove e più forti relazioni economiche tra Turchia e Iran faranno molto per cancellare la rispettiva diffidenza politica. Le due parti hanno annunciato l’impegno a raddoppiare i volumi dell’interscambio commerciale.
Quanto alla causa principale di discordia, il sostegno alle organizzazioni separatiste e d’opposizione dell’altro Paese, le due nazioni si sono già accordate nell’eliminarla. L’Iran si è impegnata ad aggiungere il PKK alla sua lista di ‘organizzazioni terroristiche’. La Turchia ha fatto lo stesso riguardo al gruppo iraniano Mujaheddin el-Halk.
La seconda fase consiste nel rafforzamento della  cooperazione ad alto livello tra Turchia, Iran e Siria, e sta avanzando anch’essa.
L’avversione comune alla politica globale americana, dovuta alle azioni degli USA in Iraq, i comuni rapporti positivi con Siria e Iran, più i comuni e condivisi interessi economici, finiranno per far convergere le visioni politiche strategiche della Turchia e della Russia. Nazioni che sono state storicamente su fronti opposti diverranno partner nella creazione di una nuova coalizione eurasiatica.
Il risultato finale dell’avversione che nella regione si nutrono alle strategia americane sarà la formazione di una ‘unione a quattro’. E naturalmente, la convergenza tra Ankara, Mosca, Damasco e Teheran indebolirà in modo decisivo la posizione di Washington nel Medio Oriente
».

Così l’analista turco, nero su bianco.
Può essere un ballon d’essai e un messaggio indiretto - affidato ad una personalità come Atun che, cipriota, non è formalmente cittadino di Ankara.
Ma c’è molta serietà in questo messaggio, molto richiamo al «destino manifesto» di una nazione islamica ma non araba, che fu il nerbo dell’impero ottomano, e che non ne ha perduto - come dimostra l’analisi di Atun - lo speciale know-how imperiale, la visione internazionale e la valutazione delle forze e dei nuovi equilibri in gioco molto al di là delle sue frontiere nazionali.
Ad est della Turchia, ci sono decine di milioni di uomini che parlano turco, fino alla lontana Cina.
Il passato ottomano dà molta solidità e prestigio a queste «riflessioni»; in quell’area asiatica, la Turchia gode anche dell’autorità morale di un Paese moderno e di successo economico europeo (unico nel mondo musulmano), e la comprovata reputazione di una potenza militare ragguardevole ma non aggressiva, affidabile fattore di stabilità e lealtà.

Quella lealtà che la Turchia ha dimostrato alla NATO per oltre mezzo secolo, può ora trovare un centro di gravità diverso.
E questo nel momento in cui  l’altro e più malfermo pilastro e «alleato» della strategia americana in Asia, il Pakistan, sta esplodendo in una deflagrazione di esito incalcolabile, provocata proprio dai goffi tentativi americani di rafforzarlo con una inserzione chirurgo-plastica di «democrazia» nella dittatura militare al potere.
E al contrario dell’Iran, il Pakistan le bombe atomiche le ha: in mano di chi cadranno fra i contendenti del potere, non è possibile prevedere.

Se un giorno gli USA si sveglieranno dal potere ipnotico che li possiede, rimpiangeranno profondamente questi anni di aggressiva cecità.


1) Il curriculum di Ata Atun è ragguardevole: cipriota ma nato a Istanbul nel 1948, è laureato alla Al-Hikma American University (una filiale della Boston University) in ingegneria. In seguito ha condotto studi e ricerche in computer analysis alla Century University di Los Angeles, ed ha dottorati di ricerca conseguiti in Turchia e in USA. Eletto al parlamento cipriota nel 1976, ha avuto un ruolo attivo nella apertura dei posti di blocco tra la parte greca e la parte turca dell’isola. E’ presidente del comitato direttivo del giornale cipriota «Cumuriet Kuzey Kibris» e commentatore politico su vari giornali turchi, nonché presidente della locale Banca Nazionale di Sviluppo, docente universitario e membro dal 2005 dell’Accademia Internazionale delle Scienze del Mondo Turco.
2) Ata Atun, «Inevitable Turkey-Iran-Syria-Russia alliance», Turkish Weekly, 5 novembre 2007.
3) «Per sei anni il presidente e generale Pervez Musharraf s’è abilmente reso, lui stesso e i militari pakistani, alleato indispensabile dell’amministrazione Bush. Adesso che la presidenza Bush, già molto indebolita, entra nella fase dell’anatra azzoppata, Musharraf si prepara ad andare oltre questa stretta associazione», M. K. Bhadrakumar, «Pakistan Shakes off US shackles», Asia Times, 6 novembre 2007. In fondo, dunque, il regime pakistano sta arrivano alle stesse valutazioni espresse in Turchia da Atun: guardare oltre l’alleanza con gli USA. Il disprezzo in cui Musharraf tiene ormai la potenza americana è indicato da un fatto preciso: mentre lui dava gli ordini finali per la proclamazione dello stato d’emergenza, si trovava in visita in Pakistan l’ammiraglio William Fallon, comandante supremo dell’US Central Command (CENTCOM), ossia il capo di tutte le strapotenti forze aeronavali USA nell’area. Ospite del quartier generale dell’armata pakistana a Rawalpindi, l’ammiraglio Fallon ha pregato Musharraf di soprassedere, inascoltato. I generali pakistani sanno che sono gli USA ad aver bisogno di loro nella  disastrosa «guerra al terrorismo», non in contrario. Una umiliazione incredibile per l’ex «unica superpotenza rimasta».

 
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